MONASTERO DI RUVIANO, "vendano tutto per acquistare il campo in cui c’è il tesoro!..."
DICIASSETTESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
1Re 3,5.7-12; Sal 118; Rm 8, 28-30; Mt 13, 44-52
Conducendoci nel paese delle parabole Gesù ha fatto come il contadino della prima parabola di
questa domenica: ha nascosto il tesoro nel vaso d’argilla delle immagini, dei racconti, dei paragoni, l’ha sotterrato perché lo trovasse chi avesse orecchie per ascoltare … mentre però ha fatto come quel contadino che nasconde vuole che i suoi ascoltatori facciano anch’essi come quello stesso contadino: vendano tutto per acquistare il campo in cui c’è il tesoro!...
E’ quello che Gesù, il Figlio eterno, ha fatto dinanzi a noi … è incredibile ma è così: sì, Gesù, il Figlio eterno, ci ha trovati come “tesori”, come “perle” e per noi ha “venduto” tutto! Per noi si “è spogliato e ha assunto la forma di schiavo”, per noi “non ritenne un tesoro geloso il suo essere Dio” (cfr Fil 2, 6-11). Così ci ha acquistati “a caro prezzo” (cfr 1Cor 6,20).
Allora la prima domanda che la liturgia di questa domenica ci pone è essenziale: abbiamo trovato il tesoro? Lo abbiamo riconosciuto come tale? Abbiamo deciso che vale la pena conquistarlo a qualunque prezzo?
Il re Salomone nel passo del Primo libro dei Re che oggi ascoltiamo fa proprio questo: rinunzia a tutto ciò che un qualunque re avrebbe potuto desiderare di chiedere a Dio per conquistare il tesoro più grande: un “lev shomea”, un cuore ascoltante! E’ questo il tesoro che Salomone vuole per sé: l’ascolto profondo (il “lev” è il cuore ma non nel senso della sede dei sentimenti, ma nel senso del profondo dell’uomo, nel senso del centro vitale di ciascuno)!
In fondo è quanto chiede Gesù con le sue parabole: ascolto che trasformi, che porti frutto, ascolto compromettente e per il quale vale la pena vendere tutto come fanno il contadino del tesoro ed il mercante della perla! L’ ascolto! Senza di esso non si dà discepolo del Regno, non si dà uomo nuovo; un ascolto così genera gioia! Certamente abbiamo notato che il “motore” delle due prime parabole è proprio la gioia: il contadino per la sua gioia va e vende tutte le cose che ha e compra quel campo, il mercante pure lo immaginiamo esultante di gioia (anche se essa non viene esplicitata da Matteo) in quanto quel ritrovamento, frutto di una lunga ricerca, è l’approdo cui anelava con tutto se stesso! I due, grazie a questa esultante gioia, hanno la capacità di compiere una scelta: il tesoro, la perla! Una scelta impone delle rinunzie (vendono tutto il resto!): dinanzi al Regno di Dio è necessario fare un’operazione che oggi i più rigettano, scegliere! La scelta impone necessariamente degli aut-aut rinunziando allo stolto, ed oggi imperante, et-et! Certe somme non sonopossibili! Il Regno di Dio, l’ Evangelo, impone delle scelte e quindi delle rinunzie! Ci sono delle vendite, dei no a cui chinare il capo!
Se si vuole il “lev shomea” bisogna essere disposti a operare dei tagli! E’ duro ma è necessario, è vitale! L’ Evangelo ci chiede un vero discernimento su ciò che oggi nelle nostre vite va venduto! Le parabole di oggi proclamano un primato assoluto del tesoro e della perla: il contadino ed il mercante vendono tutto! La logica è stringente: tutto ciò che con il Regno non può stare va respinto, venduto; guai a chi pretende di sommare le vie del Regno e le vie del mondo!
