FIGLIE DELLA CHIESA LECTIO"L`Eucaristia, dono grande e gratuito"

XVII Domenica del Tempo Ordinario 
La Parola Lectio
ai derelitti fa abitare una casa, e dà forza e vigore al suo popolo”.
A fine luglio, in piena estate queste parole, dell’antifona d’ingresso, ci donano un certo sollievo e refrigerio: anche le vacanze stancano ed è bello sapere da Chi è possibile ristorarsi, dove si trova la fonte inesauribile che disseta e sazia ogni fame del corpo e dello spirito.



Raccogliamoci in preghiera e ascoltiamo la Parola che dolcemente ci invita “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro” (Mt 11,28).

Oggi il Vangelo ci presenta la moltiplicazione, o meglio la distribuzione dei pani, un miracolo narrato da tutti gli evangelisti (cf. Mt 14,13-21; Mc 6,32-44; Lc 9,10b-17) e quindi da considerarsi un evento davvero straordinario, impresso nella mente e nel cuore della gente del tempo. Era già capitato in passato che un profeta avesse nutrito un gran numero di persone con venti pani d’orzo e grano novello: è quanto ci viene raccontato nella prima lettura. Il profeta Eliseo comanda al servo di dare da mangiare a cento persone; questi, incredulo e titubante, obbedisce; la gente è sfamata e ne avanza. Il racconto, di certo conosciuto, ben si collega al brano evangelico in cui è Gesù che con cinque pani d’orzo e due pesci sfama circa cinquemila uomini; Gesù è profeta ben più di Eliseo, da qui l’acclamazione della gente: “questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!”

Anche alle nostre orecchie le parole evangeliche “Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede …” risuonano familiari; sono quelle che ascoltiamo dal sacerdote durante la S. Messa. “Gesù prese il pane e rese grazie, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli e disse: Prendete e mangiatene”. Parole evocative e simboliche; l’Ultima Cena di Gesù, il suo donarsi totalmente era vivo nel ricordo dei primi cristiani. Il senso eucaristico è dunque evidente: il pane è Gesù stesso, il suo corpo dato per noi, il Figlio che si dona continuamente ai fratelli per renderci capaci di una vita filiale e fraterna in comunione con il Padre. Un pane che non conosciamo, come il vino nuovo (cf. Gv 2,9) e l’acqua viva (cf. Gv 4,11). Questo pane è ben più che pane, nasconde un significato più importante da scoprire. Il pane è un dono della terra, frutto del lavoro e del sudore dell’uomo, carico di speranza e fatica. Cosa c’è oltre? Entriamo nel testo e seguiamo il maestro come la grande folla perché sorga nel silenzio la Parola che ci ricrea.



v.1 “Gesù passò all’altra riva … salì sul monte”. Come nel racconto dell’Esodo, c’è un mare da attraversare, una schiavitù da lasciare per arrivare sul monte dove si riceve la Parola che diventa pane di vita. Nella Sacra Scrittura il monte è il luogo della manifestazione di Dio, perciò si dice “Sul monte il Signore si fa vedere” (Gen 22,14). E “lo seguiva una grande folla”: l’attesa del Messia Re e i segni e i prodigi compiuti da Gesù attirano la gente, che lo segue come in un nuovo Esodo.

v. 4 “Era vicina la Pasqua … egli sapeva quello che stava per compiere”. Anche questa indicazione temporale è simbolica: la moltiplicazione del pane anticipa il dono del suo corpo nell’ultima Pasqua quando istituirà l’Eucaristia.



v. 5 “Alzati gli occhi vide una grande folla”. Lo sguardo di Gesù è sempre rivolto al Padre, Lui e il Padre sono una cosa sola e si chinano a guardare l’uomo, questa folla stanca, pecore senza pastore. Se Gesù alza gli occhi e vede la folla vuol dire che era più in basso, seduto con gli altri sul monte ma in modo da essere più in basso, per farsi più piccolo e servo di tutti. E chiede a Filippo: “Dove potremo comprare …”, Gesù è sempre teneramente provocatorio.



