mons. Gianfranco Poma " Fate attenzione, vegliate

I Domenica di Avvento (Anno B) (30/11/2014)
Vangelo: Mc 13,33-37 
Con il tempo di "Avvento" iniziamo il nuovo anno liturgico. Il Vangelo di Marco che la Liturgia ci fa leggere in quest'anno è focalizzato sul punto essenziale: la persona di Gesù che noi siamo invitati a seguire. È ben singolare questo Vangelo di Marco che per centinaia di anni fu quasi ignorato nel culto pubblico della Chiesa,
non è stato oggetto di grandi commentari di studiosi e di santi, per la sua brevità è stato ritenuto meno utile di Matteo e di Luca, più teologicamente sviluppati, e il cui stile e vocabolario sono stati ritenuti scontati.... È ben singolare questo Vangelo di Marco, oggi riscoperto, studiato, con la sua forza che inquieta, che provoca alla decisione della fede: non è forse la fede una scelta che cambia radicalmente il corso della vita e la visione del mondo? Molti continuano a ritenere che Marco sia il più antico dei Vangeli: alcuni (e diventano sempre più numerosi) pensano che si tratti invece di una ripresa di Matteo e di Luca per riportare Gesù e la sua Parola alla radicalità della sua novità. Stile e vocabolario, tutta la sua narrazione è solo apparentemente di facile lettura: chi è Marco? Quando e perché ha scritto il suo Vangelo? Durante quest'anno chi vorrà accogliere il messaggio di Marco in modo non superficiale, dovrà, anche personalmete approfondirne la conoscenza. La lettura liturgica continua a pagare il tributo alla sua brevità: nei mesi estivi ci sarà la lettura del lungo capitolo sesto del Vangelo di Giovanni. Nel tempo di "Avvento" la lettura di Luca supplirà la mancanza del Vangelo dell'infanzia in Marco: questo è motivo per chiederci qual è il rapporto tra Marco e Giovanni e perché Marco non narri la nascita di Gesù.
Certo, quanto più leggiamo il Vangelo di Marco e tanto più ci accorgiamo della sua provocante modernità. Nella prima domenica di "Avvento" la Liturgia ci fa leggere Mc.13,33-37, la conclusione del "discorso escatologico": sarebbe stato più logico, forse, leggere l'inizio del Vangelo (Mc.1,1-8), che invece leggeremo domenica prossima. Dall'inizio alla fine Marco ha una sua meravigliosa coerenza: tutto è concentrato su Gesù, sul mistero inafferrabile della sua persona. Marco introduce il suo lettore in un mondo di conflitti e di sorprese, di enigmi e di segreti, di capovolgimenti delle evidenze e di ironia. Gesù, il suo attore principale, è estremamente sconcertante per le autorità religiose che gli si oppongono, ma anche per i suoi discepoli che non lo comprendono, per la folla che da una parte lo segue, ma finirà per chiederne la morte. Vita e morte, bene e male, sono presenti in ogni pagina, ma non come opposizione etica di virtù e di peccato: il racconto invita il lettore a guardare il mondo nella sua complessità paradossale, ad entrarvi per trasformarlo. Il racconto di Marco, essenziale, preciso come la sceneggiatura di un film, è un invito sottile a non fermarsi mai a reazioni e a giudizi immediati e superficiali, ma, seguendo Gesù, ad entrare in un mondo nuovo, chiamato il "Regno di Dio" che viene, sempre nuovo, nel quale, gli ultimi sono i primi e chi vuol salvare la propria vita la perde.
Marco è il creatore di un genere letterario nuovo, il "Vangelo", nel quale il racconto della vita sorprendente e sempre spiazzante di Gesù diventa l'annuncio di fede della comunità cristiana: il Crocifisso è il Risorto, Gesù di Nazareth è il Cristo vivente, l'uomo che ha accettato di discendere è il Figlio di Dio.
È un racconto paradossale ed enigmatico: Gesù appare sulla scena senza che nulla venga detto della sua nascita e della sua provenienza; è detto Messia, Figlio di Dio, investito dello Spirito all'inizio e alla fine, quando "discende" nel Giordano e nella Passione; si oppone ad ogni forma di alienazione e di potere, fino a restarne lui stesso vittima. Il suo essere "Figlio di Dio" è percepibile solo all'interno della sua profonda, fragile, sofferente umanità. Se si separa la ricchezza messianica e la signoria di Gesù dalla sua crocifissione, tutto diventa equivoco: solo comprendendo l' "inafferrabilità" di Cristo da parte di qualsiasi volontà di strumentalizzazione, si sperimenta la sua potenza.
Ed è questo il senso del piccolo brano che oggi leggiamo: quando Marco scrive Gesù è già morto gridando a grande voce: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?", ed è già risorto. L'annuncio di Cristo risorto risuona nel mondo nel quale continuano le contraddizioni, i drammi della storia: la comunità attende che Lui ritorni. Il "Vangelo" di Marco è un intenso richiamo alla comunità perché prenda coscienza della forza spiazzante della fede. Non si tratta di attendere il ritorno di Cristo perché faccia un mondo nuovo: nella sua morte, nel suo fallimento Egli è risorto, nella sua solitudine ha riempito il mondo di Amore. Non è la logica umana, la perfezione nell'osservanza di leggi e di precetti, ma l'abbandono radicale all'imprevedibile forza dello Spirito che già cambia il mondo, lo fa nuovo, pieno di vita. "Quando sono debole, è allora che sono forte...", testimonia S. Paolo (2Cor.12,10) "Fate attenzione, vigilate... voi non conoscete quando sarà il momento": il nostro modo di ragionare, di valutare, è tutto secondo la nostra razionalità, la nostra logica. Noi aspettiamo i "nostri" momenti. La logica di Cristo è tutta un'altra: Marco scrive partendo dal suo rapporto personale, irresistibile con Lui, perché diventi pure il nostro. "Fate attenzione...": è anzitutto un invito a rimanere dentro la concretezza della nostra vita, a saperla guardare, "vigilando", "restando svegli", aprendo il nostro cuore all'Amore di Colui che viene con noi, sorprendendoci. È il "discernimento", il saper "veder Dio in tutte le cose". E alla sua comunità (a noi, oggi) Marco rivolge l'invito a farci carico di portare a tutti l' "annuncio": anche nei momenti più oscuri, Lui è già con noi, con la luce del suo Amore. "Quello che dico a voi, ditelo a tutti..."

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