don Mario Simula, "Il re che cerco"

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Il re che cerco
don Mario Simula 
XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) - Cristo Re (24/11/2019)


 Visualizza Lc 23,35-43
Il trono sul quale siede Gesù è un legno di vergogna e di disprezzo.
Chi crede di essere questo Maestro che mette in discussione la legge servile degli uomini? Su chi vuole dominare un condannato di questa specie? A chi pretende di parlare un uomo ridotto in queste condizioni disumane, irriconoscibili, senza bellezza né splendore, molto simile ai morti gettati nelle fosse comuni, ai corpi sfigurati dalla fame, alle larve che trasmigrano, ai tanti senza nome, né dignità, né diritto ad esistere, al contrario degli altri “che contano”?
Scenda dalla sua “altezza” e dimostri che cosa sa fare, quanto vale, come è irresistibile la sua potenza.
Nessun trono, come quello di Gesù, è altrettanto sfolgorante e prezioso e ambìto da coloro che hanno capito i segreti dell'amore.
Su quel legno c'è il cuore di Dio che accetta il silenzio, il nascondimento, l'inesistenza, il disprezzo, perché Dio sa amare soltanto in questo modo.
Su quel legno c'è la nostra definitiva vittoria.
Tutto verrà spazzato via di ciò che sa di presunzione umana, corrotta, ambiziosa, arrogante, sprezzante di ogni dignità.
Ogni altro potere costruito sul denaro grondante di sangue innocente, sull'orgoglio vano e passeggero, sull'illusione di poter dare ordini anche a Dio, verrà inghiottito da quel silenzio, sconvolgente, sconcertante, carico di mistero, indecifrabile.
Sono le tre del pomeriggio, ora della canicola. Eppure si fa notte su tutta la terra. Una notte cupa che ospita il pianto di coloro che nessuno consola, le lacrime che nessuno scorge, il grido degli inascoltati, le piaghe dell'umanità sofferente e ferita. Una notte in pieno giorno. Noi abbiamo la capacità di oscurare il sole, per far trionfare le tenebre. Ma sarà
questione di attimi.
All'alba del terzo giorno la luce inonderà la terra, come una marea travolgente e la vita prenderà il sopravvento su tutte le morti procurate dalla crudeltà degli uomini.
Ma già ora una luce abbagliante si irradia dalla croce. Accanto al lamento doloroso come un vagito e che implora misericordia: “Ricordati di me!”, si ode il tuono di Dio, un vento impetuoso che esplode lungo i sentieri della terra, che rimbalza di montagna in montagna, che attraversa mari e oceani: “Oggi con me sarai nel paradiso”.
Chi si unirà a quel delinquente perdonato?
Ogni povero, ogni ammutolito, ogni dileggiato del mondo, ogni vittima di violenza.
Si uniranno anche coloro che hanno seminato odio e tragedie? Può darsi. Se dovesse avvenire, lo faranno vestiti di cenere e di confusione, solcati di pianto e inconsolabili, per la stoltezza della loro vita.
Si credevano origine, ragione, garanzia del mondo. Padroni assoluti e incontrastati. Re di tutto e di tutti. Ora se ne vanno battendosi il petto, nella speranza che nel cuore di Dio sia rimasto un angolo di misericordia per loro; sperando che nel ricordo di Dio non sia rimasta memoria del loro volto orribile per il quale risuona un assordante e disperante: “Non ti conosco!”.
Tutti apparteniamo a Gesù, re dal cuore incandescente. Tutti siamo stati trasferiti nel Suo regno, regno del Figlio dell'amore.
Gesù, è il primo e l'ultimo, il senso, la vita, l'energia, la presenza, la bellezza della giustizia e del perdono. Gesù è il primogenito di coloro che risorgono. Gesù riconcilia in sé tutte le cose e tutti gli uomini.
Gesù, col sangue amaro della Croce, è la pace per ogni creatura.
Ritorniamo ai Suoi piedi inchiodati alla croce, che versano sangue sulle nostre miserie. Noi lo abbiamo disprezzato. Lo abbiamo insultato. Ci siamo presi gioco di Lui.
Gesù ci accoglie, inguaribile frutto dell'amore, straripante misericordia, indicibile tenerezza, insaziabile
dolcezza.
Chiediamo al Signore: “Ci accoglierai tutti? Accoglierai anche me, traditore quotidiano della Tua bellezza?
Accoglierai anche tutti coloro che hanno costruito la vita sulla morte e sull'odio, sull'ingiustizia e sulla più tetra crudeltà?”.
Nel profondo del nostro cuore c'è poco posto per Gesù. Rischiamo di rimanere eternamente alla porta.
Lui legge con benevolenza nei nostri pensieri, che si velano di tristezza, perché non riescono a contemplare orizzonti più vasti, i suoi orizzonti.
Gesù ama tutti. Anche il delinquente crocifisso accanto a Lui: “Gesù, ricordati di me quando sarai nel tuo regno. Non solo di me. Anche di tutti quelli che il Tuo amore sa instancabilmente accogliere”.
Gesù legge nel nostro cuore. Scopre che questo Suo amore per tutti, segretamente ci dispiace. Tuttavia, piace a Lui.
Al Maestro il cui trono è un catino per lavare i nostri piedi e un grembiule per asciugarli. Non possiamo dimenticare, in nessun momento, che per Gesù regnare è servire, anche se talvolta con la nostra vita non lo condividiamo. Sappiamo, però, che il Maestro, il Re ci guarirà.

