Omelia di S.E.R. Card. Angelo Scola,Commento alla"Veglia Pasquale"

Arcidiocesi di Milano
Gn 1,1-2,3a; Gn 22,1-19; Es 12,1-11; Es 13,18b-14,8; Is 54,17c- 55,11; Is 1,16-19;
At 2,22-28; Rm 1, 1-7; Mt 28,1-7
Duomo di Milano, 4 aprile 2015
1. La luce del Risorto sconfigge le tenebre
«Come ai Magi la stella, a noi si fa
guida nella notte la grande luce di Cristo risorto» (Preconio). All’inizio di questa Veglia abbiamo acceso il cero pasquale, simbolo di Cristo risorto.
Un annuncio che a noi uomini postmoderni suona quasi scandaloso. Tanto più che in questo momento della nostra esistenza e della nostra storia, tempestose tenebre ci avvolgono. L’impenetrabile buio della tomba del Sabato Santo, il silenzio assoluto dell’Uomo della croce sbarrato dal masso nel sepolcro, sembrano accentuare l’angoscia per le guerre, il terrorismo, le stragi di innocenti, le calamità naturali che ogni giorno ormai riempiono le nostre cronache. Il mondo intero pare attraversato da forze annientatrici ed abbiamo la percezione di vivere, come ha scritto Eliot, “In un’età che avanza all’indietro, progressivamente” (da: I Cori de La Rocca).

2. Attraverso il sacrificio del Figlio di Dio
Non a caso la liturgia di questa “Veglia madre di tutte le veglie”, ripercorrendo, attraverso le Letture dell’Antico Testamento la storia della salvezza, ci ha immerso nelle vicende di quattro drammatiche notti: la notte in cui avvenne la creazione del mondo, la notte in cui Dio mise alla prova la fede di Abramo chiedendogli il sacrificio del figlio (due Letture del Libro della Genesi), la notte in cui vengono date le indicazioni della cena Pasquale (due Letture del Libro dell’Esodo) e quella in cui si realizzò la liberazione del popolo d’Israele dall’Egitto.
Il punto di partenza di queste narrazioni salvifiche è sempre segnato dal negativo: il caos, il sacrificio del figlio, la fretta angosciata del popolo ebraico per l’esodo dall’Egitto, l’indurimento del cuore del Faraone che prelude alla terribile disfatta degli egiziani. Ma il negativo non è l’ultima parola. Dio assicura la liberazione che spalanca a vita nuova il popolo eletto.
La lunga Liturgia della Parola prefigura così il passaggio dalla schiavitù della morte alla libertà della vita. E ciò avviene definitivamente attraverso il sacrificio di Cristo: «Cristo, nostro agnello pasquale, viene immolato per noi» (Preconio).

3. La morte di Cristo ridona una vita nuova
«Non c’è nulla di più sublime di questo mistero:/la colpa cerca il perdono,/l’amore scioglie la paura/la morte di Cristo ridona una vita nuova./…/ la morte, trafitta dal suo stesso pungolo,/riconosca, gemendo, di essere lei sola perita» (Ambrogio, Inno di Pasqua). La nostra Chiesa ambrosiana ci farà pregare con queste parole del nostro grande padre Ambrogio per tutti i cinquanta giorni del tempo di Pasqua, fino alla Pentecoste. L’annuncio di Pasqua, che rende quella di oggi la festa di tutte le feste, non è altro che l’annuncio della presenza vicina e definitiva (per sempre) di Colui che il nostro cuore cerca. Questo annuncio è il nucleo incandescente delle tre Letture del Nuovo Testamento che la ricchissima liturgia di questa Veglia ci propone.

4. La passione di annunciarlo
«Presto, andate a dire ai suoi discepoli: “è risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea» (Vangelo, Mt 28,7). I primi destinatari dell’annuncio pasquale siamo noi, espressione di una reazione a catena inarrestabile verso tutti coloro che incontreremo sul nostro cammino.
«Anche per ognuno di noi c’è una “Galilea” all’origine del cammino con Gesù. “Andare in Galilea”… significa per noi riscoprire il nostro Battesimo come sorgente viva, attingere energia nuova alla radice della nostra fede e della nostra esperienza cristiana. Tornare in Galilea significa anzitutto tornare lì, a quel punto incandescente in cui la Grazia di Dio mi ha toccato all’inizio del cammino. ... Nella vita del cristiano, dopo il Battesimo, c’è anche un’altra “Galilea”, una “Galilea” più esistenziale: l’esperienza dell’incontro personale con Gesù Cristo, che mi ha chiamato a seguirlo e a partecipare alla sua missione. … tornare in Galilea significa recuperare la memoria di quel momento in cui i suoi occhi si sono incrociati con i miei, il momento in cui mi ha fatto sentire che mi amava” (Papa Francesco, Omelia Veglia Pasquale 2014).
In questa santa notte la nostra amata Chiesa ambrosiana è piena di gioia per i 152 catecumeni adulti di una trentina di nazionalità che attraverso il Battesimo, la Confermazione, l’Eucaristia “prendono parte” a Gesù e, a pieno titolo, incominciano a vivere la loro esistenza nella fede, nella speranza e nella carità evangeliche. Sul vecchio tronco della Chiesa di Ambrogio e di Carlo fiorisce così, come già avviene da qualche anno, un germoglio pieno di promesse. Il primo avverarsi di queste promesse è la vittoria su ogni paura e angoscia. Risuona per noi foriero di fiducia l’invito dell’Angelo alle donne: «Voi non abbiate paura!» (Vangelo, Mt 28,5).
Certo questo domanda soprattutto a noi Europei un risveglio, un deciso passaggio, una vera e propria pasqua sulle orme della Pasqua di Gesù Cristo. Una assunzione diretta di responsabilità per ciascun cristiano, per la Chiesa, per gli uomini delle religioni, per ogni cittadino, per chi guida le Istituzioni nazionali ed internazionali. La gioia della risurrezione ci impone di non lasciar soli quanti sono nella prova.
Facciamo nostra di tutto cuore l’esplicita e bella Antifona allo spezzare del pane della Liturgia Ambrosiana della Domenica di Pasqua: «Morivo con te sulla croce, oggi con te rivivo. Con te dividevo la tomba, oggi con te risorgo. Donami la gioia del regno, Cristo, mio salvatore».

Happy Easter! ¡Feliz Pascua de Resurrección! Joyeuses Pâques! Frohe Ostern! Buona Pasqua!

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