Umberto DE VANNA SDB Omelia 4a Domenica di Pasqua - 2015

26 aprile 2015 | 4a Domenica di Pasqua - Anno B | 
Per cominciare
Nella quarta domenica di Pasqua ogni anno ci viene proposta la figura del buon pastore. Gesù presenta se stesso come modello di amore personale e di dedizione senza
misura. In particolare Gesù è modello di ogni apostolo chiamato ad annunciare il vangelo. Per questo oggi la chiesa vuole che si preghi per le vocazioni, specialmente per la vocazione al sacerdozio e alla vita consacrata.

La parola di Dio
Atti 4,8-12. Pietro indica nella persona di Gesù, crocifisso e risorto, la nostra salvezza. Questo dice ai capi del popolo e agli anziani, che gli chiedono come ha potuto risanare uno storpio che era tale fin dalla nascita. È Gesù che lo ha guarito, spiega Pietro, quel Gesù che voi avete scartato e che è invece la pietra angolare della vera religiosità.
1 Giovanni 3,1-2. Siamo figli di Dio, lo siamo realmente, dice l'apostolo Giovanni. Chi non crede fa fatica a riconoscerlo, ma quello che siamo un giorno si manifesterà perfettamente.
Giovanni 10,11-18. In una delle immagini più efficaci del nuovo testamento, Gesù dichiara di essere "il buon pastore". Un pastore che conosce, ama le sue pecore, le difende fino a dare la vita per esse.

Riflettere...
o L'immagine del buon pastore - come anche di quella del pastore mercenario che non si cura delle sue pecore - era ben nota in Israele. Il profeta Ezechiele ne parla in termini espliciti, dando la voce a Dio: "Guai ai pastori d'Israele, che pascono se stessi! I pastori non dovrebbero forse pascere il gregge? Vi nutrite di latte, vi rivestite di lana, ammazzate le pecore più grasse, ma non pascolate il gregge. Non avete reso forti le pecore deboli, non avete curato le inferme, non avete fasciato quelle ferite, non avete riportato le disperse. Non siete andati in cerca delle smarrite, ma le avete guidate con crudeltà e violenza. Per colpa del pastore si sono disperse e sono preda di tutte le bestie selvatiche: sono sbandate. Vanno errando le mie pecore su tutti i monti e su ogni colle elevato, le mie pecore si disperdono su tutto il territorio del paese e nessuno va in cerca di loro e se ne cura" (34,2-6).
Queste espressioni sono confermate dallo stesso Gesù, che in modo esplicito - proprio nei versetti che precedono il brano di vangelo che viene proposto oggi - denuncia e accusa i falsi pastori d'Israele: "In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati…" (Gv 10,7-9).
o Gesù, quando evangelizza, e in modo speciale quando parla di se stesso, molto spesso ricorre a esempi tratti dalla vita. Dice: "Io sono la porta" (Gv 10,7); "Io sono la vite" (Gv 15,1); "Io sono il pane…" (Gv 6,35); "Io sono la strada…" (Gv 14,6). Al capitolo 10 di Giovanni c'è questo suo lungo intervento, in cui si presenta come "pastore": "Io sono il buon pastore…", dice Gesù.
o L'aggettivo greco che accompagna il sostantivo pastore è "kalòs" (bello) e significa in questo caso: bravo, accorto, zelante, perfetto, in contrapposizione al pastore mercenario, che non si cura delle pecore e di fronte al pericolo si dà alla fuga, abbandonandole al loro destino. E questo appunto perché "è mercenario e non gl'importa nulla delle pecore" (Gv 10,13).
o Gesù, dichiarandosi buon pastore, rivela se stesso nella propria identità messianica. È lui il messia lungamente atteso. Ezechiele, proprio mentre accusa i cattivi pastori, esorta il suo popolo a mettersi in attesa di questo buon pastore: "Susciterò per loro un pastore che le pascerà…", dice il Signore: "Egli le condurrà al pascolo, sarà il loro pastore". E prima ancora: "Ecco, io stesso cercherò le mie pecore… Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare. Oracolo del Signore Dio. Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all'ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia" (Ez 34,11.15-16). Esattamente ciò che Gesù dice di se stesso.
o Gesù afferma poi nel brano evangelico, riferendosi al mistero della sua passione, morte e risurrezione, di essere pronto a dare volentieri la sua vita, ma anche di avere il potere di riprenderla di nuovo: "Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo" (Gv 10,18).
o Dice Gesù di avere un rapporto speciale con le sue pecore, di avere verso di loro un atteggiamento di conoscenza reciproca, intima, amichevole. Non si tratta quindi di animali, perché con loro si può avere solo un rapporto di tipo istintivo e vitale, non razionale.
o Gesù inoltre, uscendo ancora dalla similitudine e riferendosi ai suoi progetti missionari di evangelizzazione universale, afferma di avere un amore che si estende anche ad "altre" pecore, che per ora non fanno ancora parte del suo ovile: "Ascolteranno la mia voce", dice Gesù, "e diventeranno un solo gregge, un solo pastore" (Gv 10,16).
o Nella prima lettura, Pietro proclama, dopo aver ridato la salute allo storpio, che in Gesù buon pastore - che ha dato la sua vita per noi ed è risorto - è riposta tutta la nostra salvezza. Una salvezza che non è qualcosa di materiale, anche se la chiesa lungo i secoli e sin dall'inizio ha fatto esperienza anche di questi fenomeni straordinari che sono i miracoli, ma è l'essere "figli di Dio", come dice Giovanni nella seconda lettura; e il nostro destino è qualcosa di inatteso e di grande perché è lo stesso di Gesù.

