Giorgio Scatto "Non porre resistenza alla speranza "

Is 40,1-5.9-11; 2Pt 3,8-14; Mc 1,1-8 Monastero Marango Caorle (VE)
1 – Un teologo straordinario e un poeta ispirato ha scritto la pagina che ci è offerta come prima lettura. Ci narra del ritorno dall’esilio babilonese, interpretato come un secondo esodo, più glorioso del primo. L’uscita dall’Egitto aveva come destino la terra promessa, dopo l’esperienza
amara di una prolungata schiavitù. Fu un esodo drammatico, vissuto tra la gioia incontenibile dell’Alleanza e le insidie del deserto; la guida sicura di Mosè, amico di Dio e pastore del suo gregge, e la nostalgia continua delle città del Faraone, con le seducenti immagini di una moltitudine di idoli.
Nel secondo esodo il popolo è tratto fuori da Babilonia perché è il Signore stesso a uscire davanti a lui. E’ un popolo che parte spinto da una Parola che si deve compiere perché “la bocca del Signore ha parlato”. E c’è una voce che raccoglie questa Parola e grida: <<Nel deserto preparate la via al Signore!>>. C’è un profeta che alza la voce con forza, per annunziare liete notizie fino alle città di Giuda, fino a Gerusalemme, la città santa e desolata: <<Il Signore Dio viene con potenza!>>. Come un pastore egli fa pascolare il gregge, portando gli agnellini sul petto e conducendo dolcemente le pecore madri. Il deserto non è più il luogo della prova, della tentazione, ma un cammino sicuro e rapido, una marcia festosa, la danza di un popolo vittorioso. Sono immagini poetiche ma ricche di verità, per invitare anche noi a riprendere la strada, con fiducia, con passo leggero, perché il Signore “viene con potenza, esercita il dominio, ha con sé il premio”.
Occorre però vincere alcune resistenze. Innanzitutto la fiducia riposta ancora in Babilonia, terra di esilio, ma anche simbolo superbo di potenza mondana, di prestigio, di sicurezza fondata sulla forza devastante degli eserciti. Occorre anche resistere alla seduzione degli idoli, terribili e provocanti, di cui quella terra lontana e straniera va orgogliosa. Il Signore invece è il Dio vivente, amante degli uomini e della loro libertà. Per questo cammina sempre davanti al suo popolo, spingendolo continuamente oltre il proprio limite. Infine si tratta di vincere una terza resistenza, quella più grave: resistere alla speranza. Allora, come anche adesso, c’era un popolo abbattuto, rassegnato e stanco.
Non basta credere, bisogna anche sperare. Solo chi spera si mette in cammino: chi annuncia la Parola non deve temere. Chi l’ascolta troverà consolazione, sentirà nel suo cuore che “la sua tribolazione ècompiuta, la sua colpa è scontata”. Chi si mette in cammino sentirà che la sua forza crescerà lungo la strada: "Passando per la valle del pianto la cambia in una sorgente, anche la prima pioggia la ammanta di benedizioni. Cresce lungo il cammino il suo vigore, finché compare davanti a Dio in Sion”.

2 – Quanto è lungo il cammino?
 Molti dicono: ”Dov’è la sua venuta, che egli ha promesso? Dal giorno in cui i nostri padri chiusero gli occhi, tutto rimane come al principio della creazione”. E’ come non vedere mai la fine. Forse non siamo mai partiti. Non è così, ci assicura la parola dell’Apostolo. Quella che noi leggiamo come lentezza insopportabile, o peggio come disinteresse di Dio per la nostra storia, che equivale a svuotare Dio del suo significato, va interpretata come magnanimità, come il tempo dell’infinita pazienza di Dio, perché “egli non vuole che alcuno si perda, ma che tutti abbiano modo di pentirsi”. Ed è anche vero che noi attendiamo un mondo ‘altro’: “Aspettiamo cieli nuovi e una terra nuova”, perché questo nostro mondo è del tutto insufficiente a soddisfare l’anelito d’infinito, di bellezza e di verità che abita il cuore dell’uomo. Non vogliamo appartenere a un mondo che si regge sulla “dittatura di un’economia senza volto e senza uno scopo veramente umano”, a un mondo dove “grandi masse di popolazione si vedono escluse ed emarginate: senza lavoro, senza prospettive, senza vie di uscita”. Non possiamo entusiasmarci per un mondo che vive nella “globalizzazione dell’indifferenza, nel quale diventiamo incapaci di provare compassione dinanzi al grido di dolore degli altri” (papa Francesco, Evangelii Gaudium, n.53, 54, 55).
”La terra, con tutte le sue opere, sarà distrutta”, ci avverte Pietro, l’Apostolo. Sì, aspettare la novità, il cambiamento, percorrere tutta la strada, fino alla fine, è approfittare della pazienza di Dio, facendo di tutto perché Dio, quando verrà, “ci trovi in pace, senza colpa e senza macchia”.

3 – Quello che sta scritto, se rimane prigioniero di un libro chiuso, è una parola priva di vita, muta, incapace di trasmettere emozioni, di creare movimento, di guidare il pensiero. Ciò che sta scritto deve partecipare a una sorta di resurrezione, deve aprirsi, essere letto, comunicato a qualcuno. Allora la parola, inerte e priva di vita, si ridesta, torna a vivere, penetra e incide la carne e il cuore di chi la ascolta. Così la Parola di Dio. Giovanni, il rude profeta che battezzava al Giordano, l’ha risvegliata dai sepolcri di una religione che l’aveva imbalsamata, l’ha strappata dai luoghi del potere che l’avevano uccisa, l’ha condotta nel deserto, e ha lasciato che questa Parola parlasse al suo cuore. Nel deserto due innamorati si sono abbracciati, si è acceso un fuoco che ha illuminato la terra, è iniziata una danza popolare appassionata e incontenibile, “da tutta la regione della Giudea e da Gerusalemme”. C’è una folla enorme lungo le vie del Signore, lontano dalla città del tempio: un popolo si rimette in cammino, come nei giorni dell’esodo, come al tempo del ritorno da Babilonia. Giovanni, il profeta del deserto, l’uomo che abita le periferie dei mondi religiosi, diventa voce della Parola, le restituisce la sua potente forza creativa. Sulle rive di un piccolo fiume, nuova frontiera che occorre oltrepassare per entrare nelle promesse di Dio, si realizza una grande storia. Giovanni accoglie un popolo che riconosce il suo peccato, lo immerge nelle acque vive, nel fuoco ardente della Parola di giustizia, di misericordia, di riconciliazione. E’ solo l’inizio del viaggio: oltre quella frontiera c’è la terra nella quale tutte le promesse di Dio si compiono nel Messia che viene, il più forte, colui che riempie la stanca vita dell’uomo della dolcezza dello Spirito, del profumo soave del Signore della storia. E saremo immersi anche noi non nell’oscurità della morte, ma nella profondità del cuore di Dio. Vieni presto!

Giorgio Scatto  

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