Luca Desserafino sdb"Di me è scritto di fare la tua volontà"

18 gennaio 2015 | 2a Domenica - T. Ordinario B | Omelia
Con la scorsa domenica è iniziato un nuovo tempo liturgico: il Tempo Ordinario. Seppur è con tale domenica che ci si è immersi in tale tempo, tuttavia la festa del Battesimo del Signore concludeva anche il Tempo del Natale.
A ragion veduta, quindi, possiamo dire che questa domenica che ci prepariamo a vivere, pur essendo la seconda del tempo Ordinario, in effetti sia la prima.

All'inizio di questo tempo, la liturgia ci fa contemplare il tema della chiamata, infatti sia nella prima lettura che nel Vangelo ci sono narrate due vocazioni

La prima lettura, tratta dal primo libro di Samuele ci presenta la vocazione di Samuele stesso. Vediamo qui passaggi tipici di una chiamata, di una vocazione di Dio. Chi chiama, infatti, è Lui, è Dio stesso, a ricordarci che tutte le vocazioni hanno come origine la Sua chiamata.

La chiamata che Dio propone a Samuele, non è "comune", infatti Egli si serve di un mediatore, Eli. Anche lui, in un certo senso, è chiamato da Dio ad un compito preciso, Eli deve illuminare e chiarire quella "voce" sentita da Samuele e non riconosciuta.
E proprio alla scuola di Eli, Samuele si lascia illuminare e capisce di dare fiducia a Colui che lo chiama. "Parla, perché il tuo servo ti ascolta", questa la risposta che Samuele dà al Signore stesso, suggerita da Eli, da colui che capisce il senso della chiamata e perciò lo orienta alla risposta.

E una volta data la risposta, il passo conclude con una annotazione temporale dicendo che "Samuele crebbe e il Signore fu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole". Se all'inizio della chiamata Samuele non capisce la voce e con l'aiuto di Eli è portato a dare risposta a tale chiamata, da li in poi, dal preciso momento che il Signore è conosciuto ed entra nella sua vita, la sua storia viene scandita dalla chiamata e il Signore resta come unico fondamento della sua vita.
Da qui la vita del chiamato è tutta una risposta a quella Parola che accolta trasforma e da senso all'intera esistenza.

Nella seconda lettura, tratta dalla prima lettera ai Corinzi, San Paolo ci mostra quale sia la vocazione di ogni battezzato. Con la metafora del corpo quale indicazione di tutta la persona, Paolo ci conduce a questa scoperta. Il corpo, per Paolo, ma anche per i suoi contemporanei, riveste un differente significato da quello che noi oggi siamo abituati ad attribuirgli. Il corpo è la persona stessa, nella sua interezza esistenziale, il corpo è l'interfaccia con cui l'umano si comunica al mondo, e non solamente "una parte", un aspetto in quanto tale del tutto umano.
Dunque ecco perché Paolo insiste a dire che il corpo è per il Signore e non per l'impurità, per il peccato; proprio perchè questa è la grande chiamata che il Padre fa a tutte quante le sue creature. In modo più particolare per coloro che con Lui hanno stretto un consapevole legame filiale, una nuova ed eterna Alleanza d'amore.

Non esita, Paolo, a dire che il corpo è abitato dallo Spirito, che ne è suo tempio. Con il battesimo la vita di Dio entra in noi tramite lo Spirito stesso, che ci abilita a vivere nella grazia. Questa è una consapevolezza talmente grande che Paolo stesso ci ribadisce che "non si appartiene più a se stessi", che cioè "siamo stati comprati a caro prezzo", dal sacrificio del Figlio.
Immersi nella sua Pasqua si è battezzati nello Spirito e chiamati a rispondere a questa vocazione di figli, cercando di formare una comunione di amore con tutta la creazione. Questo è lo scopo dell'esortazione finale: "glorificate dunque Dio nel vostro corpo!"; vivete, cioè, nella fedeltà della vostra vocazione, nella fedeltà a quell'amore Paterno che ci chiama a diventare sempre più suoi figli. Fedeli, dunque a Colui che chiama e dona il senso e l'orientamento dell'esistere.

Se la prima lettura e la seconda ci mostrano a grandi linee la vocazione, il brano del Vangelo di Giovanni ci dà chiare indicazioni per la sequela del Maestro, su come ci si deve disporre e cosa succede quando si è fedeli alla propria vocazione. Giovanni ci presenta Gesù come compimento del desiderio umano.
I due discepoli sono mossi dal desiderio di rendere piena e sensata la propria vita. "Che cosa cercate?" La domanda di Gesù intercetta questo desiderio, e inizia un dialogo che porterà al suo compimento, abbandonando la sequela di Giovanni Battista a favore di Gesù stesso, riconosciuto come vero Signore. Non con grandi discorsi o lezioni, ma con l'invito ad andare dietro Lui, questa è la risposta di Gesù.

* Questa è la dinamica della fede, il "vieni e vedi", perché è nella vita stessa che è testimoniata la fedeltà alla vocazione.
* Ogni vocazione è suscitata dall'amore e ad esso ogni vocazione è orientata. Ed è proprio nello scambio comunionale delle differenti vocazioni che l'amore è testimoniato a tutte le creature.
* Ogni vita è una vocazione all'amore, rendersi consapevoli di questo fatto è dare ragione alla propria fede credente.

All'inizio di questo tempo liturgico che ci immette nel tran tran della quotidianità, della ferialità della vita, non dimentichiamoci la nostra vocazione filiale e concreta di testimoni dell'amore.
Apriamo la nostra vita all'incontro fecondo col dio fatto uomo, contagiamo chi ci sta accanto di quell'amore misericordioso che Egli ci ha rivelato e donato.

Luca Desserafino sdb

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