FIGLIE DELLA CHIESA, Lectio Divina"Risurrezione del Signore gli doveva risuscitare dai morti "

Domenica di Pasqua
Risurrezione del Signore  gli doveva risuscitare dai morti (Gv 20,1-9)
“Cristo, mia speranza, è risorto!”(dalla Sequenza di Pasqua).


“Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede.” Cor 15,14

Si, il Signore della Vita che era morto, ora vive! Questa è la certezza su cui poggia la nostra fede.

Con Maria Maddalena, Pietro e l’altro discepolo anche noi corriamo al sepolcro.

Lo stupore nel trovarlo vuoto riempia il nostro cuore di gioia e di speranza!

Respiriamo il profumo del sepolcro vuoto: è il profumo dei lini impregnati delle cento libbre di mirra e aloe (Gv. 19,39-40)! È il profumo della vita che ha sconfitto la morte.

Ct 1,3-4 “Per la fragranza sono inebrianti i tuoi profumi, profumo olezzante è il tuo nome, per questo le giovinette ti amano. Attirami dietro a te, corriamo! M’introduca il re nelle sue stanze: gioiremo e ci rallegreremo per te.”

Il Signore risorto, Lui stesso, c’introduca nell’Amore.

V 1 – Nel giorno dopo il sabato: è “il primo giorno della settimana”, richiama “il primo giorno” della creazione quando Dio separò le tenebre dalla luce. Riceve in eredità la sacralità del sabato ebraico. Per i Cristiani è il primo giorno della nuova settimana, l’inizio del nuovo tempo, in cui vive la creazione nuova. È il giorno memoriale della resurrezione, chiamato “giorno del Signore” (dies Domini, domenica).

Maria di Magdala: è la stessa donna presente ai piedi della croce con altre (19, 25, Mc 16,1). E’ la figura tipica del discepolo: è stata ai piedi della croce, sotto l’albero dove lo Sposo l’ha svegliata (Ct 8,5b), è la Sposa conquistata dall’infinito amore dello Sposo che ora cerca dove l’hanno deposto.

Di buon mattino, quando era ancora buio: è l’alba, le primissime ore del mattino, quando la luce è molto tenue e insieme c’è luce e tenebra. L’evangelista pone l’accento sulla mancanza di luce per evidenziare il contrasto simbolico fra tenebre-mancanza di fede e luce–accoglienza del vangelo della resurrezione. Ma è anche la condizione interiore di Maria Maddalena che cerca lo Sposo: in lei c’è la luce dell’amore ma anche lo smarrimento di non vedere l’Amato.

Al sepolcro: lì Gesù, lo Sposo, era stato deposto (19,42) e lì è posto ogni uomo. Il sepolcro è memoria, ricordo di chi abbiamo amato; diventa luogo dell’incontro del Risorto.

La pietra era stata ribaltata (tolta) dal sepolcro: il verbo “togliere” ci rimanda a Gv 1,29: il Battista indica Gesù come “l’Agnello che toglie il peccato del mondo”. Questa pietra “tolta”, sbalzata via dal sepolcro, è il segno materiale che la morte e il peccato sono stati “tolti” dalla resurrezione di Gesù.

V 2 – Corse allora e andò da Pietro e dall’altro discepolo: l’unica certezza per l’uomo è la morte. La pietra levata, leva l’unica certezza e Maria Maddalena non riesce a capire. Corre da coloro che condividono con lei l’amore per Gesù e la sofferenza per la sua morte terribile, ora accresciuta da questa scoperta. Vuole almeno condividere con loro l’ulteriore dolore per l’oltraggio al cadavere. Pietro, il “discepolo amato” e Maria Maddalena si distinguono per l’amore speciale che li lega a Gesù: è proprio l’amore, specie se ricambiato, che rende capaci di intuire la presenza della persona amata.

L’altro discepolo, quello che Gesù amava: è sicuramente un’aggiunta fatta dai discepoli di Giovanni, che hanno scritto, di fatto, il vangelo e hanno creato quest’espressione per esprimere l’evidente amore privilegiato che intercorre fra Gesù e questo discepolo (cfr 13, 25; 21, 4. 7). L’amicizia è amore reciproco. Gesù chiama i discepoli “amici” se compiono il suo comando (15,14) che è amarci come Lui ci ha amati. Chi ama può incontrare e credere nel Risorto perché anche lui è passato dalla morte alla vita (1Gv 3,14).

