don Marco Pedron"L'amore è creativo"
Santissima Trinità (Anno A) (15/06/2014)
Vangelo: Gv 3,16-18
Lunedì - La fine di una religione
I versetti del vangelo di oggi si trovano nel capitolo 3 di Gv. Per capirli, dobbiamo capire cosa succede prima. Nel capitolo 2 (Gv 2,13-17) Gesù scaccia i venditori dal tempio.
Per Gesù questo episodio vuol dire: "Il Tempio (cioè un certo tipo di religione) è finito". Ma i Giudei (=le autorità religiose) leggono diversamente ciò che Gesù ha fatto: "Ecco, è arrivato il Nuovo Mosè, il Riformatore della Legge". Infatti al versetto 2,18 gli chiedono proprio questo: "Quale segno ci mostri per fare queste cose?". Cioè: "Ok, sei il nuovo Mosè, ma in base a cosa dobbiamo crederti?".
Il tempio, la Legge, il culto, il sacerdozio, erano tutte istituzioni mediatrici create con l'obiettivo di servire da canale di comunicazione con Dio. Il tempio era il luogo dove tu potevi incontrare Dio; il rispetto della Legge era la tua santità per essere ben gradito da Dio; il culto era il modo con cui entravi in contatto con Dio; i sacerdoti erano i deputati a metterti in contatto con Dio.
Con Gesù tutto questo cadrà perché l'unico tempio e l'unico santuario sarà da ora in poi Gesù e l'unico culto a Lui gradito l'amore. Con Gesù finirà la religione (quello che tu devi fare per Dio) e comincerà la fede (quello che Dio fa per te). Dio non ti chiede di amarlo, ma di ricevere tutto il suo amore e tutta la sua accoglienza e di donarla, non a Lui, ma ai fratelli (Gv 13,34-35: "Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri").
Tra coloro che interpretarono erroneamente il gesto di Gesù c'erano i farisei, che erano i veri religiosi doc. Si ritenevano la vera comunità d'Israele ed erano un modello di pietà per tutto il popolo, imponendogli delle tradizioni contrabbandate come volontà di Dio. I farisei dicono: "Ma che Gesù sia il Nuovo Mosè (=Riformatore) che stiamo aspettando?".
Fra questi vi è anche un certo Nicodemo, uno dei capi dei Giudei. Pure lui crede così: "Rabbì, sappiamo che sei venuto da Dio come maestro; nessuno infatti può compiere questi segni che tu compi, se Dio non è con lui" (Gv 3,2).
Solo che Gesù gli fa un discorso di cui Nicodemo non capisce niente. Nicodemo (e con lui tutti i farisei) credeva che il regno di Dio si sarebbe realizzato quando tutto Israele avesse osservato la Legge. Ma Gesù gli dice: "Nicodemo non è l'osservanza della Legge che salva ma una nuova rinascita" (Gv 3,3).
E qui c'è un discorso molto sottile dove Nicodemo richiama continuamente Gesù alla Legge: "E' l'osservanza delle regole che salva!; sono i Comandamenti di Mosè che bisogna seguire; bisogna rispettare la tradizione, ecc", mentre Gesù gli dice: 1. "Se tu non cambi vita e non ti apri allo Spirito, non conosci Dio". La fede non è più non trasgredire delle regole, ma un cambiamento di vita. Dio è un incontro, un'esperienza, il far contatto con "qualcosa" di vitale, di così bello e irresistibile, che ti cambia la vita. Dio è sconvolgente. Quando lo incontri, non sei più lo stesso.
E poi: 2. "Dio, come il vento, è di tutti. Nessuno lo può possedere". E questo urtava terribilmente i farisei che si credevano i "migliori", i detentori, i modelli della santità (ed ecco la loro superiorità).
A noi può sembrare strano questo ma dobbiamo ricordarci che il Concilio di Firenze del 1442, decretò: "La sacrosanta chiesa romana... fermamente crede... che nessuno al di fuori della chiesa cattolica, né pagani, né ebrei, né eretici o scismatici, parteciperà alla vita eterna, ma andrà al fuoco eterno preparato per il diavolo e i suoi angeli", formulando l'efficace slogan "Extra Ecclesiam nulla salus", stabilendo quindi autorevolmente che "fuori della chiesa non esiste salvezza".
La Chiesa cattolica pertanto per più di cinque secoli considerò dannati per sempre tutti i cristiani delle chiese ortodosse e protestanti, insieme agli ebrei, ai musulmani e ai credenti delle altre religioni: in pratica tre quarti dell'umanità. Ecco cosa fa il Dio-giudice!
E solo nel 1964 con l'enciclica Lumen Gentium (16) si affermò: "Dio come salvatore vuole che tutti gli uomini siano salvi (cf. 1 Tim 2,4)".
Nei versetti poi che precedono il vangelo di oggi Gesù cita un noto esempio per mostrare la differenza. Nell'A.T. Mosè, di fronte alla piaga dei serpenti velenosi che uccidevano il popolo, fece un serpente di rame, lo mise sopra un'asta e se qualcuno veniva morso da un serpente e guardava il serpente di rame, restava in vita (Nm 21,9).
