Umberto DE VANNA sdb "Buon pastore", profeta di pace (shalom),

19 luglio 2015 | 16a Domenica - Tempo Ordinario B | Omelia
16a Domenica - Tempo Ordinario 2015
Per cominciare
Gesù, al ritorno degli apostoli dalla loro prima predicazione missionaria, li invita ad andare con la barca in un luogo solitario per stare con lui, per riposare e "ricaricarsi". Ma quando sbarcano, trovano una marea di gente che li ha seguiti. Gesù non si spazientisce, ma prova compassione per loro, perché sono come pecore che non hanno pastore.



La parola di Dio
Geremia 23,1-6. Dio stesso si fa difensore delle pecore d'Israele. Geremia condanna a nome di Dio i pastori che fanno perire il gregge e lo disperdono, e assicura che il Signore susciterà dalla discendenza di Davide un pastore che regnerà sul popolo con saggezza.
Efesini 2,13-18. Continua la lettera di Paolo agli Efesini. L'apostolo si rallegra nel riconoscere che grazie al sacrificio di Cristo, si è formato un nuovo popolo, nato dall'unione di ebrei e pagani, che ora vive in pace come un solo popolo.
Marco 6,30-34. Gli apostoli si rallegrano per la missione compiuta e Gesù li chiama in disparte per riposare. Ma la gente li segue e Gesù prova compassione per quella folla abbandonata a sé, senza punti di riferimento, e si mette a insegnare.

Riflettere...
o La domenica è interamente incentrata sulla figura di Gesù "buon pastore", profeta di pace (shalom), che ricompone ogni divisione, che predica e realizza la fratellanza universale, superando la divisione tra i popoli.
o È questo il tema della seconda lettura. Paolo offre un'immagine della chiesa davvero universale. Nel grande tempio di Gerusalemme c'era un muro, che separava gli ebrei dai pagani: da una parte gli eletti, dall'altra gli esclusi. Gesù abbatte questo muro e ogni altro muro e fa di tutti i popoli un popolo solo nella chiesa.
o Gesù "buon pastore" accoglie con gioia i suoi apostoli di ritorno dalla prima spedizione missionaria. Quella loro prima impresa è stato un piccolo trionfo. Ora riposare diventa una necessità fisica, e la solitudine li aiuterà a valutare con maggior equilibrio la loro esperienza. Inoltre essi hanno bisogno di questi momenti per viverli in intimità con Gesù, per comprendere e condividere meglio i suoi progetti.
o Il riposo di Gesù quindi, sia quello che propone a volte a se stesso, sia quello a cui invita gli apostoli, non è frutto di indifferenza o di tranquillità incosciente, ma è finalizzato ad acquistare una pace interiore che prepara quel rinnovamento personale destinato a dare impulso nuovo alla vita.
o Attraversano il lago in barca, ma giunti di là ecco di nuovo una grande folla che li circonda. Gesù non si scompone. Non pensa: "Non si può stare tranquilli nemmeno una mezz'ora!", ma prova invece compassione per quella gente. La parola "compassione" è resa in greco con esplagchnisth? e il relativo verbo è usato per le parti interne del corpo, per la sede delle emozioni e anche per il cuore: significa che Gesù è rimasto personalmente turbato, preso dentro, coinvolto. Quella gente è alla ricerca di una guida, di una parola di speranza, di un punto di riferimento. Essi sono come pecore che non hanno pastore, oppressi dalle tasse dei romani e in particolare dal giogo della legge: centinaia di minuziose prescrizioni insopportabili.
o Il popolo non mancava certo di pastori, ma non tutti erano come Mosè. Altri - secondo la parola di Geremia - "fanno perire e disperdono il gregge", "scacciano" le pecore, "non se ne preoccupano".
o E Gesù si mette a insegnare loro molte cose. Non conosciamo il contenuto della sua predicazione in questa circostanza, ma possiamo immaginare che abbia parlato di Dio come di un Padre, quindi di amore e di perdono, della bontà di Dio che provvede a ciascuno di noi, che ai suoi occhi siamo più importanti degli uccelli del cielo e dei fiori dei campi. La gente sentendolo capisce che è lui il "germoglio giusto e saggio" di Davide destinato a salvare Giuda.
o Le parole di Gesù non invitano alla ribellione o alla protesta. Prese sul serio però risulteranno rivoluzionarie nella prospettiva del regno. Sono parole che rispondono intimamente alle esigenze più profonde dell'uomo e costituiscono un giogo gioioso, sicuramente meno pesante di quello rappresentato dalla schiavitù della legge.