Gesù, mio Signore e mio Dio. Mi sgorga, con spontaneità e con amore, la professione di fede di Tommaso, l'incredulo. Mi sento come uno che brancola nel buio delle sue perplessità e delle sue ambiguità.
Gesù, troppo spesso mi domando a quale regno io affido la sorte della mia vita. Ad un regno di questo mondo che mi fa promesse che svuotano il cuore, oppure al tuo regno che è il regno segnato dalla libertà e dalla pace?
Istintivamente, Gesù, mi sento uno che lotta per la libertà.
Non lo fa, tuttavia, con le tue armi dell'amore, della compassione, della mitezza, dell'accoglienza, del perdono.
La mia libertà, Gesù, è vendicativa. Spesso intollerante. Una libertà tutta per me e solo per me.
Se in qualche momento ho il coraggio, Gesù, di contemplare la croce, ho la sensazione di essere completamente fuori dei tuoi pensieri e lontano dai tuoi affetti.
Quanta difficoltà faccio a riconoscerti come Figlio di Dio, vedendoti morire in quel modo, inchiodato alla croce.
Ci è arrivato un centurione pagano. Io che invece sono stato rigenerato nell'amore, detesto, in certi momenti, quella morte cruenta, quel sangue implacabile, quella tenerezza sconvolgente.
Anche un delinquente, ha saputo riconoscere la tua regalità di amore più di me.
Si fida così ciecamente della tua misericordia, da essere certo che lo farai entrare nel tuo regno assieme a Te.
Gesù, Re della mia vita, della mia storia, delle mie risposte, delle mie esitazioni, come sei amabile e come poco ti amo.
Come sei dolcezza e così poco ti gusto. Come sei compassione e così poco mi affido al tuo perdono. Come sei solidale accanto a me e così poco accolgo la tua donazione estrema.
Gesù, mio Re, Re delle mie povertà, Re dei miei pentimenti, Re della mia ricerca, Re dei miei ritorni, Re del mio amore penitente. Gesù, come è inebriante che dal trono della tua croce, scendano sul mio capo, le gocce consolanti del tuo sangue.
Tu, Gesù, sei il re libero, e desideri la mia libertà. Tu, Gesù, sei il re mite e umile e desideri la mia umiltà e la mia mitezza.
Tu, Gesù, sei il re che si piega fino ad accorgersi dei ciechi, dei lebbrosi, degli storpi, dei sordi, dei peccatori, e mi chiedi di saperti riconoscere in tutti questi poveri del regno. Ti imploro, Gesù, mio re, lascia che mi pieghi davanti al tuo trono dal quale abbracci il mio nulla, le mie inconsistenze.
Lascia che mi pieghi fino a terra davanti a te, re che mi solleva, che mi ridà dignità che, guardandomi negli occhi, li illumina con il suo splendore. Oso dirtelo Gesù: “Ti amo, ti desidero, ti cerco. Ti cerco, ti desidero, ti amo”.
Quando trovo in me il coraggio di parlarti così, trovo anche la pace. Quella pace maestosa e cosmica, semplice e persuasiva, universale e personale che irradi dalla croce, tuo regno scelto e amato. Grande e glorioso. Povero e totalmente ricolmo di ricchezza. Inguardabile per noi, eppure mistero di una bellezza che cerco da sempre e che oggi, Gesù, posso trovare contemplandoti.

Don Mario Simula

Fonte:https://www.qumran2.net


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