FIGLIE DELLA CHIESA, Lectio "Chi non prende la croce non è degno di me. Chi accoglie voi, accoglie me "
XIII Domenica del Tempo Ordinario
Antifona d'ingresso
Popoli tutti, battete le mani,
acclamate a Dio con voci di gioia. (Sal 47,2)
Colletta
O Dio, che ci hai reso figli della luce
con il tuo Spirito di adozione,
fa’ che non ricadiamo nelle tenebre dell’errore,
ma restiamo sempre luminosi
nello splendore della verità.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...
Oppure:
Infondi in noi, o Padre,
la sapienza e la forza del tuo Spirito,
perché camminiamo con Cristo sulla via della croce,
pronti a far dono della nostra vita
per manifestare al mondo la speranza del tuo regno.
PRIMA LETTURA
Costui è un uomo di Dio, un santo, si fermi da noi.
Dal secondo libro dei Re (2Re 4,8-11.14-16)
Un giorno Eliseo passava per Sunem, ove c’era un’illustre donna, che lo trattenne a mangiare. In
seguito, tutte le volte che passava, si fermava a mangiare da lei.
Ella disse al marito: «Io so che è un uomo di Dio, un santo, colui che passa sempre da noi. Facciamo
una piccola stanza superiore, in muratura, mettiamoci un letto, un tavolo, una sedia e un candeliere;
così, venendo da noi, vi si potrà ritirare».
Un giorno che passò di lì, si ritirò nella stanza superiore e si coricò. Eliseo [disse a Giezi, suo servo]:
«Che cosa si può fare per lei?». Giezi disse: «Purtroppo lei non ha un figlio e suo marito è vecchio».
Eliseo disse: «Chiamala!». La chiamò; ella si fermò sulla porta. Allora disse: «L’anno prossimo, in
questa stessa stagione, tu stringerai un figlio fra le tue braccia».
SALMO RESPONSORIALE (Salmo 88)
Rit: Canterò per sempre l’amore del Signore.
Canterò in eterno l’amore del Signore,
di generazione in generazione
farò conoscere con la mia bocca la tua fedeltà,
perché ho detto: «È un amore edificato per sempre;
nel cielo rendi stabile la tua fedeltà». Rit:
Beato il popolo che ti sa acclamare:
camminerà, Signore, alla luce del tuo volto;
esulta tutto il giorno nel tuo nome,
si esalta nella tua giustizia. Rit:
Perché tu sei lo splendore della sua forza
e con il tuo favore innalzi la nostra fronte.
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Perché del Signore è il nostro scudo,
il nostro re, del Santo d’Israele. Rit:
SECONDA LETTURA
Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti con lui: camminiamo in una vita nuova.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (Rm 6,3-4.8-11)
Fratelli, non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua
morte?
Per mezzo del battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo
fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una
vita nuova.
Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo, risorto dai
morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui. Infatti egli morì, e morì per il peccato una
volta per tutte; ora invece vive, e vive per Dio. Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma
viventi per Dio, in Cristo Gesù.
CANTO AL VANGELO (Cf 1 Pt 2, 9)
Alleluia, alleluia.
Voi siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa;
proclamate le opere ammirevoli di colui
che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa.
Alleluia.
VANGELO (Mt 10,37-42)
Chi non prende la croce non è degno di me. Chi accoglie voi, accoglie me.
+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Chi ama padre o madre più di me non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me non è degno
di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me.
Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la
troverà.
Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.
Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto
perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto.
Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un
discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».
Preghiera sulle offerte
O Dio, che per mezzo dei segni sacramentali
compi l’opera della redenzione,
fa’ che il nostro servizio sacerdotale
sia degno del sacrificio che celebriamo.
Antifona di comunione
Anima mia, benedici il Signore:
tutto il mio essere benedica il suo santo nome. (Sal 103,1)
Oppure:
“Padre, prego per loro, perché siano in noi una cosa sola,
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e il mondo creda che tu mi hai mandato”, dice il Signore. (Gv 17,20-21)
Oppure:
“Chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà”,
dice il Signore. (Mt 10,39)
Preghiera dopo la comunione
La divina Eucaristia,
che abbiamo offerto e ricevuto, Signore,
sia per noi principio di vita nuova,
perché, uniti a te nell’amore,
portiamo frutti che rimangano per sempre.
