MACCHETTA Domenico 1ª Domenica di Avvento B

    30 novembre 2014 | 1a Domenica di Avvento B | Appunti per la Lectio
1ª LETTURA: Is 63,16-17.19; 64,1-7
Parte l'anno liturgico e subito, nella 1ª lettura della prima domenica dell'anno B, troviamo un'accorata supplica, da liturgia penitenziale, presa dal cosiddetto Terzo Isaia (Is 55-66). Una preghiera splendida, una delle perle della Bibbia, una specie di salmo penitenziale dopo il ritorno
da Babilonia, in cui vengono ricordati gesti di bontà di Dio e l'ingratitudine del popolo, causa del silenzio di Dio. Gerusalemme è in rovina: desolazione e disordine. Solamente in Dio si può avere speranza. Ma Dio dov'è? Sembra così lontano! Domina il verbo zakar (ricordare), che significa invocare un continuo rinnovarsi degli interventi di Dio. C'è la parola Spirito Santo, che ricorre qui, nel Miserere e nel libro della Sapienza.
E poi troviamo tre volte un'espressione che colpisce: "Tu sei nostro padre". Dio è padre perché ha riscattato Israele: "Da sempre ti chiami nostro goel". Il goel, che viene tradotto con "redentore", era il membro della famiglia incaricato di vendicare o riscattare un appartenente del clan che fosse stato ucciso o reso schiavo. Dio è il nostro goel, colui che ci strappa dal potere delle tenebre (inno ai Colossesi), colui che ci libera dal maligno (ultima invocazione del Padre nostro).
"Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie e
lasci indurire il nostro cuore?". Certo, chi dice queste parole non ha il cuore duro, non è lontano dalle vie del Signore; è tormentato dall'amore di Dio, ma sta constatando gli effetti della sclerocardia (durezza di cuore), della lontananza da Dio; si sente coinvolto nel peccato del suo popolo. Se noi scaviamo in profondità in questa pagina, troveremo la stessa voce che troviamo nei salmi: è la voce del Cristo che si è caricato il peso delle nostre colpe.
"Se tu squarciassi i cieli e scendessi!". Noi sappiamo che questa supplica sarà esaudita in modo pieno: al momento del Battesimo di Gesù si squarceranno i cieli e la Trinità farà irruzione nella storia del mondo. Nell'Avvento allora, proprio all'inizio, siamo invitati di colpo, senza tanti preamboli, a cadere in ginocchio, a metterci in stato di supplica: è un gesto di verità, di realismo. Siamo chiamati a far nostra la situazione drammatica del mondo, la situazione quasi disperata di tante persone, di tante famiglie, perché sia autentico il grido centrale dell'Avvento: Vieni!

VANGELO: Mc 13,33-37

Il Vangelo di questa domenica ci invita a vegliare: Vegliate. È sempre questa la parola d'ordine della prima domenica di Avvento. Che cosa ci viene chiesto nell'Avvento? Viverlo non significa trasferirci nella situazione del-l'umanità non ancora redenta, ma, nella certezza che il Signore è già venuto, siamo invitati a far nostro quell'evento. Tutto è già compiuto, ma noi siamo ancora troppo estranei al mistero; il mistero bussa alla nostra porta, nel nostro oggi, e noi siamo chiamati ad accoglierlo con il desiderio con cui gli antichi patriarchi e profeti attendevano il Messia. Non si tratta di riprodurre un dramma storico, ma di accogliere il Messia che bussa alla nostra porta, nel nostro quotidiano. Il Natale purtroppo è ancora visto come un ricordare un evento passato. Tanta commozione e poi tutto finisce. Il Signore invece viene, è il Veniente. Il contenuto divino dell'evento di Betlemme non appartiene al passato: è reso presente "oggi" per me!
L'Avvento è il sacramento della nostra vita. La comunità cristiana è caratterizzata dall'attesa della manifestazione del Signore (2ª lettura). Noi siamo misurati dalle nostre attese. Si potrebbe dire: "Dimmi che cosa aspetti e ti dirò chi sei". L'Avvento è tempo di desiderio. L'insensibilità al "mistero" è il vero dramma della storia.
Due parole dunque sono dominanti in questa prima domenica: una la diciamo noi al Signore: Vieni!; l'altra la dice il Signore a noi: Vegliate!


MACCHETTA Domenico

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