Abbazia Santa Maria di Pulsano Letture patristiche «DELLA PARABOLA DEI DUE FIGLI E DELLA VIGNA»

XXVI Dom. Tempo Ordinario A
Mt 21,28-32; Ez 18,25-28; Sal 24; Fil 2,1-11
1.  La parabola dei due figli
Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli; e andato dal primo, gli disse. «Figlio, va` a lavorare oggi nella vigna». Rispose: «Non voglio»; però poi, pentitosi, andò. E rivolto al secondo, gli disse lo stesso. Quegli rispose: «Vado, Signore»; ma non andò. Quale dei
due ha fatto la volontà del Padre? «Il primo», risposero. E Gesú soggiunse..." (Mt 21,28-31). Questi due figli, di cui si parla anche nella parabola di Luca, sono uno onesto, l`altro disonesto; di essi parla anche il profeta Zaccaria con le parole: "Presi con me due verghe: una la chiamai onestà, l`altra la chiamai frusta, e pascolai il gregge" (Zc 11,7). Al primo, che è il popolo dei gentili, viene detto, facendogli conoscere la legge naturale: «Va` a lavorare nella mia vigna», cioè non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te (cf. Tb 4,16). Ma egli, in tono superbo, risponde: «Non voglio». Ma poi, all`avvento del Salvatore, fatta penitenza, va a lavorare nella vigna del Signore e con la fatica cancella la superbia della sua risposta. Il secondo figlio è il popolo dei Giudei, che rispose a Mosè: "Faremo quanto ci ordinerà il Signore" (Es 24,3), ma non andò nella vigna, perché, ucciso il figlio del padrone di casa, credette di essere divenuto l`erede. Altri però non credono che la parabola sia diretta ai Giudei e ai gentili, ma semplicemente ai peccatori e ai giusti: ma lo stesso Signore, con quel che aggiunge dopo, la spiega.
"In verità vi dico che i pubblicani e le meretrici vi precederanno nel regno di Dio" (Mt 21,31). Sta di fatto che coloro che con le loro cattive opere si erano rifiutati di servire Dio, hanno accettato poi da Giovanni il battesimo di penitenza; invece i farisei, che davano a vedere di preferire la giustizia e si vantavano di osservare la legge di Dio, disprezzando il battesimo di Giovanni, non rispettarono i precetti di Dio. Per questo egli dice:
"Perchè Giovanni è venuto a voi nella via della giustizia, e non gli avete creduto ma i pubblicani e le meretrici gli hanno creduto; e voi, nemmeno dopo aver veduto queste cose, vi siete pentiti per credere a lui" (Mt 21,32). La versione secondo cui alla domanda del Signore: «Quale dei due fece la volontà del padre?» essi abbiano risposto «l`ultimo», non si trova negli antichi codici, ove leggiamo che la risposta è «il primo», non «l`ultimo»; cosí i Giudei si condannano col loro stesso giudizio. Se però volessimo leggere «l`ultimo», il significato sarebbe ugualmente chiaro. I Giudei capiscono la verità, ma tergiversano e non vogliono manifestare il loro intimo pensiero; cosí, a proposito del battesimo di Giovanni, pur sapendo che veniva dal cielo, si rifiutarono di riconoscerlo.

(Girolamo, In Matth. 21, 29-31)


2. I due figli

"Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli" (Mt 21,28). Egli chiamò i suoi «figli», per incitarli al lavoro. "D`accordo, Signore", disse l`uno. Il padre l`ha chiamato: Figlio mio, ma lui ha risposto chiamandolo: "Signore"; non lo ha chiamato: Padre, e non ha adempiuto la sua parola. "Quale dei due ha fatto la volontà del padre suo"? Essi giudicarono con rettitudine e "dissero: Il secondo" (Mt 21,31). Egli non disse: Quale vi sembra? - infatti il primo aveva detto: "Ci vado" - bensí: "Quale ha fatto la volontà del padre suo? Ecco perché i pubblicani e le prostitute vi precederanno nel regno dei cieli (ibid.)", poiché voi avete promesso a parole, ma essi corrono piú veloci di voi. "Giovanni è venuto a voi nella via della Giustizia" (Mt 21,32), non ha trattenuto per sé l`onore del suo Signore, ma, allorché si riteneva che egli fosse il Cristo, egli ha detto: "Io non sono degno di sciogliere i lacci dei suoi sandali" (Lc 3,16).

