Abbazia Santa Maria di Pulsano Letture patristiche DOMENICA « DELLA MOLTIPLICAZIONE DEI PANI E DEI PESCI»

XVII del Tempo per l’Anno B
Giovanni 6,1-15; 2 Re 4,42-44; Salmo 144; Efesini 4,1-6
OMELIA 24
La moltiplicazione dei pani.
di Sant’Agostino, Vescovo
Bisogna saper capire il linguaggio dei miracoli. Essendo Cristo il Verbo di Dio, ogni suo gesto è una parola. Non dobbiamo fermarci ad ammirare la potenza di questo miracolo, dobbiamo
esplorarne la profondità. Possiede dentro qualcosa che suscita esteriormente la nostra ammirazione.
[La fede eleva e purifica.]
1. I miracoli compiuti da nostro Signore Gesù Cristo, sono opere divine, che sollecitano la mente umana a raggiungere Dio attraverso le cose visibili. Siccome Dio non è una realtà che si possa vedere con gli occhi, e siccome i suoi miracoli, con i quali regge il mondo intero e provvede ad ogni creatura, per la loro frequenza finiscono per passare inosservati, al punto che quasi nessuno si accorge dell'opera di Dio che anche nel più piccolo seme appare mirabile e stupenda; Dio si è riservato, nella sua misericordiosa bontà, di compiere a tempo opportuno talune opere fuori del normale corso degli avvenimenti naturali, affinché, quanti hanno fatto l'abitudine alle cose di tutti i giorni, rimanessero impressionati, vedendo, non opere maggiori, ma insolite. Governare il mondo intero, infatti, è un miracolo più grande che saziare cinquemila persone con cinque pani (cf. Gv 6, 5-13). Tuttavia, di quel fatto nessuno si stupisce, di questo gli uomini si stupiscono, non perché sia più grande, ma perché è raro. Chi, infatti, anche adesso nutre il mondo intero, se non colui che con pochi grani crea le messi? Cristo operò, quindi, come Dio. Allo stesso modo, infatti, che con pochi grani moltiplica le messi, così nelle sue mani ha moltiplicato i cinque pani. La potenza era nelle mani di Cristo; e quei cinque pani erano come semi, non affidati alla terra, ma moltiplicati da colui che ha fatto la terra. E' stato dunque offerto ai sensi tanto di che elevare lo spirito, è stato offerto agli occhi tanto di che impegnare l'intelligenza, affinché fossimo presi da ammirazione, attraverso le opere visibili, per l'invisibile Iddio; ed elevati alla fede, e mediante la fede purificati, sentissimo il desiderio di vedere spiritualmente, con gli occhi della fede, l'invisibile, che già conosciamo attraverso le cose visibili.
2. E tuttavia non è sufficiente considerare questo aspetto nei miracoli di Cristo. Interroghiamo direttamente i miracoli, e sentiamo cosa ci dicono di Cristo. Essi possiedono, a intenderli bene, un loro linguaggio. Poiché, essendo Cristo il Verbo, cioè la Parola di Dio, ogni azione del Verbo è per noi una parola. Abbiamo udito la grandezza di questo miracolo, investighiamone la profondità. Non accontentiamoci di gustarlo superficialmente, penetriamone la profondità. Questo stesso che di fuori suscita la nostra ammirazione, contiene dentro qualcosa. Abbiamo visto, abbiamo ammirato qualcosa di grande, di sublime, di divino, che solo Dio può compiere; e, a motivo dell'opera, abbiamo innalzato lodi all'autore. Se ci accade di vedere in un codice lettere elegantemente composte, non ci limitiamo a lodare lo stile dello scrittore che le ha fatte così ordinate, uguali e belle, ma vogliamo anche attraverso la lettura intendere ciò che per mezzo di esse lo scrittore ha voluto dirci. La stessa cosa accade qui: coloro che ammirano questo fatto esteriormente, si dilettano della bellezza, ammirandone l'autore; chi, invece, l'intende è come se leggesse. Una pittura si guarda in modo diverso da uno scritto. Quando vedi una pittura, basta vedere per lodare; quando vedi uno scritto, non ti basta vedere, senti anche il bisogno di leggere. E, infatti, se vedi uno scritto che non sai leggere, tu dici: cosa c'è scritto qui? Dopo aver visto lo scritto, ti domandi che cosa c'è scritto. Colui al quale chiedi la spiegazione di ciò che hai visto, ti aiuterà a vedere qualche altra cosa che tu non hai visto. Egli ha occhi diversi dai tuoi, anche se tutti e due vedete il medesimo scritto. Gli è che non sapete ugualmente interpretare quei segni. Tu vedi e lodi l'autore; l'altro vede, loda, ma altresì legge e capisce. Sicché, dopo aver visto e lodato, cerchiamo ora di leggere e di capire.