Bene, dice Gesù, quel serpente che dà la vita così, adesso è Gesù che dà la vita. Prima si guardava al serpente e si rimaneva in vita (fisica) adesso si guarda a Gesù e si vive (vita interiore). Gesù è colui che salva e il modello di Umanità. E poi seguono i versetti di oggi che sono la continuazione.
Martedì - Ti faccio un regalo: lo vuoi?
"Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna" (Gv 3,16).
I farisei dicevano: "Chi non rispetta le regole religiose, è escluso, condannato da Dio". Ma Gesù dice: "No, amici, non è più così. Dio ama il mondo. Anzi lo ama così tanto da donare per il mondo ciò che ha di più caro: suo Figlio".
"Chiunque crede in lui...": non è il Credo (aderire a delle affermazioni), ma come prima chi guardava il serpente di rame rimaneva in vita, così adesso chi vive come Gesù ci ha insegnato (guarda a Lui). Allora: Dio è follemente innamorato di te. Ma Lui non ti impone più nulla: non sei costretto a credergli; non sei obbligato a seguirlo; non lo devi ubbidire per paura. E' una scelta.
Lui è qui e ti dice: "Ti do dieci milioni di euro (=una vita vera), li vuoi?". E' ovvio che uno dovrebbe dire di sì, ma Lui te li da solo se tu lo vuoi. Il suo amore è un regalo che ti viene fatto: ma se non lo accetti (ecco il credere: credere=accettare, accogliere; la fede è un dono da accogliere!) non lo avrai.
"...Non vada perduto ma abbia la vita eterna". Qui paradiso e inferno, perdizione e salvezza eterna non centrano niente. La vita eterna è una vita "eterna" non tanto per la durata ma per la qualità che è indistruttibile. E' cioè una vita viva (e non morta), vera (e non nella menzogna), nell'amore (e non nel risentimento), nella gioia (e non nella tristezza), nella verità (e non nella paura).
Chi crede (=vive) come Gesù, vive così.
Mercoledì - Dio fa di tutto per te
"Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui" (Gv 3,17).
Gv insiste ancora su questo. E perché insiste ancora? Perché ciò che Gesù dice è una novità assoluta.
Fino ad ora Dio era un'Entità da temere perché ti può punire... perché ti può castigare... perché se non sei bravo ti manda "al caldo"... perché se non gli ubbidisci vedrai cosa ti succederà... perché se non vai in chiesa Lui se la prende... perché se non preghi Lui si offende... perché se non sei puro Lui non ti vuole e tu non sei degno di Lui... perché se non gli mostri la tua devozione con sacrifici, digiuni, fioretti e altro non gli sei caro... perché non sai mai se ti ha veramente perdonato o se ti meriti il suo perdono (amore)...
Questa cosa ce l'abbiamo anche noi, è che non ci riflettiamo. Pensate: all'inizio della Messa il prete dice: "Dio abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna". Basta questo, no?
No! Al Gloria diciamo di nuovo: "Agnello di Dio, Figlio del Padre, tu che togli i peccati del mondo abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica...". E' finita qui?
No! Alla consacrazione: "Questo è il calice del mio sangue... versato per voi e per tutti, in remissione dei peccati". Finita qui?
No! Al Padre Nostro: "Rimetti a noi i nostri debiti...". Finita qui?
No! Alla frazione del pane: "Agnello di Dio che togli i peccati del mondo...", e per sicurezza lo diciamo tre volte!
Ce l'abbiamo dentro anche noi: "Tu sei un peccatore e te lo devi meritare l'amore di Dio. Non sai mai se te lo dà, se te lo meriti. Dipende da cos'hai fatto. Dipende se ti sei pentito". Per questo lo chiediamo e richiediamo... e abbiamo sempre il dubbio.
Per questo quando arriva Gesù e dice: "Il Padre ti perdona. Non devi chiedere perdono a Lui", le persone rimanevano (e rimangono) sconcertate. Ma nel vangelo Gesù non invita mai gli uomini a chiedere perdono a Dio ma a perdonarsi gli uni gli altri. Da questo si vede se hai accolto il suo perdono: se lo dai anche agli altri, allora lo hai accolto da Lui. Che Dio ti perdoni questo è certo e questo accade sempre.
Pensate all'episodio del ladrone (Lc 23,39-43). Se era in croce era un assassino: era un delinquente che aveva le mani sporche di sangue! Quindi questo è l'emblema della persona persa, delle situazioni impossibili. Poi la Chiesa lo ha chiamato il "buon" ladrone e gli ha dato anche un nome: Disma. Si festeggia il 25 marzo ed è diventato il protettore dei ladri e dei briganti. Ma era un ladro, un brigante, un farabutto. Di buono non aveva niente!
