dom Luigi Gioia" Il suo volto brillò come il sole"

II Domenica di Quaresima (Anno A) (16/03/2014)
Vangelo: Mt 17,1-9
Due volte, nelle letture di questa seconda domenica del tempo di quaresima, risuona la voce stessa del Padre! La sentiamo una prima volta proprio nel mezzo del vangelo della trasfigurazione, quando dalla nube essa proclama: Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo. Poi la sentiamo dichiarare nella prima lettura ad Abramo: Esci dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre verso la terra che io ti indicherò.
C'è un parallelo tra l'ascolto chiesto dal Padre nel vangelo e l'atteggiamento indicato come espressione di questo ascolto ad Abramo, quello di uscire. Ascoltare conduce ad uscire.
A conclusione del discorso sulla montagna nel Vangelo di Matteo, Gesù afferma che solo chi ascolta le sue parole e le mette in pratica edifica la sua casa sulla roccia, costruisce cioè in modo solido e duraturo. L'ascolto non può limitarsi ad un vago compiacimento nelle parole sentite, non può limitarsi solo ai buoni sentimenti risvegliati in noi dalle parole di esortazione che ascoltiamo. L'ascolto è autentico, dal punto di vista evangelico, solo quando diventa vita.

Per questo, dunque, la chiamata di Abramo ci dimostra cosa significhi davvero ascoltare. Ascoltare Gesù è sempre un esodo, è sempre un'uscita dalla nostra terra, dalla nostra zona di sicurezza. Non è a caso che il tempo di quaresima duri 40 giorni, in parallelo con i 40 anni trascorsi dal popolo di Israele nel deserto. Questi 40 anni di pellegrinaggio costituiscono un solo evento con l'uscita dal paese di Egitto. Infatti, anche dopo che gli israeliti avevano lasciato l'Egitto (simbolo della contaminazione con l'idolatria e quindi del peccato) fisicamente, vi restavano ancora con il cuore. Uscire dal paese d'Egitto, abbandonare cioè l'idolatria e il peccato è un lungo processo, è un processo di conversione, e per questo sono necessari 40 lunghi anni. Per questo, questi 40 anni nel deserto sono diventati il simbolo della vita presente. Il battesimo è la nostra uscita fisica dal paese d'Egitto, ma poi abbiamo bisogno di 40 anni, cioè di tutta la nostra vita per percorrere il paziente, lungo, travagliato cammino di conversione dall'idolatria e dal peccato e per entrare nel regno di Dio, per entrare nella vita nuova che ci è promessa.
La chiamata, l'esodo, l'uscita sono quindi la forma che deve prendere l'ascolto autentico della Parola. La Parola costantemente ci convoca, ci riunisce. La Parola ci vuole far uscire dalle nostre abitudini che, anche senza essere dei peccati, ci chiudono molto spesso alla relazione con il Signore, non fosse che perché non abbiamo tempo per lui, e ci chiudono nei confronti degli altri. Uscire è saper superare queste abitudini nocive o invadenti che spesso consumano le nostre vite in qualcosa che in fondo non ci conduce da nessuna parte, che non ha senso.
Un'altra forma di esodo o di uscita consiste nell'abbandonare non solo il peccato, ma anche le occasioni di peccato. Sappiamo bene che la lotta contro il peccato comincia con una vera e propria strategia: so che in determinate situazioni sono vulnerabile e allora cerco di non espormi ad esse.
Un'altra forma di uscita, di esodo - ma ognuno deve trovare la propria -, un'altra forma di abbandono di quello che ci tiene lontano dal Signore è il superamento di quella rassegnazione che può alla lunga diventare cinismo: non crediamo più alla vita, non crediamo più alla possibilità di cambiare, non crediamo più alla novità che il Signore può e vuole introdurre nella nostra vita. Il cristiano non deve mai dimenticare che colui nel quale ha riposto la propria speranza è fedele e che in lui può sperare contro ogni speranza.
Ciononostante, anche quando abbiamo stabilito questo parallelo tra l'ascolto e l'uscita da noi stessi, anche quando abbiamo cercato di applicarlo alla nostra vita, sappiamo che non basta, sappiamo di non avere ancora capito o vissuto davvero questo ascolto. Se l'ascolto consistesse solo in risoluzioni di questo tipo, se fosse solo una questione di atteggiamenti morali da assumere, non avremmo avuto bisogno di Gesù.
