Don Giorgio Scatto "La frontiera passa tra le parole degli uomini e la Parola di Dio"

22° Domenica del Tempo Ordinario (anno B)
Letture: Dt 4,1-2.6-8; Gc 1,17-18.21-22.27; Mc 7,1-8.14-15.21-23  MONASTERO MARANGO CAORLE (VE)
Per cinque settimane, a partire da questa domenica, saremo accompagnati nella liturgia dalla lettera dell’apostolo Giacomo. E’ uno scritto che proviene dall’ambiente giudaico ellenistico, ed è fortemente polemico contro le deviazioni di un culto diventato solo rubricismo e alibi per occultare comportamenti non in linea
con il Vangelo. Spesso la religione, allora e anche adesso, ha fatto da copertura a traffici illeciti, a immoralità e a violenze di ogni genere. Ne sapeva qualcosa anche il buon Geremia, profeta in un tempo di crisi; ma continuano a sollevare la questione anche tante donne e uomini che Dio manda nei nostri giorni, perché i nostri cuori possano trovare la via della verità.
Quella di Giacomo è una lettera scritta per noi.
Si sente spesso dire, da taluni che si presentano come i difensori della tradizione cristiana - di solito uomini pubblici con poca cultura e con nessuna saggezza - che la Chiesa fa politica quando si prende cura dei poveri, degli stranieri, di quelli che sono umiliati fino alla morte; quando denuncia le cause strutturali di enormi ingiustizie. La Chiesa- dicono- dovrebbe interessarsi solo delle anime. A tutti costoro risponde l’apostolo Giacomo: «Religione pura e senza macchia davanti a Dio è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo».
Un prete iracheno, padre Jallal, che vive con il suo popolo nei campi profughi di Erbil, che abbiamo visitato nella primavera scorsa, mi ha inviato la foto di una bambina, il cui volto è tutta una piaga. Non ha aggiunto nessuna parola di commento, nessuna invocazione di aiuto, perché la foto parlava da sola. Qualcuno mi risponda: cosa vuol dire prendersi cura della sua anima? Possiamo solo fare discorsi, di rifiuto o di accoglienza, mentre stiamo tranquillamente seduti sulle nostre poltrone? O non dobbiamo invece caricarci della sofferenza del fratello, della sorella, aiutando a portare un peso che altrimenti diventerebbe insopportabile? Le centinaia di giovani e adulti che quest’estate hanno prestato il loro aiuto in tantissime situazioni di dolore e di fragilità, valgono immensamente di più di quanti, con le loro parole, fomentano la paura e l’odio verso ogni altro diverso da sé.
«Non lasciarsi contaminare da questo mondo» significa non credere alla propaganda, non cedere alla paura, non aderire alla mentalità di chi afferma che la vita è dei furbi, degli approfittatori, di quelli che non si sporcano le mani per sollevare gli altri. Purtroppo la mentalità del mondo affascina e corrompe il cuore anche di molti che si ritengono innocenti.

Nel brano dell’evangelista Marco si narra di farisei e di scribi che si riuniscono attorno a Gesù. Vengono da Gerusalemme. Forse sono stati mandati dalle autorità per controllare l’operato di Gesù. Succede ancora, quando qualcuno si sente investito della funzione di guardiano della vera tradizione, e vuole chiudere la Chiesa in una stagnante restaurazione, bloccando ogni processo di rinnovamento conciliare e spegnendo ogni profezia.
Farisei e scribi contestano il fatto che alcuni discepoli non si ‘purificano’ prima di assumere ogni cibo. Marco si diverte a descrivere la ‘tradizione degli antichi’ per i suoi lettori che, non essendo di cultura ebraica, non sono a conoscenza di certe pratiche rituali. E’ interessante sottolineare il fatto che ‘nelle pubbliche piazze’ Gesù guarisce i malati e incontra i peccatori, toccandoli con le sue mani sante, mentre i farisei ‘si purificano’ rientrando nelle loro case, dopo aver costatato ‘nella pubblica piazza’ lo spettacolo di tutta questa impurità.
Queste persone, ufficialmente molto religiose, non coltivano il desiderio di un ‘battesimo di conversione’ per il loro cuore malato, ma bramano solo la ‘purificazione’ dei loro calici e dei loro piatti. Queste ‘purificazioni’ praticate sugli oggetti esprimono il desiderio di separarsi da tutto ciò che ritengono impuro, allo scopo di potersi avvicinare a Dio. Non si accorgono che sono diventati ciechi di fronte all’avvicinarsi del Regno di Dio nella persona di Gesù.
Per molti, anche oggi, è normale e non crea problemi accostarsi alla santa comunione tutti i giorni; ma fa problema dare la mano al vicino, accogliere un profugo, curvarsi con misericordia e senza giudizio sulle miserie del prossimo. Si insegna come tenere le mani giunte e a genuflettere davanti all’Eucaristia; e non si giungono insieme i lontani, i nemici, affinché diventino prossimi e amici; non ci si inginocchia dinanzi al povero cristo che muore di fame e di sete, che è nudo e disperato, che è fuggiasco ed esule dalle regioni del terrore e della morte. Dio ci chiederà conto di tutte le nostre eucaristie a basso prezzo, nelle quali abbiamo giocato a fare i cristiani, senza assumere nella nostra vita la vita dell’altro, qualunque esso sia, e in qualsiasi modo si presenti davanti a noi. Non si può adorare Dio con le labbra, mentre il cuore rimane estraneo alla sua Parola, che è la nostra vera saggezza e la nostra vera intelligenza agli occhi dei popoli.
Servono a poco i nostri riti, le nostre abluzioni, quando il cuore rimane sporco. Me lo ricordo sempre, con vergogna, al momento dell’offertorio della messa, quando ritualmente mi lavo le mani. Tutta la nostra religione è inutile, tutti i nostri atti di giustizia sono come un panno sporco di sangue, se il cuore non è reso vivo da una Parola che non solo ci fa sentire «come il Signore, nostro Dio, è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo», ma ci offre anche l’opportunità di vivere in armonia con tutti i nostri fratelli.
Non possiamo cantare in chiesa: «Ti porteremo ai nostri fratelli, ti porteremo lungo le strade», e poi, appena varcata la soglia, dimenticarci che anche lo straniero, il profugo, che anche il nemico, è il fratello da amare, è il Cristo da incontrare . Una certa religione (non solo una certa politica) strumentalizza la relazione con Dio al punto che essa serve da pretesto per sopprimere la solidarietà necessaria fra gli uomini.
Gesù afferma che la frontiera non passa tra le persone, ma tra ciò che è interno all’uomo e ciò che gli viene da fuori. Tra le parole degli uomini, che stabiliscono delle gerarchie e che sovente discriminano e allontanano, e la Parola di Dio, che dichiara tutti sullo stesso piano dinanzi a lui.
Nessuno è innocente.
Solo dalla parola autorevole di Gesù può venire per noi la liberazione.


Giorgio Scatto

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