Lectio
Contesto liturgico
I discepoli del Signore sono stati inviati a portare l’annunzio del Regno dei cieli vicino agli ultimi, ai
poveri, con uno stile altrettanto essenziale di vita e di testimonianza, che lascia trasparire l’Unico
necessario, il Cristo, che viene incontro a tutti i cercatori di senso. Lo Spirito effuso nella Pentecoste
per la missione corrobora le fatiche dell’annuncio, così che i credenti possano crescere e camminare
in una vita nuova. L’antifona d’ingresso ci dà il LA iniziale di questa domenica XIII del tempo
ordinario: tutti i popoli sono invitati a riconoscere nei missionari il Signore che cammina sulle strade
dell’uomo e ad acclamare a lui con voci di gioia. La salvezza è vicina a chi teme il Signore. Egli non
ci lascia soli.
Contesto biblico
Con la pericope offertaci oggi dalla Chiesa si conclude il ‘discorso missionario’ di Matteo, che
abbiamo già incontrato domenica scorsa e, nei versetti odierni, raggiunge l’apice delle esigenze della
sequela Christi. Un verbo segna ripetutamente il cuore del passo biblico odierno: accogliere, e lo
qualifica nelle sue conseguenze esistenziali.
vv.37-39: In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Chi ama il padre o la madre più di me non
è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce
e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la
sua vita per causa mia, la troverà.
“Nulla anteporre all’amore di Cristo”, era la massima sapienziale con cui san Benedetto suggellava
l’appartenenza totale e radicale dei suoi al Cristo. Sembra ritrovarla in filigrana in questi versetti, che
toccano quanto vi è di più radicale e fondante la vita di un uomo, di una donna: l’affetto per il genitori,
per i figli. Addirittura, il testo parallelo di Luca dirà chi non odia il padre o la madre (cf. Lc 18,20),
per rimarcare l’esclusività nell’appartenenza a cui Gesù chiama i “suoi”. L’annuncio del Regno ha
esigenze di primazia assoluta, persino rispetto a coloro da cui abbiamo ricevuto la vita o a cui
l’abbiamo data alla luce. Si tratta di una carica provocatoria con la quale Gesù chiede ai suoi discepoli
che l’amore per lui passi avanti a tutti gli altri amori; è una delle espressioni più plastiche della
‘radicalità evangelica’. Talvolta, gli altri amori possono ostacolare o rallentare, persino annacquare il
vino nuovo del Vangelo, quando si frappongono fra il Cristo e l’annunciatore, togliendo forza e
smalto alla Parola. Ciò che Gesù chiede è una scelta di campo, il porsi in una prospettiva nuova di
amore, che avviene in modo pieno e significativo non quando si abbandonano letteralmente le proprie
cose e i propri cari, ma quanto si è capaci di coinvolgere anche gli affetti più alti nella ricerca del
Regno che Gesù è venuto ad annunziare. Ce ne ha dato l’esempio egli stesso: “Mentre egli parlava
ancora alla folla, sua madre e i suoi fratelli, stavano fuori e cercavano di parlargli. Qualcuno gli disse:
«Ecco tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e cercano di parlarti». Ed egli, rispondendo a chi gli
parlava, disse: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Poi tendendo la mano verso i suoi
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discepoli disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è
nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre». (Mt 12, 46-50). Percorrere la via della radicalità
evangelica è degno dell’uomo e lo riveste della sua altissima dignità, perché è a misura della sua
‘capacità’ di Dio. È quando diventa capace di seguire così le orme del Maestro, che l’uomo incontra
la pienezza della vita e, necessariamente, incrocia la croce, come vertice del dono di sé. La croce cui
si fa riferimento qui non sono tanto le controversie e le persecuzioni che, pure, accompagnano e
segnano l’autenticità dell’annuncio, quanto, la conformazione piena del discepolo al suo Maestro e
Signore, nell’Amore fino alla fine.
vv.40-41: Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi
accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come
giusto, avrà la ricompensa del giusto.
