JUAN JOSE BARTOLOME sdb LECTIO DIVINA: Gv 1,6-8.19-28

14 dicembre 2014 | 3a Domenica di Avvento - Anno B | Omelia
Oggi il vangelo ci presenta la figura del Battista: Giovanni sentì prossima la venuta di Dio e si mise a proclamarlo. Per il suo genere di vita e le sue convinzioni personali, non dovette essere troppo simpatico ai suoi concittadini; non gli importava quello che si pensasse di lui, gli interessava la sua missione personale ed il suo Dio che stava per venire: essendo prossimo, bisognava dedicarsi corpo ed anima a preparare l'arrivo. La sua testimonianza di vita dovrebbe incoraggiare noi oggi che
sappiamo che Dio si rese presente nel mondo degli uomini. Non dovrebbe affliggerci il fatto che sappiamo ancora molto poco di Cristo o se non sappiamo molto bene dove è rimasto: magari avessimo il coraggio di ammettere che non possiamo paragonarci a Cristo e che quello che vedono gli altri in noi non è quello che vedranno in Lui quando venga! Così comprenderanno che il Dio che annunciamo, che serviamo, è molto meglio di quanto noi riusciamo ad annunciare e più grande delle nostre realizzazioni. Tale fu la testimonianza del Battista: non era la luce piena, ma l'alba che l'annuncia; non era il messia bensì la sua voce; per non esserlo, non era degno di essergli servo, ma fu sufficientemente buono per vivere aspettandolo e mantenere la speranza viva negli altri.

6 Venne un uomo mandato da Dio; il suo nome era Giovanni: 7Egli venne come testimone, per dare testimonianza alla luce, affinché perché tutti credessero per mezzo di lui. 8Egli non era la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.
19 E questa fu la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti ad interrogarlo
20:- "Tu chi sei?" Egli confessò senza riserve: - "Io non sono il Messia."
21Gli domandarono: - "Allora, chi si? Sei tu Elia?" Egli disse: - Non lo sono."
- "Sei tu il Profeta?" Rispose:- "No."
22 E gli dissero: - "Chi sei? Affinché possiamo dare una risposta a quelli che ci hanno inviato, che cosa dici di te stesso?"
23 Egli rispose: - "Io sono la voce che grida nel deserto: "Appianate la via del Signore", come disse il profeta Isaia."24Tra gli inviati vi erano dei farisei 25e gli domandarono:
- "Allora, perché battezzi, se tu non sei il Messia, né Elia, né il Profeta?"
26 Giovanni rispose loro: - "Io battezzo con acqua; in mezzo a voi c'è uno che non conoscete, 27colui che viene dopo di me, ed al quale non sono degno di slegare i lacci dei sandali."
28 Questo avvenne in Betania, al di la del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

I. LEGGERE: CAPIRE QUELLO CHE DICE E COME DICE IL TESTO

La testimonianza di Giovanni è la prima di una serie, con la quale l'evangelista presenta la persona di Gesù, e che si concluderà con la sua auto rivelazione. Il Battista si vede obbligato a dare ragione della sua attività e della sua missione; tutto quello che è e fa è in funzione di colui il quale deve venire dopo. Con una triplice negazione corregge le possibili aspettative degli ebrei: non è colui che sperano, solamente il suo portavoce; proclama chi deve venire e non quanto erano disposti a sentire i suoi interlocutori. Non è poco la prodezza che si deve avere per osare disprezzare le speranze di quanti si sono informati su di lui; ma deve essere fedele alla sua missione personale ed al suo Dio. E per quel motivo annuncia, con la sua vita la stessa cosa che con la sua parola, qualcosa che non si aspettavano: che sta già in mezzo ad essi. A che cosa serve un'attesa che non ci prepara a riconoscere colui che è tanto aspettato? L'avvertimento che la testimonianza del Battista rinchiude, continua ad essere attuale: possiamo perderci il Dio, tanto desiderato, da tanto tempo atteso, solo perché non lo riconosciamo già tra noi.

II. MEDITARE: APPLICARE QUELLO CHE DICE IL TESTO ALLA VITA

Qui si radica il mistero del Natale e la ragione della nostra allegria: chi può ricordare che il suo Dio si fece uomo, non potrà, finché vive come uomo e vicino agli uomini, sentirsi lontano da Dio. Negli eventi di tutti i giorni, tristi o gioiosi, piccoli e grandi, chi crede nel Natale deve scoprire altrettante orme del passo di un Dio che si interessa dell'uomo e del suo mondo, perché un giorno abitò in esso e non ha voluto essere Dio senza farsi uomo. Quando questa affermazione della fede cristiana si fa convinzione personale, quando questa scoperta arriva ad essere esperienza giornaliera, si trasforma naturalmente in fonte di gioia profonda, capace di superare qualunque prova e di vivere in qualunque circostanza.

