Luca Desserafino sdb"Dunque tu sei re..."

22 novembre 2015 | 34a Domenica - Tempo Ordinario B | Omelia
Dunque tu sei re...
Nell'ultima domenica dell'anno liturgico celebriamo la festa di Cristo re dell'universo; ossia la festa della sua signoria sul mondo, sul creato, sugli uomini, sulla storia. È una domenica che viene per così dire a coronare tutta la vicenda
di Gesù e della stessa storia umana. È la festa di Cristo, re dell'universo. L'Apocalisse di Giovanni, parlando alle comunità cristiane perseguitate e oppresse dall'impero romano, mostra Gesù vittorioso nel cielo della storia.

Ma, il paradosso di questa festa sta nel fatto che, davanti ai nostri occhi, la liturgia ci presenta un re umiliato, ridicolizzato, sconfitto. Verrebbe da chiedersi: ma che re è, questo re? Forse ci troviamo vicini allo scetticismo di Pilato. Al vederlo conciato com'era quel venerdì santo, incuriosito, gli chiede: "Tu sei il re dei giudei?". L'aspetto arrendevole e modesto di Gesù era ben lontano da quello di un sobillatore capace di mettersi alla testa di una banda armata per rovesciare il dominio di Roma. Eppure, Gesù non nega l'affermazione del governatore, e risponde: "Tu lo dici, io sono re!". Ma subito, per evitare qualsiasi equivoco, aggiunge: "Il mio regno non è di questo mondo". E per convincerlo porta una prova elementare: "Se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai giudei".

È tutto vero. Anche se viene da pensare che quei pochi amici che aveva, non solo non lo difessero, al contrario lo abbandonarono tutti dandosi alla fuga; solo uno tentò la difesa con un colpo di spada, attirandosi però un duro rimprovero dallo stesso Gesù. Non è in quel modo che si difende quel Maestro e il suo Vangelo. E Gesù restò solo.

Ma che re è, uno che resta solo? Certo, non lo è alla maniera di questo mondo, come dice lui stesso: "Il mio regno non è di questo mondo". In quattro righe questa affermazione è ripetuta per ben due volte: "Il mio regno non è di quaggiù". La sua regalità non trae origine dal mondo, non viene dal consenso della gente, e neppure dalle sue qualità straordinarie. La regalità di Gesù viene dall'alto; nasce da Dio. Questo, tuttavia, non vuol dire che questa regalità non si eserciti nella storia e nel mondo. Pilato lo ha capito bene. In un certo modo, lo aveva capito anche Erode quando i magi gli chiesero dov'era nato il re dei giudei. Per paura di perdere il potere Erode fece uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù, lo ricordiamo.

Quel bambino era re, ma in un modo diverso, in un modo ben più profondo e radicale di quel che Erode e Pilato pensavano. Il governatore di Roma, ormai verso la fine dell'interrogatorio, conclude: "Dunque, tu sei re?". Pilato sembra voler affermare che l'accusa posta a Gesù sia giusta, e Gesù concorda con lui, e spiega che proprio per questo è venuto nel mondo: ossia per "rendere testimonianza alla verità". E subito aggiunge: "Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce!". La verità è che Dio-Padre ha amato gli uomini al punto da inviare il suo Figlio Unigenito, il quale ci ha manifestato l'amore misericordioso del Padre stesso. Gesù è il volto concreto di tale amore, il testimone della passione di Dio per gli uomini.

Strana regalità quella di Gesù! Egli regna dal pretorio, ma stando dalla parte dello sconfitto. Il suo potere è la forza debole della misericordia, della compassione, della mitezza, dell'amore. Così Gesù governa i cuori degli uomini e la storia. Lo aveva detto all'inizio sul monte delle beatitudini: "Beati i miti, perché erediteranno la terra". La vera grandezza, la vera regalità, il vero potere, sta nel lasciarsi conquistare dalla "verità" di Dio, ossia dal suo sconfinato amore che giunge sino a dare la vita per gli uomini.
Questo amore vince ogni male e oggi anche noi, suoi discepoli, siamo chiamati, amando, a diventare sempre più testimoni credibili di tale verità.

Luca Desserafino sdb

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