A ragione, dunque, i popoli possono battere le mani (cf antifona d’ingresso) perché a tutti è offerta la
salvezza, purché se ne facciano grembo, purché l’accolgano. L’accoglienza è ciò che consente o meno
l’incontro di ognuno con Dio; un incontro che parte dal volto concreto del discepolo missionario per
svelare il Volto invisibile del Padre. L’accoglienza è l’attitudine a ricevere in modo disarmato e sereno
la novità del Regno che solo i piccoli e i poveri possono riconoscere e a cui si abbandonano senza
difese. Richiede una ricca capacità di gratitudine, come ci è mediata dalla donna facoltosa di Sunem,
di cui nella prima lettura abbiamo un riferimento molto bello. Ella accoglie il profeta Eliseo con il
marito in casa sua e, con dovizia di particolari, allestisce per lui una camera per il suo ristoro dalle
fatiche della missione, che suscita d’istinto la gratitudine stessa del profeta, che ne ricompensa la
delicatezza del dono con la promessa benedicente di un figlio di là ad un anno. Quando si accoglie
chi viene nel nome del Signore, si accoglie egli stesso e si entra nel vortice della ridondanza del suo
dono, che si riversa su ciascuno come benedizione e fecondità.
vv.42: E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio
discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».
Praticare l’accoglienza in una terra così ‘desertica’ come la Palestina era un fiore all’occhiello per il
pio israelita; per cui, anche offrire un semplice bicchiere d’acqua ai discepoli del Signore perché
‘suoi’ significa praticare la solidarietà con coloro che hanno fatto questa scelta. Chi accoglie i
discepoli di Gesù in forza della loro prerogativa di discepoli riceve la loro stessa ricompensa, cioè
viene equiparato ad essi. Ci sono molti modi per annunciare il Vangelo e far parte dei semplici del
Regno: anche offrire un bicchiere d’acqua può significare e indicare qualcuno dall’amore senza
misura, quello di Gesù.
Appendice
L’amore per i genitori non è comparabile all’amore verso Dio
Gesù parla in tal modo per rendere al tempo stesso i figli più forti, quando è in causa l’amore di Dio,
e i genitori, che volessero ostacolarli, più miti e ragionevoli. Costatando che Dio ha tale forza e
potenza da attirare a sé i figli degli uomini, separandoli dai loro genitori, questi ultimi desisteranno
dall’opporsi, ben comprendendo che tutti i loro sforzi in tal senso sarebbero inutili. Ecco perché in
questo passo Gesù si rivolge solo ai figli, e non indirizza le sue parole anche ai padri, i quali, però,
dalle sue parole sono avvertiti di non tentare mai di allontanare da Dio i loro figli trattandosi di
impresa impossibile. Ma affinché i padri non rimangano indignati e non si ritengano offesi da questo
comando ch’egli rivolge ai giovani, osservate come prosegue il suo discorso. Dopo aver detto: “Se
uno viene a me senza disamare il proprio padre e la madre”, aggiungendo subito, “e persino la propria
vita”. Credete voi – egli dice in sostanza – che io vi chieda soltanto di rinunziare ai vostri genitori, ai
vostri fratelli, alle vostre sorelle, alle vostre spose? Non c’è niente di più strettamente unito all’uomo
della sua vita: ebbene, se non giungerete a disprezzare anche quella, io non vi considererò né vi
tratterò certo da amici, ma in modo del tutto contrario. (Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo
di Matteo 35,2)
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Offrire un bicchiere d’acqua fresca
Egli ha insegnato che l’opera di una coscienza retta non è vana e che la speranza della fede non soffre
per la colpa dell’incredulità altrui. Prevede che molti si sarebbero gloriati solo del titolo di apostoli
ma sarebbero sati riprovevoli in tutta la condotta della loro vita, ingannando e mentendo a lungo. Egli
tuttavia non toglie all’ossequio, che è loro accordato perché li si crede pii, la ricompensa per l’opera
di carità di coloro che sperano in essi. Infatti, anche se essi sono i più piccoli, cioè gli ultimi tra tutti
i peccatori – poiché non c’è niente di più piccolo del minimo -, tuttavia egli ritiene che anche i servizi
più leggeri nei loro riguardi, designati col nome di acqua fresca, non sono senza valore. L’onore infatti
viene reso non ai peccati dell’uomo, ma al titolo di apostolo. E così le turpitudini di colui che mente
su se stesso non tolgono niente alla rettitudine di colui che rende un servizio. Qui consegue la