E quando questo gli chiede: "Gesù ricordati di me quando entrerai nel tuo regno" (Lc 23,42), Gesù gli risponde: "Oggi sarai con me nel paradiso" (Lc 23,43). Il ladrone gli aveva chiesto solo di ricordarlo, non gli aveva chiesto: "Portami con te", sapeva anche lui che mica poteva chiedergli di più! Ma Gesù, invece, se lo porta con sé.
L'uomo che all'ultimo istante di vita fa un pensiero buono (non un'azione), viene accolto e portato in paradiso da Gesù. E questo qui non si fa nemmeno un quarto d'ora di purgatorio!
Vedete, il perdono di Dio è garantito sempre. Non è mai in discussione. Basta il desiderio!
Ma da adesso Dio non è più così. Dio non vuole nulla da te. Dio non vuole più sacrifici né offerte dagli uomini. Adesso è Lui che è venuto a darti qualcosa: tutto il suo amore, tutta la sua accoglienza, tutta la vita che Lui ha. Se la religione è ciò che l'uomo fa per Dio, la fede è ciò che Dio fa per l'uomo.
La condizione divina che Gesù ci ha portato è nient'altro che vivere immersi nell'amore di Dio.
"Condannare", letteralmente è giudicare (krino). Il giudizio era l'attesa dei farisei: loro attendevano un Messia che sarebbe venuto a giudicare buoni e cattivi, puri e impuri, premiando e condannando. Ma Dio non è così.
Giovedì - Se non lo faccio io, Lui non mi condanna mai
"Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio" (Gv 3,18).
"Chi crede...": cioè, chi liberamente (Lui vuole che tu lo guardi ma non ti può costringere a guardarlo; Lui vuole che tu viva ma non può costringerti a vivere) vuole guardare al serpente di rame, al Dio della Vita.
Credere in Gv è accogliere la nuova proposta di Gesù: una vita traboccante, piena (Gv 10,10). Non credere, invece, è continuare a vivere nella religione della Legge, del Dio da servire e da temere.
"...Non è condannato" (lett. giudicato; krino): se tu accetti il dono di Dio, tu esci dalla mentalità del Messia-giudice dei farisei. Dio non giudica nessuno. Non è venuto per questo.
"Ma chi non crede...": cioè chi continua a vivere nell'immagine vecchia del Dio da temere, che ti può punire, castigare, che ti rifiuta, che "se non fai il bravo ti manda qualcosa".
"...è già stato condannato": cioè si condanna da sé.
Dio non condanna nessuno: sei tu che ti condanni. Se tu vuoi vivere una vita mortale, muori, ma è ovvio! Se tu vivi una vita piena, vivi, ma è ovvio. Per questo la nostra vita è nelle nostre mani e nelle nostre scelte.
"Perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio". Gesù è venuto a dirci: "Dio è come un Padre che ti ama e che quando vede il tuo ritorno ti corre incontro; Dio è come un Buon Samaritano che è venuto a curarti gratis; Dio è come Gesù che porta a tutti la Vita". Ma se tu non credi in questo e continui a credere nel Dio della paura, dell'inferno, del giudizio, del Libro dei Conti (nelle credenze del tempo, nel giorno del giudizio, Dio avrebbe consultato il libro nel quale aveva scrupolosamente segnato tutte le azioni compiute dagli uomini, dividendole in positive e negative, e in base a queste li avrebbe giudicati)... sei tu - e non Dio - che sancisci la tua condanna.
Allora io prendo questo vangelo e lo leggo mettendo il mio nome (Marco) al posto del mondo: "Dio infatti ha tanto amato Marco da dare il Figlio unigenito... Dio, infatti, non ha mandato il Figlio da Marco per condannare Marco, ma perché Marco sia salvato per mezzo di lui".
E quando leggo o prego queste parole e sento che Dio fa di tutto per me, allora mi sento amato, allora mi sento a casa, allora mi è evidente che non ho nessun motivo di aver paura di Lui.
Venerdì - Il vissuto precede la teoria
Oggi la Chiesa celebra la festa della Trinità. Ma cos'è la Trinità? E cosa vuol dire Trinità? Anche perché nei vangeli si può cercare finché si vuole ma questa parola non esiste proprio.
Il vissuto precede sempre la teoria. Prima una cosa si vive e poi, riflettendo, la si capisce. Prima gli apostoli hanno "vissuto" la Trinità e poi hanno dato un nome e l'hanno teorizzata.
Il Figlio: il Dio in terra. Cosa succede? Gli apostoli e i primi cristiani hanno conosciuto Gesù: hanno sentito le sue parole, le sue parabole, visto i suoi miracoli, toccato con mano la sua forza, la sua passione e la sua verità. I primi cristiani non hanno dubbi: "Qui c'è Dio. Gesù è il Figlio di Dio".
E la resurrezione è nient'altro che la conferma: "Gesù Cristo è Dio". Gesù è il Dio che si incarna nel tempo spazio della storia, che prende forma, umanità visibilità. Gesù, poi, muore e se ne va.