3. Il Signore è salito su un monte. Il Signore in alto sul monte ci aiuta a capire meglio che il Verbo sta in alto. Ciò che è avvenuto sul monte, non è quindi cosa di poco conto né trascurabile, ma va attentamente considerata. Egli ha visto le turbe, si è accorto che avevano fame e misericordiosamente le ha nutrite, non solo con bontà, ma altresì con potenza. Che avrebbe giovato, infatti, la sola bontà, quando occorreva il pane con cui nutrire quella folla affamata? Se alla bontà non si fosse associata la potenza, quella folla sarebbe rimasta digiuna e affamata. Sì, perché anche i discepoli che si trovavano col Signore in mezzo alla folla che aveva fame, anch'essi volevano nutrirla affinché non venisse meno, ma non sapevano come. Il Signore chiese dove si sarebbero potuti comprare dei pani per nutrire le turbe. E la Scrittura osserva: Però diceva ciò per metterlo alla prova, cioè per mettere alla prova il discepolo Filippo a cui aveva rivolto la domanda Perché egli sapeva che cosa stava per fare (Gv 6, 6). Perché lo metteva alla prova, se non per far vedere l'ignoranza del discepolo? E ciò non senza un significato. Il significato si vedrà quando comincerà a rivelarci il mistero dei cinque pani; allora vedremo perché il Signore in questa circostanza ha voluto dimostrare l'ignoranza del discepolo, chiedendo ciò che egli sapeva già. A volte si chiede ciò che non si sa, con l'intenzione di ascoltare per imparare; altre volte, invece, si chiede ciò che si sa, con l'intenzione di sapere se lo sa quello cui rivolgiamo la domanda. Il Signore sapeva l'una e l'altra cosa: sapeva ciò che chiedeva, in quanto sapeva ciò che stava per fare, e sapeva che Filippo era ignaro. Perché allora gli ha rivolto la domanda, se non per far vedere la sua ignoranza? Vedremo poi, come ho detto, perché ha fatto questo.
4. Andrea dice: C'è qui un ragazzo che ha cinque pani e due pesci, ma cos'è mai questo per tanta gente? Dopo che Filippo, interpellato, aveva risposto che non sarebbero bastati duecento denari di pane, per rifocillare una così grande folla, si è scoperto che c'era un ragazzo con cinque pani d'orzo e due pesci. Disse Gesù: Fateli sedere. C'era molta erba in quel luogo. Si sedettero, dunque, gli uomini, in numero di quasi cinquemila. Gesù allora prese i pani e, rese grazie, ordinò che i pani fossero spezzati e messi davanti alla gente seduta. Non erano più cinque pani, ma quanti ne aveva aggiunti il Signore che li aveva moltiplicati. E altrettanto fece coi pesci, finché ne vollero. Non soltanto quella folla fu saziata, ma avanzarono dei frammenti, che ordinò fossero raccolti perché non andassero perduti. E con i frammenti riempirono dodici ceste (Gv 6, 8-13).
[I cinque pani e i cinque libri di Mosè.]