ricompensa per la sincerità nel dare, non per la menzogna di colui che riceve. (Ilario di Poitiers,
Commentario a Matteo 10,29)
Essere apostolo, in che modo? Nei modi che Dio ci mette a disposizione: i sacerdoti hanno dei
superiori che dicono loro cosa devono fare. I laici devono essere apostoli verso tutti quelli che
riescono a raggiungere: i parenti e gli amici, ma non soltanto loro; la carità non ha nulla di stretto,
abbraccia tutti coloro che abbraccia il Cuore di Gesù. Con quali mezzi? Con i mezzi migliori, tenendo
conto delle persone alle quali sono indirizzati: verso tutti quelli con cui sono in relazione, nessuno
escluso, con la bontà, con la tenerezza, con l’affetto fraterno, con l’esempio della virtù, con l’umiltà
e la mitezza, sempre attraenti e così cristiane. Con alcuni occorre non dire mai una parola su Dio o
sulla religione, pazientando come Dio pazienta, essendo buono come Dio è buono, essendo per loro
come un tenero fratello e pregando. Con altri, è opportuno parlare di Dio nella misura che possono
portare; e quando giungono al punto di cercare la verità mediante lo studio della religione, occorre
metterli in rapporto con un sacerdote ben scelto e capace di fare loro del bene. Soprattutto vedere in
ogni essere umano un fratello. (Charles de Foucauld)
Il nostro tempo, con l'umanità in movimento e in ricerca, esige un rinnovato impulso nell'attività
missionaria della chiesa. Gli orizzonti e le possibilità della missione si allargano, e noi cristiani siamo
sollecitati al coraggio apostolico, fondato sulla fiducia nello Spirito. E lui il protagonista della
missione! Sono numerose nella storia dell'umanità le svolte epocali che stimolano il dinamismo
missionario, e la chiesa, guidata dallo Spirito, vi ha sempre risposto con generosità e lungimiranza.
Né i frutti sono mancati. […] Oggi la Chiesa deve affrontare altre sfide, proiettandosi verso nuove
frontiere sia nella prima missione “ad gentes” sia nella nuova evangelizzazione di popoli che hanno
già ricevuto l'annuncio di Cristo. Oggi a tutti i cristiani, alle Chiese particolari e alla Chiesa universale
sono richiesti lo stesso coraggio che mosse i missionari del passato e la stessa disponibilità ad
ascoltare la voce dello Spirito. (San Giovanni Paolo II)
Io sono consapevole che tu, o Dio Padre Onnipotente, devi essere il fine principale della mia vita, in
maniera che ogni mia parola, ogni mio sentimento, esprima te. L’esercizio della parola, di cui hai
fatto dono, non può avere ricompensa più ambita che quella di servirti facendoti conoscere, di
mostrare a questo mondo che ti ignora o all’eretico che ti nega, che sei Padre, Padre cioè
dell’Unigenito Dio. Questo solo è il fine che mi propongo. Per il resto bisogna invocare il dono del
tuo aiuto e della tua misericordia, perché tu col soffio del tuo Spirito possa gonfiare le vele della
nostra fede e della nostra lode e guidarci sulla rotta della proclamazione intrapresa. Non viene meno
infatti alla sua parola colui che si ha fatto questa promessa: “Chiedete e vi sarà dato, cercate e
troverete, bussate e vi sarà aperto” (Mt 7,7). Allora noi, poveri come siamo, ti chiederemo ciò che
ci manca e scruteremo con zelo tenace le parole di tuoi profeti e dei tuoi apostoli, e busseremo a tutte
le porte che sbarrano il riconoscimento della verità: Ma dipende da te concedere l’oggetto della nostra
preghiera, essere presente a quanto si chiede, aprire a chi bussa. Aprici dunque l’autentico significato
delle parole, e donaci luce per comprendere, efficacia di parola, vera fede. Fa’ che possiamo esprimere
ciò che crediamo, che proclamiamo te, unico Dio Padre, e l’unico Signore Gesù Cristo, secondo
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quanto ci è stato trasmesso dai profeti e dagli apostoli. Fa’ che contro gli eretici, che lo negano,
sappiamo affermare che tu, o Padre, sei Dio insieme al Figlio, e sappiamo predicarne senza errori la
divinità. (Sant’Ilario di Poitiers)
Fonte:http://www.qumran2.net
Antifona d'ingresso
Popoli tutti, battete le mani,
acclamate a Dio con voci di gioia. (Sal 47,2)
Colletta
O Dio, che ci hai reso figli della luce
con il tuo Spirito di adozione,
fa’ che non ricadiamo nelle tenebre dell’errore,
ma restiamo sempre luminosi
nello splendore della verità.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...