Il Padre: il Dio in cielo. In Gesù, però sperimentano qualcosa di nuovo: Dio Padre. In Gesù cioè i primi cristiani fanno esperienza di un Dio nuovo, diverso, Abbà-Padre (Abbà=Papparino).
Gesù stesso parla con suo Padre molte volte. C'è un Dio-Padre che è sempre presente (ci si può sempre rivolgere e sempre ascolta). Mentre per gli ebrei Dio è lontano, così lontano che neppure si può nominare il suo nome perché in realtà nessuno lo conosce, il Dio del cielo di Gesù è un Padre molto vicino, che si prende cura dei suoi figli. Infatti, proprio per evidenziare questa differenza, Gesù parla di Dio come di Padre.
Lo Spirito: il Dio sempre presente. I primi cristiani fanno però un'altra esperienza: Gesù Cristo è sempre presente dentro di loro, come Spirito, energia, ardore, speranza, lotta, fiducia. Gesù, il Figlio di Dio, continua a vivere in loro. E' lo Spirito, il Dio che vive oggi e per sempre, in ogni creatura ma in tutto ciò che esiste.
Sabato - La Trinità: questione di relazioni
Questa triplice esperienza dei primi cristiani divenne nel corso degli anni il dogma della Trinità: l'Unico Dio vive in Tre persone, distinte, diverse, ma non separate. E' lo stesso Dio che vive e che è presente in modalità diverse. Per questo Dio è sia Uno che Trino.
Ogni volta che noi ci facciamo il segno della croce non facciamo nient'altro che invocare questo dogma, questa verità di fede: "Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo". La prima grande verità, quindi, è che Dio è Famiglia, più persone, relazione fra persone.
Passano i secoli e si cerca di capire come queste Tre persone si rapportino fra di loro.
Da una parte c'era il pericolo della simbiosi: sono così unite che sono la stessa cosa (sono emanazioni, immagini, ecc); dall'altra il pericolo della separazione: sono tre persone a sé stanti.
I primi secoli della Chiesa sono pieni di eresie, dispute e contrasti per capire tutto questo. Tutt'ora i cristiani cattolici e quelli ortodossi hanno una leggera diversificazione sulla dottrina trinitaria, riguardo al ruolo dello Spirito.
Il Concilio di Nicea, nel 325, inizia a porre delle basi chiare: "Il Padre e il Figlio sono della stessa sostanza (omousios=stessa sostanza)". Cioè: sono diversi ma uguali. Il Concilio di Costantinopoli, nel 381 dirà: "Non solo il Padre e il Figlio, ma anche lo Spirito è della stessa sostanza, è Dio".
Passa il tempo e la chiesa si chiede: "Ma queste tre Persone, in che rapporto stanno fra di loro?".
Così la teologia parla di "pericoresi" che vuol dire "ruotare, movimento circolare (in greco peri-choreo)". Le tre Persone della Trinità sono in un continuo dono, in una continua danza fra di loro. Vuol dire che ciò che caratterizza il loro essere è la relazione, il darsi e il ricevere.
Sant'Agostino nel suo De Trinitate definirà la Trinità: il Padre è l'Amans, Figlio è l'Amatus e lo Spirito Santo è l'Amor. Dio è Relazione, rapporto, connessione, unione.
La festa di oggi allora esprime la verità che Dio è Relazione. C'è un Dio che da, il Padre, l'Amans, l'amante, colui che dona. C'è un Dio che è donato, il Figlio, l'Amatus, il dono. C'è l'Amor, lo Spirito, la relazione d'amore che lega chi dà e chi riceve.
Domenica - L'amore è creativo
Questo vuol dire che l'amore, se è amore, è creativo. Cioè, perché ci sia l'amore è necessario che ci siano tre elementi: io, te e l'amore.
L'amore è la creazione che nasce da me e da te; è lo spazio, la relazione tra me e te.
Questo lo sappiamo tutti noi: quando un uomo e una donna si amano, spesso, fanno un figlio. Il figlio è il terzo elemento, è l'amore. L'amore fra me e te, crea (figlio). L'amore è sempre creativo.
Una coppia di sposi non può avere figli. Allora si è presa "come figlio" il prendersi cura tutte le domeniche di alcuni ragazzi disabili. Non è un hobby, è un impegno, un compito. L'hobby lo fai quando ne hai voglia: un figlio no, ce l'hai sempre. Così loro: il loro amore diventa creativo, crea vita e la crea aiutando questi ragazzi disabili.
Due genitori hanno i figli grandi e indipendenti, che non hanno più bisogno di loro. E adesso il loro amore che forma prende? Quante coppie qui si deprimono e si chiudono in casa. Il loro amore ha preso forma come gruppo di animazione del Centro Parrocchiale: organizzano incontri, feste, puliscono, sistemano; il Patronato è diventato il loro nuovo "figlio". Il loro amore è creativo e loro si sentono felici e utili.
L'amore crea. E chi crea vita, ama.
Pensiero della Settimana
Rifiutarsi di amare per paura di soffrire
è come rifiutarsi di vivere per paura di morire.
