Enzo Bianco, sdb "E NOI, CHE NE FACCIAMO DEI TALENTI?"

16 novembre 2014 | 33a Domenica A  -  T. Ordinario | Omelia di approfondimento
La parabola dei talenti. Talento è parola di origine greca (tàlanton), che ai tempi di Gesù indicava una moneta d'argento massiccio molto pesante, addirittura sui 25-30 chili. Oggi forse diremmo un lingotto d'argento. Insomma, un talento da solo era un capitale.
Il padrone che nella parabola compie un viaggio lontano risulta un Paperon de' Papero-ni, un ricco sfondato, dato che possiede molti lingotti d'argento. E prima di partire li affida a tre suoi servi, perché li traffichino e li facciano rendere.
LEGGERE TRA LE RIGHE

Noi forse abbiamo imparato a leggere tra le righe delle parabole. Intuiamo che il be-nestante del racconto è il Signore Gesù, che la qualifica dei servi come fedeli indica i suoi discepoli, noi cristiani. E quel viaggio lontano forse prelude all'ascensione di Gesù in cielo. Ma alla fine dei tempi egli tornerà.
Di fatto Gesù, partendo, ha affidato ai suoi discepoli i valori più alti: la parola di Dio, la fede, la carità, i doni dello Spirito, la promessa del Regno futuro. Insomma tutto ciò che costituisce la ricchezza spirituale dei cristiani. Chi ama dona, e Gesù dona con larghezza e fi-ducia, sicuro che i suoi amici useranno bene i suoi doni, sapranno farli fruttare. Così il suo amore un giorno sarà ripagato.

" Nella parabola si dice che l'assenza del padrone durerà un tempo molto lungo: di fatto, quanto la nostra vita in terra. Nella vita ci troviamo con i nostri talenti - i doni di Dio - da far fruttare. Chi ne ha uno, chi due, chi cinque. Ma non ha importanza quanti sono, per-ché la ricompensa alla fine ci verrà dall'amore di Dio e sarà uguale per tutti: l'adozione a figli, la vita eterna.

" Nel racconto risulta poi che i primi due servi hanno occupato bene il tempo dell'assenza del padrone: hanno trafficato i talenti ricevuti, e li hanno raddoppiati. Hanno accolto la parola di Dio con fede, l'hanno vissuta nella speranza e carità. Davvero fedeli, senza sottilizzare tra il mio e il tuo, hanno messo tutto in comune col Signore. Sapendo che, come spiegava Paolo ai primi cristiani, "tutto è vostro, ma voi siete di Cristo, e Cristo è di Dio" (1 Cor 8,22).

" Il terzo servo invece non si rivela fedele. Anzi è definito infingardo e malvagio. Sembra consideri il Regno come un'azienda, diffida del padrone, lo ritiene severo e sfruttatore. Ha ricevuto un lingotto con paura, quasi fosse un pericolo, un trabocchetto. Gli pesa sullo stomaco. Sa che un giorno dovrà restituirlo. Scava una buca e ve lo nasconde. Ma Gesù rimprovera chi agisce così. Ciò che non si è capaci di fare per amore, lo si dovrebbe fare almeno per timore.
Dal comportamento di quei servi risulta che la Chiesa non è composta solo da credenti traboccanti amore e spirito d'iniziativa. Tra noi ci sono di quelli che fanno fatica a comprendere il Signore, a entrare in sintonia con lui. E chissà, forse anche a noi riesce difficile colla-borare sempre in pieno con Dio.

" A conclusione della parabola, ecco infine la punizione del terzo servo: "Toglietegli il talento, e datelo a chi ne ha dieci". Ma costui non ne ha già abbastanza? Pare che faccia parte della natura umana e della nostra esistenza: "A chiunque ha sarà dato, e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha".

UOMINI DI TALENTO: I SANTI

A noi le conclusioni personali. Ora sappiamo di più sui talenti, parola antica e sem-pre attuale. Da tempo sarebbe scomparsa dall'uso, seppellita per sempre nel Medio Orien-te antico, se Gesù non l'avesse immortalata incastonandola nella sua parabola.
Oggi talento è parola comune, molto più espressiva che i suoi sinonimi riportati dal dizionario, come attitudine, dono, ingegno, capacità. E bernoccolo… Conosciamo talenti in tutti i campi, dalla musica alla pittura allo sport. C'è addirittura una professione nuova: il talent scout, lo scopritore di talenti, incaricato di segnalarli a chi li saprà valorizzare. E viene da pensare che il migliore talent scout al mondo sia stato nostro Signore, quando in Pale-stina cercò a chi affidare la sua Chiesa e scelse i dodici apostoli.

" In un certo senso la Chiesa sembra imitare il Signore: anch'essa passa al vaglio i cristiani, e tra loro sceglie i santi per additarli all'imitazione di tutti.
Intanto ognuno di noi porta in sé i suoi talenti, intesi come attitudini, abilità. Quei valori che Gesù tornando al Padre ha lasciato alla sua Chiesa, e che sono da far fruttificare. Sono doni fatti ai discepoli, perché diventino uomini nuovi.

I TALENTI AL FEMMINILE

La Prima Lettura di questa domenica propone il Canto della donna virtuosa, che segnala i "talenti al femminile". È un elegante poemetto rivolto soprattutto alla gioventù d'Israele, che guardavano al futuro matrimonio: è quasi un prontuario sull'essere o cercare la sposa ideale. Che dovrebbe essere forte, saggia, intraprendente. Sue qualità sono la laboriosità, l'interesse per i poveri, il parlare con sapienza e bontà, la dedizione senza riserve ai propri cari, il timore di Dio. Se è così, essa fa la felicità del marito e viene lodata dai figli. "Ben superiore alle perle è il suo valore". Così è detto nel Canto della donna virtuosa.
Nella riflessione cristiana la donna virtuosa è stata identificata in Maria Santissima, che vediamo sempre presente, vigile e materna nella Chiesa, accanto al suo figlio Gesù. E Maria da duemila anni è guardata con ammirazione, come la donna virtuosa da imitare.

- In questi giorni si sta concludendo l'anno liturgico della Chiesa, e per noi è tempo di inventari. Che ce ne facciamo, noi, dei talenti ricevuti? Ecco un compito per fine anno: pos-siamo passarli in rassegna, domandandoci se e come li stiamo usando.
Ma perché dovremmo faticare a fare il bene? La risposta è semplice: perché è bello così. Non per ricavarne un tornaconto, ma per la gioia di condurre una vita in pienezza, nell'amicizia e nell'amore.
                                                                                   Enzo Bianco, sdb

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