FIGLIE DELLA CHIESA, Lectio "Sei invidioso perché io sono buono?" (Mt 20,1-16)

XXV Domenica del Tempo Ordinario
Antifona d'ingresso
“Io sono la salvezza del popolo”,
dice il Signore,

“in qualunque prova mi invocheranno, li esaudirò,
e sarò il loro Signore per sempre”.

Colletta
O Dio,
che nell’amore verso di te e verso il prossimo
hai posto il fondamento di tutta la legge,
fa’ che osservando i tuoi comandamenti
meritiamo di entrare nella vita eterna.

Oppure:
O Padre, giusto e grande
nel dare all’ultimo operaio come al primo,
le tue vie distano dalle nostre vie
quanto il cielo dalla terra;
apri il nostro cuore
all’intelligenza delle parole del tuo Figlio,
perché comprendiamo l’impagabile onore
di lavorare nella tua vigna fin dal mattino.

PRIMA LETTURA (Is 55,6-9)
I miei pensieri non sono i vostri pensieri.
Dal libro del profeta Isaìa

Cercate il Signore, mentre si fa trovare,
invocatelo, mentre è vicino.
L’empio abbandoni la sua via
e l’uomo iniquo i suoi pensieri;
ritorni al Signore che avrà misericordia di lui
e al nostro Dio che largamente perdona.
Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri,
le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore.
Quanto il cielo sovrasta la terra,
tanto le mie vie sovrastano le vostre vie,
i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 144)
Rit: Il Signore è vicino a chi lo invoca.
Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome in eterno e per sempre.
Grande è il Signore e degno di ogni lode;
senza fine è la sua grandezza. Rit:

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature. Rit:

Giusto è il Signore in tutte le sue vie
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore è vicino a chiunque lo invoca,
a quanti lo invocano con sincerità. Rit:

SECONDA LETTURA (Fil 1,20-24.27)
Per me vivere è Cristo.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési

Fratelli, Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia.
Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno.
Ma se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa scegliere. Sono stretto infatti fra queste due cose: ho il desiderio di lasciare questa vita per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; ma per voi è più necessario che io rimanga nel corpo.
Comportatevi dunque in modo degno del vangelo di Cristo.

Canto al Vangelo (At 16,14)
Alleluia, alleluia.
Apri, Signore, il nostro cuore
e accoglieremo le parole del Figlio tuo.
Alleluia.

VANGELO (Mt 20,1-16)
Sei invidioso perché io sono buono?
+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

Preghiera sulle offerte
Accogli, o Padre, l’offerta del tuo popolo
e donaci in questo sacramento di salvezza
i beni nei quali crediamo e speriamo con amore di figli.

Antifona di comunione
Hai dato, Signore, i tuoi precetti,
perché siano osservati fedelmente.
Siano diritte le mie vie nell’osservanza
dei tuoi comandamenti. (Sal 119,4-5)

Oppure:
“Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore,
e le mie pecore conoscono me”, dice il Signore. (Gv 10,14)

Oppure:
“Gli ultimi saranno i primi, e i primi gli ultimi”,
dice il Signore. (Mt 20,6)

Preghiera dopo la comunione
Guida e sostieni, Signore, con il tuo continuo aiuto
il popolo che hai nutrito con i tuoi sacramenti,
perché la redenzione operata da questi misteri
trasformi tutta la nostra vita.

Lectio
Una generosità disarmante
Il tema della ricompensa, introdotto da Pietro che non riesce a intravedere chiaramente un’eredità riservata ai discepoli e proporzionata alle esigenze della sequela, appare anche in una parabola che riprende il binomio primi/ultimi e mostra la fragilità delle pretese umane in rapporto alla logica del regno e della comunità dei discepoli. L'argomento è centrale nel cap. 20: è tirato in ballo anche dalla richiesta della madre dei figli di Zebedeo che vuole da Gesù la garanzia di un buon posto per i suoi figli ed è abbordato da Gesù stesso in una catechesi sulla qualità del servizio. Gesù racconta una parabola per spiegare l'impossibilità di accaparrarsi un posto "fisso" nella comunità. Si tratta del capovolgimento delle categorie di «primi» e di «ultimi». Egli vuole insegnare ai suoi discepoli che non si devono fare recriminazioni, dal momento che non esiste una hit parade di chi si investe di più nella sequela. I discepoli devono imparare ad andare oltre i confronti, le comparazioni, la misurazione del quanto si è donato in nome di Gesù, perché Dio non concede secondo le misure umane, ma secondo le sue (che sono “senza misura”!).
La parabola narrata da Gesù tratta la tematica del regno, del disporre dei propri beni e della generosità del padrone che chiama i suoi operai (vv. 1-7) e il pagamento dello stipendio (vv. 8-16).