Per questo discernimento è necessaria una grande sapienza, una sapienza che è solo dono dall’alto (è un dono che Salomone chiede!) e che fa del discepolo uno scriba sapiente che sa trarre dal suo tesoro cose nuove ed antiche … questo detto con cui si chiude il discorso in parabole secondo molti è un autoritratto di Matteo (in greco discepolo si dice “matheteuthéis” che ha una assonanza significativa con il nome “Maththaȋos”!). Che significa quel detto di Gesù? E’ la capacità che bisogna avere di leggere la parola dell’Evangelo in ogni tempo, in ogni situazione e di farla diventare parlante e provocatoria in ogni contesto storico e bisogno delle comunità credenti! E’ la capacità di ascolto profondo che è ascolto della Parola e della storia, capacità di fare sintesi in modo che i segni dei tempi (cfr Mt 16,3) facciano leggere la volontà di Dio e la Parola sia chiave e provocazione per la storia e per gli eventi.
Oggi ascoltando questo Evangelo risuona per noi una domanda di Gesù che ci provoca dopo queste tre domeniche in cui siamo stati condotti nel paese delle parabole: Avete capito tutte queste cose? Cioè, le avete messe nel cuore a costo di qualunque vendita?
La parabola della rete a conclusione della gran serie di parabole di queste domeniche è una consolazione che Gesù dà a chi ha il coraggio di farsi discepolo di questo Regno che è Lui è venuto a seminare nella storia! E’ una parabola che se letta superficialmente sembra un doppione di quella della zizzania; in realtà sono tutte e due parabole di separazione, di discernimento ma, mentre la parabola della zizzania mette l’accento sulla presenza conturbante del male assieme al bene e sull’atteggiamento di speranza che bisogna nutrire con cuore paziente, la parabola della rete si sbilancia sulla “sorte” finale dei figli del Regno! Essi splenderanno come sole nel regno del Padre loro : davvero per questo vale la pena qualunque rinunzia!
Colui a cui il paese delle parabole ha insegnato davvero qualcosa avrà la capacità di attraversare la storia quale scriba sapiente con occhio profondo e cuore pronto, con cuore ascoltante!
P. Fabrizio Cristarella Orestano
Fonte:http://www.monasterodiruviano.it/
1Re 3,5.7-12; Sal 118; Rm 8, 28-30; Mt 13, 44-52
Conducendoci nel paese delle parabole Gesù ha fatto come il contadino della prima parabola di
questa domenica: ha nascosto il tesoro nel vaso d’argilla delle immagini, dei racconti, dei paragoni, l’ha sotterrato perché lo trovasse chi avesse orecchie per ascoltare … mentre però ha fatto come quel contadino che nasconde vuole che i suoi ascoltatori facciano anch’essi come quello stesso contadino: vendano tutto per acquistare il campo in cui c’è il tesoro!...
E’ quello che Gesù, il Figlio eterno, ha fatto dinanzi a noi … è incredibile ma è così: sì, Gesù, il Figlio eterno, ci ha trovati come “tesori”, come “perle” e per noi ha “venduto” tutto! Per noi si “è spogliato e ha assunto la forma di schiavo”, per noi “non ritenne un tesoro geloso il suo essere Dio” (cfr Fil 2, 6-11). Così ci ha acquistati “a caro prezzo” (cfr 1Cor 6,20).
Allora la prima domanda che la liturgia di questa domenica ci pone è essenziale: abbiamo trovato il tesoro? Lo abbiamo riconosciuto come tale? Abbiamo deciso che vale la pena conquistarlo a qualunque prezzo?
Il re Salomone nel passo del Primo libro dei Re che oggi ascoltiamo fa proprio questo: rinunzia a tutto ciò che un qualunque re avrebbe potuto desiderare di chiedere a Dio per conquistare il tesoro più grande: un “lev shomea”, un cuore ascoltante! E’ questo il tesoro che Salomone vuole per sé: l’ascolto profondo (il “lev” è il cuore ma non nel senso della sede dei sentimenti, ma nel senso del profondo dell’uomo, nel senso del centro vitale di ciascuno)!