5. Diremo brevemente, perché dobbiamo correre. I cinque pani significano i cinque libri di Mosè. Giustamente essi non sono di frumento, ma di orzo, perché appartengono al Vecchio Testamento. Ora, voi sapete che l'orzo è fatto in modo che con fatica si arriva al midollo, poiché il midollo è ricoperto da un involucro di paglia così tenace e aderente che si fa fatica a toglierlo. Così è la lettera del Vecchio Testamento: è avvolta nell'involucro di significati materiali. Però se si arriva al midollo, nutre e sazia. Un ragazzo portava cinque pani e due pesci. Vogliamo domandarci chi era questo ragazzo? Probabilmente era il popolo d'Israele, il quale portava i pani come un bambino, senza mangiarli. Le cose che portava, chiuse erano un peso, e solo se scoperte nutrivano. I due pesci, poi, mi sembra vogliano significare quei due sublimi personaggi del Vecchio Testamento, che venivano unti per santificare e reggere il popolo: cioè il sacerdote e il re. Finché avvolto nel mistero, venne colui che era stato simboleggiato da quei due personaggi; venne finalmente colui che era adombrato nel midollo dell'orzo e che si nascondeva sotto la paglia di questo. Egli venne per riunire e realizzare nella sua persona le due figure, quella del sacerdote e quella del re: del sacerdote in quanto egli offrì se stesso come vittima per noi a Dio, del re in quanto egli stesso ci regge. E così ci vengono svelati i misteri che erano tenuti nascosti. Siano rese grazie a colui, che in se stesso realizzò le promesse del Vecchio Testamento. Ordinò che si spezzassero i pani; mentre questi venivano spezzati, si moltiplicarono. Niente di più vero. Quanti libri infatti vengono fuori da quei cinque libri di Mosè quando, come se si spezzassero, vengono esposti e spiegati! L'involucro dell'orzo era simbolo dell'ignoranza che avvolgeva il primo popolo. Di quel popolo è detto: Quando leggono Mosè, un velo ricopre il loro cuore (2 Cor 3, 15). Il velo ancora non era stato tolto, perché ancora non era venuto Cristo: e ancora non era stato squarciato il velo del tempio, come lo fu al momento della crocifissione. Poiché dunque il popolo sotto la legge era nell'ignoranza, il Signore volle mostrare l'ignoranza del suo discepolo, mettendolo alla prova.
[Il midollo dell'orzo.]
6. Niente è privo di significato, in ogni cosa c'è un riferimento; basta, però, saperlo cogliere. Così il numero delle persone che furono saziate, simboleggiava il popolo che viveva sotto il dominio della legge. Erano cinquemila, proprio perché simboleggiavano coloro che stavano sotto la legge, che si articola nei cinque libri di Mosè. Per la stessa ragione gli infermi che giacevano sotto quei cinque portici, non riuscivano a guarire. Ebbene, colui che guarì il paralitico (Gv 5, 2-9) è il medesimo che qui nutre la folla con cinque pani. Il fatto che essi fossero distesi sull'erba (Gv 6, 10), dice che possedevano una sapienza carnale e in essa riposavano. Infatti tutta la carne è erba (cf. Is 40, 6). Che significano poi i frammenti, se non ciò che il popolo non poté mangiare? Ci sono segreti profondi che la massa non può comprendere. Che resta da fare, allora, se non affidare questi segreti a coloro che sono capaci d'insegnarli agli altri, come erano gli Apostoli? Ecco perché furono riempite dodici ceste. Questo fatto è mirabile per la sua grandezza, utile per il suo carattere spirituale. Quelli che erano presenti si entusiasmarono, e noi, al sentirne parlare, rimaniamo freddi. E' stato compiuto affinché quelli lo vedessero, ed è stato scritto affinché noi lo ascoltassimo. Ciò che essi poterono vedere con gli occhi, noi possiamo vederlo con la fede. Noi contempliamo spiritualmente ciò che non abbiamo potuto vedere con gli occhi. Noi ci troviamo in vantaggio rispetto a loro, perché per noi è stato detto: Beati quelli che non vedono e credono (Gv 20, 29). Aggiungo che forse a noi è concesso di capire ciò che quella folla non riuscì a capire. Ci siamo così veramente saziati, in quanto siamo riusciti ad arrivare al midollo dell'orzo.
[Il verbo di Dio profeta.]
