Comunità Marango "Un Regno per ladroni"

Un Regno per ladroni
 
1
Gesù in croce garantisce al ladrone, crocefisso con lui, il paradiso. Regalità paradossale: un crocefisso non dispone più della propria vita umana e attuale, e il crocefisso Gesù afferma di disporre di quella divina ed eterna, per sé e per chi altro Lui vuole!
La scelta di questo brano per la festa di Cristo Re è dunque molto significativa ed esplicita: il supplizio della croce è trasformato in un'offerta di amore e di vita divina. Nulla a che fare con la pretesa che esprimono le regalità (ovvero l’esercizio del potere) umane.
Ma manca il versetto che precede il brano, il quale esprime la forza della regalità di Cristo: «Gesù diceva: "Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno"» (v. 34). Al male più radicale che subisce, Gesù risponde non solo con l'accettazione passiva, ma con la reazione più sconvolgente e potente: il perdono.
Qui c'è la rivelazione più piena di Dio, che già a Israele si era mostrato come il misericordioso, lento all'ira, e che perdona infinitamente le colpe del popolo (cfr. Es 34,5-7). Ora il perdono è per chi deliberatamente e coscientemente ha deciso di farlo morire come un maledetto da Dio, pur essendo stata sanzionata ufficialmente per tre volte la sua innocenza dall'unica autorità competente, quella di Pilato.
Gesù invoca il perdono del Padre proprio perché essi «non sanno (nel senso di: non vogliono sapere) quello che fanno». E’ il perdono non solo dell'azione, ma anche della loro intenzione; perdono incondizionato e totale. Proprio per questo è l'operazione più alta, più autoritativa e più influente: il perdono è l'esercizio dell’autorità propria di uno come un re. Un Re che si oppone al male e lo vince con il bene.
 
Se Gesù invoca il Padre per i suoi nemici, allora anche il malfattore crocefisso con Lui può invocarlo: "Proprio perché perdoni loro, allora puoi salvare anche me!". Certamente il ladrone è illuminato improvvisamente e immotivatamente dalla grazia del Signore, perché «nessuno può dire "Gesù è il Signore!", se non sotto l'azione dello Spirito Santo» (1Cor 12,3).
Ma la sua apertura a Gesù e alla sua realtà è provocata anche dalla constatazione della sua condizione. È un uomo che giunge alle ultime e coerenti conseguenze della sua vita di male: «Riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni». Una onesta, sincera e cordiale ammissione delle proprie colpe e della condanna, senza scusanti e senza scaricamenti di responsabilità (come siamo molto bravi a fare), è il punto di partenza fecondo. Subire la violenza della legge e della giustizia può far sentirsi vittime. Quest'uomo, invece, ne fa il trampolino di lancio per una nuova coscienza di Dio, dentro la sua vita e la sua fine di condanna.
Il secondo passaggio è il riconoscimento dell'innocenza di Gesù: «Egli invece non ha fatto nulla di male». Spesso, quando le cose vanno male, mettiamo sotto processo Dio: "Perché mi hai mandato questa prova...". Pensiamo così di coinvolgerlo di più della nostra sorte. Il ladrone, invece, ci indica la via opposta: riconoscere l'innocenza di Dio. Più lo cogliamo così, più viviamo il Signore nella sua solidarietà con noi.
Se Lui avesse commesso qualche colpa, sarebbe un complice, al quale si chiede ancora complicità, come fa il primo ladrone: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». Ma constatare che Dio, proprio perché totalmente innocente, accetta di condividere la mia condizione di fallimento e di condanna, può aprire, come il secondo ladrone, alla speranza per la propria vita.
Non chiede l'immediatezza: far discendere alla croce. Chiede invece relazione e vita nel Signore: «Ricordati di me quando entrai nel tuo regno». La fede scaturisce spontaneamente (così da liberarci dalla preoccupazione di averne poca) essenzialmente dal riconoscimento della solidarietà del Signore con la nostra condizione di poveri uomini: segno tangibile del suo amore. Un Signore così vicino, mi fa sperare una vita diversa.
 
Come a nessun altro nei Vangeli Gesù garantisce al ladrone il paradiso. La realtà della gratuità di Dio viene infinitamente prima dell'impegno nelle opere dell'uomo. Con quel «ricordati di me», il ladrone ha fatto molto più di tanto impegno religioso. Eppure deve essere costato tantissimo: non a lui, ma a Gesù, cioè il prezzo della sua vita.
 
«Con me, cioè in paradiso». È questo il senso della lapidaria frase di Gesù. Il paradiso coincide con Gesù Cristo in persona. Essere in paradiso altro non sarà che essere con Cristo morto e risorto. Se Lui vive, anche chi è con Lui passa dalla morte del peccato alla vita in Dio.
Gesù non ha mai chiesto nulla per sé, durante la sua vita terrena. Ha affrontato le prove più aspre affidandosi al Padre, ma non pretendendo sconti per sé. Ma per gli uomini, che ha sempre amato, soprattutto se poveri peccatori, si è sempre esposto, perché, anche se non sono stati capaci di darsi positivamente alla vita, potessero però riceverla, perché fosse chiara la sua regalità sul male e sul peccato, e la sua offerta d'amore gratuita e totale.
 
Alberto Vianello

Commenti

Post più popolari