Per farci uscire da noi stessi, per farci uscire dalle nostre abitudini di passività, di rassegnazione e di cinismo - per farci uscire dal nostro peccato non basta la nostra volontà. Non basta neppure ascoltare Gesù e proporci di mettere in pratica la sua Parola. Non ne saremo infatti capaci, perché prima di poter fare qualsiasi cosa di buono abbiamo bisogno di essere salvati. Ce lo dice chiaramente la seconda lettura: Figlio mio, con la forza di Dio soffri con me per il Vangelo. Egli infatti ci ha prima salvati e poi chiamati con una chiamata, una vocazione, santa. E poi aggiunge, naturalmente: non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo progetto e la sua grazia. Il Signore prima ci salva e poi ci chiama. E ci chiama non perché siamo migliori degli altri, non perché abbiamo fatto qualcosa di buono. Ci chiama per amore, ci chiama gratuitamente, ci chiama perché ha scelto di farlo.
Anche solo per sentire la chiamata di Dio quindi abbiamo bisogno di essere salvati, di essere condotti - come Pietro, Giacomo e Giovanni - in un luogo in disparte, in un luogo a parte. Abbiamo bisogno di essere avvolti, anche noi, dalla nube dello Spirito Santo. Soprattutto abbiamo bisogno di riconoscere questa voce del Padre che ci invita.
Notiamo che il Padre non ci invita genericamente ad ascoltare, ma ci dice: Ascoltatelo! cioè "Ascoltate Gesù!". Proprio in questo risiede la grande differenza tra la voce del Padre nel Nuovo Testamento e la voce del Padre nell'Antico Testamento.
Il Padre parla a noi come aveva parlato ad Abramo. Al tempo di Abramo, però, Gesù ancora non era venuto, perciò il Padre gli dice semplicemente: Vai! Esci!. A noi invece non dà semplicemente una parola da ascoltare, a noi dice: Ascoltatelo! Cioè "Ascoltate lui, ascoltate Gesù!". Questo riferimento a Gesù è fondamentale. Lui possiamo ascoltarlo, vogliamo ascoltarlo, perché ci ha dato la prova del suo amore per noi, perché ha dato la vita per noi e, come ha detto lui stesso, nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.
Nei suoi riguardi possiamo citare questa bella frase del salmo: Di te ha detto il mio cuore: sei tu il mio Dio. E' il nostro cuore che riconosce in Gesù il nostro Dio. E' il nostro cuore che riconosce nella sua Parola una voce che veramente parla a noi, che veramente ci raggiunge nel profondo, che veramente ha la capacità, ha il potere, ha la forza di introdurre un cambiamento autentico nella nostra vita. Proprio perché prima di cambiare la nostra vita tocca il nostro cuore.
Rispetto ad Abramo, quindi, la novità è che noi non partiamo da soli. Abramo portò con sé tutta la sua famiglia, ma lui solo sapeva dove stava andando e probabilmente molti di coloro che lo seguivano avranno pensato che non fosse molto equilibrato. Lasciare la propria terra all'epoca era una pazzia. Oggi prendiamo un treno e andiamo da un'altra parte, le strade sono sicure, i mezzi di trasporto sono nell'insieme affidabili. All'epoca uscire dalla propria terra era esporsi a tutti i pericoli possibili e immaginabili, soprattutto in un contesto geografico come quello del Medioriente, caratterizzato dalla scarsità dell'acqua e dalla presenza di deserti. In quel periodo vi erano ovunque guerre, predoni e briganti - viaggiare quindi esponeva sempre a gravissimi pericoli.
C'è dunque molto eroismo nell'obbedienza di Abramo - ma a noi è chiesta una forma di eroismo diversa, una forma di obbedienza nuova. Non siamo chiamati a partire da soli, ma abbiamo Gesù che ci precede, che ci apre la via. E difatti vediamo che nei Vangeli Gesù è sempre in movimento: a partire dal momento nel quale viene battezzato, lo Spirito comincia a condurlo prima nel deserto e dopo che ha trionfato delle tentazioni, lo tiene costantemente in viaggio, in movimento per annunciare il Vangelo. E quando i discepoli vogliono che si trattenga di più in un villaggio, la risposta di Gesù è la seguente: Dobbiamo andare, perché per questo io sono venuto.
Dove conduce questo perenne muoversi di Gesù? Quale è la terra promessa meta del suo pellegrinaggio, e del nostro pellegrinaggio al suo seguito? La risposta è semplice: il Padre! Questo è l'ascolto. Questa è la conversione alla quale siamo chiamati: uscire dalle nostre sicurezze illusorie per seguire Gesù. Questa sequela di Gesù, come l'uscita richiesta ad Abramo, ha una direzione, è garantita da una promessa che è quella della benedizione. Come dice il Padre ad Abramo: benedirò coloro che ti benediranno. In te si diranno benedette tutte le famiglie della terra.