7. In conclusione, come reagì la gente di fronte al miracolo? Quella gente, vedendo il miracolo che Gesù aveva fatto, diceva: Questo è davvero il profeta (Gv 6, 14). Probabilmente ritenevano che Cristo fosse un profeta, perché ancora stavano seduti sull'erba. Ma egli era il Signore dei profeti, l'ispiratore e il santificatore dei profeti, e tuttavia un profeta, secondo quanto a Mosè era stato annunciato: Susciterò per loro un profeta simile a te (Dt 18, 18). Simile secondo la carne, superiore secondo la maestà. E che quella promessa del Signore si riferisse a Cristo, noi lo apprendiamo chiaramente dagli Atti degli Apostoli (cf. At 7, 37). Lo stesso Signore dice di se stesso: Un profeta non riceve onore nella sua patria (Gv 4, 44). Il Signore è profeta, il Signore è il Verbo di Dio e nessun profeta può profetare senza il Verbo di Dio; il Verbo di Dio profetizza per bocca dei profeti, ed è egli stesso profeta. I tempi che ci hanno preceduto hanno avuto profeti ispirati e ripieni del Verbo di Dio: noi abbiamo avuto come profeta il Verbo stesso di Dio. Cristo è profeta e Signore dei profeti, così come è angelo e Signore degli angeli. Egli stesso è detto angelo del grande consiglio (Is 9, 6 sec. LXX). E, del resto, che dice altrove il profeta? Non un inviato né un angelo, ma egli stesso verrà a salvarci (cf. Is 35, 4); cioè a salvarci non manderà un messaggero, non manderà un angelo, ma verrà egli stesso. Chi verrà? Verrà l'angelo stesso. Non per mezzo d'un angelo, ma per mezzo di lui che è angelo e anche il Signore degli angeli. Infatti, in latino angelo vuol dire messaggero, araldo. Se Cristo non annunciasse nulla non sarebbe angelo, e così se non profetizzasse non sarebbe profeta. Egli ci sprona alla fede e alla conquista della vita eterna. Egli annuncia cose presenti e predice cose future. Egli è angelo perché annuncia cose presenti, è profeta perché predice le future. Egli è il Signore degli angeli e dei profeti, perché è il Verbo di Dio fatto carne.



DISCORSO 130

DALLE PAROLE DELL’EVANGELO DI GIOVANNI (5, 5-14):
DOVE SI NARRA IL MIRACOLO DEI CINQUE PANI E DUE PESCI
di Sant’Agostino, Vescovo


Significato del miracolo.
1. Fu operato un miracolo grande, saziando con cinque pani e due pesci cinquemila uomini e potendo riempire dodici ceste di pezzi avanzati 1. Grande il miracolo, ma esso non ci meraviglia molto se consideriamo chi l'ha compiuto. Ha moltiplicato i cinque pani tra le mani di coloro che li dividevano colui che moltiplica i semi che germinano sulla terra, tanto che si gettano pochi granelli e si riempiono i granai. Ma, poiché lo ripete ogni anno, nessuno se ne stupisce. Non è la mancanza di risalto nell'evento a togliere la meraviglia, ma la continuità. D'altra parte, il Signore, quando operava di queste cose, si esprimeva, per chi stava ad intenderlo, non solo a parole, ma anche attraverso gli stessi miracoli. I cinque pani significano i cinque Libri della Legge di Mosè. La Legge antica è orzo rispetto al grano evangelico. In quei Libri si contengono grandi misteri del Cristo. Pertanto egli stesso affermò: Se credeste a Mosè, credereste anche a me; infatti egli ha scritto di me 2. Ma come nell'orzo l'interno è nascosto sotto la pula, così il Cristo si cela sotto il velo dei misteri della Legge. Come i misteri della Legge sono presentati e messi in evidenza, così anche quei pani si espandevano quando venivano spezzati. Vi ho spezzato del pane ed è ciò che vi ho esposto. I cinquemila uomini significano il popolo posto sotto la Legge. Le dodici ceste sono i dodici Apostoli, i quali, a loro volta, sono stati riempiti dei passi della Legge. I due pesci sono o i due precetti dell'amore di Dio e del prossimo, o i due popoli: il popolo dei circoncisi Giudei e il popolo degli incirconcisi Gentili, o anche, le sacre persone del re e del sacerdote. Queste verità, nell'analisi dell'esposizione, vengono come sminuzzate; mentre si comprendono, si fanno alimento.