Attualizzare

* Nella prima lettura, Dio per bocca di Geremia rimprovera i cattivi pastori, i re d'Israele. La parola di Geremia oggi può essere rivolta a chi è in posizione di comando nella società civile o religiosa. Un invito impegnativo e concretissimo: quello di radunare, accogliere, occuparsi del popolo a loro affidato.
* In ogni tempo è forte il bisogno di poter contare su un'autorità sociale, religiosa, morale che si imponga per la propria dedizione verso "il gregge". Mentre è così frequente l'accusa che chi esercita il potere lo fa per affermare e arricchire se stesso. Fino a trasformarsi in una gonfia e intoccabile "casta".
* Il messaggio riguarda certamente in modo particolare le persone che si trovano in posizione di autorità: politici, sacerdoti, genitori, insegnanti, amministratori pubblici. Come esercitano il loro potere? Spesso siamo portati a non dare su di loro giudizi benevoli e positivi. Ma in realtà la questione dell'autorità e del servizio ci riguarda un po' tutti, perché ognuno di noi ha rapporti più o meno di superiorità e di dipendenza con altri.
* Nel vangelo Gesù invita i discepoli in disparte, per stare con lui e ricaricarsi. Il riposo è una necessità fisica indispensabile. Chi si impone abitualmente di farne a meno rischia l'esaurimento. La fatica dell'uomo ha i suoi ritmi e la sua misura. Un corpo che venga sistematicamente sfruttato si ribella e cessa di essere utile. "Bisogna avere l'umiltà di concedersi degli spazi di riposo", ha detto Benedetto XVI.
* Questo non ha nulla a che vedere con quel riposare borghese e incosciente che cerca nella tranquillità e nella solitudine il culto del benessere fisico e la fuga dai problemi. Il tempo del riposo, la domenica, la vacanza, le cosiddette ferie, non vanno considerate una vacanza dalla vita, una parentesi del tempo importante che è quello del lavoro. In qualche modo noi nel riposo siamo più realmente noi stessi, attenti alle vere finalità della nostra persona.
* Per questo lo staccarci dalle cose che facciamo fa riconoscere il valore relativo della nostra presenza, ridimensiona la portata della nostra azione. Spesso viviamo nella insoddisfazione o nell'affanno per ciò che non riusciamo a realizzare. Il riposo ci fa capire che è più importante preoccuparci della qualità della nostra azione che non del numero delle iniziative che riusciamo a mandare avanti.
* Il fermarci a riflettere per ricuperare noi stessi ci aiuta a rifarci gli occhi, a ricuperare il gusto delle cose semplici, dei gesti più genuini, ci fa trovare II coraggio di liberarci da certe schiavitù inutili.
* Chi ha fede, trova nel riposo anche la possibilità di rinnovare il rapporto con Dio attraverso una preghiera più sentita. In questo senso il riposo diventa un momento di ricarica capace di infondere un'anima nuova all'impegno quotidiano.
* La seconda parte del vangelo sottolinea una delle caratteristiche più spiccate di Gesù: quella di essere il "buon pastore". Così ha voluto i suoi apostoli, che ha inviato a predicare e che ora esorta a riposare e a riflettere sulla loro esperienza. "Gesù ci appare, in questo vangelo, come un vescovo ideale che si intrattiene volentieri e a lungo in disparte con il suo clero, senza, tuttavia, dimenticare un istante solo il resto del suo gregge, ma anzi pronto a lasciare tutto per correre incontro ad esso. Così facendo, Gesù non abbandona il popolo per coltivare una élite; non si stacca dalle masse; solo provvede a loro in modo diverso; vede al futuro del Regno. Oggi diremmo: si preoccupa dell'avvenire della chiesa. È dunque squisitamente pastore anche qui" (Raniero Cantalamessa).
* Molti accorrono per sentire Gesù. Cos'è che affascina queste persone per essere così tenaci nel cercarlo? C'è una forza straordinaria che si sprigiona dalla sua persona. Le folle sono prese dalla sua parola, dai suoi miracoli, dal fatto che Gesù parla non come gli scribi, ma in modo autorevole. Parla di Dio in prima persona. E la sua parola è accompagnata dalla sua vita, una vita genuina, semplice, povera.
* Anche noi ogni domenica veniamo a messa per incontrare Gesù. E come la folla che si è accalcata attorno a Gesù, vogliamo incontrarci con lui, ci mettiamo all'ascolto della sua parola e ci disponiamo ad accogliere il "pane" che lui ci dona.
* Siamo una folla immensa, se consideriamo la presenza dei cristiani la domenica in ogni angolo mondo. Che cosa ci spinge a raccoglierci attorno all'altare? Solo l'abitudine? O una fede genuina, la ricerca di motivazioni che ci spingano a vivere in modo più pieno il nostro quotidiano? Anche noi in qualche misura viviamo l'esperienza di sentirci "come pecore senza pastore". Anche noi spesso sentiamo di non avere "pastori" e maestri di vita. Anche noi cerchiamo una guida, una protezione. Anche noi cerchiamo una parola che ci convinca, che dia senso a tutto e ci spinga a vivere con maggior intensità il nostro quotidiano.

Qualche momento di respiro
"Abbi sollecitudine per la tua casa, riservati però qualche momento di respiro per l'anima. Trovati un posticino adatto, un po' lontano dal rumore familiare, dove tu possa raccoglierti come in un porto, dopo tutto il trambusto degli affari domestici e dove tu possa comporre in intima tranquillità le mareggiate dei pensieri che ti agitavano nella vita di ogni giorno. Lì devi applicarti a riflettere sulla divina scrittura, pregare frequentemente a vari intervalli, pensare alle realtà future con costanza e intensità" (san Girolamo).

Il modo di essere "buoni pastori" per la propria gente
Il beato Federico Albert, prima cappellano di corte a Torino per i Savoia, poi parroco a Lanzo Torinese, era di una totale disponibilità per la sua gente. Di lui si dice che se si trovava a tavola con il piatto della minestra davanti e qualcuno bussava alla sua porta, subito lasciava il cucchiaio che aveva in mano e si rendeva disponibile. Don Bosco gli era amico. Di Don Bosco è nota l'espressione: "Io non potrei mai fare il parroco. Un parroco quando si siede a tavola per il pranzo, deve chiedersi se lo possono fare anche i suoi parrocchiani".


Umberto DE VANNA

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