Oppure:
Infondi in noi, o Padre,
la sapienza e la forza del tuo Spirito,
perché camminiamo con Cristo sulla via della croce,
pronti a far dono della nostra vita
per manifestare al mondo la speranza del tuo regno.
PRIMA LETTURA
Costui è un uomo di Dio, un santo, si fermi da noi.
Dal secondo libro dei Re (2Re 4,8-11.14-16)
Un giorno Eliseo passava per Sunem, ove c’era un’illustre donna, che lo trattenne a mangiare. In
seguito, tutte le volte che passava, si fermava a mangiare da lei.
Ella disse al marito: «Io so che è un uomo di Dio, un santo, colui che passa sempre da noi. Facciamo
una piccola stanza superiore, in muratura, mettiamoci un letto, un tavolo, una sedia e un candeliere;
così, venendo da noi, vi si potrà ritirare».
Un giorno che passò di lì, si ritirò nella stanza superiore e si coricò. Eliseo [disse a Giezi, suo servo]:
«Che cosa si può fare per lei?». Giezi disse: «Purtroppo lei non ha un figlio e suo marito è vecchio».
Eliseo disse: «Chiamala!». La chiamò; ella si fermò sulla porta. Allora disse: «L’anno prossimo, in
questa stessa stagione, tu stringerai un figlio fra le tue braccia».
SALMO RESPONSORIALE (Salmo 88)
Rit: Canterò per sempre l’amore del Signore.
Canterò in eterno l’amore del Signore,
di generazione in generazione
farò conoscere con la mia bocca la tua fedeltà,
perché ho detto: «È un amore edificato per sempre;
nel cielo rendi stabile la tua fedeltà». Rit:
Beato il popolo che ti sa acclamare:
camminerà, Signore, alla luce del tuo volto;
esulta tutto il giorno nel tuo nome,
si esalta nella tua giustizia. Rit:
Perché tu sei lo splendore della sua forza
e con il tuo favore innalzi la nostra fronte.
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Perché del Signore è il nostro scudo,
il nostro re, del Santo d’Israele. Rit:
SECONDA LETTURA
Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti con lui: camminiamo in una vita nuova.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (Rm 6,3-4.8-11)
Fratelli, non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua
morte?
Per mezzo del battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo
fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una
vita nuova.
Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo, risorto dai
morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui. Infatti egli morì, e morì per il peccato una
volta per tutte; ora invece vive, e vive per Dio. Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma
viventi per Dio, in Cristo Gesù.
CANTO AL VANGELO (Cf 1 Pt 2, 9)
Alleluia, alleluia.
Voi siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa;
proclamate le opere ammirevoli di colui
che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa.
Alleluia.
VANGELO (Mt 10,37-42)
Chi non prende la croce non è degno di me. Chi accoglie voi, accoglie me.
+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Chi ama padre o madre più di me non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me non è degno
di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me.
Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la
troverà.
Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.
Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto
perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto.
Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un
discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».
Preghiera sulle offerte
O Dio, che per mezzo dei segni sacramentali
compi l’opera della redenzione,
fa’ che il nostro servizio sacerdotale
sia degno del sacrificio che celebriamo.
Antifona di comunione
Anima mia, benedici il Signore:
tutto il mio essere benedica il suo santo nome. (Sal 103,1)
Oppure:
“Padre, prego per loro, perché siano in noi una cosa sola,
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e il mondo creda che tu mi hai mandato”, dice il Signore. (Gv 17,20-21)
Oppure:
“Chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà”,
dice il Signore. (Mt 10,39)
Preghiera dopo la comunione
La divina Eucaristia,
che abbiamo offerto e ricevuto, Signore,
sia per noi principio di vita nuova,
perché, uniti a te nell’amore,
portiamo frutti che rimangano per sempre.
