Commento a cura di Padre Alvise Bellinato Il "MANGIARE" MATERIALE

XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (03/08/2014)
Vangelo: Mt 14,13-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )
C'è un concetto che ricorre oggi in tutte e tre le letture che abbiamo ascoltato: "mangiare".
Nella prima lettura il Signore dice: "Mangiate; venite, comprate senza
denaro, senza pagare".
Nella seconda lettura si parla dell'assenza del mangiare: S. Paolo si domanda se la fame è tra le cose cattive che ci possono separare dall'amore di Cristo.
Nel Vangelo i discepoli suggeriscono a Gesù di congedare la folla affinché vada a comprarsi da mangiare.
Il mangiare è, assieme al dormire, una delle necessità fondamentali dell'uomo. Senza queste due cose si va incontro alla morte fisica.
"Primum vivere, deinde Philosophari" (lat. «prima [si pensi a] vivere, poi [a] fare della filosofia») è una frase ripetuta talvolta, anche con significato estensivo, come richiamo a una maggiore concretezza e a una maggiore aderenza agli aspetti pratici della vita; non si può pensare alle cose spirituali se abbiamo la pancia vuota. Viene tradizionalmente attribuita al filosofo inglese Thomas Hobbes (1588-1679), ma probabilmente è molto più antica.
Certamente una prima riflessione che possiamo fare oggi è quella relativa alla carità verso i poveri.
Potremmo parafrasare così le parole di Paolo VI, nella Evangelii Nuntiandi: "Tra evangelizzazione e attenzione all'uomo ci sono dei legami profondi. Legami di ordine antropologico, perché l'uomo da evangelizzare non è un essere astratto, ma ha bisogno di cibo e sostentamento. Legami di ordine teologico, poiché non si può dissociare il piano della creazione da quello della Redenzione che arriva fino alle situazioni molto concrete della fame e della povertà. Legami dell'ordine eminentemente evangelico, quale è quello della carità: come infatti proclamare il comandamento nuovo senza promuovere la vera, autentica crescita di tutto l'uomo? Sarebbe dimenticare la lezione che ci viene dal Vangelo sull'amore del prossimo sofferente e bisognoso" (Cfr n° 31).
Gesù dimostra una sensibilità del tutto particolare verso le persone che, dopo averlo seguito e aver ascoltato la sua parola, hanno fame e sete: il suo cuore freme e "sentì compassione per loro".
Le guarigioni che Gesù compie, così come il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci sono un segnale chiaro della presenza del Regno di Dio e l'attenzione ad ogni singola persona sofferente deve diventare per ciascun cristiano un primo, forte, impegno nell'annuncio del Vangelo.
È vero, come dice Paolo, che la fame non ci può separare dall'amore di Dio. Dio continua ad amarci. Anzi, ama particolarmente i poveri e coloro che sono vittime dell'ingiustizia umana, ma la Chiesa deve avere sempre una attenzione particolare per gli uomini e le donne a cui annunzia il Vangelo, considerando la loro totalità: la parte spirituale e quella materiale.
IL "MANGIARE" SPIRITUALE
Ma c'è anche un secondo significato, spirituale, nella Parola che abbiamo ascoltato.
Quando il profeta Isaia chiede agli israeliti: "Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro guadagno per ciò che non sazia?", non si sta riferendo solo al cibo materiale, ma anche a ciò che dà senso alla vita.
Esiste una fame, in ogni uomo e in ogni donna, che Dio ha posto nell'intimo del cuore, ed è la fame di Dio, di significato, di amore.
Nella parabola del figliol prodigo si dice che a un certo punto questo ragazzo si trova da solo, a dare da mangiare ai porci: "Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci, ma nessuno gliene dava". Avrebbe potuto prendersele lui le carrube. Ma non è il cibo materiale ciò che gli manca: gli manca terribilmente qualcuno che glielo dia. Il gesto di preparare da mangiare per qualcuno, ci dice l'antropologia culturale, è uno dei segni più belli di attenzione verso una persona, in tutte le culture del mondo.
L'uomo non è solo uno stomaco da riempire, ma un cuore alla ricerca di senso.
