Umberto DE VANNA SDB"Un tale chiede a Gesù che cosa deve fare per avere in eredità la vita eterna".

11 ottobre2015 | 28a Domenica - Tempo Ordinario B | Omelia
28a Domenica - Tempo Ordinario 2015
Per cominciare
Un tale chiede a Gesù che cosa deve fare "per avere in eredità la vita eterna". Gesù gli propone di fare una scelta vocazionale, di cambiare vita
e di mettersi al suo seguito, facendo una scelta di libertà. Quel giovane non ci sta e si allontana triste, perché possiede molti beni.

La parola di Dio
Sapienza 7,7-11. Il libro della Sapienza ha per titolo "Sapienza di Salomone". Nel brano che ci viene proposto, Salomone implora da Dio la sapienza e gli viene donata. Egli l'ha preferita agli scettri e ai troni, alla ricchezza e perfino alla salute e alla bellezza. L'ha amata più della luce, perché chi ha la sapienza, possiede tutto.
Ebrei 4,12-13. Continua la lettera agli ebrei. In poche righe l'autore fa un solenne elogio della parola di Dio. Essa è viva ed efficace, perché possiede la forza di Dio. È più tagliente e penetrante di una spada a doppio taglio. Infine giudica ogni azione dell'uomo e non lo lascia quieto e tranquillo, perché sa che dovrà rendere conto del proprio operato.
Marco 10,17-30. Un ebreo, che sin da giovane osserva i comandamenti, si getta ai piedi di Gesù e gli chiede che cosa deve fare di più per salvarsi. Gesù lo invita a rinunciare alle sue ricchezze a favore dei poveri, ma lui rifiuta triste. Gesù allarga il discorso e riconosce che è molto difficile per un ricco entrare nel regno di Dio.

Riflettere..

o Anche in questa domenica ci viene proposto un messaggio particolarmente esigente. Un messaggio che ha fatto una grande impressione sugli stessi apostoli, di cui si dice per due volte che sono rimasti sconcertati e sbigottiti.
o Gesù è in viaggio verso a Gerusalemme dove celebrerà la sua ultima Pasqua. Fra poco per la terza volta farà la previsione della sua prossima passione. Gesù cammina davanti agli apostoli ed essi gli vanno dietro sgomenti e pieni di paura, dice Marco (10,32).
o Lo accosta un tale (un giovane, secondo Matteo 19,20-22; per Luca 18,18 invece si tratta di "un notabile"), che si getta in ginocchio davanti a lui. È un gesto singolare, si direbbe un malato che si avvicina per implorare la grazia della guarigione. È rimasto impressionato dalla sua predicazione, lo chiama "maestro buono". Gesù lo fissa, lo guarda negli occhi, sente di volergli bene: come si fa a non voler bene a chi dice di avere per tutta la vita osservato i comandamenti?
o In molte occasioni Marco sottolinea il modo di guardare di Gesù: "indignato" contro i farisei (3,5); pieno di simpatia verso chi lo sta ascoltando (3,34); osservatore attento su tutto ciò che capita nel tempio, prima della cacciata dei venditori (11,11). In questo caso guarda quest'uomo con amore, e lo giudica in grado di ricevere una proposta più impegnativa.
o Quest'uomo, da vero ebreo osservante, pensa di salvarsi con le proprie opere, in forza del bene che già fa e gli chiede, inginocchiato, di indicargli qualcos'altro da fare. Gesù invece gli indica una scelta radicale: se vuoi essere perfetto, apriti all'amore e alla carità: vendi i tuoi beni e dalli ai poveri! Poi vieni e mettiti al mio seguito.
o La scena si conclude in modo amaro: il ricco decide di tenersi le proprie ricchezze; non si fida, non vuole rischiare. Gesù gli chiede semplicemente di cambiare tutto, di donargli la vita, di orientarla più decisamente verso di lui e verso gli altri. Ma lui non è disposto a fare il salto nel vuoto. Si fa scuro in volto e se ne va triste. "Possedeva molti beni", dice il vangelo.
o Nel vangelo si parla degli apostoli che sono pieni di gioia (ma anche pieni di paura o di dubbi), dei farisei che sono pieni di rabbia. Costui invece è pieno di tristezza, si fa scuro in volto e si allontana. Quando si è tristi qualcosa non va anzitutto nel profondo di se stessi, nei valori che contano, nelle scelte esistenziali, nei confronti di Dio. Quest'uomo rimane ancorato alle sue ricchezze, perché "possiede molti beni". Questo è l'unico caso in cui la proposta di Gesù cade nel vuoto.
o Per l'antico testamento la ricchezza è un segno della benevolenza divina. È stato così per i patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe, per Giobbe e i re d'Israele. Figlio del suo tempo e della sua cultura, quest'uomo forse non era in grado di comprendere il messaggio di Gesù e di accogliere la sua proposta.
o Gesù conclude: "Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!". Gli stessi apostoli reagiscono interdetti e stupiti: "E chi può essere salvato, allora?". C'è qualcuno al mondo che non tiene alle sue ricchezze? Ma Gesù insiste: "È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago…". C'è chi ha cercato di interpretare questa immagine curiosa spiegando che non si tratta di un cammello, ma di una gomena (le parole in greco sono molto simili), oppure che la cruna d'ago fosse una piccola porta della città di Gerusalemme. Ma è preferibile accettare l'immagine paradossale usata da Gesù che fa riferimento a una decisione molto difficile, che per potersi realizzare ci vuole un intervento speciale da parte di Dio.
o Gesù aggiunge infatti: "Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio". E sarà così: duemila anni di storia della chiesa testimoniano che sono stati moltissimi i giovani ricchi e generosi, che hanno rinunciato a tutto e hanno scelto di collocarsi dalla parte di Cristo e dei poveri: da san Francesco a don Milani, da Piergiorgio Frassati a Marcello Candia (vedi al fondo).
o Al fallimento della proposta di Gesù, c'è il solito Pietro, che reagisce a modo suo: "Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito…". Ma, da buon ebreo, aggiunge interessato: "Che cosa dunque ne avremo?" (Mt 19,27). Gesù non ironizza sulle sue parole, ma gli assicura il centuplo e la vita eterna.