Hanno portato via il Signore dal sepolcro: Maria teme uno dei furti di cadavere che avvenivano spesso all’epoca, anche se non parla del “corpo” di Gesù ma di “Signore”. È Lui stesso, il Dio onnipotente, che ha levato, per sempre, la pietra dal sepolcro.

Non sappiamo dove l’hanno posto: lo può capire solo chi conosce le Scritture e la potenza di Dio (Mc 12,24; Mt 22,29)

V 4-5 – Correvano insieme … ma l’altro … giunse per primo … ma non entrò: la corsa rivela l’ansia che vivono questi discepoli. Il fermarsi dell’”altro discepolo” è il riconoscimento, nella sua semplicità, dell’autorità di Pietro all’interno del gruppo apostolico. Il primato (c.21) sarà sempre e comunque quello dell’amore.



V 6- 7 – Le bende per terra e il sudario … piegato in un luogo a parte: già l’”altro discepolo”, pur senza entrare, aveva visto qualcosa. Pietro, varcando la soglia del sepolcro, scopre la prova che non vi era stato alcun furto del cadavere, ma stava davanti ai segni del Risorto. Nel sepolcro, tutto è in ordine, anche se manca il corpo di Gesù e Pietro riesce a vedere bene all’interno, perché la luce del giorno sta crescendo. A differenza di Lazzaro (11, 44), Gesù è risorto abbandonando del tutto il proprio vestiario funerario: i commentatori antichi fanno notare che, infatti, Lazzaro dovette poi usare quelle bende per la propria definitiva sepoltura, mentre Gesù non aveva più alcun bisogno di esse, non dovendo mai più morire (cfr Rm 6, 9). Il sepolcro è quindi diventato il letto nuziale preparato dallo Sposo per chiunque vi entrerà: tutti, prima o dopo. Non incontriamo però il potere della morte bensì la comunione perfetta con il Signore della vita: il nostro limite, la morte, diventa comunione con l’Amato.

V 8 – Allora entrò anche l’altro discepolo: la presenza nel sepolcro vuoto di due testimoni oculari risponde alle norme del diritto giudaico (8,17; Dt 19,15; Mt 18,16), e così si sottolinea l’autenticità dei segni dell’evento pasquale.

Pietro … vide … l’altro discepolo … vide e credette: anche Maria, all’inizio del racconto, aveva “visto”. La versione italiana traduce tutto con lo stesso verbo, il testo originale ne usa tre diversi: theoreo per Pietro (v.6); blepo per l’altro discepolo e Maddalena (vv 1 e 5); orao (v. 8), qui, per l’altro discepolo. È da intendere una crescita della profondità spirituale di questo “vedere” che, infatti, culmina con la fede dell’altro discepolo. L’”altro discepolo” non ha visto nulla di diverso da quanto aveva già osservato Pietro; forse, egli interpreta ciò che vede diversamente dagli altri e crede in Gesù, Signore della vita pur senza vederlo. È il prototipo di quelli che crederanno in Gesù senza vederlo (v.29) perché vede con il cuore. L’amore è principio della fede che genera vita. Tuttavia la sua è una fede ancora solo iniziale, tanto che egli non trova il modo di condividerla con Maria Maddalena o Pietro. Per Giovanni il binomio “vedere e credere” è molto rilevante ed è riferito esclusivamente alla fede nella resurrezione del Signore (cfr 20,29), perché era impossibile credere davvero prima che il Signore fosse morto e risorto (cfr 14,25-26; 16,12-15). Il binomio visione – fede caratterizza tutto questo capitolo e “il discepolo amato” è presentato come un modello di fede che riesce a comprendere la verità di Dio attraverso gli avvenimenti materiali (cfr anche 21,7).

V 9 – Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura: erano impreparati alla rivelazione piena del mistero pasquale; non avevano ancora la capacità di comprendere con le Scritture i segni della presenza del Signore. Anche per i discepoli che avevano vissuto con Gesù, come per noi, l’unica porta che ci permette di attraversare la soglia della fede è la conoscenza della Scrittura (cfr Lc 24,26-27; 1Cor 15,34; At 2,27-31) alla luce dei fatti della resurrezione. Occorre la conversione a Cristo Signore (2Cor 3,12-16) donata a chi ha contemplato il suo amore e lo ama.

