Alberto Vianello"La sete della Parola"

 Monastero Marango
Letture: Es 17,3-7; Rm 5,1-2.5-8; Gv 4,5-42
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Gesù siede presso il pozzo di Giacobbe e chiede da bere alla donna samaritana che è venuta ad attingere. È la stessa sete che Gesù esprimerà sulla croce (cfr. 19,28-37): è il desiderio più radicale della sua vita, quello di donarsi come Parola e di donare lo Spirito Santo.
La donna reagisce marcando la diversità e quindi l'incomunicabilità fra loro. Diversità di popolo (giudei/samaritani) e diversità di sesso. E sembra che la seconda prevalga, visto che i discepoli, ritornando, si meravigliano «che parlasse con una donna». Teniamo conto che il concetto di fede presso gli ebrei corrisponde all'innamoramento. Gesù vuole far dono alla donna («Se tu conoscessi il dono di Dio...») della fede, coronamento nuziale di una relazione d'amore, simboleggiato dal pozzo.

In effetti, tutto il dialogo corre lungo il binario della simbologia. Gesù pensa all'acqua della Parola e dello Spirito che Lui è venuto a portare. La samaritana pensa al pozzo, luogo simbolico dell'incontro fra innamorati, secondo l'Antico Testamento. E così non è lontana da quel tipo di relazione che Gesù vuole instaurare con lei.

La pretesa di Gesù di essere in grado di dare Lui da bere suscita la curiosità della donna: «Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo?». Gesù risponde marcando lo scarto fra l'acqua di quel pozzo e quella che Lui dona. La fede/innamoramento crea un legame indissolubile con il Signore, attraverso la Parola e lo Spirito, che rendono gli uomini non semplici ricettori ma anche soggetti attivi della relazione con il Signore, e capaci di aprire anche agli altri la strada della fede, come la samaritana farà con i suoi compaesani.
E, rimanendo dentro la simbologia, questa relazione appaga e dà gusto al desiderio umano più profondo: «Chi berrà dell'acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno». Davvero, nel Signore, possiamo trovare soddisfazione piena per la nostra umanità. «Credere in Cristo e seguirlo non è solamente una cosa vera e giusta, ma anche bella, capace di colmare la vita di un nuovo splendore e di una gioia profonda, anche in mezzo alle prove», dice Papa Francesco nell'Esortazione Evangelii Gaudium.

Finalmente le parti si sono rovesciate. All'inizio Gesù aveva detto alla samaritana «dammi da bere», ora la samaritana dice a Gesù «dammi quest'acqua». Gesù aveva osato esprimere la sua mancanza e il suo desiderio. Offrendosi così da povero, apre il dialogo che fa esprimere anche alla donna il suo desiderio.
Perciò Gesù osa un passo ulteriore, riconducendo la samaritana alla sua vita concreta: «Hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito». Non deve averlo detto assolutamente in tono di giudizio o di rimprovero. Perché diventa addirittura l'elemento che conquista definitivamente la donna. Infatti è proprio questo che essa testimonierà con insistenza agli altri, per invitarli a fare la stessa esperienza del Signore Gesù: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto... Mi ha detto tutto quello che ho fatto». Riconoscersi conosciuta da Gesù è, per la donna, l'esperienza che la apre a nuovi percorsi di fede nel riconoscere il Signore che è per lei. Vede in Gesù colui che può colmare il suo desiderio di pienezza finora frustrato, vista la sua vita così "variegata".

Proprio per questo si mette a interrogare Gesù su questioni religiose: sull'antagonismo giudei/samaritani riguardo al vero culto a Dio. Gesù risponde che ormai questo dualismo è superato: il «luogo» dove adorare Dio è Lui e la sua carne, donataci nella sua Pasqua (a cui fa riferimento il termine «ora» nel Vangelo di Giovanni).
Per capire l'espressione sugli adoratori in spirito e verità, bisogna partire dalla frase di Gesù: «Il Padre cerca tali adoratori» (letteralmente). È la stessa azione del pastore dopo che ha perduto una pecora o della donna che ha perduto una moneta (cfr. Lc 15,4-10). Due parabole che esprimono il rapporto di Dio con i peccatori: Egli cerca, non condanna. I ricercati da Dio sono i peccatori.
Allora, il punto di partenza dell'adorazione è farsi cercare da Dio. Da qui nasce il culto di adorazione: i veri adoratori sono i peccatori, quelli che hanno da offrire a Dio qualcosa di veramente proprio, il peccato, perché tutto il resto è già di Dio (cfr. Sal 50,9-14). Lo Spirito Santo ci fa fare la verità su di noi: peccatori cercati del Signore. E così lo spirito ci porta ad adorare veramente Dio: a riconoscerlo Signore della nostra vita perché ci apre strade di pienezza per la nostra umanità.
Come la donna samaritana, che per questa esperienza diventa poi «discepolamissionaria», come dice Papa Francesco: «Ogni cristiano è missionario nella misura in cui si è incontrato con l'amore di Dio in Cristo Gesù. La samaritana, non appena terminato il suo dialogo con Gesù, divenne missionaria, e molti samaritani credettero in Gesù "per la parola della donna"» (Evangelii Gaudium).

Alberto Vianello

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