Don Domenico MACHETTA"La Pentecoste è l'anti-Babele."

15 maggio 2016 | 8a Domenica di Pasqua: APentecoste Anno C | Appunti per Lectio
Proponiamo una "lectio" sul racconto classico di Atti 2,1-11.
Per il Vangelo (14,15-16.23b-26),
rimandiamo alle riflessioni della 6ª domenica di Pasqua e alla festa della Trinità.
Il testo di Atti 2,1-11
va letto tenendo presente Gn 11 (la torre di Babele), che è la 1ª lettura della messa della vigilia di
Pentecoste. La Pentecoste è l'anti-Babele. A Babele si parte da "una sola lingua" e si arriva alla confusione delle lingue. Quando due persone bisticciano lo diciamo anche noi parlano lingue diverse. Il mattino di Pentecoste, a Gerusalemme, Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia... insomma tutto il mondo conosciuto, riescono a capirsi. Il linguaggio dell'amore mette tutti in comunione. Il capirsi non è frutto dei mezzi di comunicazione sociale, ma dell'effusione dello Spirito Santo. In sostanza la sintesi di tutto sta qui.
Al mattino del giorno di Pentecoste si trovavano tutti insieme nello stesso luogo: espressione che ricorda l'Esodo, quando Israele era raccolto ai piedi del Sinai. Il "Targum" di Es 19,2 dice: "Israele si accampò di fronte alla montagna tutto unito di cuore". A Pentecoste, gli Ebrei celebravano la festa del dono della Legge. È significativo che il dono dello Spirito avvenga in questa ricorrenza! All'improvviso (repente) si ode un fragore: assolutamente impre vedibile e gratuito l'intervento del "rúach", il vento di Adonaj. Come il vento, anche il fuoco è un simbolo biblico dello Spirito: lingue come di fuoco (non dice che fossero di fuoco, ma come di fuoco) si posano su di loro. È un po' quello che è capitato in anticipo nella casa di Zaccaria al tempo della Visitazione. Il linguaggio che unisce tutti è quello dell'amore. Non è un parlare tante lingue, ma un unico linguaggio che celebra le grandi opere di Dio, da non confondersi con la "glossolalia", il carisma di cui si parla nella 1ª lettera ai Corinti.
In definitiva questa "epifania" dello Spirito è frutto di una grande presa di coscienza che la prima Chiesa di Gerusalemme ha avuto dopo il periodo di preparazione, vissuto in preghiera, perseveranza e concordia, con Maria. È fondamentale la presenza di Maria nella prima comunità cristiana, come "calamita" dello Spirito. Come abbiamo ricordato nella 2ª domenica di Pasqua, Gesù, entrando nel cenacolo a porte chiuse, alitando su di loro, donò lo Spirito. Gli apostoli rimangono storditi, ma non capita niente: le porte del cenacolo rimangono chiuse. A Pentecoste finalmente, con la luce e la forza dello Spirito, gli apostoli prendono coscienza di quello che è avvenuto nella VitaMorte-Risurrezione di Gesù e diventano testimoni. Gesù aveva ordinato loro con forza (Atti 1,4) di non allontanarsi da Gerusalemme prima di essere rivestiti di "forza" dall'alto. Il rischio di saltare la Pentecoste è sempre in agguato nella Chiesa. Luca ci avverte con estrema decisione.

Dopo il Tempo pasquale, culminato nella festa di Pentecoste, la liturgia prevede tre solennità: Trinità, Corpus Domini e Sacro Cuore. Si abbraccia tutto il mistero cristiano, e cioè "la realtà di Dio Uno e Trino, il Sacramento dell'Eucaristia e il centro divinoumano della Persona di Cristo" (Benedetto XVI).
Proponiamo qualche spunto per una "lectio" unitaria delle letture delle singole feste.

Don Domenico MACHETTA
Fonte:  www.donbosco-torino.it

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