Padre Gian Franco Scarpitta"Pozzi per non morire di sete"


III Domenica di Quaresima (Anno A) (23/03/2014)
Vangelo: Gv 4,5-42
Le circostanze nelle quali si parla di "acqua" nella Bibbia sono molteplici e di varia natura, tutte riguardanti il prezioso liquido materiale al quale si ricorre per appagare la sete fisica. Accanto al senso materiale, l'acqua assume però quasi sempre, nella Scrittura, un significato di profonda spiritualità: essa estingue infatti accanto alla sete materiale anche il desiderio e l'ansia umana di infinito, la volontà di elevazione personale e di ricerca della felicità, la vocazione alla realizzazione. Vi è infatti una sete materiale immediata, ma anche un'aspirazione fondamentale di esistenziale ricerca, insomma una sete inconsapevole di Dio.
Cercare Dio è la ragione esistenziale dell'uomo e se Lui non esistesse non vi sarebbe neppure la domanda sul perché delle cose e sul senso della nostra vita, per cui è Dio stesso che incute nell'uomo codesta sete di
verità implacabile, come dice anche il profeta Amos: "Ecco verranno giorni - dice il Signore - in cui manderò la fame nel paese, non fame di pane, né sete d'acqua, ma d'ascoltare la parola del Signore."(Am 8, 11)
Vi possono essere casi di siccità e di penuria per le quali, secondo un determinato detto, "cerchiamo pozzi per non morire di sete", cioè per soddisfare definitivamente il nostro fabbisogno idrico. E l'uomo proprio di questo ha bisogno nella sua inopia spirituale: non tanto di acqua, ma di pozzi. Di profondità artesiane alle quale attingere per appagare la sua inconsapevole sete del divino e dell'assoluto. Ma chi può soddisfare una simile necessità se non l'Assoluto medesimo che diventa relativo a beneficio dell'uomo? Chi può insomma dissetare l'uomo se non Dio stesso, che è allo stesso tempo fonte e acqua? Finché l'uomo scava i propri pozzi servendosi di elementi effimeri, provvisori e caduchi, non giungerà mai a soddisfare se stesso; se invece egli si lascia dissetare da Dio, avverrà l'eclissi di sete.
Nell'antico nomadismo di cui ci ragguaglia la Genesi anche a proposito di Abramo Arameo errante, trovare l'acqua per approvvigionare il bestiame e per dissetare se stessi e i propri compagni era compito dei capi clan, i quali per questo provvedevano a scavare i pozzi. Durante il viaggio di Israele pellegrino nel deserto, Dio provvede l'acqua per il popolo in quel famoso episodio di scaturimento della sorgente sulla roccia dell'Oreb a Meriba: il bastone che era servito per aprire le acque del Mar Rosso e far passare gli Israeliti all'asciutto, adesso colpisce la parete rocciosa per farvi sgorgare un rivolo d'acqua che disseta il gemebondo popolo d'Israele. E' Dio stesso procura l'acqua per alimentare il suo popolo soprattutto nelle situazioni di indigenza e di estrema difficoltà, ma cosa ancora più esaltante è che Dio propone se stesso come Acqua viva i cui fiumi dissetano e soddisfano (Gv 7, 37 - 38).
Ma oltre che come acqua, Dio si propone anche come pozzo, sorgente inesauribile di liquido esaustivo della sete di salvezza dell'uomo e nel suo manifestarsi sotto tali aspetti rende oltre a soddisfare la sete, fa anche in modo che l'uomo abbia sempre sete perché sempre a lui possa attingere: «Se qualcuno ha sete, venga a me e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura, fiumi d'acqua viva scorreranno dal suo grembo" (Gv 7,37-38)
Tale si rivela soprattutto nel suo Figlio Gesù Cristo, Dio fatto uomo, al pozzo di Sicar mentre una donna samaritana si avvicina per attingere acqua. Gesù le domanda: "Dammi da bere" non solamente ai fini di dissetarsi perché stanco e stremato dal cammino e dalla fatica, ma per avere motivo di offrire egli stesso a questa interlocutrice non casuale l'acqua viva che zampilla per la vita eterna. Nonostante sia una Samaritana, esclusa per ciò stesso dalla familiarità con gli Israeliti, Gesù la tratta alla pari, instaura con lei un rapporto familiare e dialogico privo di pregiudizi e di riserve, le offre il meglio della sua amicizia e della sua confidenza. In più la mette anche a raffronto con se stessa invitandola all'introspezione e all'autocritica: "Hai detto bene, non hai marito. Ne hai avuti cinque e quello che hai adesso non è tuo marito." Come nessun altro dei suo conterranei avrebbe mai fatto, Gesù entra in sintonia con la Samaritana perché si sintonizzi con lui e scopra la Verità fondamentale che da sempre sta cercando invano ricorrendo a vie fallaci e questa verità gliela offre non già come speculazione astratta, ma come acqua da bere.
Se Gesù si qualificherà poi (cap. 6) come il "pane vivo disceso dal cielo", adesso ha motivo di presentarsi e di offrirsi come acqua viva, elemento che appaga la sete materiale ed estingue la sete spirituale, la voglia fondamentale dell'uomo. E se così Gesù si mostra ad una donna Samaritana, considerata una peccatrice, quanto più vantaggioso e proficuo sarà il suo rapportarsi con i suoi discepoli, con chi ripone in lui fiducia e speranza....
Gesù vuol farsi mangiare e bere, cioè assumere in tutto per tutto dall'uomo. Se volesse solamente proporsi come pane, sazierebbe la fame e ridarebbe certo sollievo e vigore, ma non soddisferebbe l'uomo completamente, perché la vita sussiste quando c'è l'acqua e pertanto egli si mostra e si manifesta come acqua di vita che zampilla perennemente alla quale qualsiasi uomo può attingere non importa se impuro (Samaritano) o immacolato. Anzi, l'acqua della vita eterna diventa anche lavacro di rigenerazione e di salvezza, poiché nel sacramento del Battesimo, parimenti che nel diluvio universale, essa provvede a lavare ciò che è sordido e a distruggere le macchie per rigenerare alla purità.
Forse è la prima volta che Gesù si qualifica espressamente come con la donna di Samaria alla quale dice: "Sono io (il Messia) che parlo con te", ma fondamentalmente la donna si è lasciata avvincere dal fascino del suo interlocutore e dal suo fare profetico e seppure continua a dubitare e non ne abbia la certezza, ha colto in Gesù il Messia atteso per la salvezza del mondo.
La salvezza che le si offre sotto forma di liquido prezioso.
Come si è detto tuttavia noi necessitiamo di pozzi ancor prima che di acqua perché il nostro dissetarsi sia continuo; la presenza del Signore Risorto che nello Spirito accompagna il nostro cammino marcandone tutte le nostre tappe è garanzia che vi sia per noi un pozzo ancora più grande di quello di Giacobbe.

Commenti

Post più popolari