Appendice

Il primo giorno della settimana, Maria Maddalena si reca al sepolcro sul mattino, che era ancora buio, e vede la pietra tolta dal sepolcro (Gv 20, 1). Il primo giorno della settimana è quello che, in memoria della risurrezione del Signore, i cristiani chiamano “giorno del Signore”, e che Matteo, solo tra gli Evangelisti, ha chiamato primo giorno della settimana (Mt 28, 1). Corre allora da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e dice loro: Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’han messo (Gv 20, 2). In alcuni codici, anche greci, c’è: Hanno portato via il mio Signore; particolare che mette maggiormente in risalto lo slancio affettivo e la devozione di Maria Maddalena, ma che non si trova nella maggioranza dei codici che abbiamo potuto consultare.

Pietro uscì allora con l’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Tutti e due correvano insieme, ma l’altro discepolo, più svelto di Pietro, lo precedette e arrivò primo al sepolcro (Gv 20, 3-4). E’ da notare e da sottolineare questo riassunto, e come l’evangelista abbia ripreso un particolare tralasciato, aggiungendolo qui come se venisse di seguito. Egli infatti aveva detto prima: si recarono al sepolcro, e poi precisa in che modo si recarono al sepolcro, dicendo che tutti e due correvano insieme. Egli ci informa così che, portandosi avanti, al sepolcro arrivò primo quell’altro discepolo, che poi è lui stesso, ma che parla di sé in terza persona.

E, chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro, e vide le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in disparte (Gv 20, 5-7). Credete che questo sia senza significato? Io non credo. Ma passiamo ad altro, dove, a motivo di qualche difficoltà od oscurità saremo costretti a soffermarci. Ricercare il recondito significato d’ogni singola cosa già di per sé chiara, è certamente una delizia dell’anima, ma una delizia riservata a chi ha più tempo di noi.

Allora entrò anche l’altro discepolo che era giunto prima al sepolcro. Era giunto prima, ed entrò dopo. Non è un particolare privo di interesse, ma non abbiamo tempo da dedicarvi. E vide, e credette. Qualche lettore frettoloso ha creduto di trovare qui la prova che Giovanni credette che Gesù era risorto; ma ciò che segue smentisce tale supposizione. Che vuol dire, infatti, l’evangelista stesso con quanto aggiunge: Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, secondo la quale doveva risuscitare dai morti (Gv 20, 8-9)? Egli non poteva credere che Gesù era risorto, dato che ancora non sapeva che doveva risorgere. Cosa vide allora e a che cosa credette? Vide che il sepolcro era vuoto, e credette a quanto aveva detto la donna, che cioè il Signore era stato portato via. Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, secondo la quale doveva risuscitare dai morti. Il Signore, è vero, aveva loro più volte parlato della sua risurrezione, anche in maniera molto chiara; ma essi, abituati come erano a sentirlo parlare in parabole, non avevano compreso, o avevano creduto che egli volesse riferirsi ad altra cosa. (Sant’Agostino, Commento al Vangelo di Giovanni, Omelia 120, 6-9)



Che significa celebrare Pasqua nel nostro mondo ripieno di sofferenze, di odio, di ostilità, di guerre? Che cosa vuol dire la nostra liturgia orientale quando ci fa cantare che Cristo “con la morte ha vinto la morte” e ci fa ascoltare “che non c’è più alcun morto nei sepolcri”, mentre la morte esiste ancora ed è l’unica certezza assoluta in questo mondo, a dispetto di tutta l’agitazione umana? (…)

Non c’è una risposta definitiva a questa domanda, non esiste una spiegazione della fede pasquale formulabile in termini scientifici. Ciascuno può testimoniare soltanto la propria esperienza. Ma se vi riflettiamo, proprio al cuore di questa esperienza vissuta e personale, scopriamo ad un tratto il fondamento di tutto, che cancella tutti i nostri dubbi e interrogativi come il fuoco che fonde la cera e illumina ogni cosa di luce abbagliante. Qual è dunque questa esperienza?     Non posso descriverla e definirla altrimenti che come l’esperienza del Cristo vivente. Ciò che rende possibile la festa stessa della Pasqua, ciò che riempie di gioia e di luce questa notte unica e fa risuonare con tanta forza il grido di trionfo: “Cristo è risorto! È veramente risorto!”, è proprio la mia fede nata dall’esperienza vivente di Cristo. Come e quanto essa è sorta, non lo so, non lo ricordo più. So solo che quando apro i vangeli e leggo le parole di Gesù e il suo insegnamento, ripeto dentro di me, con tutto il cuore e con tutto il mio essere, le parole degli inviati dei farisei, venuti per arrestare Gesù e ritornati senza averlo potuto fare: “Mai un uomo ha parlato come parla quest’uomo!” (Gv 7,46).