v. 6 “Diceva così per metterlo alla prova”. Siamo sempre tentati dalla logica del mercato, dell’ottenere ciò di cui abbiamo bisogno col denaro, comprando; procurarsi il pane, il nutrimento essenziale per vivere, è una tentazione per noi come lo fu per Gesù nel deserto e talvolta è pane negato, pane sprecato, pane per il quale si litiga e si uccide. È sempre insufficiente e una volta sfamati di questo pane abbiamo ancora fame! Possedere, comprare, accumulare… l’uomo si affatica ogni giorno per coniugare questi verbi, invischiato nella mentalità di questo mondo, non comprendendo che i verbi della vita sono altri: condividere, donare. C’è un altro pane che non si compra e non si vende (cf. Is 55,1) ma si riceve dal Padre, un pane di cui maggiormente abbiamo bisogno e che si moltiplica dividendolo, che più condividiamo e più genera comunione. Gesù provoca volendo far intravedere al discepolo questa alternativa, questo pane di vita eterna: è la sua carne, è la vita stessa del Figlio. L’economia di Gesù è tutta speciale: Egli riceve dal Padre e dona ai fratelli, nessuna compravendita. È dunque un regalo per il quale non c’è bisogno di duecento denari né di giornate di fatica per procurarlo. I soldi, con i quali Filippo vorrebbe comprare il pane sono insufficienti per tanta gente come i due pesciolini che secondo Andrea bastano per una sola persona. Ma sarà proprio il dono di uno solo che sfamerà tutti. I discepoli e la folla ignorano la provenienza di questo pane.



v. 9 “C’è qui un ragazzo”. Questo ragazzo dovrà essersi avvicinato mostrando i suoi cinque pani d’orzo e due pesci. I piccoli non si vergognano di ciò che hanno, non fanno calcoli che rischiano di frenare l’entusiasmo, la gratuità, l’impulso di generosità. Tutto inizia da poco, dai piccoli gesti d’amore. Il ragazzo aveva con sé il necessario per sfamarsi ma lo mette a disposizione di tutti e tutti si sfamano. Era poca cosa quella che poteva offrire ma tenendola per sé non sarebbe cambiato niente, non avrebbe visto realizzarsi l’impossibile! Se condividiamo le nostre risorse, se le mettiamo in circolo, possiamo compiere miracoli. La condivisione di idee genera moltiplicazione di soluzioni. La condivisione delle nostre capacità genera la moltiplicazione delle iniziative. La condivisione dei sentimenti genera la moltiplicazione dell'unione.

Questo comporta certo il coraggio di rischiare, di vincere la paura di essere giudicati - “ma cos’è questo per tanta gente?” - subire l’umiliazione della derisione e accettare di avere poco, di essere poco. Ma quel poco è gradito a Dio, è per Lui prezioso se sappiamo condividerlo con gioia, se sappiamo passare dall’io al noi; allora avverrà il miracolo. Se guardiamo in parallelo il miracolo compiuto da Eliseo nella prima lettura non può non risaltare l’eccessiva superiorità – in termini quantitativi e simbolici – del gesto di Gesù: Egli è veramente il più grande di tutti!



v. 10 “Fateli sedere”. Gesù prende l’iniziativa, invita al suo banchetto. Il posto è confortevole, “c’era molta erba” su cui ben cinquemila uomini possono adagiarsi. Tutti siamo invitati, tutti senza esclusione alcuna! Pubblicani, peccatori, prostitute … sì, anche noi! Nessuno deve sentirsi escluso, per ciascuno c’è posto nel cuore misericordioso del Padre! Lo Sposo invita tutti alle nozze: gli storpi, gli zoppi, i ciechi e gli ultimi, anche noi con le nostre fragilità aldilà dei nostri meriti. Il Suo amore è incondizionato, senza pregiudizi, senza favoritismi; e così sogna la Chiesa, una casa per tutti dove Egli sia Pane per tutti. Il nostro niente, posto con fiducia nella mani di Dio, diventa ricchezza inestimabile; è Lui che opera attraverso di noi se apriamo i pugni chiusi, è Lui che distribuisce e trasforma se noi mettiamo a disposizione ciò che abbiamo ricevuto, ciò che siamo. Non pesiamo, non giudichiamo ciò che siamo ma accettiamolo e amiamolo. E se pensiamo non sia sufficiente, “sediamoci”, abbandoniamoci alla benevolenza divina, crediamo si essere una benedizione! Ai bambini, al nostro fanciullo interiore, va detto con convinzione: “non è colpa tua, quello che sei va bene, è cosa molto buona!”