Attualizzare

* Un vangelo scomodo quello di questa domenica, come del resto quello di domenica scorsa sul divorzio (e quello della prossima domenica, sull'autorità come servizio).
* È prima di tutto un discorso vocazionale. In modo particolare i giovani dovrebbero domandarsi come risponderebbero di fronte a Gesù che guarda con amore a chi è già un bravo ragazzo/a, e gli dice: "Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri e vieni! Seguimi!". Oggi la chiesa soffre di una grave mancanza di sacerdoti e religiosi: il problema non può lasciare indifferenti i veri cristiani. Ci sono ancora molti giovani che dicono di sì, ma sono in numero insufficiente di fronte alle necessità delle parrocchie nel mondo.
* Quanto a tutti noi, c'è da chiedersi se non siamo presi oggi dallo stesso equivoco di quest'uomo che si inginocchia davanti a Gesù. Pure in noi c'è qualcosa di buono. Come quel tale, anche noi possiamo probabilmente vantare di essere vissuti osservando fondamentalmente i comandamenti. Gesù però anche a noi, a tutti, chiede qualcosa di più. La sua parola, come dice Paolo, è come una spada che ci entra nell'anima e ci manda in crisi, volendo cambiarci i sentimenti e i pensieri del cuore.
* C'è infatti chi pensa che essere cristiani sia fare qualcosa di bene, vivere in una certa rettitudine, ma poi ognuno gestisce la sua vita come vuole. Gesù invece chiede che gli venga donato proprio tutto, il fondo di se stessi. Chi crede di poter vivere da cristiano senza che qualcosa di grande avvenga nella sua vita, senza che nulla cambi in lui, non sarà mai un cristiano sul serio.
* Come dicevamo, presso la storia del popolo ebraico per lungo tempo la ricchezza venne considerata una benedizione di Dio e la povertà un castigo. Anche quando si parlava dei tempi messianici, si attendeva una società di grande benessere materiale. Di fatto però, coi passare dei secoli, la ricchezza fu spesso accompagnata dall'arroganza, dalla ingiustizia, mentre la fedeltà a Dio e l'attesa del messia divenne una prerogativa delle classi più umili e povere.
* Era il povero d'altra parte che si trovava a maggior ragione in diritto di attendere i tempi messianici, era lui ad avere le mani vuote, pronte per essere riempite. Molte preghiere dei giusti di Israele partono proprio da una situazione di miseria e di disagio: "Il Signore ha avuto pietà dei suoi miseri" (Is 49,13); "Porgi l'orecchio, Signore, e ascoltami, perché sono povero e nell'affanno" (Sal 86,1); "Dio consolerà gli afflitti" (Is 61,2).
* Scrive il biblista Ferdinando Armellini: "L'ideale del cristiano non è la miseria, la fame, la nudità, ma la condivisione fraterna dei beni che Dio ha messo a disposizione di tutti. Peccato non è diventare ricchi, ma arricchire da soli. Nel Vangelo dei Nazareni, un libro apocrifo del II secolo d.C., l'episodio è riferito con l'aggiunta di alcuni particolari curiosi. Dopo la richiesta del Maestro, "il ricco incominciò a grattarsi il capo; non era contento. Allora il Signore gli fece osservare: molti dei tuoi fratelli, figli di Abramo, affondano nella sporcizia e muoiono di fame, mentre la tua casa è ricolma di ogni bene e nulla ne esce per loro"".
* Lo abbiamo sentito: Gesù invita chi vuole seguirlo a farsi povero, a vendere i propri beni per distribuirli ai bisognosi, liberandosi così dalla tentazione della ricchezza che rende sazi e chiude il cuore. Ma nella società in cui viviamo, un mondo di abbondanza, di ricchezza, di benessere, le parole di Gesù possono trovare accoglienza?
* Il discorso è duro anche per i poveri. Essi spesso guardano alla ricchezza come a un miraggio, come a un obiettivo che sperano sempre di raggiungere con un po' di fortuna. Gesù getta invece una doccia fredda su questi pensieri. La povertà non va accolta lamentandosi: la ricchezza non può riempire il cuore di un uomo.
* Per paradosso è probabilmente il ricco che può comprendere meglio del povero il valore della povertà e la liberazione che può nascere dal distacco dalla ricchezza. A imitazione di Gesù, che essendo ricco più di ogni altro si è fatto povero e umile, condividendo fino in fondo la nostra vita.
aDiventare poveri oggi, o almeno sensibili ai problemi della povertà altrui, significa di fatto saper condividere. In un mondo in cui i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, in una società che nasconde le sue brutture, che mimetizza le baracche, che crea delle nuove necessità, che di fatto non tutti potranno soddisfare, il vangelo ci invita a metterci nei panni degli altri, a cambiare prima di tutto il nostro atteggiamento mentale, la nostra disponibilità verso i poveri, ma anche la nostra mentalità di fronte alla ricchezza. Dobbiamo diventare tutti un po' meno avidi, se vogliamo che un giorno scompaia la povertà attorno a noi e nel mondo, ma soprattutto se vogliamo salvare noi stessi.
* Dicevamo che le parole di Gesù ancora una volta ci sorprendono e sono davvero esigenti. Coinvolgono in modo personalissimo ogni cristiano, ma anche la chiesa, che deve offrire oggi la stessa testimonianza che è stata degli apostoli: "Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito…".
* "Può essere laicista, anticlericale, edonista quanto si voglia l'uomo moderno, ma quando la chiesa si fa povera e si rivolge poveri, non solo i poveri vengono evangelizzati, ma attraverso l'evangelizzazione fatta i poveri e su misura dei poveri essa si fa capire in tutte le lingue" (mons. Giovanni Benedetti).