(Efrem, Diatessaron, XVI, 18)


3. La gioia di Dio per il peccatore pentito

"Cosí, io vi dico, vi sarà in cielo una gioia maggiore per un solo peccatore che si pente, che non per novantanove giusti, i quali non hanno bisogno di penitenza" (Lc 15,7). Dobbiamo considerare, fratelli, perché il Signore affermi che c`è piú gioia in cielo per i peccatori che si convertono che non per i giusti che rimangono tali. Noi sappiamo per esperienza quotidiana, che il piú delle volte quelli che non si sentono oppressi dal peso dei peccati stanno sí saldi sulla via della giustizia, non commettono nulla d`illecito, ma non anelano ansiosamente alla patria celeste e tanto piú facilmente usano delle cose lecite quanto piú ricordano di non aver commesso nulla d`illecito. Essi per lo piú rimangono pigri nel fare il bene straordinario, proprio perché sono sicuri di non aver commesso colpe piú gravi. Al contrario, quelli che si ricordano di aver compiuto qualcosa d`illecito, presi dal dolore, si accendono di amor di Dio, si esercitano nelle virtù sublimi, cercano le difficoltà del santo combattimento, lasciano tutte le cose del mondo, fuggono gli onori, si rallegrano delle offese ricevute, bruciano di desiderio, anelano alla patria celeste; e poiché sanno di essersi allontanati da Dio, cercano di riparare le colpe del passato con le opere del presente. Pertanto, c`è più gioia m cielo per un peccatore che si converte che non per un giusto che resta tale, perché anche il condottiero in battaglia ama di piú quel soldato che, tornato indietro dopo essere fuggito, incalza fortemente il nemico, che non quello che non ha mai voltato le spalle ma non si è mai comportato valorosamente. Anche l`agricoltore ama di piú quel campo che dopo le spine produce frutti abbondanti, di un altro che non produsse mai spine, ma non produce neppure una messe fertile.
Ma a questo punto bisogna che si sappia che ci sono molti giusti, nella cui vita c`è soltanto gioia, cosí che non si può chiedere loro alcuna penitenza per i peccati. Molti, infatti, sono consapevoli di non aver commesso alcun male, e tuttavia si esercitano con tanto ardore a mortificarsi come se fossero ridotti alle strette da tutti i peccati. Tutto rifiutano, anche le cose lecite, si accingono con elevatezza d`animo a disprezzare il mondo, non vogliono che siano loro lecite quelle cose che piacciono, si privano anche dei beni concessi, disprezzano le cose visibili, ardono per quelle invisibili, godono nei lamenti, in ogni cosa si umiliano; e come alcuni piangono i peccati di opere, cosí fanno anch`essi per quelli di pensiero. Come dunque chiamerò costoro, se non giusti e penitenti, essi che si umiliano con penitenza del peccato di pensiero e perseverano sempre retti nelle loro azioni? Da questo bisogna capire quanta gioia dà a Dio quando un giusto umilmente piange, dal fatto che egli gode in cielo quando un ingiusto condanna con la penitenza il male che ha commesso.

(Gregorio Magno, Hom. 34, 4-5)


4. E` solo questo il tempo della conversione

Il tempo per guadagnare la vita eterna Dio lo assegnò agli uomini solo in questa vita, nella quale volle che ci fosse anche una fruttuosa penitenza. Pertanto, la fruttuosa penitenza è qui, perché qui l`uomo, deposta la malizia, può vivere bene, e, mutato il volere, mutare insieme i meriti e le opere e nel timor di Dio compiere le cose che piacciono a Dio. E chi non avrà fatto ciò in questa vita, subirà di certo la pena delle sue colpe nel secolo avvenire, ma non troverà indulgenza al cospetto di Dio; poiché sebbene lí ci sarà lo stimolo della penitenza, mancherà la correzione della volontà.
Da questi infatti viene talmente biasimata la loro colpa, che in nessun modo da essi può essere amata o desiderata la giustizia. Infatti, la loro volontà sarà tale, da aver sempre in sé il supplizio della propria malvagità, e da non poter mai ricevere un desiderio di bontà. Poiché come coloro che con Cristo regneranno, non avranno in sé alcun residuo di cattiva volontà, cosí coloro che saranno condannati al supplizio del fuoco eterno col diavolo e i suoi angeli, come non avranno piú alcun refrigerio, cosí non potranno in alcun modo avere una buona volontà. E come ai coeredi di Cristo sarà concessa la perfezione della grazia per l`eterna gloria, cosí a coloro che partecipano della stessa sorte del diavolo, la stessa malizia aumenterà la pena; allorché cacciati nelle tenebre esteriori, non saranno illuminati da nessuna luce interiore della verità.