v.11 “Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci”. Parole queste che, come abbiamo detto, richiamano l’Eucaristia e che sull’esempio di Gesù anche noi possiamo mettere in pratica: prendere, rendere grazie, dare. È una scuola e un insegnamento che dobbiamo sempre nuovamente imparare. Quante cose cambierebbero! Pensiamo alla povertà e alla fame causati da una cattiva distribuzione delle ricchezze, pensiamo all’egoismo e alla privatizzazione che arricchiscono pochi e impoveriscono molti, pensiamo al consumismo di beni superflui che non dona la pace e la gioia del cuore. Se poi entriamo nella realtà profonda di questo pane che richiama l’Ultima Cena, la croce e la vita partecipata con la Resurrezione, comprendiamo come possa essere questo l’unico pane di vita. Il pane è distribuito e non viene a mancare. Il dono è infinito. Ogni briciola, ogni frammento è carico di pienezza di vita. E tutti “furono saziati”.



v. 12 “Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto”. Il pane avanza, c’è un di più che va messo insieme, radunato perché continui ad essere desiderato e possa continuare a sfamare. Saziati nella fame corporale, ognuno secondo quanto necessita, avvertiamo una soddisfazione che va oltre, perché non di solo pane vive l’uomo, siamo saziati nella fame spirituale con una pienezza che trabocca. Il dono totale di sé compiuto da Gesù ci introduce nell’intimità con Dio Padre, è amore diffusivo, è profumo sprecato che riempie le nostre case e che non deve andare perduto. Di questa eccedenza ricevuta siamo responsabili: ci è chiesto di raccoglierla e donarla ai fratelli perché è la vita del Figlio, salvezza di tutto e di tutti. Le dodici ceste riempite stanno ad indicare proprio questa totalità dell’amore, una quantità perfetta capace di far gustare per sempre la gioia della carità.



v. 14 “Allora la gente, visto il segno”. La gente, come accade di frequente, non viene a Gesù per quello che egli è, ma con la speranza di essere da Lui miracolata, di assistere a qualche prodigio. Allora come oggi, il fare è più importante dell’essere. Gesù non rifiuta questo approccio iniziale, ma quando la gente vuole impadronirsi di Lui, fugge. Non abbiamo imparato la lezione! Ancora oggi cerchiamo di manipolarlo, ma quando pensiamo di averlo in pugno, egli diventa inafferrabile. Gesù non è e non vuole essere il re che domina su tutto e su tutti ma che pone la sua vita a servizio di tutti e di ciascuno perché possiamo essere veramente uomini liberi e recuperare l’immagine e somiglianza secondo cui siamo stati creati. Non è facile capire i segni, i discepoli e la folla non lo avevano capito; il segno del pane rimane anche per noi un mistero ma nello stesso tempo un invito a scoprire la sua forza salvifica e vitale, ad incontrare Gesù nella sua Parola e nell’Eucaristia.



Da oggi per quasi tutte le domeniche di agosto vedremo il dispiegarsi del capitolo 6 di Giovanni, tutto incentrato sul Pane, segno dell’Eucaristia, della salvezza donata al mondo intero, alla Chiesa che vive di questo pane. Accogliamo la Parola che salva con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità comportandoci “in maniera degna della chiamata che abbiamo ricevuto”, così ci esorta Paolo nella seconda lettura; vivere la logica della carità, illogica per il mondo ma verità che rende liberi coloro che vogliono seguire Gesù, resi figli nel Figlio.

Lodiamo e benediciamo il Signore che non si stanca di provvedere ai suoi figli, che sa di cosa abbiamo bisogno e sempre è vicino a quanti lo invocano con sincerità.
Distribuì a quelli che erano seduti quanto ne volevano (Gv 6,1-15)

 
L`Eucaristia, dono grande e gratuito

            Nel deserto, Nostro Signore moltiplicò il pane (cf. Mt 14,13-21; 15,32-38; Gv 6,1-13), e a Cana mutò l`acqua in vino (cf. Gv 2,1-11). Abituò così la loro bocca al suo pane e al suo vino per il tempo in cui avrebbe dato loro il suo corpo e il suo sangue. Fece loro gustare un pane e un vino caduchi per suscitare in loro il desiderio del suo corpo e sangue che danno la vita. Diede loro con liberalità queste piccole cose perché sapessero che il suo dono supremo sarebbe stato gratuito. Le diede loro gratuitamente, sebbene avessero potuto acquistarle da lui, affinché sapessero che non sarebbe stato loro richiesto il pagamento di una cosa inestimabile; infatti, se potevano pagare il prezzo del pane e del vino, non avrebbero certamente potuto pagare il suo corpo e il suo sangue.

