OMELIA DI S.E.R. CARD. ANGELO SCOLA" Giornata Mondiale della Pace"

ARCIDIOCESI DI MILANO
MESSA DELL’OTTAVA DEL NATALE DEL SIGNORE
CIRCONCISIONE DEL SIGNORE
Nm 6,22-27; dal Salmo 66 (67); Fil 2,5-11; Lc 2,18-21
Duomo di Milano, 1 gennaio 2015
Carissime sorelle, carissimi fratelli in Cristo Gesù, affidiamo anzitutto, grati e sereni, in

questo passaggio di anno, le nostre persone, la nostra città e tutte le terre ambrosiane, il nostro paese
e il mondo intero al Signore del tempo.
Saluto di cuore i Membri del Consiglio delle Chiese di Milano, i Membri della Commissione
diocesana per l’ecumenismo e il dialogo, i fedeli delle aggregazioni ecclesiali cattoliche presenti, in
particolare di quelle che anche quest’anno si sono fatte carico di promuovere gesti pubblici per la
pace in questa 48a
 Giornata Mondiale della Pace.
2. Gesù in mezzo a noi
La luce dell’evento del Natale continua a brillare nei nostri cuori, a rinvigorire il nostro
pensiero, ad alimentare la nostra azione. Come stare davanti a questo grande evento, a noi
contemporaneo, lungo tutto il 2015? Ci risponde acutamente il santo Vangelo: «Tutti quelli che
udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste
cose meditandole nel suo cuore» (Vangelo, Lc 2,18-19).
Ci è chiesto di starvi con stupore, come i primi e cioè con lo sguardo spalancato davanti al
mistero di un dono sovrabbondante, tanto immeritato quanto capace di risvegliare e compiere la
nostra attesa più profonda.
Ci rendiamo, tuttavia, conto che questa posizione non permane in noi automaticamente.
Dobbiamo sempre ridomandarla, riguadagnarla di nuovo. «Non si diventa cristiani … per una
disposizione divina autoritativa, – dice il Papa nel Messaggio per la Giornata della pace di
quest’anno sul tema Non più schiavi ma fratelli – senza l’esercizio della libertà personale, cioè
senza convertirsi liberamente a Cristo» (FRANCESCO, Messaggio per la 48a
 Giornata mondiale della
Pace, 1 gennaio 2015, 2).
Il Bimbo che è nato e chi si offre a noi come “Dio che salva” ci chiede una disponibilità
permanente alla conversione, condizione indispensabile per l’umana crescita. Poco o tanto ce ne
rendiamo conto tutti.
3. Filiazione e fraternità
Questo invito alla conversione riguarda i rapporti costitutivi di ogni uomo: quello con Dio,
con gli altri, con noi stessi.
L’anno nuovo, che non a caso si situa nel tempo di Natale, ci dice anzitutto che il futuro non è
in balìa di forze oscure da ingraziarsi con riti propiziatori in vista di un generico bisogno di salvezza
o da neutralizzare con superficiali stili di vita, ma è custodito da un Padre cui non saremo mai in
grado di essere sufficientemente grati. Il Natale ha sconfitto definitivamente, nella storia degli
1uomini, la solitudine e la paura. Nella nascita del Figlio di Dio si è rivelata, come in uno schizzo, la
fisionomia di ognuno di noi. Siamo figli e se figli siamo preceduti e abbracciati dal Padre.
Dio ha voluto che l’origine stessa della nostra esistenza fosse ad immagine del mistero della
filiazione divina. Per questo anche l’uomo postmoderno è chiamato a custodire con saggezza lo
splendore della filiazione umana. Infatti, il Padre – come ricorda ancora il Papa– «creò l’uomo
maschio e femmina e li benedisse … Egli fece di Adamo ed Eva dei genitori, i quali, realizzando la
benedizione di Dio di essere fecondi e di moltiplicarsi, generarono la prima fraternità» (Messaggio
per la 48a
 Giornata mondiale della Pace). Si comprende, allora, perché il Santo Padre abbia
richiamato, nel suo incontro dello scorso 18 dicembre, con la Delegazione della Chiesa Evangelica
Luterana Tedesca l’insostituibile importanza delle «questioni relative alla dignità della persona
umana all’inizio e alla fine della sua vita, così come quelle attinenti alla famiglia, al matrimonio e
alla sessualità, che non possono essere taciute o tralasciate solo perché non si vuole mettere a
repentaglio il consenso ecumenico finora raggiunto. Sarebbe un peccato se, su tali importanti
questioni legate all’esistenza umana, si verificassero nuove differenze confessionali».
Ma se siamo, nel Figlio amato, figli di un tale Padre, si comprende bene l’altra decisiva
dimensione della nostra persona: il nostro essere fratelli. Non si dice, infatti, fino in fondo chi è
l’uomo in quanto figlio se non si arriva a riconoscerlo come fratello. L’umanità non è un insieme di
“figli unici”! È una fraternità riconosciuta e per questo cercata e voluta sempre. Nessun Caino può
rompere questo legame costitutivo con Abele, legame di cui il Padre resta per sempre garante.
4. Una fraternità consegna alla libertà personale
