don Alberto Brignoli "Che fa, questo Dio? Torna o no? A noi la scelta!"

I Domenica di Avvento (Anno B) (30/11/2014)
Vangelo: Mc 13,33-37 
Il Vangelo di Marco, la cui lettura continuata iniziamo in questa prima Domenica di Avvento, non riporta, come in Matteo e Luca, la parabola dei talenti (o delle mine). Il brano analogo, potremmo dire parallelo a queste parabole, è quello che abbiamo letto: la vicenda di un uomo
che parte da casa sua senza dire quando ritornerà, e lascia ai suoi servi "il potere". Cosa sia questo "potere" non è molto chiaro: facendo l'analogia con le due parabole, si può pensare che si tratti dell'amministrazione economica dei suoi beni, vera fonte di potere per chi se la ritrova tra le mani. Proseguendo nella narrazione, Marco non insiste più sull'atteggiamento che bisogna avere nel momento in cui questo "potere" viene affidato ai servi, come invece fanno Luca e Matteo, che parlano di come i servi si diano o no da fare per far fruttare il bene loro affidato. Marco parla invece dell'incertezza sui tempi di ritorno del padrone: "Voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà". Proprio questa incertezza, questa non consapevolezza del ritorno del padrone, impedisce - è proprio il caso di dirlo - di "dormire sonni tranquilli", perché il padrone, a quanto pare, non si porta dietro le chiavi del portone di casa, per cui al suo arrivo è il caso di stare ben svegli e pronti ad aprirgli.
La situazione che si crea è alquanto imbarazzante: se uno sapesse quando il padrone torna, si organizza, organizza i suoi tempi e i suoi ritmi, organizza le sue giornate, sa se una cosa la può fare subito o la può fare con calma, dà priorità ad alcune cose rispetto ad altre...in parole povere, sapere quando il padrone torna rende il servo più accorto e più attento a non sbagliare, a non essere colto di sorpresa, a fare le cose per tempo e per bene. Invece questo non avviene: l'incertezza regnante in quella casa crea una situazione come dicevo "imbarazzante" perché nessuno sa come comportarsi. Tutto può diventare prioritario, perché il padrone può tornare da un momento all'altro, ma può anche divenire uno spreco di tempo e di energie, perché forse fare le cose dando tempo al tempo permetterebbe di farle bene.
Eppure, questa situazione imbarazzante è una situazione che, paradossalmente, fa maturare le persone e le rende responsabili: agire o non agire in un determinato modo non dipende più dal comportamento o meno del padrone. Dipende esclusivamente dai servi. Dipende, in definitiva, da noi. Che il padrone arrivi a un'ora piuttosto che a un'altra, non fa differenza: ciò che fa la differenza è il nostro atteggiamento. Possiamo scegliere di riposare e darci da fare solo in un secondo momento, perché presumiamo che il padrone di certo non tornerà subito; possiamo scegliere di fare tutto in fretta, così tutto è sistemato, e poi riposare, sperando di essere pronti a svegliarci quando egli verrà; oppure possiamo scegliere di continuare a condurre la nostra vita con gli stessi ritmi di sempre, con la stessa tranquillità di sempre e la stessa serenità di sempre, perché sia che il padrone arrivi presto, sia che arrivi dopo molto tempo, alla fine stiamo facendo il nostro dovere e non dobbiamo sentirci di certo in colpa per ciò che con serietà stiamo portando avanti.
In definitiva, mi pare che il tema della Liturgia della Parola di quest'oggi possa marcare il passo di questo tempo di attesa in preparazione al Natale che oggi inauguriamo. Il tema è quello della scelta responsabile nei confronti del Signore, del nostro rapporto con lui, della vita di fede in generale. Essere credenti in Cristo significa assumersi le proprie responsabilità. Significa vivere il nostro rapporto con lui non in base a una serie di normative e modalità che scandiscano il nostro tempo, i nostri ritmi, le nostre attività in maniera ben definita, sapendo già quello che il Signore ci chiede, e quindi anche come e quando rispondere a lui. Il nostro rapporto con Dio è basato su una scelta responsabile, non su una vita religiosa programmata, preimpostata e predefinita.
Il Signore c'è, è presente nella nostra vita. Quando non lo avvertiamo vicino a noi, o in nostra compagnia, non possiamo pensare che lui non esista; quando non lo sentiamo, Dio è assente, ma non è inesistente. Non è qui, ma esiste. Non sta a nostro lato, ma è vivo, e al nostro fianco può tornare a farsi sentire in qualsiasi momento. Questo però non ci autorizza a disperare di lui, o a lasciarci andare ad un senso di irresponsabilità per il quale ci possiamo permettere di fare quello che vogliamo perché lui non c'è.
Spesso, ci troviamo a vivere situazioni della nostra vita di ogni giorno nelle quali, pur essendo uomini e donne dichiaratamente credenti, sentiamo il vuoto interiore lasciatoci da un Dio che pare lontano da noi, oppure privo di risposte alle nostre domande. Allora, ci disperiamo. Ci chiediamo "Dov'è Dio?", ci mettiamo a pensare come mai non risponde alle nostre suppliche, a volte addirittura lo accusiamo di averci abbandonato e gli gridiamo la nostra disperazione e la nostra rabbia, rimproverandogli che le cose nel mondo vanno male perché lui è assente. Se invece fosse presente, sarebbe tutto molto più semplice: "Se tu squarciassi i cieli e scendessi! Davanti a te sussulterebbero i monti!". E così, noi saremmo a posto e vivremmo tranquilli, come servi che sanno bene quando il padrone c'è e quando invece è assente.
Invece, non è così: Dio si assenta e torna e - fortunatamente, dico io - senza dirci quando questo avverrà. Fortunatamente, perché facendo così ci responsabilizza e ci fa capire che la vita di fede è questione di scelte e di impegno: non è il compimento di alcune regolette e di alcune piccole norme di comportamento attuate le quali si è a posto perché si sa cosa si deve fare. Vivere da credenti significa assumersi con responsabilità il rischio di scegliere: con Dio o contro di lui; addormentati e rassegnati oppure svegli e attivi. Il rischio di un appiattimento della nostra vita di fede su quelle due o tre cosette da fare è grosso e sempre latente: grazie a Dio, almeno una volta l'anno, c'è l'Avvento che ci stimola a ben altri modi di essere cristiani.

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