            Non soltanto ci ha colmato gratuitamente dei suoi doni, ma ancor più ci ha vezzeggiati affettuosamente. Infatti, ci ha donato queste piccole cose gratuitamente per attirarci, affinché andassimo e ricevessimo gratuitamente quella cosa sì grande che è l`Eucaristia. Quegli acconti di pane e di vino che ci ha dato erano dolci alla bocca, ma il dono del suo corpo e del suo sangue è utile allo spirito. Egli ci ha attirati con quelle cose gradevoli al palato per trascinarci verso colui che dà la vita alle anime. Ha nascosto la dolcezza nel vino da lui fatto, per indicare ai convitati quale tesoro magnifico è nascosto nel suo sangue vivificante.

            Come primo segno, fece un vino che dà allegria ai convitati per mostrare che il suo sangue avrebbe dato allegria a tutte le genti. Il vino è parte in tutte le gioie immaginabili e parimenti ogni liberazione si riconnette al mistero del suo sangue. Diede ai convitati un vino eccellente che trasformò il loro spirito per far sapere loro che la dottrina con cui li abbeverava avrebbe trasformato i loro cuori. Ciò che all`inizio non era che acqua fu mutato in vino nelle anfore; era il simbolo del primo comandamento portato a perfezione; l`acqua trasformata era la legge perfezionata. I convitati bevevano ciò che era stato acqua, ma senza gustare l`acqua. Parimenti, quando udiamo gli antichi comandamenti, li gustiamo nel loro sapore nuovo. Al precetto: Schiaffo per schiaffo (cf. Es 21,24; Lv 24,20; Dt 19,21) è stata sostituita la perfezione: "Se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l`altra" (Mt 5,39).

            L`opera del Signore ottiene tutto; in un baleno, egli ha moltiplicato un po` di pane. Ciò che gli uomini fanno e trasformano in dieci mesi di lavoro, le sue dieci dita l`hanno compiuto in un istante. Le sue mani furono come una terra sotto il pane; e la sua parola come il tuono al di sopra di lui; il sussurro delle sue labbra si sparse su di lui come una rugiada e l`alito della sua bocca fu come il sole; in un brevissimo istante egli ha portato a termine quanto richiede di norma un lungo lasso di tempo. Dalla piccola quantità di pane è sorta una moltitudine di pani; come all`epoca della prima benedizione: "Siate fecondi e moltiplicatevi" (Gen 1,28). I pezzi di pane, prima sterili e insignificanti, grazie alla benedizione di Gesù - quasi seno fecondo di donna - hanno dato frutto da cui sono sopravanzati molteplici frammenti.

            Il Signore ha mostrato il vigore penetrante della sua parola a quelli che l`ascoltavano, e ha mostrato la rapidità con la quale egli elargiva i suoi doni a quelli che ne beneficiavano. Non ha moltiplicato il pane al punto che avrebbe potuto, ma fino alla quantità sufficiente per i convitati. Il miracolo non fu su misura della sua potenza, bensì della fame degli affamati. Se, infatti, il miracolo fosse stato misurato sulla sua potenza, riuscirebbe impossibile valutare la vittoria di quella. Commisurato alla fame di migliaia di persone, il miracolo ha superato le dodici ceste (cf. Mt 14,20). In tutti gli artigiani, la potenza è inferiore alla richiesta dei clienti; essi non possono fare tutto quanto gli domandano i clienti. Le realizzazioni di Dio, invece, superano i desideri. E: "Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto" (Gv 6,12) e non si pensi che il Signore abbia agito solo per fantasia. Ma, quando i resti saranno stati conservati un giorno o due, crederanno che il Signore ha agito in verità, e che non si trattò di un fantasma inconsistente. (Efrem, Diatessaron, 12, 1-4)



Il significato della moltiplicazione dei pani

            Cristo ha condotto la folla in un luogo deserto, perché il miracolo non sia assolutamente sospetto, e nessuno pensi che sia stato portato del cibo da qualche villaggio vicino. Per tale motivo l`evangelista ricorda anche l`ora, e non solo il luogo del miracolo.

