don Alberto Brignoli "Con noi, tutti i giorni"

Ascensione del Signore (Anno A) (01/06/2014)
Vangelo: Mt 28,16-20
Gesù, dopo che Dio lo ha risuscitato dalla morte, si è mostrato vivo ai suoi discepoli in varie opportunità e in momenti distinti: come dice Luca all'inizio degli Atti degli Apostoli, "si mostrò vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose
riguardanti il regno di Dio". Varie di queste prove sono testimoniate dai Vangeli stessi, in modo particolare da Giovanni e da Luca, che sono i più prodighi nelle narrazioni dei Vangeli di Risurrezione: pensiamo all'episodio di Emmaus, alle apparizioni nel giardino (a Maria di Magdala più che ad altri) e nel Cenacolo (tra cui quella a Tommaso), alla pesca miracolosa... Luca addirittura va oltre il Vangelo, e inizia la seconda parte della sua opera (l'abbiamo letto oggi) con il discorso di commiato di Gesù, in cui dà delle norme di comportamento da seguire nei giorni immediatamente successivi al suo ritorno al cielo.
Il Risorto di Matteo, però (anche quello di Marco, ma non così tanto), di prove e di parole ai suoi discepoli non ne offre molte: non è attivo, e non è per nulla loquace. Si mostra vivo alle donne che lo cercano nel giardino, le saluta molto semplicemente, e chiede loro di convocare i discepoli in Galilea, su un determinato monte. Fine della trasmissione. Nessuna catechesi lungo la strada, nessun ingresso al Cenacolo, nessuna pesca miracolosa...piuttosto, Matteo parla con realismo della diceria che tra i Giudei circolava insistentemente circa il trafugamento del corpo di Gesù da parte dei discepoli, e di come si sia risolta tra il popolo eletto la vicenda terrena di Gesù Cristo. Il capitolo 28 di Matteo non è per nulla generoso di testimonianze sul Risorto. Quasi a dire: "Poche parole, ci vediamo in Galilea, come all'inizio". Ripartiamo da capo.
E siamo al momento narrato dal Vangelo che oggi la liturgia ci propone nella solennità dell'Ascensione: giunto il momento di salutare i suoi (anche se Matteo non dice manco questo), Gesù vuole lasciare loro in consegna il suo testamento, le parole più preziose, come quelle dette da un padre ai figli in punto di morte. Era la prima volta che gli undici s'incontravano con il Risorto, non sapendo che sarebbe stata pure l'ultima. Era quindi anche un po' scontato, forse, che tra di loro serpeggiassero dei dubbi, come Matteo ricorda. Gli undici fanno solo tre cose, con Gesù Risorto, e per di più senza dire una parola: vanno in Galilea, al vederlo si prostrano davanti a lui, e dubitano. In Galilea, ci vanno per obbedienza, su un comando del Maestro; davanti a lui, si prostrano in maniera spontanea, quasi irriflessa, come una reazione immediata a un sentimento misto di timore e meraviglia; ma ciò che fanno in maniera cosciente e deliberata è proprio il dubitare. Dubitano coscienti, volontariamente e razionalmente: e gli risulta bene, a quanto pare, se l'unico sentimento comune a tutti i racconti di resurrezione dei quattro Vangeli è proprio quello del dubbio.
Del resto, come condannarli? Avevano delle grandi attese su Gesù, ognuno a modo suo; sapevano bene che fine avesse fatto, anche se tra di loro di testimoni oculari ce n'erano ben pochi; due di loro, tra l'altro, al momento opportuno gli avevano pure girato le spalle, e di questi, uno non ha resistito al senso di colpa e se l'è fatta pagare da solo. Ci mancava pure di trovare la tomba del Maestro vuota, il terzo giorno, con un gruppo di donne invasate convinte di averlo incontrato in vita...va bene tutto...ma un po' di dubbio è pure lecito, no? Come capita anche alla nostra vita di fede quando, dopo aver condiviso le nostre speranze, le nostre attese e la nostra stessa vita con gli ideali che lui ci propone, sul più bello, Dio sparisce dalla nostra vita, e l'unica cosa che ci rimane di lui è il vuoto e il silenzio... a questo punto, non solo il dubbio è lecito, deliberato e razionale, ma diventa quasi normale prendere le distanze da Dio. Come fecero gli undici, quel giorno, sul Monte di Galilea: talmente distanti che toccò nuovamente a Gesù avvicinarsi a loro e rivolgere loro la parola. Il dubbio e il vuoto li avevano lasciati senza parole. Il Risorto di Marco li avrebbe rimproverati, quello di Luca a Emmaus redarguiti come stolti, e quello di Giovanni con Tommaso sfidati alla prova della fede.
Il Risorto di Matteo no: si avvicina e parla loro. E dice loro che nulla è più potente di lui, per cui non bisogna più avere paura né avere dubbi. Bisogna fidarsi, credere che tutto, in cielo e in terra è suo, e che nessun luogo della terra è lontano e ostile, per chi crede in lui: dunque, bisogna andare e fare altri discepoli, tanti, anzi tutti, tutti i popoli, nessuno escluso! Follia allo stato puro...questo sparuto gruppo dei Dodici (meno uno, morto suicida), illetterati, quasi ignoranti, spesso indecisi, traditori, fifoni, e ora per giunta increduli e dubbiosi, vengono da lui scelti per la missione. E a quanto pare, gli risulta bene, se dopo duemila anni siamo ancora qui a parlarne, a tesserne le lodi, a celebrare...
Sapete, spesso abbiamo l'idea - di fronte a molte eroiche figure di missionari e di missionarie che lungo i secoli hanno reso discepoli di Cristo i più disparati popoli della terra - che abbiamo a che fare con dei veri e propri eroi della fede, con dei testimoni impeccabili, con uomini e donne irreprensibili e particolarmente baciati dalla Grazia, senza dubbi e senza paure. Lasciatemelo dire, perché lo vivo sulla mia pelle: non è così. Se i primi grandi missionari, quelli che per primi hanno portato l'annuncio del Vangelo sino ai confini della terra, erano questi Undici, pieni di dubbi e di fallimenti, pieni di tradimenti e di timori, quanto più coloro che nei secoli a venire ne hanno seguito le orme. Nessun eroe, tra di loro, ma certamente molti santi, spesso anche martiri.
Dov'è, allora, il segreto del successo? Nelle parole del Maestro, quel giorno, sul Monte di Galilea, prima di andarsene definitivamente, testamento spirituale senza precedenti: "A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra...ed ecco, io sono con voi tutti i giorni". A lui, e non a noi, è dato il potere di fare opere grandi: l'unica forza di noi cristiani, missionari tutti in virtù del battesimo da loro trasmesso e ricevuto, è che lui è con noi tutti i giorni.
Tutti i giorni. Anche nei giorni del dubbio. Anche nei giorni della sofferenza. Anche nei giorni del vuoto e del silenzio. Anche nei giorni della speranza, della gioia, della gloria, delle porte che si spalancano al cielo.

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