Cristo, diventato pane, in forza dell'incarnazione. Cristo mercante. Com'è nostro Redentore.
2. Rivolgiamoci a lui che ha compiuto tali cose, egli è il pane disceso dal cielo 3; ma un pane che fa ristorare e non si può consumare; un pane che può nutrire e non si può esaurire. Anche la manna era figura appunto di questo pane. Al riguardo fu detto: Ha dato loro il pane del cielo, l'uomo ha mangiato il pane degli angeli 4. Chi, se non Cristo, è il pane del cielo? Ma perché l'uomo potesse mangiare il pane degli angeli, il Signore degli angeli si è fatto uomo. Perciò, se tale non si fosse fatto, non avremmo il suo corpo; non avendo il corpo proprio di lui, non mangeremmo il pane dell'altare. Fratelli miei, desideriamo la vita di Cristo, ne abbiamo infatti il pegno, la morte di Cristo. Come non ci darà i suoi beni egli che soffrì i nostri mali? In questa terra, in questo mondo posto nel maligno, che cosa si trova in abbondanza se non il nascere, il tribolare, il morire? Passate al crivello le vicende umane, smentitemi, se non sono sincero. Osservate se tutti gli uomini sono in questo mondo per fine diverso dal nascere, tribolare e morire. Tali sono i prodotti della nostra regione, essi quaggiù abbondano. Per avere di tali merci, quel Mercante vi discese. E poiché ogni mercante dà e riceve, dà quel che possiede e riceve quel che non possiede; quando acquista qualcosa dà il denaro e riceve quello che acquista. Anche Cristo, in questo commercio, ha dato e ha ricevuto. Ma che ha ricevuto? Ciò che quaggiù si trova in abbondanza: il nascere, il tribolare, il morire. E che cosa ha dato? Il rinascere, il risorgere, il regnare per l'eternità. O Mercante buono, acquistaci! Che sto a dire " acquistaci " quando dobbiamo rendere grazie perché ci hai già comprati? Tu versi per noi il nostro prezzo. Noi leggiamo il Vangelo, il nostro documento. Siamo i tuoi servi, siamo tua fattura; ci hai creati, ci hai riscattati. Ognuno può comprarsi uno schiavo, quanto a crearlo, non può; il Signore, invece, e ha creato e ha riscattato i suoi servi; li creò perché avessero l'esistenza, li riscattò perché non fossero schiavi per sempre. Finimmo, infatti, in mano al principe di questo mondo, che ingannò Adamo e lo asservì e dette inizio al suo dominio su di noi, diventati come schiavi nati. Venne, però, il Redentore e il seduttore fu vinto. E il nostro Redentore come trattò chi ci aveva resi schiavi? Per il nostro riscatto tese come trappola la sua croce; vi pose, quale esca, il suo sangue. A quello, invece, fu possibile far versare questo sangue, non meritò di berne. E per il fatto che fece versare il sangue di chi nulla gli doveva, fu obbligato a restituire i debitori; sparse il sangue dell'innocente, fu obbligato a rilasciare i colpevoli. In realtà, il Signore versò il proprio sangue allo scopo di cancellare i nostri peccati. Quindi ciò che convalidava il potere di quello su di noi fu distrutto dal sangue del Redentore. Non altrimenti che con i vincoli dei nostri peccati ci teneva infatti schiavi. Ecco, queste le catene della schiavitù. Egli venne, legò il forte con le catene della sua passione; entrò nella dimora di lui, vale a dire nei cuori degli uomini, dove quello abitava, e gli portò via i vasi 5. Quello li aveva colmati della sua amarezza. Anche al nostro Redentore, nel fiele, dette da bere tale amarezza. Quello ci aveva perciò colmati come vasi di sua proprietà, ma il Signore nostro, afferrando i vasi di lui e facendoli propri, li vuotò dell'amaro e li colmò di dolcezza.