Ecco allora che Dio ci invita a non buttare via la nostra vita, alla ricerca di cose solo materiali, che non hanno il potere di saziare la fame e la sete profonda che Dio ha posto nel nostro cuore.
"Tu ci hai fatto per te, Signore. E il nostro cuore non trova pace finché non si nutre di te" direbbe oggi S. Agostino.
"Ecco verranno giorni - dice il profeta Amos - in cui manderò la fame nel paese, non fame di pane, né sete di acqua, ma di ascoltare la parola del Signore (Am 8, 11).
È questa la fame delle 5000 persone che si fermano tutto il giorno ad ascoltare Gesù. È questa la fame che, anziché separarci dall'amore di Cristo, ci attira irresistibilmente verso di lui. È questa la fame spirituale di cui parla Isaia nella prima lettura, e da cui è tanto afflitta l'umanità oggi.
Il canto al Vangelo di oggi recita: "Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio".
La seconda riflessione che la Parola ci propone è quindi relativa al nostro spirito. Creati ad immagine di Dio, abbiamo bisogno di nutrirci della sua Parola, riunendoci come comunità di fratelli attorno alla mensa del Libro e dell'Eucaristia.
Don Oreste Benzi era solito ripetere: "È solo stando inginocchiati che si riesce a rimanere in piedi". Potremmo aggiungere: è solo nutrendoci della Parola e dell'Eucaristia che la Chiesa potrà offrire un autentico servizio di carità, senza ridursi al ruolo di un ONLUS, o, peggio, di una "agenzia che offre servizi".
C'è un dettaglio su cui dobbiamo focalizzare l'attenzione. Gesù ordina ai discepoli: "Voi stessi date loro da mangiare". C'è quindi una necessità di "dare del nostro" agli altri. Ma poi Gesù si fa dare da loro i cinque pani e i due pesci, li tiene saldi nelle sue mani sante, li benedice e li restituisce ai discepoli affinché li distribuiscano.
C'è un solo modo affinché la carità della Chiesa possa diventare efficace: occorre dare tutto a Gesù, affinché lo benedica e ce lo riconsegni benedetto.
Se saltiamo questo passaggio, piccolo ma fondamentale, ci troveremo esauriti ed impoveriti, desiderosi di sfamare il mondo intero, ma privi di forza e demotivati, in quanto le nostre risorse sono limitate e solo Gesù le può potenziare e moltiplicare.
LA GRATUITÁ INCOMPRESA
Un ultimo appunto riguarda il ricevere "senza denaro, senza pagare".
Una recente indagine di mercato, svoltasi negli Stati Uniti, ha rivelato che tra le migliaia di scarpe da jogging in vendita nel paese, il modello con le qualità e i materiali migliori non veniva acquistato perché... costava troppo poco. La gente preferiva spendere di più, per avere un paio di scarpe dalle prestazioni inferiori.
Il prezzo basso causava sospetti e bloccava le vendite. Bastò raddoppiare il prezzo e le stesse scarpe andarono a ruba tra gli sportivi.
Viviamo in una cultura che ha in sospetto la gratuità. L'uomo post-moderno è incapace di ricevere gratuitamente: non riesce a lasciarsi amare, senza chiedersi: "Cosa devo dare in cambio?". Per lui è più facile tentare di amare che lasciarsi amare liberamente da Dio.
L'amore di Dio è incondizionato. Incondizionato significa "privo di condizioni".
Dio non ci ama perché siamo buoni, oppure perché ci comportiamo bene, oppure perché andiamo a Messa. Egli ci ama così come siamo, anche con i nostri peccati e limiti. Se cessasse di amarci anche per un solo secondo, noi cesseremmo di esistere.
La sua Parola ci invita oggi ad amarlo e lasciarci amare (amando anche noi stessi) così come siamo.
L'accettazione dell'amore gratuito di Dio, del suo perdono gratuito e incondizionato, diventa fonte di guarigione spirituale, psicologica, emotiva, fisica.
«Capisco che non posso fare affidamento sui pochi centesimi di amore che soli mi appartengono, non bastano per quasi nulla. Nei momenti difficili, se non ci fossi tu, Padre saldo, Figlio tenero, Spirito vitale, cosa potrei comprare con le mie monetine?» (M. Marcolini).

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