Nella convivenza sociale, la grande alternativa di fronte alla quale ogni giorno uomini e
popoli sono chiamati a giocarsi è chiara: trattarsi da estranei e nemici gli uni degli altri – ciò che
inevitabilmente porterà al conflitto padrone/schiavo e alla guerra – o riconoscersi fratelli perché
figli di uno stesso Padre.
Certamente all’originaria benedizione (dire bene dell’uomo, riconoscendolo come bene) da
parte di Dio, spesso non corrisponde il fiducioso benedire, dire bene, di Dio da parte degli uomini.
E questo non è senza conseguenze: «il peccato di allontanamento da Dio, dalla figura del padre e
dal fratello - continua il Papa - diventa un’espressione del rifiuto della comunione e si traduce nella
cultura dell’asservimento» (FRANCESCO, Messaggio per la 48a
 Giornata mondiale della Pace).
5. Operare per la pace
Visitando in questi giorni in Terra Santa i siti calcati da Gesù ed ascoltando le voci, ferite ma
pacate, dei nostri fratelli cristiani, ho potuto percepire la gravità estrema della situazione dovuta al
venir meno della fratellanza tra i popoli che lì vivono. Il Patriarca latino ha parlato a proposito della
sua Chiesa di Chiesa del Calvario. Il Custode di Terra Santa ha mostrato come lo stesso conflitto
israeliano-palestinese rischi di involvere ulteriormente perché i conflitti hanno ormai coinvolto tutto
il vicino e medio Oriente. “Non si vedono soluzioni” ci hanno detto. Ma hanno aggiunto con fede
mirabile: “né morti (Siria, Iraq), né sfollati, né esuli, né emigrati, hanno ucciso la nostra speranza.
Umanamente abbiamo paura e siamo stanchi, ma la fede ci consente di superare paura e
stanchezza”.
Toccare con mano le gravi prove di uomini e popoli in queste atroci condizioni non può non
interrogare in profondità noi europei e non solo. Sarebbero molti i compiti da assumere a partire da
quello di un impegno personale di preghiera e di aiuto. Imprescindibile resta quello della
costruzione della pace come impegno di tutti, in particolare di governi, popoli e nazioni.
Giovanni XXIII ha fornito da tempo le quattro coordinate che debbono vederci al lavoro come
instancabili edificatori di pace: verità, giustizia, amore e libertà (Pacem in terris n. 18).
Su queste basi è però necessario che uomini, popoli e istituzioni si mettano all’opera per la
costruzione di un “nuovo ordine mondiale” col coraggio di rinnovare in profondità gli organismi
2internazionali già esistenti o di creare di nuovi. Sono necessari attori permanenti di pace e di
giustizia e, soprattutto, di educazione alla vita buona che svuoti dall’interno il delirio della violenza
terroristica e faccia della cultura di pace il terreno su cui possa fiorire l’autentico sviluppo di tutti i
popoli.
6. Verso la Pasqua
Cominciamo il nuovo anno consolati dalla certezza che Dio non si arrende mai. Riallaccia
continuamente la sua alleanza con la famiglia umana, come fece con Mosè ed Aronne - «“Il
Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”. Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li
benedirò» (Lettura, Nm 6, 26-27) . Per questo ha inviato il suo unico Figlio nella carne, quale nuova
ed eterna (definitiva) alleanza: «Egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio
l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli
uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce» (Epistola, Fil 2,6-8).
Dio stesso, nel Figlio, accetta l’estremo “svuotamento” della morte per restituirci la
condizione di figli. Nello stesso tempo Egli in questa totale dedizione di sé all’uomo, ad ogni uomo,
ci indica la strada, il metodo del nostro rapporto con gli altri: «Le due forme di gioia, la gioia di
ricevere e la gioia di dare, sono una sola dal punto di vista cristiano; e la seconda riposa
essenzialmente sulla prima» dice il teologo Hans Urs von Balthasar (Tu coroni l’anno con la Tua
grazia, Jaca Book, Milano 1990, 16).
La festa della circoncisione del Signore getta luce sul senso pieno della nascita di Gesù nella
carne perché indirizza il nostro sguardo verso la Pasqua. Il sangue versato nella circoncisione
anticipa il dono totale della vita sulla croce e la grazia inesauribile della risurrezione: la Pasqua.
Scrive il nostro padre Ambrogio: «l’ottavo giorno della circoncisione prefigurava la totale
purificazione del peccato che sarebbe avvenuta nell’era della risurrezione» (Commento a Luca II,
56).
Siamo figli e fratelli perché redenti. Di tale immenso dono di grazia, carissimi, siamo chiamati
a rendere comune testimonianza al mondo. La Madonnina continui dall’alto del nostro bel Duomo a
custodirci. Amen.

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