La prima cosa che so è che l’insegnamento di Cristo è vivo e che nulla al mondo può essergli paragonato. Questo insegnamento mi parla di vita eterna, di vittoria sulla morte, di un amore che vince la morte. Ormai so che nella vita in cui tutto sembra difficile e quotidiano, l’unico bene che rimane e non cambia mai è proprio la coscienza che Cristo è sempre con me. “Non vi lascio orfani. Ritornerò da voi” (Gv 14,18). Viene a noi e noi possiamo sperimentare la sua presenza.

Nella preghiera, nel fremere dell’anima, nella gioia incomprensibile e tuttavia così intensa, nella presenza misteriosa e certa della sua persona, nella Chiesa che prega e amministra i sacramenti, ogni volta questa esperienza cresce e si amplifica: il Cristo è presente, le sue parole si sono compiute. “Se uno mi ama io lo amerò e mi manifesterò a lui; e noi verremo e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,21.23). Nella gioia e nella sofferenza, in mezzo alla folla e nella solitudine, ritroveremo la certezza della sua presenza, la forza della sua parola, la gioia della fede in lui. Ecco la sola risposta e la sola prova.

Perché cercare tra i morti colui che è vivente? Perché piangere l’incorruttibile nella corruzione? Il cristianesimo non è nient’altro che il sentimento rinnovato di questa fede e la sua incarnazione. Pasqua, infatti, non è il ricordo di un evento passato. È l’incontro reale nella gioia e nel gaudio con colui nel quale il nostro cuore ha scoperto la vita e la luce. La grande notte pasquale testimonia che Cristo è vivente e che noi siamo viventi in lui. È un richiamo a vedere nel mondo e nell’alba del giorno misterioso del regno di luce.

La Chiesa orientale canta: “In questo giorno la primavera espande il suo profumo e la creatura rinnovata si rallegra”. Essa si rallegra nella fede, nell’amore e nella speranza. “è il giorno della risurrezione. La festa ci illumini, abbracciamoci gli uni agli altri come fratelli, nel nome del Risorto perdoniamo coloro che ci odiano e cantiamo: <Cristo è risorto dai morti, con la morte ha distrutto la morte e a coloro che giacevano nei sepolcri ha donato la vita >. Cristo è risorto!” (Schmemann, Christ est ressuscité, pp. 26-28)
Alexander Schmemann è una delle voci più significative dell’ortodossia in America (1921-1983). Si può considerare il più grande teologo russo contemporaneo della missione.



Nella Chiesa che va alla ricerca dei segni ci sono diversi temperamenti, diverse mentalità: c’è l’affetto di Maria, l’intuizione di Giovanni, la massiccia lentezza di Pietro; si tratta di diversi tipi, di diverse famiglie di spiriti che cercano i segni della presenza del Signore. Ma tutti, se sono veramente nella Chiesa, hanno in comune l’ansia della presenza di Gesù fra noi.

Esistono quindi nella Chiesa diversi doni spirituali, da cui hanno origine diverse disposizioni: alcuni sono più veloci, altri più lenti; tutti comunque si aiutano a vicenda, rispettandosi reciprocamente, per cercare insieme i segni della presenza di Dio e comunicarceli, nonostante le diversità delle relazioni di fronte al mistero.

In questo episodio troviamo l’esempio di una collaborazione nella diversità: ciascuno comunica all’altro quel poco che ha visto, e insieme ricostruiscono l’orientamento dell’esistenza cristiana, laddove i segni della presenza del Signore, di fronte a gravi difficoltà o a situazioni sconvolgenti, sembrano essere scoparsi … quando manca la presenza dei segni visibili del Signore, bisogna scuotersi, muoversi, correre, cercare comunicazione con altri, con la certezza che Dio è presente e ci parla.

Se nella Chiesa primitiva Maddalena non avesse agito in tal modo, comunicando ciò che sapeva, e se non ci si fosse aiutati l’un l’altro, il sepolcro sarebbe rimasto là e nessuno vi sarebbe andato; sarebbe rimasta inutile la risurrezione di Gesù. Soltanto la ricerca comune e l’aiuto degli uni agli altri portano finalmente a ritrovarsi insieme, riuniti nel riconoscimento dei segni del Signore. (C.M. Martini, Il Vangelo secondo Giovanni, Roma 1980, 157-158)



Il sepolcro! Ecco il luogo dove l’avevano deposto (cfr Mc 16,6). Spiritualmente è lì presente tutta la Comunità ecclesiale di ogni parte della terra. Ci siamo anche noi con le tre donne che si recano al sepolcro, prima dell’alba, per ungere il corpo senza vita di Gesù (cfr Mc 16,1). La loro premura è la nostra premura. Con loro scopriamo che la grossa pietra tombale è stata rotolata via e il corpo non vi è più. “Non è qui”, annuncia l’angelo, mostrando il sepolcro vuoto e le bende funerarie per terra. La morte non ha più potere su di Lui (cfr Rm 6,9).

