Commento di P. Alberto Maggi OSM"DOMENICA DELLE PALME – 29 marzo 2015"
DOMENICA DELLE PALME – Commento di P. Alberto Maggi OSM
Mc 11,1-11
Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, Gesù
mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando
in esso, troverete un puledro legato, sul quale
nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui.
E se qualcuno vi dirà: “Perché fate questo?”, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma lo
rimanderà qui subito”». Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla
strada, e lo slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?». Ed essi
risposero loro come aveva detto Gesù.
E li lasciarono fare. Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì
sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei
campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano: «Osanna! Benedetto colui che
viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel
più alto dei cieli!».
La Domenica delle Palme fa sorgere spontaneo l’interrogativo: come è stato possibile che la folla che ha
accolto osannante Gesù al suo ingresso a Gerusalemme sia la stessa che poi griderà “Crocifiggi”?
Il perché ce lo dice Marco nei primi undici versetti del capitolo 11 del suo vangelo, che riguardano l’ingresso
di Gesù a Gerusalemme. Gesù e i suoi discepoli sono vicini a Gerusalemme verso il monte degli Ulivi, e Gesù
mandò due dei suoi discepoli nel villaggio di fronte. Il termine “villaggio” è un termine tecnico che nei
vangeli indica sempre incomprensione o opposizione alla novità portata da Gesù.
Perché il villaggio è il luogo della tradizione. E’ il luogo attaccato ai valori tradizionali del passato. E quindi
quando appare nei vangeli il termine “villaggio” è una chiave di lettura che l’evangelista ci da per farci
comprendere la sua narrazione e indica sempre incomprensione o opposizione a quello che Gesù farà,
come vedremo in questo brano.
“«Entrando in esso troverete un …»”- non è puledro, ma asinello, ed è importante l’esatta traduzione di
questo termine – “«… legato»”. Il riferimento dell’evangelista è al profeta Zaccaria, al capitolo 9, versetto 9,
una profezia nella quale il profeta indicava “ecco a te viene il tuo Re”, a Gerusalemme, “egli è giusto e
vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina”. E’ l’immagine di un messia diverso da quello
atteso dalla tradizione.
1
Dobbiamo tenere presente che la cavalcatura regale era la mula. L’asino era la cavalcatura dei servi. Quindi
un messia, un re, completamente diverso da quello atteso. Ebbene questo messia, dice Zaccaria, “è quello
che farà sparire il carro da guerra e annuncerà la pace alle nazioni”. Quindi non un messia di violenza, un
messia di potere, un messia di forza, ma un messia di pace. Questa profezia era stata come ignorata e
censurata. Nella selezione dei testi rabbini e scribi avevano scelto soltanto quei brani che indicavano un
potere, una forza, un dominio, una supremazia di Israele sopra tutte le altre nazioni.
Ebbene Gesù dice “«Slegatelo e portatelo qui»”, cioè slegate questa profezia. I discepoli devono constatare
che la figura di messia proposta da Gesù corrisponde ai dati della scrittura. “«E se qualcuno vi dirà: ‘Perché
fate questo?’, rispondete …»”, non è “il Signore ne ha bisogno, ma “«…il suo padrone ne ha bisogno»”.
L’asinello appartiene a Gesù perché sarà lui che realizzerà questa profezia. Lo slegano e lo portano a Gesù.
Portarono l’asinello a Gesù, “vi gettarono sopra i loro mantelli”, quindi i discepoli danno adesione a Gesù
come re e messia di pace, di servizio.
“Ed egli vi …”, non è salì sopra, ma vi sedette sopra. Gesù vi si installa. Come poi lui sarà presentato seduto
alla destra di Dio, qui seduto sopra questo asinello, significa che questa profezia di un messia di pace, di un
messia di servizio, gli è propria. “Molti stendevano i propri mantelli sulla strada”. Altri invece fanno il gesto
che era tipico di sottomissione al re (stendere le fronde dei campi). Quindi c’è un’incomprensione sul gesto
di Gesù.
