Umberto DE VANNA sdb"Domenica: Corpus Domini - Anno B"

7 giugno 2015 | 10a Dom. Corpus Domini - T. Ordinario 2015
Per cominciare
La festa del corpo e sangue di Cristo vuole dare solennità anche pubblica ed esteriore del dono dell'eucaristia che Gesù ha fatto il Giovedì santo. Nella settimana santa il contesto è stato penitenziale, oggi è gioioso, come è giusto che sia il festeggiare il sacramento centrale che è l'anima di ogni fedele e di ogni comunità cristiana.
La parola di Dio
Esodo 24,3-8. È il racconto suggestivo dell'alleanza del popolo
ebraico con Iahvè. Un'alleanza siglata con il sangue, con cui Mosè asperge il popolo, che promette di essere fedele. Insieme agli olocausti, in cui la vittima veniva bruciata in onore di Iahvè, ci sono anche i sacrifici di comunione, che venivano consumati dagli ebrei in un clima di festa e di condivisione.
Ebrei 9,11-15. Gesù è la vera e definitiva vittima sacrificale, che ha dato vita alla nuova alleanza con il suo sangue. Il pane e il vino consacrati sono memoriale del sacrificio della croce.
Marco 14,12-16.22-26. La cena pasquale nel racconto di Marco. Gesù consuma con i suoi apostoli il tradizionale pasto ebraico e pronuncia le parole che daranno origine all'eucaristia, che accompagna la vita della comunità cristiana sin dagli inizi.

Riflettere...
o Gesù nella sua vita pubblica compie molte cose speciali: miracoli di ogni tipo e a volte gesti spettacolari, come la trasfigurazione. Ma quel Giovedì santo, nel momento della cena pasquale con gli apostoli, dona l'incredibile: nella notte in cui viene tradito e abbandonato e si consegna nelle mani dei carnefici, lascia se stesso agli apostoli e alla chiesa, trasformando il pane e il vino nel suo corpo e nel suo sangue.
o Una realtà già chiaramente annunciata a Cafarnao, dopo la moltiplicazione dei pani: "Io sono il pane della vita… ", dice: "pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia… Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo".
o I Giudei si mettono a discutere aspramente fra loro: "Come può costui darci la sua carne da mangiare?". Ma Gesù non abbassa il livello del messaggio: "In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui" (Gv 6,48-58 passim).
o "Con un'assoluta sicurezza", dice Cirillo di Gerusalemme, "noi partecipiamo, in qualche modo, al corpo e al sangue di Cristo. Perché sotto il segno del pane ti è donato il corpo e sotto il segno del vino ti è donato il sangue del Cristo, perché diventi un solo corpo e un solo sangue con il Cristo. Così diventiamo portatori di Cristo, perché il suo corpo e il suo sangue si diffondono nelle nostre membra".
" Pensando a ciò che sarebbe avvenuto all'ultima cena, il discorso di Cafarnao diventa di un realismo assoluto. Si sa che viene letto anche in chiave simbolica, e le parole di Gesù vengono interpretate come un discorso sulla fede. Ma per gli ebrei i significati si fondono facilmente e la moltiplicazione del pane richiama sia il cibo materiale che quello spirituale. "La salvezza di Cristo interessa il corpo come l'anima", dice il biblista padre Benoit. "Questa è una verità elementare, che crediamo di conoscere molto bene, ma che non ha nella pratica la portata che dovrebbe avere, a causa di una certa eredità del pensiero greco".
o Nell'eucaristia Gesù dona dunque all'umanità il suo corpo, quasi una sintesi della sua vita, che è stata tutta donazione e servizio. La chiesa ci trasmetterà poi anche le sue parole, il racconto dei suoi giorni. Ma nell'eucaristia Gesù ci ha lasciato semplicemente e realmente se stesso, il suo corpo e il suo sangue.
" L'eucaristia è anche riferimento pregnante a tutta la storia della salvezza. A partire dalla prima Pasqua, da quell'agnello sacrificato nella notte, che è stato per gli schiavi ebrei salvezza e liberazione. Quella prima esperienza ha avuto il suo culmine sul Sinai, dove il popolo ha stretto un'alleanza con Iahvè, "il Dio vicino", il "Dio che salva".
o L'eucaristia fa riferimento alla Pasqua annuale degli ebrei. Ogni anno i nuclei familiari facevano memoria dei prodigi di Dio. Il più anziano si vestiva da viandante, a ricordo della drammatica traversata del deserto e raccontava ai più giovani la vicenda del passaggio del Mar Rosso. Si rinnovava nello stesso tempo l'alleanza spezzando il pane azzimo, offrendo il calice, consumando le erbe amare…
" L'eucaristia per noi oggi è tutto questo, ma è soprattutto la Pasqua di Gesù, la sua passione, morte e risurrezione. Così l'hanno vissuta i primi cristiani, che hanno ripetuto questa cena non una volta all'anno, ma ogni domenica, nel giorno della risurrezione, il primo giorno della settimana.
o Ogni volta che un cristiano partecipa all'eucaristia, si trova immerso in questa intensa storia della salvezza, nel mistero dei progetti e dell'amore di Dio, del suo instancabile e fedele andare alla ricerca dell'uomo. E l'uomo, nell'accostarsi alla comunione, cibandosi di Cristo, impara a rispondere positivamente.