Cristo è risorto! Annuncia, al termine di questa notte di Pasqua, la Chiesa, che ieri aveva proclamato la morte di Cristo sulla Croce. E’ annuncio di verità e di vita. “Surrexit Dominus de sepulchro, qui pro nobis pependit in ligno. Alleluia!”. E’ risorto dal sepolcro il Signore, che per noi fu appeso alla croce.

Sì, Cristo è veramente risorto e noi ne siamo testimoni. Lo gridiamo al mondo, perché la gioia che è nostra raggiunga tanti altri cuori accendendo in essi la luce della speranza che non delude. Cristo è risorto, alleluia! (Dall’Omelia di San Giovanni Paolo II, Veglia di Pasqua, 22 aprile 2000.)



Che grande gioia per me potervi dare questo annuncio: Cristo è risorto! Vorrei che giungesse in ogni casa, in ogni famiglia, specialmente dove c’è più sofferenza, negli ospedali, nelle carceri… Soprattutto vorrei che giungesse a tutti i cuori, perché è lì che Dio vuole seminare questa Buona Notizia: Gesù è risorto, c’è la speranza per te, non sei più sotto il dominio del peccato, del male! Ha vinto l’amore, ha vinto la misericordia! Sempre vince la misericordia di Dio!

Anche noi, come le donne discepole di Gesù, che andarono al sepolcro e lo trovarono vuoto, possiamo domandarci che senso abbia questo avvenimento (cfr Lc 24,4). Che cosa significa che Gesù è risorto? Significa che l’amore di Dio è più forte del male e della stessa morte; significa che l’amore di Dio può trasformare la nostra vita, far fiorire quelle zone di deserto che ci sono nel nostro cuore. E questo può farlo l’amore di Dio!

Questo stesso amore per cui il Figlio di Dio si è fatto uomo ed è andato fino in fondo nella via dell’umiltà e del dono di sé, fino agli inferi, all’abisso della separazione da Dio, questo stesso amore misericordioso ha inondato di luce il corpo morto di Gesù, lo ha trasfigurato, lo ha fatto passare nella vita eterna. Gesù non è tornato alla vita di prima, alla vita terrena, ma è entrato nella vita gloriosa di Dio e ci è entrato con la nostra umanità, ci ha aperto ad un futuro di speranza. Ecco che cos’è la Pasqua: è l’esodo, il passaggio dell’uomo dalla schiavitù del peccato, del male alla libertà dell’amore, del bene. Perché Dio è vita, solo vita, e la sua gloria siamo noi: l’uomo vivente (cfr Ireneo, Adversus haereses, 4,20,5-7).

Cari fratelli e sorelle, Cristo è morto e risorto una volta per sempre e per tutti, ma la forza della Risurrezione, questo passaggio dalla schiavitù del male alla libertà del bene, deve attuarsi in ogni tempo, negli spazi concreti della nostra esistenza, nella nostra vita di ogni giorno. Quanti deserti, anche oggi, l’essere umano deve attraversare! Soprattutto il deserto che c’è dentro di lui, quando manca l’amore di Dio e per il prossimo, quando manca la consapevolezza di essere custode di tutto ciò che il Creatore ci ha donato e ci dona. Ma la misericordia di Dio può far fiorire anche la terra più arida, può ridare vita alle ossa inaridite (cfr Ez 37,1-14).

Allora, ecco l’invito che rivolgo a tutti: accogliamo la grazia della Risurrezione di Cristo! Lasciamoci rinnovare dalla misericordia di Dio, lasciamoci amare da Gesù, lasciamo che la potenza del suo amore trasformi anche la nostra vita; e diventiamo strumenti di questa misericordia, canali attraverso i quali Dio possa irrigare la terra, custodire tutto il creato e far fiorire la giustizia e la pace.

E così domandiamo a Gesù risorto, che trasforma la morte in vita, di mutare l’odio in amore, la vendetta in perdono, la guerra in pace. Sì, Cristo è la nostra pace e attraverso di Lui imploriamo pace per il mondo intero. (Dal messaggio Urbi et Orbi di Papa Francesco, Pasqua 2013)

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