L'uomo più buono del Brasile
Nel 1975 il più importante settimanale brasiliano illustrato, "Manchete" di Rio de Janeiro, gli dedicò un articolo intitolato: "L'uomo più buono del Brasile", che incominciava con queste parole: "Il nostro paese è terra di conquista per finanzieri e industriali italiani. Molti vengono da noi a impegnare i loro capitali allo scopo di guadagnarne altri. Marcello Candia, ricco industriale milanese, vive in Amazzonia da 10 anni, e ha speso tutte le sue sostanze con uno scopo ben diverso: per aiutare gli indios, i caboclos, i lebbrosi, i poveri. L'abbiamo eletto l'uomo più buono del Brasile per l'anno 1975".

Si possiede tutto con Cristo
Beata quella povertà che non si lascia travolgere dall'amore delle cose materiali e non cerca affannosamente di arricchirsi dei beni di questo mondo, ma desidera prima di tutto crescere nella vita di fede. Dopo il Signore, un modello di questa povertà che nasce da un animo grande ce l'hanno dato per primi gli apostoli. Essi lasciarono, senza eccezione, tutte le loro cose e, seguendo l'invito del loro divino Maestro, da pescatori di pesci si sono rapidamente cambiati in pescatori di uomini.
Essi attirarono molti ad abbracciare la loro stessa vita, quanti cioè li imitarono nella fede. Era il tempo in cui i primi figli della Chiesa erano "un cuor solo e un'anima sola" (At 4,32). Staccatisi da tutto ciò che possedevano, si arricchirono dei beni eterni, attraverso una povertà praticata per motivi di fede. Avevano imparato dalla predicazione degli apostoli la gioia di non avere nulla nel mondo e di possedere tutto con Cristo" (san Leone Magno).


 Umberto DE VANNA

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