Lectio
Contesto liturgico
I discepoli del Signore sono stati inviati a portare l’annunzio del Regno dei cieli vicino agli ultimi, ai
poveri, con uno stile altrettanto essenziale di vita e di testimonianza, che lascia trasparire l’Unico
necessario, il Cristo, che viene incontro a tutti i cercatori di senso. Lo Spirito effuso nella Pentecoste
per la missione corrobora le fatiche dell’annuncio, così che i credenti possano crescere e camminare
in una vita nuova. L’antifona d’ingresso ci dà il LA iniziale di questa domenica XIII del tempo
ordinario: tutti i popoli sono invitati a riconoscere nei missionari il Signore che cammina sulle strade
dell’uomo e ad acclamare a lui con voci di gioia. La salvezza è vicina a chi teme il Signore. Egli non
ci lascia soli.
Contesto biblico
Con la pericope offertaci oggi dalla Chiesa si conclude il ‘discorso missionario’ di Matteo, che
abbiamo già incontrato domenica scorsa e, nei versetti odierni, raggiunge l’apice delle esigenze della
sequela Christi. Un verbo segna ripetutamente il cuore del passo biblico odierno: accogliere, e lo
qualifica nelle sue conseguenze esistenziali.
vv.37-39: In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Chi ama il padre o la madre più di me non
è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce
e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la
sua vita per causa mia, la troverà.
“Nulla anteporre all’amore di Cristo”, era la massima sapienziale con cui san Benedetto suggellava
l’appartenenza totale e radicale dei suoi al Cristo. Sembra ritrovarla in filigrana in questi versetti, che
toccano quanto vi è di più radicale e fondante la vita di un uomo, di una donna: l’affetto per il genitori,
per i figli. Addirittura, il testo parallelo di Luca dirà chi non odia il padre o la madre (cf. Lc 18,20),
per rimarcare l’esclusività nell’appartenenza a cui Gesù chiama i “suoi”. L’annuncio del Regno ha
esigenze di primazia assoluta, persino rispetto a coloro da cui abbiamo ricevuto la vita o a cui
l’abbiamo data alla luce. Si tratta di una carica provocatoria con la quale Gesù chiede ai suoi discepoli
che l’amore per lui passi avanti a tutti gli altri amori; è una delle espressioni più plastiche della
‘radicalità evangelica’. Talvolta, gli altri amori possono ostacolare o rallentare, persino annacquare il
vino nuovo del Vangelo, quando si frappongono fra il Cristo e l’annunciatore, togliendo forza e
smalto alla Parola. Ciò che Gesù chiede è una scelta di campo, il porsi in una prospettiva nuova di
amore, che avviene in modo pieno e significativo non quando si abbandonano letteralmente le proprie
cose e i propri cari, ma quanto si è capaci di coinvolgere anche gli affetti più alti nella ricerca del
Regno che Gesù è venuto ad annunziare. Ce ne ha dato l’esempio egli stesso: “Mentre egli parlava
ancora alla folla, sua madre e i suoi fratelli, stavano fuori e cercavano di parlargli. Qualcuno gli disse:
«Ecco tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e cercano di parlarti». Ed egli, rispondendo a chi gli
parlava, disse: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Poi tendendo la mano verso i suoi
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discepoli disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è
nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre». (Mt 12, 46-50). Percorrere la via della radicalità
evangelica è degno dell’uomo e lo riveste della sua altissima dignità, perché è a misura della sua
‘capacità’ di Dio. È quando diventa capace di seguire così le orme del Maestro, che l’uomo incontra
la pienezza della vita e, necessariamente, incrocia la croce, come vertice del dono di sé. La croce cui
si fa riferimento qui non sono tanto le controversie e le persecuzioni che, pure, accompagnano e
segnano l’autenticità dell’annuncio, quanto, la conformazione piena del discepolo al suo Maestro e
Signore, nell’Amore fino alla fine.
vv.40-41: Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi
accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come
giusto, avrà la ricompensa del giusto.