(Jim Morrison)
Vangelo: Gv 3,16-18
Lunedì - La fine di una religione
I versetti del vangelo di oggi si trovano nel capitolo 3 di Gv. Per capirli, dobbiamo capire cosa succede prima. Nel capitolo 2 (Gv 2,13-17) Gesù scaccia i venditori dal tempio.
Per Gesù questo episodio vuol dire: "Il Tempio (cioè un certo tipo di religione) è finito". Ma i Giudei (=le autorità religiose) leggono diversamente ciò che Gesù ha fatto: "Ecco, è arrivato il Nuovo Mosè, il Riformatore della Legge". Infatti al versetto 2,18 gli chiedono proprio questo: "Quale segno ci mostri per fare queste cose?". Cioè: "Ok, sei il nuovo Mosè, ma in base a cosa dobbiamo crederti?".
Il tempio, la Legge, il culto, il sacerdozio, erano tutte istituzioni mediatrici create con l'obiettivo di servire da canale di comunicazione con Dio. Il tempio era il luogo dove tu potevi incontrare Dio; il rispetto della Legge era la tua santità per essere ben gradito da Dio; il culto era il modo con cui entravi in contatto con Dio; i sacerdoti erano i deputati a metterti in contatto con Dio.
Con Gesù tutto questo cadrà perché l'unico tempio e l'unico santuario sarà da ora in poi Gesù e l'unico culto a Lui gradito l'amore. Con Gesù finirà la religione (quello che tu devi fare per Dio) e comincerà la fede (quello che Dio fa per te). Dio non ti chiede di amarlo, ma di ricevere tutto il suo amore e tutta la sua accoglienza e di donarla, non a Lui, ma ai fratelli (Gv 13,34-35: "Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri").
Tra coloro che interpretarono erroneamente il gesto di Gesù c'erano i farisei, che erano i veri religiosi doc. Si ritenevano la vera comunità d'Israele ed erano un modello di pietà per tutto il popolo, imponendogli delle tradizioni contrabbandate come volontà di Dio. I farisei dicono: "Ma che Gesù sia il Nuovo Mosè (=Riformatore) che stiamo aspettando?".
Fra questi vi è anche un certo Nicodemo, uno dei capi dei Giudei. Pure lui crede così: "Rabbì, sappiamo che sei venuto da Dio come maestro; nessuno infatti può compiere questi segni che tu compi, se Dio non è con lui" (Gv 3,2).
Solo che Gesù gli fa un discorso di cui Nicodemo non capisce niente. Nicodemo (e con lui tutti i farisei) credeva che il regno di Dio si sarebbe realizzato quando tutto Israele avesse osservato la Legge. Ma Gesù gli dice: "Nicodemo non è l'osservanza della Legge che salva ma una nuova rinascita" (Gv 3,3).
E qui c'è un discorso molto sottile dove Nicodemo richiama continuamente Gesù alla Legge: "E' l'osservanza delle regole che salva!; sono i Comandamenti di Mosè che bisogna seguire; bisogna rispettare la tradizione, ecc", mentre Gesù gli dice: 1. "Se tu non cambi vita e non ti apri allo Spirito, non conosci Dio". La fede non è più non trasgredire delle regole, ma un cambiamento di vita. Dio è un incontro, un'esperienza, il far contatto con "qualcosa" di vitale, di così bello e irresistibile, che ti cambia la vita. Dio è sconvolgente. Quando lo incontri, non sei più lo stesso.
E poi: 2. "Dio, come il vento, è di tutti. Nessuno lo può possedere". E questo urtava terribilmente i farisei che si credevano i "migliori", i detentori, i modelli della santità (ed ecco la loro superiorità).
A noi può sembrare strano questo ma dobbiamo ricordarci che il Concilio di Firenze del 1442, decretò: "La sacrosanta chiesa romana... fermamente crede... che nessuno al di fuori della chiesa cattolica, né pagani, né ebrei, né eretici o scismatici, parteciperà alla vita eterna, ma andrà al fuoco eterno preparato per il diavolo e i suoi angeli", formulando l'efficace slogan "Extra Ecclesiam nulla salus", stabilendo quindi autorevolmente che "fuori della chiesa non esiste salvezza".
La Chiesa cattolica pertanto per più di cinque secoli considerò dannati per sempre tutti i cristiani delle chiese ortodosse e protestanti, insieme agli ebrei, ai musulmani e ai credenti delle altre religioni: in pratica tre quarti dell'umanità. Ecco cosa fa il Dio-giudice!
E solo nel 1964 con l'enciclica Lumen Gentium (16) si affermò: "Dio come salvatore vuole che tutti gli uomini siano salvi (cf. 1 Tim 2,4)".
Nei versetti poi che precedono il vangelo di oggi Gesù cita un noto esempio per mostrare la differenza. Nell'A.T. Mosè, di fronte alla piaga dei serpenti velenosi che uccidevano il popolo, fece un serpente di rame, lo mise sopra un'asta e se qualcuno veniva morso da un serpente e guardava il serpente di rame, restava in vita (Nm 21,9).
