padre Gian Franco Scarpitta "Tanto può la maternità divina"

Tanto può la maternità divina
padre Gian Franco Scarpitta  
IV Domenica di Avvento (Anno C) (20/12/2015)
Vangelo: Lc 1,39-45 
Si torna a parlare di Maria come donna dell'Avvento. Questa volta però non a proposito
dell'annunciazione dell'Angelo che le rivelava che sarebbe diventata miracolosamente Madre nonostante la sua illibatezza e purezza verginale, ma a proposito delle promesse fatte anteriormente da Dio, che riguardavano una puerpera. Isaia aveva predetto che, quale segno inequivocabile della presenza di Dio presso il popolo d'Israele, "la vergine partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele" (Is 7, 14). Un testo che a dire il vero si riferisce immediatamente al futuro re Ezechia, successore di Acaz, uomo fedele e integerrimo. La tradizione cristiana tuttavia ha sempre considerato questo brano (molto controverso dagli studiosi) come prefigurativo della "vergine Maria" che concepisce l'Emmanuele Dio con noi" a Betlemme. Così del resto viene specificato da Matteo 1, 23, il quale specifica che Emmanuele significa "Dio con noi". La vergine (o ragazza) di cui parlava Isaia è Maria. Di un parto atteso parla anche Michea nel brano della prima lettura odierna: si attende il governatore universale che nascerà da un parto in una cittadina che, sebbene minuscola località di Giuda, è in realtà la più grande. Il Salvatore nascerà proprio lì. Ancora Isaia annuncia che nascerà un Bambino ammirabile: "Poiché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il segno della sovranità ed è chiamato: Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace; grande sarà il suo dominio e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul regno..." (Is 9, 5 - 6). Anche se non si parla direttamente di una partoriente, si cita direttamente un Bambino Dio con chiaro riferimento alla stirpe di Davide, che conduce a Gesù. In Maria si realizzano le promesse antiche del re Salvatore Universale e in lei il Verbo si fa' carne e viene ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1, 14). Fatto sta che Maria diventa missionaria dello stesso Dio che reca nel grembo e anche Elisabetta, sentendo esultare il bambino che a sua volta reca in sé da sei mesi dalla fine della sterilità, la saluta con l'appellativo di "Madre del Signore", riconoscendo che quello che la vergine di Nazaret sta recando è il Messia prefigurato dai profeti. Di Maria si esalta dunque in queste pagine la sua maternità divina, il suo presenziare in ordine alla storia della salvezza per essere stata eletta fra tutte le donne allo scopo di collaborare alla salvezza universale. E in effetti la Madre di Dio assume un ruolo speciale in ordine all'incarnazione del Verbo e successivamente anche in relazione alla nostra fede nel Salvatore, al nostro aderire a Lui e al nostro persistere in lui come figli nel Figlio. La storia umana di Dio inizia infatti dall'accettazione del disegno proposto dall'angelo Gabriele, in forza del quale i piani del Padre possono compiersi a vantaggio dell'uomo in ciascuna delle tappe previste dalla storia, nessuna esclusa. Dio avrebbe potuto incarnarsi nella metodologia di altre divinità quali l'avatar (incarnazione) di Visnu, avrebbe potuto incarnarsi assumendo condizioni di vita comode e altolocate, e avrebbe potuto addirittura non incarnarsi e redimere l'uomo con altri provvedimento, magari anche coercitivi. Ma non avrebbe potuto condividere in tal modo gioie, dolori, speranze, ansie e attese nelle quali ci si immerge tutti percorrendo la vita per intero, dalla culla alla bara. Nascendo Bambino da una donna semplice e dimessa ha voluto invece adottare tutto l'esperibile dell'umanità e di questa tutto ciò che comunemente è inviso e ripudiato. Ha esperito ogni cosa dell'umano, anche il primissimo concepimento fra le ostilità di una greppia. In Maria avviene che la semplicità e l'umiltà vengono predilette da Dio onnipotente che nonostante la sua Grandezza e la sua Perfezione assoluta assume le nostre imperfezioni. Concretamente, come direbbe Paolo: "Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono." (1 Cor 26 - 28). Dio entra nella nostra storia percorrendone tutte le tappe fin dalla più recondita infanzia, solidarizzando e condividendo le pene e le ansie dell'uomo e nell'assumere la nostra dimensione terrena non fa alcun ricorso a strumenti di natura grandiosa, non si preoccupa affatto di scegliere degli spazi confortevoli o delle zone garantite quanto alla sicurezza e alla prosperità economica. Sceglie la precarietà preferendola alla ricchezza, preferisce il rischio alla sicurezza, l'abbandono alla supremazia indiscussa che gli è propria. Prende le distanze da ogni connotazione sociale altolocata per essere dalla parte dei più deboli e reietti e anche la sua prima dimora è un luogo ostile e refrattario che contraddice le comodità mondane che sembrano per tutti irrinunciabili. Tutto questo può il Padre delle misericordie, ma di questo è capace anche il consenso di una ragazza umile e sottomessa che consapevolmente si concede a progetti ben superiori alle sue aspettative, per i quali certamente soffrirà non poco e languirà, ma dai quali trarrà la sua meritata parte di gloria.

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