Alessandro Cortesi op, Commento XXXIII domenica tempo ordinario – anno C


XXXIII domenica tempo ordinario – anno C – 2019
Mal 3,19-20; 2Tess 3,7-12; Lc 21,5-19


Il nome ‘Malachia’ significa ‘mio messaggero’, com’è indicato nel libro profetico: “ecco manderò il mio messaggero” (Mal 3,1). Il libro è composto di sei annunci che richiamano l’esigenza di Dio: è presentata innanzitutto una polemica contro il culto praticato dai sacerdoti in Israele (1,6-2,9) mentre si offre una lettura positiva dell’atteggiamento dei pagani che riconoscono il nome del Dio del cielo: “dall’oriente e dall’occidente grande è il mio nome tra le genti” (1,11).

Forse Malachia rappresenta una tradizione aperta ad accogliere stranieri nel popolo di Dio se essi riconoscono il Dio d’Israele, in polemica con una spiritualità di esclusione degli stranieri - come ad esempio Esdra (Esd 7). Malachia faceva proprio l’attitudine del terzo Isaia: “Gli stranieri che hanno aderito al Signore per servirlo, e per amare il nome del Signore, e per essere suoi servi, … li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera… perché il mio tempio si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli” (Is 56,6-7). Il tempio, segno della presenza di Dio in mezzo al suo popolo, non è interpretato come segno di esclusione ma di riconciliazione e accoglienza.

Nell’ultimo capitolo del libro Malachia annuncia l’attesa di un ‘giorno del Signore’. Verrà insieme ad un messaggero che prepara la via, identificato con la figura di Elia. Nella tradizione ebraica infatti il profeta Elia non era morto ma era stato trasferito in cielo (2Re 2,11) e sarebbe un giorno ritornato per accompagnare il popolo a prepararsi alla venuta di Dio: ‘ecco io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile’ (Mal 3,23).

Malachia descrive il ‘giorno del Signore’ come momento di giudizio e di condanna del male con le immagini del fuoco ardente e della paglia consumata. Dio stesso sarà ‘testimone pronto contro gli incantatori, contro gli adulteri, contro gli spergiuri, contro chi froda il salario all’operaio, contro gli oppressori della vedova dell’orfano e contro chi fa torto al forestiero” (Mal 3,5). Per contro la gioia pervade coloro che sono i ‘cultori del nome di Dio’: per essi ‘sorgerà il sole di giustizia con raggi benefici e voi uscirete saltellanti come vitelli di stalla’ (Mal 3,20).

Questi riferimenti al giorno del Signore sono lo sfondo in cui comprendere i discorsi di Gesù a Gerusalemme, nell’area del tempio: ‘Verranno giorni in cui di tutto quello che ammirate non resterà pietra su pietra che non venga distrutta” (Lc 21,6). Queste parole suscitano una domanda: ‘quando accadrà questo e quale sarà il segno che ciò sta per compiersi?” (Lc 21,7).

Di fronte alla distruzione del tempio per opera dell’esercito di Roma nell’anno 70 la comunità di Luca ricordava l’invito di Gesù: ‘quando sentirete parlare di guerre e rivoluzioni non terrorizzatevi… non sarà subito la fine”. Rispondendo alla ricerca di segni e rassicurazioni Gesù presenta l’esigenza di superare una curiosità tesa ad un dominio magico del futuro.

Invita per contro a vivere la vigilanza, ad assumere responsabilità nel tempo per attuare un impegno concreto nel presente. Suggerisce di operare scelte in una prassi che segua il suo cammino e il suo stile. Prove e persecuzioni non devono immobilizzare e rendere soggiogati alla paura, ma sono occasioni per la testimonianza. Gesù indica di vivere sin dal presente l’affidamento allo Spirito e la testimonianza di lui. Fondandosi sulla sua promessa: “Nemmeno un capello del vostro capo perirà. Con la perseveranza salverete le vostre anime”.

Alessandro Cortesi op

Fonte:https://alessandrocortesi2012.wordpress.com/

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