Luca Desserafino sdb"PER LA GIOIA NON CREDEVANO ANCORA"

19 Aprile 2015 | 3a Domenica di Pasqua - Anno B | Omelia
Il brano di Luca, che oggi ascoltiamo, ci consente di rivivere l'esperienza dei discepoli che, mentre sono riuniti, incontrano il loro Maestro,
Gesù risorto:
Egli è "in mezzo a loro".
E offre la sua "pace", cioè la pienezza dei beni messianici.
Dona la fede che li porta a poco a poco a riconoscerlo nella gioia.

Apre i loro occhi e il loro cuore per capire le Scritture, che parlano di Lui.
Li invia come suoi "testimoni" a ogni uomo della terra e della storia.

Gesù ha già offerto prove convincenti della sua risurrezione: il sepolcro vuoto, la testimonianza degli angeli, l'apparizione ai discepoli sulla strada di Emmaus. Ma davanti all'insistenza e alla crescente mancanza di fede, Gesù offre prove sempre più tangibili:

appare agli apostoli riuniti,
mostra le sue ferite,
si mette a tavola con loro.
Gesù ha un vero corpo.

L'Evangelista Luca insiste nell'affermare un reale passaggio dalla morte alla vita, una vita che viene da Dio e afferra l'uomo in tutta la sua concretezza e globalità.

In questo racconto dell'apparizione agli undici soltanto Gesù agisce, parla: saluta, domanda e rimprovera, invita a rendersi conto della sua verità, mostra le mani e i piedi e, infine, mangia davanti ai discepoli. Al contrario, i discepoli sono fermi e silenziosi, tranne il gesto di offrire a Gesù una porzione di pesce. Di loro, però, sono descritti con attenzione i sentimenti interiori: lo sconcerto e la paura, il turbamento e il dubbio, lo stupore e l'incredulità, la gioia.

Sono sentimenti che tradiscono una difficoltà a credere nella risurrezione. Non è facile credere nel Risorto. Persino la gioia - che si direbbe andare in senso contrario - è presentata da Luca come una ragione che, se pure in modo diverso dalla paura, rende increduli.

Una gioia così inattesa e nuova che ancora lascia spazio al dubbio di chi è tentato di dire: "Troppo bello per essere vero!". Dopo la risurrezione l'uomo resta dubbioso e incredulo, sia perché si trova davanti a un fatto assolutamente insolito, sia perché si imbatte in una sorpresa troppo bella, desiderata ma ritenuta impossibile.

Potrebbe capitare di pensare anche a noi che il Vangelo sia:

una specie di fantasma, che si tratti di parole astratte, lontane dalla vita, belle ma impossibili:
e ne abbiamo anche paura perché pensiamo che siano troppo esigenti,
che richiedano sacrifici,
che propongano rinunce,
che pretendano una vita poca felce.
Ne consegue che con incredibile facilità le depotenziamo e le infiacchiamo nella loro radicalità perché non ci disturbino troppo.

Ma Gesù torna; torna ogni domenica e dopo il saluto di pace dice a tutti noi: "Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono io! Toccatemi e vedete; uno spirito non ha carne ed ossa come vedete che ho io".

Mentre parla in questo modo, mostra le mani e i piedi segnati ancora dalle ferite dei chiodi; non propone una lunga e dotta disquisizione teorica sulla risurrezione, e neppure si mette a fare teorie sulla fede.

Gesù mostra la realtà concreta del suo corpo risorto. Le ferite sul corpo, senza dubbio ci dicono che il Gesù di Pasqua è lo stesso Gesù del Venerdì santo, ma la loro permanenza nel corpo del Signore risorto richiama anche la realtà del dolore e del male ancora presente in questo mondo. La risurrezione certo è avvenuta ma deve continuare ancora.

E'iniziata con Gesù, il capo del corpo, si potrebbe dire; ma ci sono tante parti di questo unico corpo che hanno ancora ferite aperte: sono i poveri, i malati, i carcerati, i torturati. i condannati a morte, i paesi in guerra, i colpiti dalle disgrazie e dalla violenza.

Sì, vedere e toccare! Questi sono i verbi della risurrezione: accorgersi di chi ci sta accanto e soffre e non passare oltre.
La vittoria sulla nostra incredulità inizia da quest'incontro affettuoso con il corpo ancora ferito di Gesù.
Gesù si trova in una condizione radicalmente nuova rispetto alla sua esistenza terrena: è Lui, ma tutto trasfigurato nella gloria di Dio.
C'è identità fra il Gesù terreno e il Gesù risorto.

Gesù torna da loro, dai suoi Apostoli e siede alla loro tavola, segno che li ammette alla sua mensa in qualità di amici, segno che egli li ha perdonati.

In ogni celebrazione eucaristica la prima cosa che sta a cuore a Gesù ed il primo dono che ci fa è assicurarci che Lui è qui con noi, risorto e nella pienezza della vita. La risurrezione di Cristo si inscrive non soltanto nel centro del cristianesimo, ma nel centro stesso della storia.

Con la risurrezione si realizza in Cristo, in anticipo, la sorte che ci attende come nostro futuro: in lui risorto si realizza quella pienezza che ogni uomo e donna cerca nella propria vita.

Luca Desserafino sdb

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