Bene, dice Gesù, quel serpente che dà la vita così, adesso è Gesù che dà la vita. Prima si guardava al serpente e si rimaneva in vita (fisica) adesso si guarda a Gesù e si vive (vita interiore). Gesù è colui che salva e il modello di Umanità. E poi seguono i versetti di oggi che sono la continuazione.
Martedì - Ti faccio un regalo: lo vuoi?
"Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna" (Gv 3,16).
I farisei dicevano: "Chi non rispetta le regole religiose, è escluso, condannato da Dio". Ma Gesù dice: "No, amici, non è più così. Dio ama il mondo. Anzi lo ama così tanto da donare per il mondo ciò che ha di più caro: suo Figlio".
"Chiunque crede in lui...": non è il Credo (aderire a delle affermazioni), ma come prima chi guardava il serpente di rame rimaneva in vita, così adesso chi vive come Gesù ci ha insegnato (guarda a Lui). Allora: Dio è follemente innamorato di te. Ma Lui non ti impone più nulla: non sei costretto a credergli; non sei obbligato a seguirlo; non lo devi ubbidire per paura. E' una scelta.
Lui è qui e ti dice: "Ti do dieci milioni di euro (=una vita vera), li vuoi?". E' ovvio che uno dovrebbe dire di sì, ma Lui te li da solo se tu lo vuoi. Il suo amore è un regalo che ti viene fatto: ma se non lo accetti (ecco il credere: credere=accettare, accogliere; la fede è un dono da accogliere!) non lo avrai.
"...Non vada perduto ma abbia la vita eterna". Qui paradiso e inferno, perdizione e salvezza eterna non centrano niente. La vita eterna è una vita "eterna" non tanto per la durata ma per la qualità che è indistruttibile. E' cioè una vita viva (e non morta), vera (e non nella menzogna), nell'amore (e non nel risentimento), nella gioia (e non nella tristezza), nella verità (e non nella paura).
Chi crede (=vive) come Gesù, vive così.
Mercoledì - Dio fa di tutto per te
"Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui" (Gv 3,17).
Gv insiste ancora su questo. E perché insiste ancora? Perché ciò che Gesù dice è una novità assoluta.
Fino ad ora Dio era un'Entità da temere perché ti può punire... perché ti può castigare... perché se non sei bravo ti manda "al caldo"... perché se non gli ubbidisci vedrai cosa ti succederà... perché se non vai in chiesa Lui se la prende... perché se non preghi Lui si offende... perché se non sei puro Lui non ti vuole e tu non sei degno di Lui... perché se non gli mostri la tua devozione con sacrifici, digiuni, fioretti e altro non gli sei caro... perché non sai mai se ti ha veramente perdonato o se ti meriti il suo perdono (amore)...
Questa cosa ce l'abbiamo anche noi, è che non ci riflettiamo. Pensate: all'inizio della Messa il prete dice: "Dio abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna". Basta questo, no?
No! Al Gloria diciamo di nuovo: "Agnello di Dio, Figlio del Padre, tu che togli i peccati del mondo abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica...". E' finita qui?
No! Alla consacrazione: "Questo è il calice del mio sangue... versato per voi e per tutti, in remissione dei peccati". Finita qui?
No! Al Padre Nostro: "Rimetti a noi i nostri debiti...". Finita qui?
No! Alla frazione del pane: "Agnello di Dio che togli i peccati del mondo...", e per sicurezza lo diciamo tre volte!
Ce l'abbiamo dentro anche noi: "Tu sei un peccatore e te lo devi meritare l'amore di Dio. Non sai mai se te lo dà, se te lo meriti. Dipende da cos'hai fatto. Dipende se ti sei pentito". Per questo lo chiediamo e richiediamo... e abbiamo sempre il dubbio.
Per questo quando arriva Gesù e dice: "Il Padre ti perdona. Non devi chiedere perdono a Lui", le persone rimanevano (e rimangono) sconcertate. Ma nel vangelo Gesù non invita mai gli uomini a chiedere perdono a Dio ma a perdonarsi gli uni gli altri. Da questo si vede se hai accolto il suo perdono: se lo dai anche agli altri, allora lo hai accolto da Lui. Che Dio ti perdoni questo è certo e questo accade sempre.
Pensate all'episodio del ladrone (Lc 23,39-43). Se era in croce era un assassino: era un delinquente che aveva le mani sporche di sangue! Quindi questo è l'emblema della persona persa, delle situazioni impossibili. Poi la Chiesa lo ha chiamato il "buon" ladrone e gli ha dato anche un nome: Disma. Si festeggia il 25 marzo ed è diventato il protettore dei ladri e dei briganti. Ma era un ladro, un brigante, un farabutto. Di buono non aveva niente!