E infatti, scrive l’evangelista, che Gesù si trova in mezzo a due fuochi. Lui che era stato presentato al
capitolo 10, versetto 32, all’inizio di questo cammino verso Gerusalemme, come colui che precedeva i suoi
discepoli, adesso non è più Gesù ad indicare il cammino. L’evangelista scrive “Quelli che precedevano”, sono
altri che indicano il cammino, che vogliono che Gesù realizzi i loro desideri. “Quelli che lo seguivano,
gridavano”.
Il verbo gridare è stato adoperato dall’evangelista sia per gli spiriti impuri che per il cieco di Gerico che
hanno quest’immagine del messia della tradizione, del messia figlio di Davide. Infatti cos’è che gridano?
“«Osanna!»”, espressione ebraica che significa “dai, salvaci” e il salmo 118 che veniva cantato per celebrare
i generali vittoriosi, “osanna, salvaci”.
“«Benedetto il regno che viene»”, ecco l’equivoco. Questo regno non è in alcun modo il regno di Dio
proposto da Gesù, ma l’evangelista scrive “«del nostro padre Davide»”. Mentre Gesù ha parlato del vostro
padre del cielo, loro attendono il regno del “nostro padre Davide”. Cosa significa il regno di Davide? Il regno
di un dominatore che cambia tutto con la forza e che schiaccia ogni resistenza. Quindi un regno che si
impone con la forza, con la violenza.
Gesù invece è venuto ad annunziare il regno di Dio. Un regno che, per la sua realizzazione, esige il
cambiamento interiore e profondo dell’intimo delle persone. Un cambio di valori: non vivere più per sé, ma
per gli altri. Quindi il regno di Dio esige la conversione, l’altro esige la forza. Ecco perché poi continuano
chiedendo: “«Osanna»”, cioè salvaci, “«nel più alto dei cieli!»” Cioè chiedono l’appoggio di Dio per
realizzare questo progetto.
Appena la folla si accorgerà che Gesù non è il messia di forza, il messia di potere, che lui non è venuto a
restaurare il defunto regno del re Davide, ma ad inaugurare il regno di Dio, questo messia sarà inutile.
Ecco perché la stessa folla che lo ha acclamato con “Osanna”, sarà quella che poi griderà “Crocifiggi!”
Mc 11,1-11
Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, Gesù
mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando
in esso, troverete un puledro legato, sul quale
nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui.
E se qualcuno vi dirà: “Perché fate questo?”, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma lo
rimanderà qui subito”». Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla
strada, e lo slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?». Ed essi
risposero loro come aveva detto Gesù.
E li lasciarono fare. Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì
sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei
campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano: «Osanna! Benedetto colui che
viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel
più alto dei cieli!».
La Domenica delle Palme fa sorgere spontaneo l’interrogativo: come è stato possibile che la folla che ha
accolto osannante Gesù al suo ingresso a Gerusalemme sia la stessa che poi griderà “Crocifiggi”?
Il perché ce lo dice Marco nei primi undici versetti del capitolo 11 del suo vangelo, che riguardano l’ingresso
di Gesù a Gerusalemme. Gesù e i suoi discepoli sono vicini a Gerusalemme verso il monte degli Ulivi, e Gesù
mandò due dei suoi discepoli nel villaggio di fronte. Il termine “villaggio” è un termine tecnico che nei
vangeli indica sempre incomprensione o opposizione alla novità portata da Gesù.
Perché il villaggio è il luogo della tradizione. E’ il luogo attaccato ai valori tradizionali del passato. E quindi
quando appare nei vangeli il termine “villaggio” è una chiave di lettura che l’evangelista ci da per farci
comprendere la sua narrazione e indica sempre incomprensione o opposizione a quello che Gesù farà,
come vedremo in questo brano.
“«Entrando in esso troverete un …»”- non è puledro, ma asinello, ed è importante l’esatta traduzione di
questo termine – “«… legato»”. Il riferimento dell’evangelista è al profeta Zaccaria, al capitolo 9, versetto 9,
una profezia nella quale il profeta indicava “ecco a te viene il tuo Re”, a Gerusalemme, “egli è giusto e
vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina”. E’ l’immagine di un messia diverso da quello
atteso dalla tradizione.