Attualizzare
* L'immagine del buon pastore è stata sempre molto popolare nella chiesa, in ogni tempo, sin dalle origini. La chiesa dei primi secoli ha presentato Gesù così, come un giovane pastore che tiene sulle spalle una pecora.
* L'immagine è stata cara sin dall'inizio, perché Gesù, pietra angolare del nuovo edificio spirituale, che è la comunità cristiana nata dalla risurrezione, intendeva proporre questo modello di pastore buono a chi si sarebbe occupato di questo nuovo popolo con compiti di animazione. Lo aveva detto chiaramente nel corso della vita pubblica agli apostoli: "Voi sapete che i governanti delle nazioni dóminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell'uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti" (Mt 20,25-28).
* Nel brano del vangelo Gesù ripete un paio di volte l'espressione le "mie" pecore. Nel caso del pastore, si sa che la frequentazione quotidiana con questi animali miti generava sempre un rapporto intimo con ciascuno di loro. I pastori le chiamavano per nome ed essi venivano riconosciuti dalla voce o da un fischio.
* Gesù si richiama a questo comportamento per indicare il rapporto intimo e personale che vuole avere con ciascuno di noi: egli ci chiama per nome, ci conosce uno per uno, ha cura per ciascuno di noi.
* Quanto al riferimento ai pastori mercenari, la storia è costellata di persone che hanno esercitato il potere con prepotenza, non curandosi dei diritti più elementari delle persone e della giustizia, facendo uso della violenza psicologica e fisica per conservare la propria autorità. È un esame di coscienza che non può non riguardare ancora oggi chiunque abbia un compito di governo nella società e nella chiesa, nella scuola e all'interno della stessa famiglia.
* L'autorità è sempre servizio, è responsabilità di animazione che deve favorire la crescita nella libertà di ogni persona. Una libertà alla quale spesso sono le persone stesse a rinunciare, quando si lasciano condizionare e si mettono al seguito del personaggio di turno, sia esso un politico affermato o un divo affascinante dello spettacolo o dello sport. Pur sapendo che i loro obiettivi sono il successo economico o politico e non sempre la felicità e il benessere delle persone.
* L'autorità di Gesù è invece quella del "buon pastore" del suo gregge. L'espressione a volte lascia qualcuno un po' perplesso, perché a nessuno fa piacere far parte di un gregge, o identificarsi con una pecora. Ma con questo paragone Gesù intende al contrario proprio sottolineare il rapporto particolare che c'è tra il buon pastore e il suo gregge. Il pastore, dice Gesù, se è un "bel pastore", è zelante, si prende cura delle pecore, dà la vita per affermare i loro diritti, le difende, le conduce su prati rigogliosi e le rende libere.
* Gli apostoli, seppure a fatica, hanno imparato a identificarsi con Gesù buon pastore, soprattutto dopo la risurrezione e la Pentecoste. Essi si sono messi a servizio del gregge, cioè della nuova comunità che stava nascendo, la chiesa. Pietro, Paolo e gli altri non c'è dubbio che sono stati dei veri pastori dediti alla loro missione tra il popolo, pastori umili e zelanti, entusiasti, seminatori di libertà, senza fermarsi di fronte alle difficoltà, nemmeno delle prove più terribili e della stessa morte.
* È questa la funzione di ogni pastore nella comunità, ed è per questo che oggi la chiesa dedica la giornata alla preghiera per le vocazioni sacerdotali e religiose. La funzione del prete nella comunità è quella del buon pastore. "Togliete un prete da una parrocchia e ben presto adoreranno gli animali", pare abbia detto il santo curato d'Ars.
aOgni anno le chiese locali ordinano alcuni nuovi sacerdoti, ma il numero è sempre più insufficiente. Quando un parroco si ritira per motivi di età, difficilmente si trova chi lo possa sostituire. Ci sono oggi parroci impegnati contemporaneamente in due o più parrocchie. Crescono di numero le comunità che non trovano più un sacerdote di riferimento.
* Preghiamo perché ci siano dei giovani che sentano il desiderio di mettersi totalmente nelle mani di Dio, a servizio della chiesa 24 ore su 24. L'evangelizzazione non può facilmente realizzarsi senza questo ricambio degli animatori nella comunità che sono i sacerdoti, i diaconi e le suore. San Giovanni Bosco diceva che due ragazzi su tre avrebbero la stoffa per seguire la vocazione sacerdotale o religiosa.
* Ma, come dicevamo, Gesù buon pastore è modello di ogni persona, di ogni cristiano che si trova in posizione di autorità o svolge un ruolo educativo: genitori, insegnanti, uomini politici. Gesù diventa un modello per tutti, specie delle mamme, che vengono festeggiate ogni anno nella seconda domenica di maggio.
* Si dice spesso che alle spalle di una nuova vocazione c'è sempre una santa mamma, ed è vero, così come di ogni vita riuscita. Anche il clima che si respira in una famiglia, trova nella mamma la sua sorgente. Ricordando che anche mamme si diventa per vocazione, preghiamo oggi anche per loro: siano felici, onorate e amate sempre, anche quando diventano anziane o malate. Una mamma che viveva in una casa di riposo, diceva amaramente: "Ho cinque figli, ma oggi che è la festa della mamma, nemmeno uno di loro si è fatto vivo".