In fondo è quanto chiede Gesù con le sue parabole: ascolto che trasformi, che porti frutto, ascolto compromettente e per il quale vale la pena vendere tutto come fanno il contadino del tesoro ed il mercante della perla! L’ ascolto! Senza di esso non si dà discepolo del Regno, non si dà uomo nuovo; un ascolto così genera gioia! Certamente abbiamo notato che il “motore” delle due prime parabole è proprio la gioia: il contadino per la sua gioia va e vende tutte le cose che ha e compra quel campo, il mercante pure lo immaginiamo esultante di gioia (anche se essa non viene esplicitata da Matteo) in quanto quel ritrovamento, frutto di una lunga ricerca, è l’approdo cui anelava con tutto se stesso! I due, grazie a questa esultante gioia, hanno la capacità di compiere una scelta: il tesoro, la perla! Una scelta impone delle rinunzie (vendono tutto il resto!): dinanzi al Regno di Dio è necessario fare un’operazione che oggi i più rigettano, scegliere! La scelta impone necessariamente degli aut-aut rinunziando allo stolto, ed oggi imperante, et-et! Certe somme non sonopossibili! Il Regno di Dio, l’ Evangelo, impone delle scelte e quindi delle rinunzie! Ci sono delle vendite, dei no a cui chinare il capo!
Se si vuole il “lev shomea” bisogna essere disposti a operare dei tagli! E’ duro ma è necessario, è vitale! L’ Evangelo ci chiede un vero discernimento su ciò che oggi nelle nostre vite va venduto! Le parabole di oggi proclamano un primato assoluto del tesoro e della perla: il contadino ed il mercante vendono tutto! La logica è stringente: tutto ciò che con il Regno non può stare va respinto, venduto; guai a chi pretende di sommare le vie del Regno e le vie del mondo!
Per questo discernimento è necessaria una grande sapienza, una sapienza che è solo dono dall’alto (è un dono che Salomone chiede!) e che fa del discepolo uno scriba sapiente che sa trarre dal suo tesoro cose nuove ed antiche … questo detto con cui si chiude il discorso in parabole secondo molti è un autoritratto di Matteo (in greco discepolo si dice “matheteuthéis” che ha una assonanza significativa con il nome “Maththaȋos”!). Che significa quel detto di Gesù? E’ la capacità che bisogna avere di leggere la parola dell’Evangelo in ogni tempo, in ogni situazione e di farla diventare parlante e provocatoria in ogni contesto storico e bisogno delle comunità credenti! E’ la capacità di ascolto profondo che è ascolto della Parola e della storia, capacità di fare sintesi in modo che i segni dei tempi (cfr Mt 16,3) facciano leggere la volontà di Dio e la Parola sia chiave e provocazione per la storia e per gli eventi.
Oggi ascoltando questo Evangelo risuona per noi una domanda di Gesù che ci provoca dopo queste tre domeniche in cui siamo stati condotti nel paese delle parabole: Avete capito tutte queste cose? Cioè, le avete messe nel cuore a costo di qualunque vendita?
La parabola della rete a conclusione della gran serie di parabole di queste domeniche è una consolazione che Gesù dà a chi ha il coraggio di farsi discepolo di questo Regno che è Lui è venuto a seminare nella storia! E’ una parabola che se letta superficialmente sembra un doppione di quella della zizzania; in realtà sono tutte e due parabole di separazione, di discernimento ma, mentre la parabola della zizzania mette l’accento sulla presenza conturbante del male assieme al bene e sull’atteggiamento di speranza che bisogna nutrire con cuore paziente, la parabola della rete si sbilancia sulla “sorte” finale dei figli del Regno! Essi splenderanno come sole nel regno del Padre loro : davvero per questo vale la pena qualunque rinunzia!
Colui a cui il paese delle parabole ha insegnato davvero qualcosa avrà la capacità di attraversare la storia quale scriba sapiente con occhio profondo e cuore pronto, con cuore ascoltante!
P. Fabrizio Cristarella Orestano
Fonte:http://www.monasterodiruviano.it/
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