don Luca Garbinetto "La sinfonia della Trinità"
Santissima Trinità (Anno A) (15/06/2014)
Vangelo: Gv 3,16-18
Secondo il celebre aneddoto capitato a Sant'Agostino sulla spiaggia africana, cercare di comprendere Dio Uno e Trino con l'esercizio della sola ragione, è come pretendere di mettere in una piccola buca scavata nella sabbia tutta l'acqua del mare. Il fatto è che non si può pensare e riflettere su Dio a partire dagli schemi della scienza positivista e della matematica. Perché queste discipline tendono a mettere in ordine separando e dividendo gli opposti, scandendo i diversi, chiarificando come inconciliabili le antinomie.
A dire il vero, sembra che molta vita quotidiana sia spesa anche da tanti di noi provando a mettere in ordine la vita stessa scandendo il tempo e misurando lo spazio in maniera da non avere sovrapposizioni e contrasti, ambiguità e miscugli. Anche la cultura dominante, cosiddetta liquida nella gestione delle relazioni, abbandona il campo della razionalità quando le emozioni non permettono di tagliare il capello in due, preferendo arrendersi allo spontaneismo e all'incertezza, piuttosto che avere il coraggio della ricerca nel profondo.
Niente di tutto questo può abbracciare il mistero del Dio Uno e Trino. Lo sforzo di incasellare la Trinità o la rinuncia a conoscerLa perché non la si può dominare, sono i due atteggiamenti dell'uomo che mancano del presupposto fondamentale perché avvenga il miracolo dell'incontro e della coesistenza degli opposti: la fede!
La contemplazione della Trinità, che la Parola e la Liturgia oggi ci offrono, parte dall'affermazione della scelta di fondo che rende possibile la penetrazione nella realtà indicibile di Dio. Ci viene chiesta e suggerita la fede. Ne va di mezzo la realizzazione o meno della nostra stessa vita, il raggiungimento dello scopo stesso dell'esistere: se crediamo, siamo salvi e viviamo per l'eternità; se non crediamo, ci condanniamo fin d'ora da soli alla morte.
Può sembrare fuori moda continuare a ribadirlo, ma anche nel mondo odierno, segnato da una crisi mondiale - che in realtà sta ristrutturando le relazioni tra i popoli con equilibri nuovi e sorprendenti -, non vi è salvezza nella finanza o nell'economia, nel lavoro sicuro o nello stipendio; non salva la scienza, ma nemmeno i soli affetti famigliari o amichevoli, o le più disparate pratiche pseudo religiose. Tutto ciò, se assolutizzato al punto da attribuirgli un valore eccessivo rispetto alla sete di infinito che coltiva il cuore di ogni persona, alimenta la ricerca narcisistica di sé, che chiude al rapporto anziché spalancare le porte all'altro.
Invece, solo Dio salva. E salva incontrandoci personalmente. E salva perché è, per sua natura, un incontro di Persone. Salva, dunque, rimanendo se stesso e facendoci diventare noi stessi. Nella ferialità della nostra esistenza, laddove l'angoscia dell'abbandono rende spesso le nostre relazioni timorose o possessive, minacciose o minacciate. Dio restituisce alla persona e alle relazioni le dimensioni costitutive della libertà e della responsabilità.
Ecco perché per comprendere Dio Uno e Trino la chiave di volta, la chiave d'ingresso, la chiave di lettura non è l'intelletto, ma l'amore. Amare Dio perché amati da Lui, prima di ogni nostro merito e oltre ogni nostra miseria. Scoprirsi amati da Lui, nel dono di sé che il Figlio Gesù fa', vero uomo e vero Dio, è l'insostituibile e irrinunciabile ‘chiave di sol' che permette di leggere e cantare la melodia meravigliosa iscritta nello spartito della vita.
La Trinità, più che un laboratorio teorico di ripetitivi e noiosi solfeggi, è una sinfonia a più voci, che ci invita a tuffarci nel coro, suonando coraggiosamente il nostro strumento, talento unico e irripetibile ricevuto in dono. Ci saranno stonature e cali di tonalità, ma è la stessa Orchestra Divina a risollevarci, a riprenderci, a coinvolgerci di nuovo nella sua melodia.
Misero chi volesse suonarsela e cantarsela da solo. A lungo andare, rischierebbe di trovarsi spento e stremato dai suoi stessi sforzi individualisti, privo di energie vitali: perso nel proprio egocentrismo, ogni singolo uomo diverrebbe davvero cembalo svuotato della sonorità dell'amore.
Solo l'Amore può invece realizzare appieno la meravigliosa potenzialità racchiusa nell'intimo di ogni esistenza umana. Ogni persona porta impresse in sé le corde capaci di suonare la musica del Cielo. Solo l'Amore, lo Spirito del Dio Uno e Trino, ricevuto in dono e accolto umilmente ogni giorno come tenero liutaio interiore, accordatore celeste del nostro animo, può condurre la nostra povertà a esprimere negli scenari impegnativi del mondo odierno la ricchezza di ciò che siamo: figli nel Figlio, che cantano in un coro di fratelli!
Non abbiamo paura: siamo preziosi agli occhi di Dio, che ‘ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito'. Proprio il mondo spesso da noi disprezzato e temuto, ma sottilmente agognato e ricercato. Perché il mondo siamo noi. Ma allora è proprio a noi che Dio, il Figlio, l'Amore hanno dato la vita, e con essa la gioia.
