don Luciano Cantini" Attenti a tutto"
I Domenica di Avvento (Anno B) (30/11/2014)
Vangelo: Mc 13,33-37
Vegliate
Per cinque volte, in poche righe, è ripetuto il comando di vegliare (quattro in modo diretto e una nel suo contrario non vi trovi addormentati). Questa insistenza deve colpirci e stimolare la nostra attenzione a comprenderne il senso e le sfumature che l'evangelista Marco ci offre.
Gesù sta parlando ai suoi discepoli, primi destinatari dell'invito; nel breve esempio
parabolico il comando specifico di vegliare è ristretto al portiere della casa mentre ciascuno ha il suo compito; poi coinvolge nuovamente tutti gli abitanti della casa; in ultimo diventa un comando universale: Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!.
Tanta insistenza ci fa presupporre che il vegliare sia caratteristica imprescindibile per i discepoli di Cristo che sono posti in atteggiamento di attesa perché non sapete quando è il momento.
Il momento
Marco usa il termine Kairós che collega due tensioni: l'azione e il tempo. È una certa azione, un fatto, compiuto al momento giusto, senza ritardo né esitazione. Non è lo scorrere del tempo (in greco Chrónos) che interessa quanto l'efficacia dell'azione compiuta tempestivamente cogliendo l'attimo giusto per dare una svolta alla vita. «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo» (Mc 1,15).
Kairós indica la qualità del tempo portatore di novità capace di modificare la cronologia delle realtà. È un salto di qualità della storia.
Per gli antichi greci e romani il tempo era segnato dalla ciclicità delle stagioni e legato al fato degli dei verso cui l'uomo non aveva nessun potere se non graziarsi i favori con riti, offerte e libagioni. L'uomo postmoderno tenta invece di possedere la storia, la scienza gli permette di prevedere gli eventi e dominarli. Simili e illusori questi due estremi, il fato e il dominio, in cui collocare il senso della vita e della storia umana che oscilla tra la paura di quanto può accadere e la sfida al più forte, tra l'essere succubi della divinità e il sostituirsi ad essa.
Dio non è un assente che ci aspetta nel suo mondo, neppure una assurdità inesistente o una superstizione dei deboli. Sia per gli ebrei che per i cristiani Dio abita la storia degli uomini, in essa parla, agisce e salva.
È nella storia degli uomini che Dio si manifesta all'uomo, per questo ogni fatto, ogni avvenimento diventa Kairós. Vegliare significa leggere questa nostra storia per scoprivi l'agire di Dio. Dio non è quello che immaginiamo né possiamo cercarlo dove noi lo desideriamo, neppure con le modalità della nostra sola intelligenza.
Nulla è insignificante o scontato, tutto è segnato dalla presenza stessa di Dio, il mistero della incarnazione avvolge tutto quello che è dell'uomo: azioni, pensieri, aspirazioni, debolezze, peccati. Tutto è l'oggetto del nostro vegliare.
Giungendo all'improvviso
Il Signore chiede ai suoi discepoli di fare attenzione e di vegliare: è il senso della sua stessa vita di cui ha colto i Kairói che ogni volta ne hanno ridato l'orientamento, permesso l'assunzione di responsabilità e concretizzato le scelte, dal battesimo di Giovanni al Calvario. Gesù penetra così il suo essere Figlio di Dio e prende coscienza del mistero della incarnazione e della storia degli uomini. Ce ne dà sentore il versetto che precede il nostro testo: Quanto però a quel giorno o a quell'ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre (Mc 13,32). Non sapere quando il padrone di casa ritornerà, rende ogni tempo il tempo di Dio, il tempo della responsabilità, del discernimento, ma anche del servizio e dell'impegno.
La vigilanza dei discepoli è la stessa del Figlio di Dio, anche lui non sa l'ora e veglia con noi. Come per Gesù, anche per i cristiani la vigilanza non è fuga dalla storia alla ricerca di "altro" che non sia il realismo della vita, l'impegno concreto che ci permette di incarnarci nell'umanità.
La parabola ci regala proprio per questo l'immagine del padrone di casa che ha dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito. Letteralmente la sua autorità, exusìa, e a ciascuno la sua opera, èrgon: Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi (Sal 8,7); I cieli sono i cieli del Signore, ma la terra l'ha data ai figli dell'uomo (Sal 115,16).
Lo dico a tutti
Vegliare significa cogliere il senso profondo di quello che succede, leggerlo e valutarlo con la sapienza della fede, scorgerne la sintonia con la volontà di Dio e indirizzarlo al suo compimento.
Vegliare è la fede stessa che riconosce la signoria di Dio su tutto e su tutti, partecipa pienamente alla sua stessa opera, si immerge interamente nella storia degli uomini.