1
Dobbiamo tenere presente che la cavalcatura regale era la mula. L’asino era la cavalcatura dei servi. Quindi
un messia, un re, completamente diverso da quello atteso. Ebbene questo messia, dice Zaccaria, “è quello
che farà sparire il carro da guerra e annuncerà la pace alle nazioni”. Quindi non un messia di violenza, un
messia di potere, un messia di forza, ma un messia di pace. Questa profezia era stata come ignorata e
censurata. Nella selezione dei testi rabbini e scribi avevano scelto soltanto quei brani che indicavano un
potere, una forza, un dominio, una supremazia di Israele sopra tutte le altre nazioni.
Ebbene Gesù dice “«Slegatelo e portatelo qui»”, cioè slegate questa profezia. I discepoli devono constatare
che la figura di messia proposta da Gesù corrisponde ai dati della scrittura. “«E se qualcuno vi dirà: ‘Perché
fate questo?’, rispondete …»”, non è “il Signore ne ha bisogno, ma “«…il suo padrone ne ha bisogno»”.
L’asinello appartiene a Gesù perché sarà lui che realizzerà questa profezia. Lo slegano e lo portano a Gesù.
Portarono l’asinello a Gesù, “vi gettarono sopra i loro mantelli”, quindi i discepoli danno adesione a Gesù
come re e messia di pace, di servizio.
“Ed egli vi …”, non è salì sopra, ma vi sedette sopra. Gesù vi si installa. Come poi lui sarà presentato seduto
alla destra di Dio, qui seduto sopra questo asinello, significa che questa profezia di un messia di pace, di un
messia di servizio, gli è propria. “Molti stendevano i propri mantelli sulla strada”. Altri invece fanno il gesto
che era tipico di sottomissione al re (stendere le fronde dei campi). Quindi c’è un’incomprensione sul gesto
di Gesù.
E infatti, scrive l’evangelista, che Gesù si trova in mezzo a due fuochi. Lui che era stato presentato al
capitolo 10, versetto 32, all’inizio di questo cammino verso Gerusalemme, come colui che precedeva i suoi
discepoli, adesso non è più Gesù ad indicare il cammino. L’evangelista scrive “Quelli che precedevano”, sono
altri che indicano il cammino, che vogliono che Gesù realizzi i loro desideri. “Quelli che lo seguivano,
gridavano”.
Il verbo gridare è stato adoperato dall’evangelista sia per gli spiriti impuri che per il cieco di Gerico che
hanno quest’immagine del messia della tradizione, del messia figlio di Davide. Infatti cos’è che gridano?
“«Osanna!»”, espressione ebraica che significa “dai, salvaci” e il salmo 118 che veniva cantato per celebrare
i generali vittoriosi, “osanna, salvaci”.
“«Benedetto il regno che viene»”, ecco l’equivoco. Questo regno non è in alcun modo il regno di Dio
proposto da Gesù, ma l’evangelista scrive “«del nostro padre Davide»”. Mentre Gesù ha parlato del vostro
padre del cielo, loro attendono il regno del “nostro padre Davide”. Cosa significa il regno di Davide? Il regno
di un dominatore che cambia tutto con la forza e che schiaccia ogni resistenza. Quindi un regno che si
impone con la forza, con la violenza.
Gesù invece è venuto ad annunziare il regno di Dio. Un regno che, per la sua realizzazione, esige il
cambiamento interiore e profondo dell’intimo delle persone. Un cambio di valori: non vivere più per sé, ma
per gli altri. Quindi il regno di Dio esige la conversione, l’altro esige la forza. Ecco perché poi continuano
chiedendo: “«Osanna»”, cioè salvaci, “«nel più alto dei cieli!»” Cioè chiedono l’appoggio di Dio per
realizzare questo progetto.
Appena la folla si accorgerà che Gesù non è il messia di forza, il messia di potere, che lui non è venuto a
restaurare il defunto regno del re Davide, ma ad inaugurare il regno di Dio, questo messia sarà inutile.
Ecco perché la stessa folla che lo ha acclamato con “Osanna”, sarà quella che poi griderà “Crocifiggi!”
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