E la prova più frequente - più sottile e, pertanto, più difficile da superare - è quella di pensare che Dio ha poco da fare nel nostro mondo che Dio ha perso il suo interesse in noi. La verità è che viviamo in un mondo tanto inospitale ed ingiusto che facilmente soffoca ogni speranza; la verità è che crediamo appena che Dio è interessato ancora a noi. Siamo precisamente noi che crediamo ancora nella natività, che diamo l'impressione di vivere con maggiore rassegnazione il presente e con minore fiducia affrontiamo il futuro; dovrebbe essere esattamente il contrario: se Dio ha messo la sua fiducia nel nostro mondo, tanto da farsi in Gesù, il figlio di Maria, cittadino del mondo, che cosa bisognerà aspettare per avere stima del mondo nel quale viviamo?; perché dobbiamo essere noi, i credenti nell'incarnazione di Dio che più diffidano dell'uomo e del mondo? Se Dio si manifestò in un uomo, debole e bisognoso come ognuno di noi, come tutti gli uomini che troviamo nella nostra vita, perché non decifrare nel gesto di ogni persona che troviamo il gesto, sia sorriso o richiesta di aiuto, del nostro Dio? Perché una cosa è sicura: non possiamo illuderci di trovare Dio dove Egli non è, nei nostri frequenti sogni o nel lontano cielo.

Chissà se si radichi qui la causa della tristezza con la quale viviamo la fede nell'incarnazione di Dio: non troviamo Dio, perché lo cerchiamo lì dove non si lasciò vedere; il Dio cristiano sta sempre alla nostra portata - e questa è la causa della nostra gioia -, nel prossimo, nell'uomo che più ha bisogno di noi. Chi impara a scoprirlo tanto prossimo, avrà Dio a portata di mano, lo raggiungerà in qualunque incontro, l'identificherà in ogni viso umano. Avere tanto vicino Dio non può non restituirci l'allegria di vivere. E non è da meno: se per imbattersi col Dio cristiano non bisogna disertare dal mondo degli uomini, non si vede come possa risultare impossibile vivere vicino a Lui. E se è tanto prossimo a noi, la gioia e l'allegria di vivere sono possibili.

L'uomo, verso Dio

La gioia non dipende tanto da quanto riusciamo ad ottenere dalla vita, bensì dalla sicurezza di non dovere perdere quello che Dio ci ha dato in lei e ci segue dandoci attraverso di lei: la prossima festa della natività non dovrebbe sminuirsi ad una festa di famiglia che celebriamo una volta all'anno, poiché è un autentico programma di vita per quanti, celebrandola, ci sentiamo famiglia di Dio. Credere, in effetti, che Dio si è fatto uno di noi ha conseguenze chiare: se a Dio non gli fece schifo essere uomo, ci sarà qualcosa di divino, qualcosa che valga la pena, di essere uomo come il nostro Dio; è, dunque, proibita la tristezza di vivere a quanti sappiamo che, essere dove stiamo, succeda quello che succeda, possiamo, mentre viviamo come uomini, sentirci familiari di Dio.

Perché se la migliore testimonianza del Dio che si avvicina fu un uomo che appena seppe dire che egli non era colui il quale doveva venire e che non dovevano confonderlo col Messia, come non trovare di nuovo il coraggio e la forza di testimoniare Cristo nel nostro mondo? Basta saperlo in cammino e sapere che uno non è degno di lui né per mettersi al suo servizio; ma bisogna dirlo con la vita, con opere che parlino e con parole che lo significhino. Per essere precursore di Cristo non è necessario essere migliore, basta essere cristiano: chi sa che Dio vuole stare con gli uomini, è chiamato, come il Battista, a servirgli da portavoce.

Mettiamoci, dunque, a disposizione di questo Dio che aspettiamo e recupereremo l'allegria di vivere in questo mondo e vivere quella stessa che conobbe tra gli uomini di Galilea il figlio di Dio. Se il mondo e gli uomini furono degni del nostro Dio, che cosa potremo trovare noi in essi che li facciano indegni di noi? Chissà, forse sta mancando al mondo la speranza nella vita, l'allegria di vivere, qualcosa che è patrimonio del cristiano. A che cosa servirà celebrare un'altra volta la natività se non ci fa più umani e più gioiosi a noi che in lei crediamo?
                                                                                     JUAN JOSE BARTOLOME sdb

Commenti

Post più popolari