A ragione, dunque, i popoli possono battere le mani (cf antifona d’ingresso) perché a tutti è offerta la
salvezza, purché se ne facciano grembo, purché l’accolgano. L’accoglienza è ciò che consente o meno
l’incontro di ognuno con Dio; un incontro che parte dal volto concreto del discepolo missionario per
svelare il Volto invisibile del Padre. L’accoglienza è l’attitudine a ricevere in modo disarmato e sereno
la novità del Regno che solo i piccoli e i poveri possono riconoscere e a cui si abbandonano senza
difese. Richiede una ricca capacità di gratitudine, come ci è mediata dalla donna facoltosa di Sunem,
di cui nella prima lettura abbiamo un riferimento molto bello. Ella accoglie il profeta Eliseo con il
marito in casa sua e, con dovizia di particolari, allestisce per lui una camera per il suo ristoro dalle
fatiche della missione, che suscita d’istinto la gratitudine stessa del profeta, che ne ricompensa la
delicatezza del dono con la promessa benedicente di un figlio di là ad un anno. Quando si accoglie
chi viene nel nome del Signore, si accoglie egli stesso e si entra nel vortice della ridondanza del suo
dono, che si riversa su ciascuno come benedizione e fecondità.
vv.42: E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio
discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».
Praticare l’accoglienza in una terra così ‘desertica’ come la Palestina era un fiore all’occhiello per il
pio israelita; per cui, anche offrire un semplice bicchiere d’acqua ai discepoli del Signore perché
‘suoi’ significa praticare la solidarietà con coloro che hanno fatto questa scelta. Chi accoglie i
discepoli di Gesù in forza della loro prerogativa di discepoli riceve la loro stessa ricompensa, cioè
viene equiparato ad essi. Ci sono molti modi per annunciare il Vangelo e far parte dei semplici del
Regno: anche offrire un bicchiere d’acqua può significare e indicare qualcuno dall’amore senza
misura, quello di Gesù.
Appendice
L’amore per i genitori non è comparabile all’amore verso Dio
Gesù parla in tal modo per rendere al tempo stesso i figli più forti, quando è in causa l’amore di Dio,
e i genitori, che volessero ostacolarli, più miti e ragionevoli. Costatando che Dio ha tale forza e
potenza da attirare a sé i figli degli uomini, separandoli dai loro genitori, questi ultimi desisteranno
dall’opporsi, ben comprendendo che tutti i loro sforzi in tal senso sarebbero inutili. Ecco perché in
questo passo Gesù si rivolge solo ai figli, e non indirizza le sue parole anche ai padri, i quali, però,
dalle sue parole sono avvertiti di non tentare mai di allontanare da Dio i loro figli trattandosi di
impresa impossibile. Ma affinché i padri non rimangano indignati e non si ritengano offesi da questo
comando ch’egli rivolge ai giovani, osservate come prosegue il suo discorso. Dopo aver detto: “Se
uno viene a me senza disamare il proprio padre e la madre”, aggiungendo subito, “e persino la propria
vita”. Credete voi – egli dice in sostanza – che io vi chieda soltanto di rinunziare ai vostri genitori, ai
vostri fratelli, alle vostre sorelle, alle vostre spose? Non c’è niente di più strettamente unito all’uomo
della sua vita: ebbene, se non giungerete a disprezzare anche quella, io non vi considererò né vi
tratterò certo da amici, ma in modo del tutto contrario. (Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo
di Matteo 35,2)
5
Offrire un bicchiere d’acqua fresca
Egli ha insegnato che l’opera di una coscienza retta non è vana e che la speranza della fede non soffre
per la colpa dell’incredulità altrui. Prevede che molti si sarebbero gloriati solo del titolo di apostoli
ma sarebbero sati riprovevoli in tutta la condotta della loro vita, ingannando e mentendo a lungo. Egli
tuttavia non toglie all’ossequio, che è loro accordato perché li si crede pii, la ricompensa per l’opera
di carità di coloro che sperano in essi. Infatti, anche se essi sono i più piccoli, cioè gli ultimi tra tutti
i peccatori – poiché non c’è niente di più piccolo del minimo -, tuttavia egli ritiene che anche i servizi
più leggeri nei loro riguardi, designati col nome di acqua fresca, non sono senza valore. L’onore infatti