Questa responsabilità non è solo di alcuni, ma di tutti.
Vangelo: Mc 13,33-37
Vegliate
Per cinque volte, in poche righe, è ripetuto il comando di vegliare (quattro in modo diretto e una nel suo contrario non vi trovi addormentati). Questa insistenza deve colpirci e stimolare la nostra attenzione a comprenderne il senso e le sfumature che l'evangelista Marco ci offre.
Gesù sta parlando ai suoi discepoli, primi destinatari dell'invito; nel breve esempio
parabolico il comando specifico di vegliare è ristretto al portiere della casa mentre ciascuno ha il suo compito; poi coinvolge nuovamente tutti gli abitanti della casa; in ultimo diventa un comando universale: Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!.
Tanta insistenza ci fa presupporre che il vegliare sia caratteristica imprescindibile per i discepoli di Cristo che sono posti in atteggiamento di attesa perché non sapete quando è il momento.
Il momento
Marco usa il termine Kairós che collega due tensioni: l'azione e il tempo. È una certa azione, un fatto, compiuto al momento giusto, senza ritardo né esitazione. Non è lo scorrere del tempo (in greco Chrónos) che interessa quanto l'efficacia dell'azione compiuta tempestivamente cogliendo l'attimo giusto per dare una svolta alla vita. «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo» (Mc 1,15).
Kairós indica la qualità del tempo portatore di novità capace di modificare la cronologia delle realtà. È un salto di qualità della storia.
Per gli antichi greci e romani il tempo era segnato dalla ciclicità delle stagioni e legato al fato degli dei verso cui l'uomo non aveva nessun potere se non graziarsi i favori con riti, offerte e libagioni. L'uomo postmoderno tenta invece di possedere la storia, la scienza gli permette di prevedere gli eventi e dominarli. Simili e illusori questi due estremi, il fato e il dominio, in cui collocare il senso della vita e della storia umana che oscilla tra la paura di quanto può accadere e la sfida al più forte, tra l'essere succubi della divinità e il sostituirsi ad essa.
Dio non è un assente che ci aspetta nel suo mondo, neppure una assurdità inesistente o una superstizione dei deboli. Sia per gli ebrei che per i cristiani Dio abita la storia degli uomini, in essa parla, agisce e salva.
È nella storia degli uomini che Dio si manifesta all'uomo, per questo ogni fatto, ogni avvenimento diventa Kairós. Vegliare significa leggere questa nostra storia per scoprivi l'agire di Dio. Dio non è quello che immaginiamo né possiamo cercarlo dove noi lo desideriamo, neppure con le modalità della nostra sola intelligenza.
Nulla è insignificante o scontato, tutto è segnato dalla presenza stessa di Dio, il mistero della incarnazione avvolge tutto quello che è dell'uomo: azioni, pensieri, aspirazioni, debolezze, peccati. Tutto è l'oggetto del nostro vegliare.
Giungendo all'improvviso
Il Signore chiede ai suoi discepoli di fare attenzione e di vegliare: è il senso della sua stessa vita di cui ha colto i Kairói che ogni volta ne hanno ridato l'orientamento, permesso l'assunzione di responsabilità e concretizzato le scelte, dal battesimo di Giovanni al Calvario. Gesù penetra così il suo essere Figlio di Dio e prende coscienza del mistero della incarnazione e della storia degli uomini. Ce ne dà sentore il versetto che precede il nostro testo: Quanto però a quel giorno o a quell'ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre (Mc 13,32). Non sapere quando il padrone di casa ritornerà, rende ogni tempo il tempo di Dio, il tempo della responsabilità, del discernimento, ma anche del servizio e dell'impegno.
La vigilanza dei discepoli è la stessa del Figlio di Dio, anche lui non sa l'ora e veglia con noi. Come per Gesù, anche per i cristiani la vigilanza non è fuga dalla storia alla ricerca di "altro" che non sia il realismo della vita, l'impegno concreto che ci permette di incarnarci nell'umanità.
La parabola ci regala proprio per questo l'immagine del padrone di casa che ha dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito. Letteralmente la sua autorità, exusìa, e a ciascuno la sua opera, èrgon: Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi (Sal 8,7); I cieli sono i cieli del Signore, ma la terra l'ha data ai figli dell'uomo (Sal 115,16).
Lo dico a tutti
Vegliare significa cogliere il senso profondo di quello che succede, leggerlo e valutarlo con la sapienza della fede, scorgerne la sintonia con la volontà di Dio e indirizzarlo al suo compimento.
Vegliare è la fede stessa che riconosce la signoria di Dio su tutto e su tutti, partecipa pienamente alla sua stessa opera, si immerge interamente nella storia degli uomini.
Questa responsabilità non è solo di alcuni, ma di tutti.
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