Via Crucis con l’Arcivescovo Card. Angelo Scola«Innalzato da terra attirero’ tutti a me»

1. Arcidiocesi di Milano
Gli Incontri (Stazioni IV - VII)
Lam 1,12-13; Lc 23,26; Is 53,2-3;Eb 5, 5,7-9
Testi di Rilke, Benedetto XVI, Edith Stein, H. U. von Balthasar
Duomo di Milano, 10 Marzo 2015
Martedì della terza settimana di Quaresima
Catechesi di S.E.R. Card. Angelo Scola, Arcivescovo di Milano
«All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva» (Benedetto XVI, Deus caritas est, 1). Il titolo della
nostra meditazione di questa sera, Gli incontri, mette a fuoco questo caposaldo della esperienza cristiana. E lo fa in un contesto singolare, per certi aspetti paradossale.
Sulla Via dolorosa, nelle ultime  decisive ore della sua esistenza terrena, Gesù incontra uomini e donne, come aveva fatto in tutto il resto della sua vita; ma, a prima vista, in questi incontri le parti si invertono. Non è, come le altre volte, Lui a donare loro aiuto, consolazione, beneficio. Questa volta Lui riceve da loro.
L’immagine che abbiamo davanti agli occhi, il Bacio di Giuda, dice questo paradosso in modo violento, drammatico. Nell’espressione di Gesù – occhi chiusi, in totale confidente abbandono – leggiamo, molto più profondamente che nel segno grafico, la parola Amico. Gesù, infatti, ha molti nemici, ma Lui non lo è di nessuno. Ogni incontro veicola la sua fedele, indistruttibile amicizia con l’uomo. Con ogni uomo.


IV. stazione - Gesù incontra la Madre

«Voi tutti considerate se c’è un dolore simile al mio dolore… Dall’alto egli [il Signore] ha scagliato un fuoco, nelle mie ossa lo ha fatto penetrare» (Lam 1,13). Un tratto inconfondibile dell’amore è la tensione a condividere la vita dell’amato, fino ad immedesimarsi con lui. L’Addolorata del Figlio dell’uomo, dell’uomo dei dolori, Maria – del resto fin dall’inizio il vecchio Simeone glielo aveva profetizzato – è trafitta come il Figlio.
«I salvatori vanno scavati dalle montagne dove la durezza si estrae dalla durezza… Perché subito, violentemente, da me non sei uscito? … perché sono stata allevata tra le donne» (Rilke). Sempre di fronte allo straziante “spettacolo” del dolore si alza in noi questo grido: perché? L’uomo lo lancia come pietra di ribellione, lo sente come pesantissima pietra di inciampo. Lo avverte come contro natura: «e tu sconvolgi all’improvviso la natura» (Rilke).

V. stazione - Gesù è aiutato da Simone di Cirene

«Davanti a un amore così disinteressato, colmi di stupore e gratitudine, ci chiediamo ora: Che faremo noi per Lui? … La passione di Cristo ci sospinge a caricare sulle nostre spalle la sofferenza del mondo» (Benedetto XVI, Spe salvi, 39). Caritas Christi urget nos, dice San Paolo.
Questa “urgenza” che pure sentiamo così profondamente conveniente, cozza sempre di più con una dura resistenza, con quella “globalizzazione dell’indifferenza” (Papa Francesco) che oggi sembra avere la meglio nelle nostre società avanzate, ancora così spudoratamente ricche. Per questo la Chiesa, come una madre premurosa, ci educa richiamandoci, in Quaresima, a gesti puntuali di carità. Una carità più fattiva. Più vicini ai più lontani. E, come spesso deve fare una madre con i propri figli, insiste e un pochino ci forza in questa direzione: «Gli misero addosso la croce, da portare dietro Gesù» (Lc 23,26b).
Esporre il nostro bisogno all’altro e aprirci al bisogno dell’altro, soprattutto condividerne la croce, non ci viene spontaneo, ci costa fatica. Eppure, afferma acutamente Papa Benedetto, dalla com-passione nasce la con-solazione (stare con uno che è solo). L’uomo non può sostenere da solo la prova del dolore. Dio per primo ha patito con e per lui, indicandogli la strada della caritas. Ama colui che ama per primo.

VI. stazione - Gesù incontra la Veronica

Veronica. Il gesto amoroso di questa donna è ricompensato con il dono del volto di Cristo da custodire. Un volto devastato dalla passione, vertice del dolore e dell’amore. Un volto che «non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi» il volto di Colui «che ben conosce il patire» (Is 53, 2b-3).
Durante il medioevo il velo della Veronica era la principale reliquia di Roma, meta e premio dei pellegrini che vi si recavano, per venerare le tombe degli apostoli.
La scienza della croce non è una teoria ma una esperienza (verità viva, reale, attiva) che dà «all’anima un’impronta speciale e determinante nella sua condotta, al punto da risultare chiaramente discernibile dall’esterno» (Edith Stein).
Occorre domandare la grazia di ascoltare il grido dei nostri fratelli uomini, di non essere superficiali nei confronti di tanto dolore e di tanta sofferenza che è intorno a noi.

VII. stazione - Gesù cade la seconda volta

Gesù, dice San Paolo, «pur essendo Figlio [di Dio], imparò l’obbedienza» (Eb 5,8a).
Che cos’è l’obbedienza? L’etimo del verbo latino oboedire/ob-audire dice un ascoltare chi hai davanti. L’obbediente è un io tutto teso al tu, a fargli spazio. Nell’appressarsi della Passione, Gesù col volto rigato di sangue aveva dichiarato al Padre: «Non come voglio io, ma come vuoi tu» (Lc 22,42). Obbedienza non è passività, ma la suprema attività dell’amore. Non l’annientamento della sottomissione, ma la piena realizzazione («e, reso perfetto», Eb 5,8b) di colui che afferma l’altro e liberamente gli si dona.
Certo, come ogni sposo ed ogni genitore sa bene, affermare l’altro fino al mistero inaccessibile della sua libertà, costa molta sofferenza («imparò l’obbedienza da ciò che patì»). E troppa sofferenza - non solo quella fisica, ma anche quella morale causata dal male altrui e proprio – è umanamente insopportabile. L’uomo ne rimane schiacciato, atterrito e atterrato.
Affermavano già i greci: «… un uomo non provato rimane immaturo… Ma là, dove subentra l’eccesso, l’insopportabile, l’ingiustificabile nell’agire, ogni filosofia e ogni pedagogia ammutolisce. […] Gesù Cristo è la Parola definitiva del creatore e del Padre del mondo, e la definitività risiede nel fatto che il sacrificio del Figlio e della Parola, nell’ultimo abbandono, è anche la più profonda rivelazione dell’amore di Dio al mondo» (Hans Urs von Balthasar).

Signore Gesù,
mentre siamo ancora peccatori e lontani,
tu dai la vita per noi.
Tu rispondi al nostro accanito tradimento chiamandoci amici
e ogni giorno ti offri come vittima in sacrificio per la nostra salvezza.
Fa’ che possiamo essere annoverati tra coloro che ti obbediscono.
O Gesù, amore crocifisso,
Noi non vogliamo coprirci la faccia davanti al tuo volto sfigurato dal dolore,
ma imprimerlo a tal punto sul nostro volto da diventare riconoscibili come tuoi. Amen.

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