Cristo dev'essere amato. Da questo che ha compiuto si fa degno di fede ciò che ha promesso.
3. Amiamolo, allora, perché è amabile. Gustate e vedete quanto è buono il Signore 6. Dev'essere temuto, ma ancor più amato. E' uomo e Dio: un solo Cristo è uomo e Dio; con un solo uomo l'anima e il corpo; ma non due persone, Dio e uomo. In Cristo sono certamente due le nature, quella di Dio e quella dell'uomo, ma unica la Persona, così che sussista la Trinità e non risulti una quaternità, in seguito all'Incarnazione. Come può avvenire che Dio non abbia compassione di noi, quando, per quelli che noi siamo, Dio si fece uomo? E' tanto ciò che egli ha compiuto e quanto egli ha fatto è più mirabile di quello che ha promesso; e, da quanto ha compiuto, dobbiamo credere ciò che ha promesso. Infatti, difficilmente crederemmo ciò che egli ha fatto se non lo vedessimo pure. Dove lo vediamo? Nei popoli credenti, nella moltitudine che lo ha seguito. Si è infatti realizzato quello che fu promesso ad Abramo, e in forza di queste cose che vediamo, crediamo quello che non vediamo. Abramo fu un uomo solo e gli fu detto: Nella tua discendenza saranno benedette tutte le nazioni 7. Se avesse tenuto conto di sé, quanto avrebbe creduto? Era un uomo solo ed era già vecchio, e aveva una moglie sterile e tanto avanzata in età da esserle impossibile concepire, anche se non fosse stata sterile. Non era affatto il caso di sperare alcunché. Ma era proteso verso il datore della promessa e credeva ciò che non vedeva. Generò Isacco, non lo vedemmo; ed Isacco generò Giacobbe ed anche questo non fu visto da noi; e Giacobbe generò dodici figli e anche questi non li vedemmo; e i suoi dodici figli generarono il popolo d'Israele: vediamo un popolo numeroso. Ho già parlato anche degli eventi che constatiamo. Dal popolo d'Israele nacque la vergine Maria, e generò Cristo; ed ecco, in Cristo sono benedette tutte le nazioni. Che di più vero? Che di più certo? Che di più chiaro? Desiderate con me la vita futura, voi, che siete venuti dal popolo dei Gentili. In questa vita Dio ha adempiuto la sua promessa riguardo alla discendenza di Abramo. Per conseguenza, come non darà le sue promesse riguardanti l'eternità a noi, che ha fatto essere discendenza di Abramo? E' quanto dice infatti l'Apostolo: Ma se voi siete di Cristo - sono le parole dell'Apostolo - dunque, siete discendenza di Abramo 8.
Quello che Cristo ci ha dato è più mirabile di quanto promette.
