D. Severino GALLO sdb"EUCARISTIA - COMUNIONE"

16 agosto 2015 | 20a Domenica - Tempo Ordinario B | Omelia
Il motivo delle Letture odierne è sull'Eucaristia, come cibo della Parola (fede) e del Corpo di Gesù (vita): fede e sacramento.
Siamo nel cuore del Cristianesimo, al culmine della vita cristiana, rappresentato dal Sacramento che è pienezza di vita, nel senso che in esso il
cristiano diventa Gesù, personalmente e socialmente.
Oggi è reale la crisi della fede, ma presso i cristiani è altrettanto reale l'altra, della realtà sacramentale, della divisione.
L'Eucaristia è anche sacramento d'unità: proprio perché è comunione all'unico Corpo e Sangue di Gesù.

SANGUE, VERAMENTE BEVANDA

Il Sangue di Gesù è veramente bevanda.
I mistici cattolici, seguendo la trafila dei Santi Padri e la spiritualità tipica di S. Francesco d'Assisi, hanno dedicato al Sangue di Gesù un'attenzione del tutto particolare.
La commozione di queste anime, che nella pratica penitenziale cercavano di vivere le sofferenze e l'amore di Gesù con piaghe e ferite, con le stigmate e i sudori di sangue, si è trasmessa all'iconografia medioevale e all'arte popolare più sensibile al significato di generosità e di riparazione rappresentato dallo sgorgare del sangue umano, non fosse altro che di poche gocce.

S. Caterina da Siena, devotissima del Sangue di Gesù, spirò gridando le fatidiche parole:
"Sangue! Sangue!".
Ancora oggi, nelle regioni colonizzate dagli europei, là dove il negro o l'indio ha patito più d'ogni altri i flagelli, la schiavitù e la violenza con tutte le piaghe che essa comporta, la devozione non s'indirizza a Gesù trionfatore e sereno, ma all'Uomo dei Dolori, che è legato alla colonna, è fustigato, sanguina da mille ferite per nostro amore.

Ora, continuando, passo passo, la progressiva preparazione che Gesù riservò ai suoi discepoli per far loro accettare il mistero eucaristico, la catechesi liturgica odierna all'immagine del pane aggiunge quella del vino, per dimostrare la totalità di donazione di Gesù Crocifisso, l'intensità della passione a cui è collegata.

La ripetuta allegoria della vite e dei tralci permette di comprendere meglio come nell'Eucaristia si ha realmente l'unione radicale al martirio e all'estrema testimonianza di Gesù.
Da una parte, il vino si cambia in Sangue, che è conduttore e segno di vita, realizzando la partecipazione alla vita divina, ossia alla Grazia, attraverso la "comunione del sangue". Dall'altra parte, la trasfusione in noi del Sangue divino ci fa partecipi della redenzione salvifica e della testimonianza d'amore, che siamo chiamati a dare fino alle ultime conseguenze.

Nella celebrazione della Messa si ricorda appunto che il sangue sgorga dal costato di Gesù, è versato nell'immolazione completa, separato dal corpo al culmine del sacrificio, quando il sacerdote consacra il vino, dopo che nell'ostia è già stato reso presente Gesù in corpo, sangue, anima e divinità.

Ecco perché al momento dell'Elevazione del calice, si ha come una sospensione del tempo, e s'innalzano, davanti a noi, tutti i dolori, le sofferenze e le ferite dei martiri cristiani, uniti al Verbo nel dare testimonianza a Dio; s'innalzano tutte le angosce e le lacrime, le pene dei fedeli d'ogni secolo passato e futuro, tutto il sangue degli innocenti versato in riparazione d'ogni odio, d'ogni violenza e d'ogni peccato.

Il Padre Mc Nabb era solito dire che, pur soddisfacendo al precetto festivo con la presenza alla Messa, non si partecipa veramente al Sacrificio, se non si fa la Comunione: "Chi non mangia la carne di Gesù e non beve il suo Sangue, non partecipa al sacrificio della vittima".
La liturgia di queste domeniche c'invita con insistenza a meditare sull'Eucaristia-sacramento, cioè sulla Comunione.
Gesù ci prende dal lato più debole: dalla voglia di mangiare, offrendoci il pane. Per ben sei volte, con giuramento (= "In verità, in verità vi dico"), insiste sulla necessità di cibarci della sua carne, di bere il suo Sangue.

Perché tutta questa sua preoccupazione?

La necessità della Comunione eucaristica deriva anzi tutto dal fatto che il cristiano con il Battesimo ha acquistato il dono della vita soprannaturale e perciò egli ha bisogno di un alimento adeguato e corrispondente: come alla vita materiale del corpo corrisponde un cibo materiale, come per la vita dello spirito (intelligenza e volontà) è indispensabile il nutrimento della verità e della bontà, non diversamente anche la vita soprannaturale dell'anima non poteva non avere il suo pane celeste.

E' facile pure intuire come il desiderio della Comunione sia indice di un organismo spirituale sano ed efficiente: come chi mangia poco o ha nausea del cibo può dubitare della sua salute, così chi non sente il gusto di accedere all'Eucaristia-sacramento può legittimamente dubitare della sua sanità soprannaturale.
Se il Signore ha voluto donarsi a noi sotto forma di pane, lo ha fatto anche per convincerci della necessità di cibarci di tanto dono.

Il pane è l'alimento più familiare e comune: è l'alimento universale degli uomini, è un alimento che non procura nausea, né disgusto, anche se assunto in proporzione esagerata.
E come la nostra vita fisica ha continuamene bisogno del pane materiale, non diversamente per la vita soprannaturale. Per questo Gesù ci ripete ad ogni Santa Messa: "Prendete e mangiate, questo è il mio Corpo; prendete e bevete, questo è il mio Sangue".
Gesù è veramente nostro cibo, nostra bevanda, nostro viatico. La Sua presenza nell'Eucaristia compie i più strepitosi miracoli.

Sentite questo:

Durante l'orrenda ritirata delle truppe francesi a Charleroi nell'agosto del 1914, un ufficiale massone, notissimo anticlericale, fuggì in una chiesetta della città per un momento di respiro.
Sulla soglia notò chiazze di sangue che crudelmente spiegavano la Via Crucis di un soldato ferito.
S'inoltrò e vide disteso al suolo davanti all'altare un soldato moribondo che guardava il Tabernacolo.
Con un fil di voce disse all'ufficiale: "Amico mio… io sono un prete, sento che muoio; non negate ad un moribondo un immenso favore. Sono arrivato fin qui per salvare le Ostie Consacrate… correte al Tabernacolo e portate a me l'ultimo Viatico".
Il massone allibì… ebbe terrore: ma era come Saulo sulla via di Damasco. Era suonata la sua ora; l'ora fulminea della grazia. Si confessò e portò il Viatico al prete morente.
Così per la fede nella reale presenza di Gesù, uno accettò la morte, e l'altro ricevette la vita della fede.
Chiediamo alla Madonna che doni anche a noi il gusto di Gesù, Pane di vita eterna.
                                                                        D. Severino GALLO sdb

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