            Ma in questa circostanza noi apprendiamo anche un`altra cosa: l`austerità cioè degli apostoli nelle necessità della vita e il loro disprezzo per il lusso e per ogni delicatezza. Sono dodici e hanno soltanto cinque pani e due pesci. Tanto trascurabile e secondario è per loro ciò che riguarda il corpo, e tanto presi e interessati sono esclusivamente delle cose spirituali. E neppure tengono per sé quel poco che hanno, ma lo donano a chi lo chiede loro. Da ciò dobbiamo imparare che per quanto poco noi abbiamo, pure questo dobbiamo dare a chi ne ha bisogno. Infatti, quando Gesù chiede agli apostoli di portargli quei cinque pani, non rispondono: E da che parte verrà il cibo per noi? come potremo calmare la nostra fame?, ma obbediscono immediatamente.

            Mi sembra inoltre che Gesù moltiplichi quei pochi pani che gli portano i discepoli, piuttosto che crearne altri dal niente, per spinger loro a credere, dato che la loro fede è ancora molto debole. Anche per questo il Signore leva gli occhi al cielo. Degli altri miracoli essi avevano molti esempi, ma del miracolo che ora sta per compiere, nessuno. Presi e spezzati i pani, li distribuisce per mano dei discepoli, onorandoli con tale incarico. Ma non solo intende render loro questo onore; vuole pure che al momento del miracolo non dubitino e che in seguito non se ne dimentichino, in quanto le loro stesse mani ne sono state testimoni. Per tale motivo permette anche, prima del miracolo, che la folla senta fame, e attende che gli apostoli si avvicinino e gli parlino. Per mezzo loro fa sedere tutti sull`erba e fa distribuire il pane, volendo prevenire sia gli uni che gli altri mediante le loro stesse dichiarazioni e i loro atti. Sempre per tale motivo prende dalle loro mani i pani, in modo che vi siano molte testimonianze del fatto ed essi abbiano molti ricordi del miracolo. Se infatti, dopo tante prove gli apostoli si dimenticano del miracolo, che avrebbero mai fatto se Gesù non avesse preso tali precauzioni? Gesù ordina alla folla di sedersi sull`erba, dando così una lezione di vita semplice, senza tante esigenze, poiché non vuole solo nutrire i corpi ma anche istruire le anime. (Giovanni Crisostomo, Comment. in Matth., 49, 2)



Preghiera eucaristica

Per l`Eucaristia ringraziate così:

Prima sul calice:

«Ti ringraziamo, o Padre nostro,

per la santa vite di David tuo servo

che a noi rivelasti per mezzo di Gesù tuo figlio.

A te la gloria nei secoli».

Per il pane spezzato:

«Ti ringraziamo, Padre nostro,

per la vita e la conoscenza

che a noi rivelasti per mezzo di Gesù tuo figlio.

A te la gloria nei secoli.

Come questo pane spezzato era sparso sui colli

e raccolto divenne una cosa sola

così la tua Chiesa si raccolga dai confini della terra nel tuo regno

poiché tua è la gloria e la potenza per Gesù Cristo nei secoli».

Nessuno mangi né beva della vostra Eucaristia, tranne i battezzati

nel nome del Signore. Per questo il Signore disse: non date

le cose sante ai cani (cf. Mt 7,6).

Dopo esservi saziati ringraziate così:

«Ti rendiamo grazie, o Padre santo,

per il tuo santo nome

che hai fatto abitare nei nostri cuori

per la conoscenza, la fede e l`immortalità

che rivelasti a noi per mezzo di Gesù tuo figlio.

A te la gloria nei secoli.

Tu, Signore onnipotente, hai creato ogni cosa per il tuo nome

e hai dato agli uomini a piacere cibo e bevanda

perché ti rendano grazie

e a noi donasti un cibo spirituale

una bevanda

e una vita eterna per mezzo di tuo figlio.

Prima di tutto ti ringraziamo perché sei potente;

a te la gloria nei secoli».

Ricordati, Signore, della tua Chiesa,

liberala da ogni male

rendila perfetta nel tuo amore

e santificata raccoglila dai quattro venti (cf. Mt 24,31) nel tuo

regno

che ad essa preparasti

perché tua è la potenza e la gloria nei secoli.

Venga la grazia e passi questo mondo.

Osanna al Dio di David.

Chi è fedele venga

chi non lo è si converta

Maranathà (cf. 1Cor 16,22; Ap 22,20). Amen.

(Didachè, IX ss.)

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