Alberto Vianello Comunità Marango"Siamo lo «stile di vita» del Padre"

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«Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo». «Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?». «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste». È una parola molto impegnativa quella che ci attende questa domenica: essere santi, tempio di Dio, perfetti… Le prenderemmo come frasi ad effetto, ma non accostabili alla nostra realtà, se non ci affascinasse l’essere come il Signore, il diventare abitazione di Lui, l’essere come il Padre celeste. Viene proposta una vita umana di navigazione non sotto costa, ma in alto mare, a scoprire inedite possibilità e futuri per la nostra esistenza.
Del resto non abbiamo scelta: dobbiamo essere così perché siamo tutti figli di Dio, e lo siamo realmente
(1Gv 3,1). Nella Scrittura, «essere figli» non indica tanto la generazione da un padre, quanto il comportarsi come tale padre si è comportato. Per questo Gesù richiede un amore vero e radicale verso tutti, anche nei confronti delle persone con le quali si fa fatica a vivere rapporti di comunione: «Affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli, egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni». Se siamo figli di Dio, plasmati del suo amore, siamo chiamati a vivere tale figliolanza esercitando la derivazione da tale Amore, e con le sue caratteristiche. Gesù contempla che ogni giorno è segnato dalla benevolenza del Padre («Fa sorgere il suo sole… fa piovere…»), che non distingue e separa, ma accomuna tutti gli uomini nella sua cura. E chi si sa figlio (nel Figlio) si fa sole e pioggia per gli altri, con la stessa indistinta benevolenza di questi due agenti, che vengono dal Padre.
Così il cristianesimo non è una morale esigente (più rivolta agli altri che a se stessi), né l’arma dell’esclusivismo («non sono dei nostri perché non si comportano così»). Il cristianesimo è la presa di coscienza di essere figli del Padre, guardando il Figlio e la sua Parola, e il loro stile di vita.

È necessario precisare la misura di un amore senza misura, come quello che non risponde al male ma addirittura si offre: «Se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra». Infatti Gesù, con queste parole, non predica l’arrendevolezza e la passività nei confronti del male e della violenza. La Parola ci indica la via del resistere al male non con altro male, ma con il bene. Infatti il bene non è cedimento, ma è forza che si oppone al suo contrario. La risposta alla violenza con altra violenza crea una spirale senza uscita. Il risponde con il bene, invece, ha la forza edificatrice della distruzione di tale spirale di male. Non solo la storia di Dio, ma anche la storia degli uomini ne ha degli esempi concreti ed efficaci.
Ma si può abbracciare tale via solo se si crede veramente alla forza dell’amore. Per questo il nostro sguardo di fede deve andare sempre a Gesù, il Gesù vero e genuino dei Vangeli, non quello adulterato e confezionato di certi ambiti cristiani: un Gesù fuori dall’umano.
Anche Lui si è trovato davanti a tante vie impercorribili nell’amore. Però non vi ha rinunciato e non ha giudicato. Semplicemente lo ha vissuto attraverso le vie di altri uomini: i più poveri, i più emarginati, chi non si aspetta niente e perciò è pronto ad accogliere il tutto. Comunque, i Vangeli ci presentano un Gesù sempre pronto a riaprire il dialogo d’amore con chi l’aveva rifiutato, o a sperarlo fino all’ultimo, con un estremo gesto d’amore, come con Giuda.

Ed è proprio l’amore come lo ha vissuto Gesù sulla terra fra gli uomini che ci aiuta a capire la sua scomoda espressione: «Siate perfetti…». Infatti, lo stesso termine esprime la gamma e il declinarsi del suo amore concreto, quando il Vangelo di Giovanni lo usa con il significato di «fine»: «Gesù, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine» (Gv 13,1). Quest’ultimo termine è lo stesso del Vangelo di Matteo: quindi la perfezione non indica la mancanza di alcun difetto, ma la disponibilità d’amore fino all’estremo, oltre il quale non si può andare, fino a non conservare proprio nulla per sé. Così Gesù ha amato i suoi nella sua Passione, passione d’amore.
Tutto ciò, per noi, diventa invocazione dello Spirito, forza di quell’amore, per poterlo declinare nella nostra vita. Diventa impegno a sgombrare ogni ostacolo che impedisce il cammino verso gli altri. Diventa scoperta del Vangelo, che vuole orientare tutte le forze della nostra vita ad amare. E Gesù sembra addirittura «trascurare» un po’ l’amore verso Dio, per chiamarci all’amore verso gli altri uomini.
Certe realtà di Chiesa rimangono chiuse nei moralismi, negli idealismi, nei dottrinalismi, negli spiritualismi. Perché Dio diventa una scusa per affermare se stessi, mentre Gesù afferma, come nel Vangelo di questa domenica, che non abbiamo scuse per non amare gli altri, con il suo stesso amore.

Alberto Vianello

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