Attualizzare
* Un tempo questa festa era vissuta di giovedì, e il non andare a lavorare o a scuola sottolineava meglio la giornata festiva. A questo si aggiungeva la grandiosa processione (ultimamente ripresa in molte parrocchie), con gli addobbi alle finestre, i canti suggestivi, la banda musicale…
* L'eucaristia è alla base di ogni spiritualità… Nasce da questo sacramento un'intimità inaudita con Gesù, con Dio, con la Trinità. È il centro della vita cristiana, il culmine del cammino di iniziazione cristiana e dei sacramenti.
* Nell'eucaristia Gesù è il Dio "per noi, in noi, con noi…". Gesù si dona "per noi" alla vigilia della sua passione; facendosi pane, entra "in noi", diventa parte di noi e vive "con noi", accompagnandoci nelle nostre giornate e nelle scelte di vita.
* Gesù vuole essere mangiato e la parola tròghein lo afferma con chiarezza: letteralmente il verbo significa stritolare con i denti. Questo è il senso dell'essersi fatto pane. I primi cristiani sono stati accusati goffamente di fare strani riti.
* Di qui può nascere un genuino e profondo cammino di spiritualità. Qualche anno fa (in un'epoca in cui le comunioni erano meno frequenti di adesso) un cristiano valdese commentava l'atteggiamento di distacco dei cattolici presenti a messa verso l'eucaristia. Diceva: "Se noi credessimo ciò che credete voi, faremmo in ginocchio la strada che conduce al sacerdote che dà l'eucaristia". Si sa che i nostri "fratelli separati" spiegano in modo diverso la presenza eucaristica, pur non negandola. Parlano di "transignificazione", più che di "transustanziazione". Nel senso che la presenza di Gesù non è per così dire concentrata nel pane e nel vino, ma nell'insieme della celebrazione.
* Dopo il Concilio Vaticano II, attraverso la traduzione e l'uso della lingua volgare, ma anche con altre forme di coinvolgimento - lettori, preghiera universale, segno di pace, ministri dell'eucaristia… - si "partecipa" alla celebrazione eucaristica in modo più attivo e personale. Nessuno dovrebbe pensare di "assistere alla messa" o "prendere messa", ma tutti dovrebbe pensare di "celebrare l'eucaristia" insieme al sacerdote e alla comunità.
* E ancora, non ci si dovrebbe sentire in qualche modo "precettati" di dover andare a messa; caso mai sentire la gioia di ritrovarsi ogni domenica per celebrare l'eucaristia. "Senza domenica non possiamo vivere", avrebbero detto i 49 martiri di Abilene nell'anno 304, quando, sotto l'imperatore Diocleziano, preferirono andare incontro alla morte piuttosto che rinunciare a celebrare il giorno del Signore.
* Ancora grazie al Concilio Vaticano II, si è reso chiaro che a ogni messa chi partecipa fa per così dire tre comunioni: con la parola di Dio, con l'eucaristia (pane e vino) e con la comunità, cioè con i fedeli che si ritrovano e concelebrano.
* A questo riguardo, non è inutile ricordare che l'evangelista Giovanni non riporta il testo della consacrazione, ma proprio nel momento in cui dovrebbe riferire le parole di Gesù, racconta che Gesù si è cinto i fianchi con un asciugamano e ha lavato i piedi agli apostoli (Gv 13,3-5). Con un fortissimo rimando al sentirci coinvolti in un impegno reciproco di servizio.
* Tutta questa realtà, e il nostro cammino di spiritualità, trovano espressione ogni volta che celebriamo l'eucaristia. Offrendo noi stessi, la nostra vita. Nel momento dell'offertorio, nel calice aggiungiamo ogni volta alcune gocce d'acqua, che la tradizione ascetica interpreta come una partecipazione personale all'offerta di Gesù. Dice il sacerdote in quel momento: "L'acqua unita al vino sia il segno della nostra unione con la vita divina di Colui che ha voluto assumere la nostra condizione umana".
* Ma noi dovremmo sentirci coinvolti come singoli e come comunità anche al momento della consacrazione, in cui viene attualizzato e riproposto il gesto di Gesù dell'ultima cena. Noi siamo la chiesa che oggi si offre al mondo, come ha fatto Gesù. Anche noi dovremmo dire: "Questo è il mio corpo che è dato per voi".
* Infine la nostra spiritualità esprime se stessa in modo specialissimo al momento della comunione, quando ci incontriamo personalmente con il mistero del corpo di Gesù. Al sacerdote, al diacono o al ministro straordinario dell'eucaristia che ci offre il pane dicendo: "Il corpo di Cristo", noi rispondiamo: "Amen!". E questo "Amen!" può riassumere tutta la nostra fede, tutto il nostro condividere i piani di Dio su di noi e sull'umanità.

Non devo far altro che accoglierlo
"Quello che mi pare incredibile è che Dio faccia un patto di sangue proprio con me, che io gli vada bene così come sono, un intreccio di ombre e di paure. Non ho doni da offrire, sono solo un uomo con la sua storia accidentata, che ha bisogno di cure, con molti deserti e qualche oasi. Ma io non devo fare altro che accoglierlo, dire "sì" alla comunione, che è il suo progetto, il suo lavoro dall'eternità" (Ermes Ronchi).

Giovanni Bosco, giovane seminarista
Negli anni del seminario di Chieri, ogni mattina il chierico Giovanni Bosco, invece di andare con i suoi compagni a colazione, raggiungeva, attraverso la sacrestia, la chiesa di san Filippo per poter fare la Comunione. All'epoca, infatti, era consentito comunicarsi solo alla domenica. Don Bosco dirà: "Con questo mezzo ho potuto frequentare assai più la santa comunione, che posso chiamare a ragione il più efficace nutrimento della mia vocazione".


 Umberto DE VANNA

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