viene reso non ai peccati dell’uomo, ma al titolo di apostolo. E così le turpitudini di colui che mente
su se stesso non tolgono niente alla rettitudine di colui che rende un servizio. Qui consegue la
ricompensa per la sincerità nel dare, non per la menzogna di colui che riceve. (Ilario di Poitiers,
Commentario a Matteo 10,29)
Essere apostolo, in che modo? Nei modi che Dio ci mette a disposizione: i sacerdoti hanno dei
superiori che dicono loro cosa devono fare. I laici devono essere apostoli verso tutti quelli che
riescono a raggiungere: i parenti e gli amici, ma non soltanto loro; la carità non ha nulla di stretto,
abbraccia tutti coloro che abbraccia il Cuore di Gesù. Con quali mezzi? Con i mezzi migliori, tenendo
conto delle persone alle quali sono indirizzati: verso tutti quelli con cui sono in relazione, nessuno
escluso, con la bontà, con la tenerezza, con l’affetto fraterno, con l’esempio della virtù, con l’umiltà
e la mitezza, sempre attraenti e così cristiane. Con alcuni occorre non dire mai una parola su Dio o
sulla religione, pazientando come Dio pazienta, essendo buono come Dio è buono, essendo per loro
come un tenero fratello e pregando. Con altri, è opportuno parlare di Dio nella misura che possono
portare; e quando giungono al punto di cercare la verità mediante lo studio della religione, occorre
metterli in rapporto con un sacerdote ben scelto e capace di fare loro del bene. Soprattutto vedere in
ogni essere umano un fratello. (Charles de Foucauld)
Il nostro tempo, con l'umanità in movimento e in ricerca, esige un rinnovato impulso nell'attività
missionaria della chiesa. Gli orizzonti e le possibilità della missione si allargano, e noi cristiani siamo
sollecitati al coraggio apostolico, fondato sulla fiducia nello Spirito. E lui il protagonista della
missione! Sono numerose nella storia dell'umanità le svolte epocali che stimolano il dinamismo
missionario, e la chiesa, guidata dallo Spirito, vi ha sempre risposto con generosità e lungimiranza.
Né i frutti sono mancati. […] Oggi la Chiesa deve affrontare altre sfide, proiettandosi verso nuove
frontiere sia nella prima missione “ad gentes” sia nella nuova evangelizzazione di popoli che hanno
già ricevuto l'annuncio di Cristo. Oggi a tutti i cristiani, alle Chiese particolari e alla Chiesa universale
sono richiesti lo stesso coraggio che mosse i missionari del passato e la stessa disponibilità ad
ascoltare la voce dello Spirito. (San Giovanni Paolo II)
Io sono consapevole che tu, o Dio Padre Onnipotente, devi essere il fine principale della mia vita, in
maniera che ogni mia parola, ogni mio sentimento, esprima te. L’esercizio della parola, di cui hai
fatto dono, non può avere ricompensa più ambita che quella di servirti facendoti conoscere, di
mostrare a questo mondo che ti ignora o all’eretico che ti nega, che sei Padre, Padre cioè
dell’Unigenito Dio. Questo solo è il fine che mi propongo. Per il resto bisogna invocare il dono del
tuo aiuto e della tua misericordia, perché tu col soffio del tuo Spirito possa gonfiare le vele della
nostra fede e della nostra lode e guidarci sulla rotta della proclamazione intrapresa. Non viene meno
infatti alla sua parola colui che si ha fatto questa promessa: “Chiedete e vi sarà dato, cercate e
troverete, bussate e vi sarà aperto” (Mt 7,7). Allora noi, poveri come siamo, ti chiederemo ciò che
ci manca e scruteremo con zelo tenace le parole di tuoi profeti e dei tuoi apostoli, e busseremo a tutte
le porte che sbarrano il riconoscimento della verità: Ma dipende da te concedere l’oggetto della nostra
preghiera, essere presente a quanto si chiede, aprire a chi bussa. Aprici dunque l’autentico significato
delle parole, e donaci luce per comprendere, efficacia di parola, vera fede. Fa’ che possiamo esprimere
ciò che crediamo, che proclamiamo te, unico Dio Padre, e l’unico Signore Gesù Cristo, secondo
6
quanto ci è stato trasmesso dai profeti e dagli apostoli. Fa’ che contro gli eretici, che lo negano,
sappiamo affermare che tu, o Padre, sei Dio insieme al Figlio, e sappiamo predicarne senza errori la
divinità. (Sant’Ilario di Poitiers)
Fonte:http://www.qumran2.net
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