don Alberto Brignoli"Ricordati..."

Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno A) (22/06/2014)
Vangelo: Gv 6,51-58
Più passano gli anni, e più mi accorgo di avere la memoria corta... Temo - ahimè! - che sia fisiologico. Anzi, se devo essere sincero, la mia memoria è "lunga", ovvero ricordo con una certa precisione e dovizia di particolari le cose che riguardano la mia infanzia, gli anni passati, i tempi non più recenti; mentre fatico sempre più a ricordare le cose successe da
poco, soprattutto gli impegni, le scadenze, gli appuntamenti... è pure una bella lezione di umiltà, perché mi fa comprendere quanto io abbia necessità di persone come i miei collaboratori, che mi ricordano con puntualità e correttezza tutte le cose che mi dimentico o che ignoro di dover fare (a proposito, ogni tanto un "grazie" anche dal pulpito o dal web se lo meriterebbero davvero...).
Chi invece dimostra di avere la memoria corta nel senso vero del termine, ovvero ricorda con precisione quasi maniacale ciò che si è compiuto in tempi recenti, mentre perde completamente il ricordo delle cose che ci hanno preceduto, è la società nella quale viviamo. Una società che - mutuando impropriamente il termine dal mondo dell'informatica - potremmo definire del "real time", del "tempo reale". Pensiamo a quante cose veniamo a sapere e conoscere "in tempo reale": le notizie, il traffico, la situazione meteorologica, i risultati delle partite del mondiale di calcio, il ritardo dei treni...e questo, non solo in un raggio chilometrico relativamente ristretto. Da un capo all'altro del mondo, infatti, possiamo sapere in tempo reale dove e di che intensità è stata - ad esempio - una scossa di terremoto. "In tempo reale": una parola d'ordine, talmente d'ordine da diventare la discriminante della veridicità, della giustezza e della bontà delle cose. Ciò che avviene e viene conosciuto da tutti in tempo reale è vero, buono e giusto. Ciò che invece appartiene alla memoria "lunga", al passato, al ricordo di tempi che non sono più "reali", al punto di diventare sconosciuti e "irreali", non ha veridicità, bontà e giustezza. Siamo una società che ha perso, e spesso volontariamente, la memoria storica. L'ha voluta e la vuole rimuovere continuamente, soprattutto se questa memoria storica comporta la sofferenza di dover riportare a galla ferite che bruciano e continuano a lasciare su di noi profonde cicatrici. Ma senza memoria storica, una società rischia di smarrire per sempre il significato e il senso profondo della propria identità culturale e civile; un popolo che non ha memoria storica è un popolo che non riesce più a capire chi è e dove va, e le continue crisi che stiamo vivendo (non solo a livello economico, ma anche a livello culturale e morale) ne sono la prova evidente.
Quando poi la memoria storica viene smarrita da una comunità di fede, da un popolo particolare come il popolo dei credenti in Dio, allora il senso di smarrimento diviene ancor più profondo, perché la prima domanda che ci si pone di fronte a momenti critici della vita di fede è: "Ma dov'è finito Dio?". Dov'è finito Dio? Chiediamolo a Mosè, e a chi, da lui ispirato, ha composto il brano di Deuteronomio che leggiamo oggi nella Liturgia della Parola. Leggiamolo attentamente, e ci accorgeremo che questa domanda ci si ritorcerà contro, perché sarà posta a noi in senso contrario, e forse non sapremo trovare risposta. Ci sarà chiesto: "Dove sei, uomo?", e la nostra totale assenza di memoria storica ci impedirà di rispondere serenamente. Perché? Perché il nostro desiderio di superare la memoria storica ci porta a dimenticare che ciò che abbiamo vissuto - nel bene e nel male - ci ha visto in compagnia di un Dio che non ci ha mai lasciato soli, ma che noi abbiamo con estrema facilità mantenuto lontano. Un Dio che ci ha condotto per anni nel deserto per farci capire che non siamo noi i creatori dell'universo, per rimetterci al nostro posto, per "umiliarci e metterci alla prova", per sapere se avevamo capito che nel mondo non comandiamo noi, tantomeno le nostre esigenze di "tempo reale". Un Dio che ci ha fatto provare la fame, certo, ma che poi "ci ha nutrito di manna", di qualcosa che a noi era sconosciuto perché non era opera nostra, come la maggior parte delle cose di cui, in questo mondo, beneficiamo. Un Dio che "ci ha fatto uscire dalla nostra condizione servile", dalle schiavitù nelle quali continuamente ci rinchiudiamo, e per le quali abbiamo rinfacciato a lui di schiavizzarci, sotto i colpi della Legge, dei Comandamenti, delle norme, delle strutture. Un Dio che "ci ha condotto per un deserto grande e spaventoso", nel quale non avevamo punti di riferimento, ma nel quale ha fatto "sgorgare acqua dalla roccia durissima" e nel quale "ci ha nutrito di una manna sconosciuta".
Ma di fronte a questo Dio della Storia, abbiamo scelto la strada facile e immediata della memoria corta, del non ricordare più che lui, nonostante queste prove, non ci ha mai abbandonati. E allora, la festa odierna del Corpus Domini non è solo la festa in cui diamo tutti i doverosi tributi d'onore alla presenza reale di Gesù Cristo sotto le sembianze del pane e del vino; non è solo la festa in cui, nutrendoci come ogni domenica del suo Corpo, ci gloriamo di beneficiare della vita eterna; non è solo la festa che ci fa sentire Chiesa, Corpo Mistico del Signore. È anche la festa in cui ricordiamo, e dobbiamo badare bene di non dimenticarcene, che lungo tutto il cammino della storia, Dio è stato presente in mezzo a noi, dandoci da mangiare e da bere, sostenendoci nel deserto, facendoci sperimentare la nostra pochezza per farci capire quanto è potente la sua grandezza; e che quindi non dobbiamo dubitare, anche in momenti storici come l'attuale, nel quale sembriamo perdere ogni punto di riferimento, che lui è ancora con noi, e come ha sempre camminato a fianco dell'uomo, sostenendolo, dandogli forza e alimento, così continuerà a fare.
Nel Corpo e Sangue del suo Figlio che oggi onoriamo ce ne dà il "pegno", la certezza. A patto che "ci ricordiamo" di questo. A patto che "non dimentichiamo"; a patto che non abbiamo la memoria corta, e che facciamo sempre esercizio di memoria per non perdere la nostra identità di credenti. Andare a fare la Comunione ogni domenica o quando ci è possibile, allora, non sarà più un gesto abitudinario, ma significherà fare memoria (o "Memoriale") dei benefici che Dio ci ha concesso lungo tutta la storia. E che certo non smetterà di concederci proprio ora.

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