Pasci le "mie" pecore
"Come Cristo è pastore, non è pastore anche Pietro? Ma certo, anche Pietro è pastore, e anche altri pastori sono tali senza alcun dubbio. Infatti, se non è pastore, come si può dire: "Pasci le mie pecore?". Pur tuttavia, il vero pastore è colui che pasce le pecore di sua proprietà. Non fu detto perciò a Pietro: "Pasci le tue pecore", ma "le mie". Quindi Pietro è pastore non per sé, ma nella persona del pastore. Se infatti volesse pascere le pecore come proprie, diventerebbero subito capri quelli del suo pascolo" (sant'Agostino).

Il buon pastore san Massiminliano Kolbe
Nel mese di maggio 1941 padre Massimiliano Kolbe, un francescano polacco, fu arrestato dalle SS e portato nel campo di prigionia di Auschwitz. Immatricolato con il numero 16670. Alla fine del mese di luglio dello stesso anno un uomo del block di Kolbe era riuscito a fuggire dal campo: per rappresaglia i tedeschi selezionarono dieci persone della stessa baracca per farle morire nel bunker della fame. Quando uno dei dieci condannati, Francesco Gajowniczek, scoppiò in lacrime dicendo di avere una famiglia a casa che lo aspettava, Kolbe uscì dalle file dei prigionieri e si offrì di morire al suo posto. In modo del tutto inaspettato, lo scambio venne concesso. Dopo due settimane, passate senza acqua né cibo nel bunker, visto che quattro dei dieci condannati, tra cui Kolbe, erano ancora vivi, furono uccisi il 14 agosto 1941 con una iniezione di acido fenico e il loro corpo venne poi cremato. Una volta, profeticamente, Massimiliano aveva detto: "Vorrei essere come polvere per viaggiare con il vento e raggiungere ogni parte del mondo e predicare la buona novella".

Si cerca un uomo…
Si cerca per la Chiesa un uomo senza paura del domani, senza paura dell'oggi, senza complessi del passato.
Si cerca per la Chiesa un uomo, che non abbia paura di cambiare, che non cambi per cambiare, che non parli per parlare.
Si cerca per la Chiesa un uomo capace di vivere insieme agli altri, di lavorare insieme, di piangere insieme, di ridere insieme, di amare insieme, di sognare insieme.
Si cerca per la Chiesa un uomo capace di perdere senza sentirsi distrutto, di mettersi in dubbio senza perdere la fede, di portare la pace dove c'è inquietudine e l'inquietudine dove c'è pace.
Si cerca per la Chiesa un uomo che abbia nostalgia di Dio, che abbia nostalgia della Chiesa,
nostalgia della gente, nostalgia della povertà di Gesù, nostalgia dell'obbedienza di Gesù.
Si cerca per la Chiesa un uomo che non confonda la preghiera con le parole dette d'abitudine, la spiritualità col sentimentalismo, la chiamata con l'interesse, il servizio con la sistemazione.
Si cerca per la Chiesa un uomo capace di morire per lei, ma ancora di più capace di vivere per la Chiesa, un uomo capace di diventare ministro di Cristo, profeta di Dio, un uomo che parli con la sua vita.
Si cerca per la Chiesa un uomo (don Primo Mazzolari).


 Umberto DE VANNA

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