Ermete TESSORE SDB "ABBIAMO IL CORAGGIO DI 'PASSARE ALL'ALTRA RIVA'?"

Caronte ,Divina Commedia
28 giugno 2015 | 13a Domenica - T. Ordinario B | Omelia
L'odierno brano evangelico di Marco è ricchissimo di sfumature umane e gravido di insegnamenti. Due donne animano la scena del racconto interagendo con Gesù: una nella piena maturità è afflitta da
dodici anni da perdite vaginali che le hanno distrutto la vita ed azzerato i suoi averi; l'altra è una ragazzina di dodici anni prematuramente ghermita dalla morte. Il dolore e la sofferenza fanno da sfondo a tutta la scena. Ma tutto viene cambiato dalla profonda fede della donna ammalata e da quella di Giairo.

La fede riposta in Gesù non è qualcosa di teorico con effetti racchiusi nell'ambito dello spirituale, ma genera effetti concreti, verificabili da tutti, che prendono il nome di guarigione istantanea e di ritorno alla vita. Dove la malattia e la morte seminano disperazione, la fede fa scaturire salute e vita. Il caso della donna ammalata, se lo caliamo nel suo contesto storico, impressiona.

Il male che l'affligge è un'autentica maledizione. Chi soffre di perdite ematiche prolungate ha la vita disastrata: debolezza, pallore, inappetenza diventano le caratteristiche del vivere. Inoltre questa malattia impedisce dall'avere figli e pone la donna in stato di perenne impurità ed è causa certa di divorzio. La donna è infatti sola nell'affrontare la sua croce e la sua vergogna. Ha paura di essere riconosciuta. Se la folla si accorgesse dei suoi problemi potrebbe avere dei guai seri. Lei è impura, e rende impuri tutte le cose e le persone con cui ha contatti fisici volontari od involontari.

Per questo è impaurita e tremante quando si sente scoperta da Gesù. Un buon ebreo l'avrebbe allontanata e denunciata. Gesù no. Pur sentendosi toccato non si sente impuro. Anzi rimane suggestionato da tanto coraggio e da tanta fede. Altrettanto significativo è l'episodio della figlia di Giaro. Si tratta di una ragazzina nel fiore degli anni. A dodici anni la vita si apre. Completata la propria maturità fisica la ragazza è pronta per il matrimonio e per generare figli.

Ma la morte azzera tutto: sogni, speranze, futuro, vita. La disperazione del padre è immensa. Essendo capo della sinagoga è prevenuto verso il Signore che non osserva il sabato, che se ne infischia delle regole di purità, che parla nelle assemblee sinagogali con una franchezza che affascina e, nello stesso tempo, scandalizza. Il dolore mette a tacere i pregiudizi. Prende il coraggio a due mani e supplica, con la voce rotta dalla tensione emotiva: "La mia figlia è agli estremi; vieni ad imporle le mani perché sia guarita e viva".

Questa richiesta la rivolge non stando in piedi, come richiederebbero le convenzioni sociali, ma in ginocchio. E' facilmente immaginabile lo scandalo dei benpensanti davanti a questa scena. Come può un capo sinagoga inginocchiarsi davanti ad un ciarlatano di talento? La bimba muore. Ma la fede di Giairo no. Gesù entra in casa sua. Tocca il cadavere, cosa severamente proibita dalla Legge. Dimostrando un forte spirito di umorismo dice ai vari piagnoni che già strepitano che la ragazza non è morta, ma dorme. "Talità kum!" e la morte svanisce, non per un colpo di teatro, ma per un miracolo di fede. Il Gesù che traspare dal racconto evangelico incarna Dio non indifferente alla sofferenza umana, ma presente e che interviene in barba ai tabù ed alle proibizioni rituali.

La fede può derivare da un profondo interesse per una persona amata o dal desiderio di essere liberati da una sofferenza che umilia. Gesù chiede soltanto di credere nella sua persona. Il suo intervento non è subordinato a novene, pellegrinaggi, preghiere od offerte. La granitica certezza che Lui c'è è l'unica condizione che ci abilita alle sue attenzioni. E' la sofferenza ingiusta, il crudele dolore morale, la malattia incurabile, la morte incomprensibile ad attrarre l'attenzione divina.

La morte e la sofferenza non danno lode a Dio. La vita e la speranza, nonostante tutto, sono la più bella testimonianza che i credenti possono dare dalla loro autentica fede. E' questo l'insegnamento datoci dalla liturgia della Parola di questa tredicesima domenica del tempo ordinario.

Sono persone risorte nell'amore e non zombie consumati dalla rassegnazione.

Ermete TESSORE

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