4. L'inizio del nostro essere è stato qualcosa di grande. Nessuno faccia poco conto di sé: già privi dell'essere, siamo ora qualcosa. Abbiamo detto al Signore: Ricorda che siamo polvere 9; egli fu a plasmare l'uomo della polvere, e alla polvere dette la vita, ed in Cristo Signore nostro, proprio questa polvere ha già elevato al regno del cielo. Prese infatti di qui la carne, di qui prese la terra e la terra sollevò fino al cielo colui che creò la terra e il cielo. Supponendo che ci venissero presentati due eventi nuovi, non ancora realizzati e ci si chiedesse: Che è più mirabile, che si faccia uomo chi è Dio, oppure che chi è uomo diventi uomo di Dio? Che cosa c'è di più mirabile, che c'è di più difficile? Che cosa ci ha promesso il Cristo? Ciò che non vediamo ancora: cioè che siamo gli uomini suoi, che regniamo con lui e non moriamo in eterno. Si crede quasi con difficoltà il fatto che uno, nato uomo, giunga a quella vita dove non si debba morire mai. Ecco quanto crediamo dopo aver scrollato il cuore; scrollato, dico, dalla polvere del mondo, e impedire che appunto la polvere ricopra gli occhi della fede. Ecco quanto ci si impone di credere, che quando saremo morti, anche con i corpi già estinti saremo in vita là dove non dobbiamo mai morire. E' cosa mirabile, ma è ancora più mirabile ciò che ha realizzato Cristo. Che è infatti più incredibile, che l'uomo viva sempre o che Dio muoia una volta? Non è più credibile che gli uomini ricevano la vita da Dio? Da parte mia ritengo più incredibile che Dio riceva la morte dagli uomini, come appunto è avvenuto: crediamo anche quello che avverrà. Se quanto è più incredibile si è verificato, non ci darà ciò che è più accessibile alla fede? Dio, infatti, ha il potere di rendere angeli gli uomini, egli che fece gli uomini da origine terrena e che spaventa. Che saremo? Angeli. Ma che siamo stati? Fa vergogna ricordarlo. Sono costretto a pensarvi e mi vergogno a parlarne. Che siamo stati? Da che Dio plasmò gli uomini? Che siamo stati prima della nostra reale esistenza? Nulla eravamo. Quando si era nel grembo materno, che eravamo? Basta immaginarlo da parte vostra. Distogliete il pensiero dal nulla da cui siete stati creati e riflettete a ciò che siete. Voi siete dei viventi; ma hanno vita anche le erbe e gli alberi. Avete sensibilità, ma l'hanno pure le bestie. Siete uomini, siete da più delle bestie, siete superiori agli animali perché vi rendete conto di quanti beni siamo stati gratificati. Avete la vita, la sensibilità, l'intelletto, siete uomini. Ma che può essere paragonato a un tale beneficio? Siete Cristiani. Se infatti non l'avessimo ricevuto, che gioverebbe l'essere uomini? Dunque, siamo Cristiani, apparteniamo a Cristo. Infierisca pure il mondo, non ci abbatte, perché apparteniamo a Cristo. Infierisca pure il mondo, non ci abbatte, perché apparteniamo a Cristo. Lusinghi pure il mondo, non ci seduce; noi apparteniamo a Cristo.

La sicurezza dei Cristiani: la protezione di Cristo.
5. Abbiamo trovato, fratelli, un grande patrono. Voi sapete che gli uomini si pongono dalla parte dei loro patroni. Ad uno che minaccia, risponde il protetto del maggiore: Salvo il capo di lui, mio signore, non mi fai nulla. Con quanta maggior forza e maggiore certezza noi diciamo: Salvo il nostro Capo, ci farai nulla. Infatti il nostro patrono è il nostro Capo. Tutti quelli che si pongono dalla parte di un uomo quale patrono, sono i protetti di lui: noi siamo le membra del nostro patrono. Ci porti egli in sé e nessuno potrà strapparci da lui. Dopo che avremo tollerato qualsiasi travaglio in questo mondo, tutto ciò che ha fine è nulla. Verranno i beni che non avranno fine: si giunge ad essi attraverso le sofferenze. Ma, una volta raggiunta la mèta, nessuno ci strappa di lì. Si chiudono le porte di Gerusalemme, si fissano anche le sbarre per dire a quella città: Glorifica il Signore, Gerusalemme, loda, Sion, il tuo Dio perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte, in te ha benedetto i tuoi figli. Egli ha messo pace nei tuoi confini 10. Chiuse le porte, fissate le sbarre, non esce alcun amico, non entra alcun nemico. Ivi abbiamo la vera e ferma sicurezza, a condizione che sulla terra non avremo abbandonato la verità.

Note
1 - Cf. Gv 6, 5-14.
2 - Gv 5, 46.
3 - Cf. Gv 6, 41.
4 - Sal 77, 24-25.
5 - Cf. Mt 12, 29.
6 - Sal 33, 9.
7 - Gn 12, 3.
8 - Gal 3, 29.
9 - Sal 102, 14.
10 - Sal 147, 12-14



lunedì 20 luglio 2015
Abbazia Santa Maria di Pulsano

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