Vangelo: Gv 3,16-18
Secondo il celebre aneddoto capitato a Sant'Agostino sulla spiaggia africana, cercare di comprendere Dio Uno e Trino con l'esercizio della sola ragione, è come pretendere di mettere in una piccola buca scavata nella sabbia tutta l'acqua del mare. Il fatto è che non si può pensare e riflettere su Dio a partire dagli schemi della scienza positivista e della matematica. Perché queste discipline tendono a mettere in ordine separando e dividendo gli opposti, scandendo i diversi, chiarificando come inconciliabili le antinomie.
A dire il vero, sembra che molta vita quotidiana sia spesa anche da tanti di noi provando a mettere in ordine la vita stessa scandendo il tempo e misurando lo spazio in maniera da non avere sovrapposizioni e contrasti, ambiguità e miscugli. Anche la cultura dominante, cosiddetta liquida nella gestione delle relazioni, abbandona il campo della razionalità quando le emozioni non permettono di tagliare il capello in due, preferendo arrendersi allo spontaneismo e all'incertezza, piuttosto che avere il coraggio della ricerca nel profondo.
Niente di tutto questo può abbracciare il mistero del Dio Uno e Trino. Lo sforzo di incasellare la Trinità o la rinuncia a conoscerLa perché non la si può dominare, sono i due atteggiamenti dell'uomo che mancano del presupposto fondamentale perché avvenga il miracolo dell'incontro e della coesistenza degli opposti: la fede!
La contemplazione della Trinità, che la Parola e la Liturgia oggi ci offrono, parte dall'affermazione della scelta di fondo che rende possibile la penetrazione nella realtà indicibile di Dio. Ci viene chiesta e suggerita la fede. Ne va di mezzo la realizzazione o meno della nostra stessa vita, il raggiungimento dello scopo stesso dell'esistere: se crediamo, siamo salvi e viviamo per l'eternità; se non crediamo, ci condanniamo fin d'ora da soli alla morte.
Può sembrare fuori moda continuare a ribadirlo, ma anche nel mondo odierno, segnato da una crisi mondiale - che in realtà sta ristrutturando le relazioni tra i popoli con equilibri nuovi e sorprendenti -, non vi è salvezza nella finanza o nell'economia, nel lavoro sicuro o nello stipendio; non salva la scienza, ma nemmeno i soli affetti famigliari o amichevoli, o le più disparate pratiche pseudo religiose. Tutto ciò, se assolutizzato al punto da attribuirgli un valore eccessivo rispetto alla sete di infinito che coltiva il cuore di ogni persona, alimenta la ricerca narcisistica di sé, che chiude al rapporto anziché spalancare le porte all'altro.
Invece, solo Dio salva. E salva incontrandoci personalmente. E salva perché è, per sua natura, un incontro di Persone. Salva, dunque, rimanendo se stesso e facendoci diventare noi stessi. Nella ferialità della nostra esistenza, laddove l'angoscia dell'abbandono rende spesso le nostre relazioni timorose o possessive, minacciose o minacciate. Dio restituisce alla persona e alle relazioni le dimensioni costitutive della libertà e della responsabilità.
Ecco perché per comprendere Dio Uno e Trino la chiave di volta, la chiave d'ingresso, la chiave di lettura non è l'intelletto, ma l'amore. Amare Dio perché amati da Lui, prima di ogni nostro merito e oltre ogni nostra miseria. Scoprirsi amati da Lui, nel dono di sé che il Figlio Gesù fa', vero uomo e vero Dio, è l'insostituibile e irrinunciabile ‘chiave di sol' che permette di leggere e cantare la melodia meravigliosa iscritta nello spartito della vita.
La Trinità, più che un laboratorio teorico di ripetitivi e noiosi solfeggi, è una sinfonia a più voci, che ci invita a tuffarci nel coro, suonando coraggiosamente il nostro strumento, talento unico e irripetibile ricevuto in dono. Ci saranno stonature e cali di tonalità, ma è la stessa Orchestra Divina a risollevarci, a riprenderci, a coinvolgerci di nuovo nella sua melodia.
Misero chi volesse suonarsela e cantarsela da solo. A lungo andare, rischierebbe di trovarsi spento e stremato dai suoi stessi sforzi individualisti, privo di energie vitali: perso nel proprio egocentrismo, ogni singolo uomo diverrebbe davvero cembalo svuotato della sonorità dell'amore.
Solo l'Amore può invece realizzare appieno la meravigliosa potenzialità racchiusa nell'intimo di ogni esistenza umana. Ogni persona porta impresse in sé le corde capaci di suonare la musica del Cielo. Solo l'Amore, lo Spirito del Dio Uno e Trino, ricevuto in dono e accolto umilmente ogni giorno come tenero liutaio interiore, accordatore celeste del nostro animo, può condurre la nostra povertà a esprimere negli scenari impegnativi del mondo odierno la ricchezza di ciò che siamo: figli nel Figlio, che cantano in un coro di fratelli!
Non abbiamo paura: siamo preziosi agli occhi di Dio, che ‘ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito'. Proprio il mondo spesso da noi disprezzato e temuto, ma sottilmente agognato e ricercato. Perché il mondo siamo noi. Ma allora è proprio a noi che Dio, il Figlio, l'Amore hanno dato la vita, e con essa la gioia.
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