E quando questo gli chiede: "Gesù ricordati di me quando entrerai nel tuo regno" (Lc 23,42), Gesù gli risponde: "Oggi sarai con me nel paradiso" (Lc 23,43). Il ladrone gli aveva chiesto solo di ricordarlo, non gli aveva chiesto: "Portami con te", sapeva anche lui che mica poteva chiedergli di più! Ma Gesù, invece, se lo porta con sé.
L'uomo che all'ultimo istante di vita fa un pensiero buono (non un'azione), viene accolto e portato in paradiso da Gesù. E questo qui non si fa nemmeno un quarto d'ora di purgatorio!
Vedete, il perdono di Dio è garantito sempre. Non è mai in discussione. Basta il desiderio!
Ma da adesso Dio non è più così. Dio non vuole nulla da te. Dio non vuole più sacrifici né offerte dagli uomini. Adesso è Lui che è venuto a darti qualcosa: tutto il suo amore, tutta la sua accoglienza, tutta la vita che Lui ha. Se la religione è ciò che l'uomo fa per Dio, la fede è ciò che Dio fa per l'uomo.
La condizione divina che Gesù ci ha portato è nient'altro che vivere immersi nell'amore di Dio.
"Condannare", letteralmente è giudicare (krino). Il giudizio era l'attesa dei farisei: loro attendevano un Messia che sarebbe venuto a giudicare buoni e cattivi, puri e impuri, premiando e condannando. Ma Dio non è così.
Giovedì - Se non lo faccio io, Lui non mi condanna mai
"Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio" (Gv 3,18).
"Chi crede...": cioè, chi liberamente (Lui vuole che tu lo guardi ma non ti può costringere a guardarlo; Lui vuole che tu viva ma non può costringerti a vivere) vuole guardare al serpente di rame, al Dio della Vita.
Credere in Gv è accogliere la nuova proposta di Gesù: una vita traboccante, piena (Gv 10,10). Non credere, invece, è continuare a vivere nella religione della Legge, del Dio da servire e da temere.
"...Non è condannato" (lett. giudicato; krino): se tu accetti il dono di Dio, tu esci dalla mentalità del Messia-giudice dei farisei. Dio non giudica nessuno. Non è venuto per questo.
"Ma chi non crede...": cioè chi continua a vivere nell'immagine vecchia del Dio da temere, che ti può punire, castigare, che ti rifiuta, che "se non fai il bravo ti manda qualcosa".
"...è già stato condannato": cioè si condanna da sé.
Dio non condanna nessuno: sei tu che ti condanni. Se tu vuoi vivere una vita mortale, muori, ma è ovvio! Se tu vivi una vita piena, vivi, ma è ovvio. Per questo la nostra vita è nelle nostre mani e nelle nostre scelte.
"Perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio". Gesù è venuto a dirci: "Dio è come un Padre che ti ama e che quando vede il tuo ritorno ti corre incontro; Dio è come un Buon Samaritano che è venuto a curarti gratis; Dio è come Gesù che porta a tutti la Vita". Ma se tu non credi in questo e continui a credere nel Dio della paura, dell'inferno, del giudizio, del Libro dei Conti (nelle credenze del tempo, nel giorno del giudizio, Dio avrebbe consultato il libro nel quale aveva scrupolosamente segnato tutte le azioni compiute dagli uomini, dividendole in positive e negative, e in base a queste li avrebbe giudicati)... sei tu - e non Dio - che sancisci la tua condanna.
Allora io prendo questo vangelo e lo leggo mettendo il mio nome (Marco) al posto del mondo: "Dio infatti ha tanto amato Marco da dare il Figlio unigenito... Dio, infatti, non ha mandato il Figlio da Marco per condannare Marco, ma perché Marco sia salvato per mezzo di lui".
E quando leggo o prego queste parole e sento che Dio fa di tutto per me, allora mi sento amato, allora mi sento a casa, allora mi è evidente che non ho nessun motivo di aver paura di Lui.
Venerdì - Il vissuto precede la teoria
Oggi la Chiesa celebra la festa della Trinità. Ma cos'è la Trinità? E cosa vuol dire Trinità? Anche perché nei vangeli si può cercare finché si vuole ma questa parola non esiste proprio.
Il vissuto precede sempre la teoria. Prima una cosa si vive e poi, riflettendo, la si capisce. Prima gli apostoli hanno "vissuto" la Trinità e poi hanno dato un nome e l'hanno teorizzata.
Il Figlio: il Dio in terra. Cosa succede? Gli apostoli e i primi cristiani hanno conosciuto Gesù: hanno sentito le sue parole, le sue parabole, visto i suoi miracoli, toccato con mano la sua forza, la sua passione e la sua verità. I primi cristiani non hanno dubbi: "Qui c'è Dio. Gesù è il Figlio di Dio".
E la resurrezione è nient'altro che la conferma: "Gesù Cristo è Dio". Gesù è il Dio che si incarna nel tempo spazio della storia, che prende forma, umanità visibilità. Gesù, poi, muore e se ne va.