Ascoltare produce come frutto la benedizione nel doppio senso di questa parola: nel senso che noi siamo benedetti e che a nostra volta diventiamo strumento e segno di benedizione per il mondo.
C'è una parentela molto forte tra la parola benedizione e le beatitudini. Essere benedetti è entrare nello spirito delle beatitudini. I veri benedetti sono i beati di Matteo perché la loro vita è stata trasformata, perché hanno trovato la gioia, hanno trovato la presenza del Signore, la consolazione, il senso della loro vita lì dove si trovavano, cioè nella povertà, nella sofferenza, nelle lacrime. Questo è essere benedetti. Una volta benedetta, la nostra vita diventa beata, cioè assume un senso nuovo, anche quando esteriormente tutto sembra restare come prima. Le circostanze della vita infatti cambiano lentamente, ma il nostro cuore, sotto l'azione della benedizione, cambia per primo e con esso cambia il nostro sguardo e poi piano piano anche il nostro comportamento e tutta la nostra vita.
Essere benedetti è quindi essere trasfigurati, prima nel cuore, poi nello sguardo e infine in tutta la nostra vita.
La trasfigurazione di Gesù ha questo di particolare, che è visibile solo per un momento. Quando egli scuote i discepoli dal sonno nel quale sono sprofondati per l'impossibilità di sostenere oltre la visione della gloria di Dio, ritrovano Gesù solo. Ma anche nella sua forma terrena Gesù resta il Trasfigurato e il Trasfigurante perché portatore di questa luce che è la luce della sua divinità, che è la luce della presenza del Padre in lui, la luce della sua unione con il Padre. Con lui, anche noi siamo avvolti in questa luce. Questa luce è già i noi, solo che non la vediamo.
Siamo benedetti quindi perché anche noi, in Gesù, siamo trasfigurati. Anche noi, grazie alla nostra unione con Gesù, abbiamo ricevuto lo Spirito Santo, questo Spirito Santo che è già resurrezione, è già primizia della vita eterna. Ci è promessa una vita che non finisce, la risurrezione, un corpo che risplende, una relazione senza ostacoli, libera, tra noi, in Cristo, nello Spirito, con il Padre.
Oggi la nostra vita è caratterizzata da limiti di tutti i tipi, soprattutto nelle nostre relazioni. Anche quando c'è l'amore e la fraternità, la relazione va comunque solo fino ad un certo punto. Scopriamo molto presto degli ostacoli che continuano a dividerci. Poi c'è l'invecchiamento, ci sono le malattie, c'è il nostro corpo che perde la sua forza. Ci sono tutti questi germi di morte, di decadimento, che sono ancora attivi e che pesano sulle nostre vite. Però abbiamo già in noi la vita, abbiamo già in noi questa luce, abbiamo già in noi le primizie della resurrezione, abbiamo già in noi la promessa di relazioni finalmente libere.
Questo è il frutto dell'ascolto, il frutto dell'unione con Gesù, il frutto del nostro esodo, della nostra uscita, per andare dietro a Gesù, per lasciarci condurre da lui verso il Padre.
In ultima analisi, la benedizione, la trasfigurazione, la resurrezione è l'amore del Padre. Perché di Gesù, di questo Gesù con il quale il Padre vuole che siamo uniti, di questo Gesù che il Padre ci invita ad ascoltare, il Padre appunto dice: Egli è l'amato. "Lui è colui che io amo, perché si fa amare, perché mi ama. In lui, amo voi".
Quindi se vogliamo veramente essere amati dal Padre ed amarlo, dobbiamo essere uniti con Gesù, dobbiamo rispondere a questa chiamata santa, a questa salvezza offerta da Gesù. Perché uniti a lui, riceviamo questo Spirito Santo, del quale Paolo dice che l'amore di Dio è stato versato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.
Questa voce del Padre portiamola con noi nelle nostre giornate, nella nostra vita: "Egli, Gesù, è l'amato, è il prediletto. Ascoltatelo! Seguitelo!". Da lui, uniti a lui, lasciamoci condurre. Usciamo da tutto quello che ci frena, da tutto quello che ci rinchiude, da tutto quello che ci rallenta nel nostro cammino e lasciamoci aprire alla meravigliosa speranza, alla luce nuova che Gesù porta nelle nostre vite, che Gesù porta proprio là dove ancora i germi di morte, di decadimento e di sofferenza sembrano prevalere, ma nei quali, proprio per questo motivo, può risplendere ancora più vivamente e più profondamente la speranza.

Commenti

Post più popolari