(Fulgenzio di Ruspe, De fide ad Petr. 38)


5. La fede che giustifica e le opere buone

Il solerte operaio riceve a testa alta la mercede del suo lavoro, mentre quello pigro ed indolente non osa guardare in volto il suo datore di lavoro. Noi, pertanto, dobbiamo essere zelanti e premurosi nell`adempimento del bene, giacché è Dio ad elargirci ogni cosa. Il Signore ha, infatti, detto: "Ecco il Signore Iddio che viene con la sua ricompensa e la sua retribuzione lo precede" (Is 40,10): "Egli accorderà a ciascuno secondo le opere che questo compie" (Pr 24,12). Con tali parole, perciò, egli ci esorta non soltanto a credere in lui con tutto il nostro cuore, ma a tenere altresí lontani da noi la passività ed il disinteresse nei confronti del bene. Poniamo nel Signore il nostro vanto ed ogni nostra sicurezza! Mostriamoci docili alla sua volontà, considerando che tutta la schiera dei suoi angeli, che gli sta intorno, si conforma costantemente alla sua volontà. La Scrittura, infatti, dice: "Diecimila miriadi lo attorniavano e mille migliaia lo servivano" (Dn 7,10), "gridando: Santo, Santo, Santo, il Signore Dio degli eserciti, tutta la creazione è piena della sua gloria" (Is 6,3). Anche noi, perciò, concordemente e tutti uniti in un cuore solo, innalziamo a lui, con insistenza, ad una sola voce, il nostro grido, affinché egli ci elargisca quei gloriosi e grandi doni che ci ha promesso. Sta, infatti, scritto: "Quel che occhio mai non vide, né orecchio mai udí, né mai cuore d`uomo ha potuto gustare, questo Dio ha preparato per coloro che lo amano (1 Cor 2,9; Is 64,4; 65,16).

(Clemente di Roma, Ad Corinth. 32-34)


6. La vera penitenza è non ricadere di nuovo nelle stesse colpe

A chiunque di vero cuore si converta a Dio sono aperte le porte, e il Padre accoglie il figlio, purché sia veramente pentito, col cuore pieno di gioia. La vera penitenza poi non è solo non ricadere di nuovo nelle stesse colpe, ma strappare del tutto dall'anima quei peccati per i quali ci si riconosce rei di morte. Tolti questi, Dio abiterà di nuovo con te. Cristo dice infatti che in cielo,quando un peccatore si converte e fa penitenza, per il Padre e gli angeli è sommo e incomparabile gaudio. Per questo proclama: «Voglio l'amore e non il sacrificio» (Os 6,6); «lo non godo della morte dell'empio, ma che l'empio desista dalla sua condotta e viva» (Ez 33,11); «Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto diventeranno bianchi come neve, se fossero rossi come porpora diventeranno come lana» (Is 1,18). Solo Dio può cancellare i peccati e non imputare i delitti, poiché a noi pure Dio comandò di perdonare ogni giorno ai fratelli pentiti. Che se noi, pur essendo cattivi sappiamo fare del bene, quanto più il Padre delle misericordie; il Padre buono da cui viene ogni consolazione, pieno di misericordia e molto benigno, sa usare un'estrema pazienza aspettando chi si converte.
Convertirsi sinceramente significa smettere di peccare, né più rivolgersi verso le cose passate. Dio dunque concede il perdono dei peccati passati; ciascuno poi resta responsabile di se stesso per non cadere in nuovi peccati. E pentirsi significa questo: aver dolore dei peccati commessi e chiedere con insistenza che il loro ricordo sia cancellato dal Padre: lui solo può per la sua misericordia distruggere il passato come non fosse avvenuto, e cancellare con la grazia dello Spirito il male della vita passata.
Vuoi, o ladro, che ti sia perdonato il delitto? Smetti di rubare. Ciò che hai rapito, restituiscilo e aggiungivi qualcosa in più. Testimonio falso, impara a essere veritiero. Spergiuro, astieniti dal giuramento e spezza le altre inclinazioni e i vizi. Forse è impossibile troncare subito tutte in una volta certe passioni ormai sviluppate; ma con la grazia di Dio, con le preghiere degli altri e l'aiuto dei fratelli, insieme a una vera penitenza e all'assidua meditazione si può ottenere anche questo.

Dal libro «Quale ricco si salverà?» di Clemente Alessandrino.







lunedì 22 settembre 2014
Abbazia Santa Maria di Pulsano

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