Il Padre: il Dio in cielo. In Gesù, però sperimentano qualcosa di nuovo: Dio Padre. In Gesù cioè i primi cristiani fanno esperienza di un Dio nuovo, diverso, Abbà-Padre (Abbà=Papparino).
Gesù stesso parla con suo Padre molte volte. C'è un Dio-Padre che è sempre presente (ci si può sempre rivolgere e sempre ascolta). Mentre per gli ebrei Dio è lontano, così lontano che neppure si può nominare il suo nome perché in realtà nessuno lo conosce, il Dio del cielo di Gesù è un Padre molto vicino, che si prende cura dei suoi figli. Infatti, proprio per evidenziare questa differenza, Gesù parla di Dio come di Padre.
Lo Spirito: il Dio sempre presente. I primi cristiani fanno però un'altra esperienza: Gesù Cristo è sempre presente dentro di loro, come Spirito, energia, ardore, speranza, lotta, fiducia. Gesù, il Figlio di Dio, continua a vivere in loro. E' lo Spirito, il Dio che vive oggi e per sempre, in ogni creatura ma in tutto ciò che esiste.
Sabato - La Trinità: questione di relazioni
Questa triplice esperienza dei primi cristiani divenne nel corso degli anni il dogma della Trinità: l'Unico Dio vive in Tre persone, distinte, diverse, ma non separate. E' lo stesso Dio che vive e che è presente in modalità diverse. Per questo Dio è sia Uno che Trino.
Ogni volta che noi ci facciamo il segno della croce non facciamo nient'altro che invocare questo dogma, questa verità di fede: "Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo". La prima grande verità, quindi, è che Dio è Famiglia, più persone, relazione fra persone.
Passano i secoli e si cerca di capire come queste Tre persone si rapportino fra di loro.
Da una parte c'era il pericolo della simbiosi: sono così unite che sono la stessa cosa (sono emanazioni, immagini, ecc); dall'altra il pericolo della separazione: sono tre persone a sé stanti.
I primi secoli della Chiesa sono pieni di eresie, dispute e contrasti per capire tutto questo. Tutt'ora i cristiani cattolici e quelli ortodossi hanno una leggera diversificazione sulla dottrina trinitaria, riguardo al ruolo dello Spirito.
Il Concilio di Nicea, nel 325, inizia a porre delle basi chiare: "Il Padre e il Figlio sono della stessa sostanza (omousios=stessa sostanza)". Cioè: sono diversi ma uguali. Il Concilio di Costantinopoli, nel 381 dirà: "Non solo il Padre e il Figlio, ma anche lo Spirito è della stessa sostanza, è Dio".
Passa il tempo e la chiesa si chiede: "Ma queste tre Persone, in che rapporto stanno fra di loro?".
Così la teologia parla di "pericoresi" che vuol dire "ruotare, movimento circolare (in greco peri-choreo)". Le tre Persone della Trinità sono in un continuo dono, in una continua danza fra di loro. Vuol dire che ciò che caratterizza il loro essere è la relazione, il darsi e il ricevere.
Sant'Agostino nel suo De Trinitate definirà la Trinità: il Padre è l'Amans, Figlio è l'Amatus e lo Spirito Santo è l'Amor. Dio è Relazione, rapporto, connessione, unione.
La festa di oggi allora esprime la verità che Dio è Relazione. C'è un Dio che da, il Padre, l'Amans, l'amante, colui che dona. C'è un Dio che è donato, il Figlio, l'Amatus, il dono. C'è l'Amor, lo Spirito, la relazione d'amore che lega chi dà e chi riceve.
Domenica - L'amore è creativo
Questo vuol dire che l'amore, se è amore, è creativo. Cioè, perché ci sia l'amore è necessario che ci siano tre elementi: io, te e l'amore.
L'amore è la creazione che nasce da me e da te; è lo spazio, la relazione tra me e te.
Questo lo sappiamo tutti noi: quando un uomo e una donna si amano, spesso, fanno un figlio. Il figlio è il terzo elemento, è l'amore. L'amore fra me e te, crea (figlio). L'amore è sempre creativo.
Una coppia di sposi non può avere figli. Allora si è presa "come figlio" il prendersi cura tutte le domeniche di alcuni ragazzi disabili. Non è un hobby, è un impegno, un compito. L'hobby lo fai quando ne hai voglia: un figlio no, ce l'hai sempre. Così loro: il loro amore diventa creativo, crea vita e la crea aiutando questi ragazzi disabili.
Due genitori hanno i figli grandi e indipendenti, che non hanno più bisogno di loro. E adesso il loro amore che forma prende? Quante coppie qui si deprimono e si chiudono in casa. Il loro amore ha preso forma come gruppo di animazione del Centro Parrocchiale: organizzano incontri, feste, puliscono, sistemano; il Patronato è diventato il loro nuovo "figlio". Il loro amore è creativo e loro si sentono felici e utili.
L'amore crea. E chi crea vita, ama.
Pensiero della Settimana
Rifiutarsi di amare per paura di soffrire
è come rifiutarsi di vivere per paura di morire.
(Jim Morrison)
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