La rivoluzione della Parola Alberto Vianello

La rivoluzione della Parola
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Quando Gesù interviene su povertà e ricchezza, come nel Vangelo di questo domenica, viene da pensare che abbia imparato da sua madre fin da quando era nella sua pancia.
Da quando, cioè, Maria, riconosciuta beata da Elisabetta perché aveva posto tutta la sua fiducia di povera nella Parola di Dio, vera fecondità della sua vita, ha risposto proclamando quello che la Parola realizzava in lei e nel mondo: «Ha ricolmato di beni di affamati, ha rimandato i ricchi e a mani vuote» (Lc 1,53).
Poi Gesù ha imparato da Maria quando, appena partorito, la madre gli ha fatto saggiare la scomodità di avere una mangiatoia come culla, la ruvidità delle carezze dei pastori mandati dagli angeli a onorarlo, la dignità di essere presentato al tempio con l'offerta prescritta solo per i poveri, la drammaticità di essere esule in fuga in terra straniera. Poi, nei molti anni di crescita e di vita quotidiana, il Figlio di Dio ha dovuto maturare tra le relazioni semplici della famiglia di sua madre e di suo padre, e nel lavoro, faticoso ed essenziale alla sussistenza, del padre. La condizione della povertà e l'attesa di liberazione sono stati i suoi piedi saldamente poggiati sulla
terra.
Così Gesù è diventato il testimone e il proclamatore della grande opera di Dio di rovesciamento delle condizioni umane. E questo ci obbliga a quel riconoscimento essenziale della salvezza, realizzata sulla terra dal Figlio di Dio, dello sconvolgimento più totale e radicale della storia: i ricchi saranno condotti, dal loro egoismo, alla perdita più totale e clamorosa, mentre i poveri riceveranno a piene mani da Dio la sua ricchezza, realizzazione della beatitudine che nessuno potrà loro togliere.
Quello che colpisce di più del racconto del ricco egoista e del povero Lazzaro è la drammaticità della loro vicinanza, che porta a condannare la ricchezza del primo, perché diventa disumana e assurda indifferenza. Lazzaro, dice il testo letterale, «era gettato» alla porta del ricco: la ricchezza ostentata è causa della violenza della povertà. Sarebbero bastate le briciole a Lazzaro. Neppure quelle, anzi: i cani, animali impuri, gli provocano ulteriori dolori leccando le sue piaghe. Non c'è un'immagine più forte di un dramma umano, davanti a chi, all'opposto, fa festa smodatamente ogni giorno.
Non si tratta, quindi, solo di egoismo e di indifferenza: è vera e propria violenza. Il ricco fa festa sul povero e del povero.
Altrettanto drammatica è la condizione di rovesciamento: la beatitudine e la consolazione del povero Lazzaro e la condanna consumata, implacabile e irrevocabile del ricco.
Con questa parabola Gesù non vuole fare terrorismo. Vuole mettere in guardia dall'ingiustizia delle ricchezze rispetto ai tanti poveri, e vuole proclamare come Dio sia "incapace" di sopportare tale violenza. Non potrà che intervenire, e la sua mano non potrà che essere forte, perché non basta il travaso di un po' di beni per fare giustizia, ma si deve cambiare l'identità stessa degli uomini.
Infatti il ricco, nel racconto, non ha un nome: perché non ha ricchezze, è ricco, quella è la sua identità. È conquistato dai beni che ha; più possiede, più è spossessato di se stesso; più si è ricchi, meno dignità si ha, perché c'è meno futuro in Dio.
La Scrittura non condanna la ricchezza in sé, né i ricchi. Condanna, invece, l'egoismo che viene dalle ricchezze, l'ingiustizia di ciò che è sottratto alla condivisione, la violenza del rifiuto al povero, e quindi l'abbrutimento di colui che, proprio perché è ricco, non è più un uomo, nel quale deve abitare misericordia, fratellanza, cura, attenzione...
L'unica vera ricchezza su questa terra e per il futuro è la Parola di Dio: «Hanno Mosè e i Profeti: ascoltino loro».
Il ricco vorrebbe che Lazzaro andasse a mettere in guardia i suoi fratelli sulla terra. Ma, dice Gesù nella parabola, neppure il miracolo più grande, la risurrezione, può produrre l'effetto desiderato. Perché il miracolo può impressionare, non convertire. La conversione è data solo dall'ascolto della Parola e dall'accoglienza del suo annuncio più grande: la risurrezione e la vita è piena in Dio per i poveri di cui Lui si prende cura.
Forse la Chiesa oggi è ancora vacillante perché è attratta dalle ricchezze e da altri mezzi solamente umani. Se la sua vita fosse tutta ascolto della Parola di Dio non avrebbe timore di vestire la condizione del povero Lazzaro, conosciuto, amato e curato dal Signore; invece di essere un anonimo ricco, abbandonato alla sua solitudine, vera dannazione eterna.
Accogliamo, allora, il dono della Parola: non c'è rivoluzione più forte e più vera. Solo essa cambia il mondo dove ha bisogno veramente di essere cambiato: impoverire le violenze dei ricchi e rendere ricchi di Dio e degli altri uomini tutti gli impoveriti come Lazzaro.
Alberto Vianello

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