Una chiamata a più riprese (vv. 1-7)
Il regno dei cieli questa volta viene assimilato ad un padrone che ha una vigna, immagine cara ai profeti che la impiegano ampiamente per parlare del popolo di Israele nel duplice aspetto dell’appartenenza a Dio e della cura che egli ne ha, ma anche delle resistenze e dèfaillance di Israele in rapporto all’alleanza.
La parabola mette in primo piano la figura del padrone che è tutto intento a reclutare operai da impiegare nella vigna, accordando loro un denaro al giorno come paga. Il reclutamento degli operai avviene all’alba al tramonto e si attua in cinque tappe: di buon mattino, alle nove, a mezzogiorno, alle tre e alle cinque (quando recluta anche operai che erano rimasti inattivi tutto il giorno). Gli operai della prima ora sono gli unici con i quali egli ha pattuito la paga (agli altri ha promesso il «giusto») e sono coloro che avranno da ridire al momento del pagamento. Il chiamare a lavorare più operai lascia supporre un’ampia estensione della vigna oppure il desiderio di coinvolgere il maggior numero di operai possibile. Sorprende il fatto che il padrone non chiami gli operai tutti allo stesso momento, ma a più riprese. Egli chiama anche gente che ormai pensava di aver perso una giornata di lavoro e che invece si ritroverà impiegata nel lavoro, anche se per un'ora soltanto.

Una ricompensa … insolita (vv. 8-16)
La chiamata al lavoro avviene pacificamente, ma al momento del pagamento (la sera dello stesso giorno, secondo la prassi del tempo attestata in Lv 19,13) si scatena il putiferio. Il padrone decide di pagare partendo dagli operai che hanno lavorato un’ora per poi giungere a quelli che hanno lavorato sin dal mattino. Avendo assistito al pagamento dei salario di un denaro per gli operai che hanno lavorato dopo e meno di loro, quelli della prima ora confidano di guadagnare una somma più alta, ma con loro grande stupore ciò non accade. Da qui la mormorazione nei confronti del loro padrone che ricorda l'atteggiamento di Israele nel deserto e quello degli scribi e dei farisei critici nei confronti di Gesù. Essi lo reputano ingiusto perché non avrebbe dovuto trattarli tutti allo stesso modo, equiparando il lavoro, livellando sforzi, energie e tempo impiegati, ma avrebbe dovuto dare di più a chi ha lavorato di più.
Di fronte all'ira degli operai della prima ora, il padrone obietta ricordando che in origine avevano pattuito un denaro per l'intera giornata di lavoro (il verbo è “mettersi d'accordo”). Egli pertanto non ha commesso nessuna ingiustizia. Ora la paga è stata riscossa e la questione è chiusa. L'ira sarebbe stata giustificabile se egli non avesse corrisposto la somma pattuita. Il dono fatto agli altri operai non scalfisce la "sinfonia" del padrone con gli operai della prima ora. Sono invece questi operai che decidono di non essere più in "sinfonia" con lui, perché risentiti. Vogliono interferire con lo stile del padrone, con la libertà con cui questo datore di lavoro amministra i suoi beni. Egli ha spostato lo stile della generosità e questo diventa per loro una vera «stonatura". Il padrone afferma, tramite una domanda retorica, di essere pienamente libero di disporre dei suoi beni. La sua domanda si fa incisiva e provocatoria perché rivolta a smascherare i reali sentimenti degli operai in rivolta.
Il loro «occhio cattivo, cioè il loro modo di vedere deformato dalla rabbia, è in contrasto con l’essere «buono», «generoso», proprio del padrone. Il tema dell'occhio è molto caro al primo vangelo. L’occhio, cioè il vedere, può essere semplice (come in Mt 6,22) oppure cattivo, come in questo caso (cf Mt 6,23) può essere persino occasione di scandalo (Mt 5,29; 18,9). La bontà del padrone diventa quinti atto rivelativo dei servi della prima ora. Chi è avido inciampa nella generosità di chi non pesa i suoi doni, ma vuole elargirli con l'eccedenza della sua bontà, coinvolgendo nel lavoro della vigna il maggior numero possibile di persone, impedendo o loro di essere inoperosi, e privi di ricompensa. Dio sogna la fecondità di tutti!
La parabola si conclude poi con un'applicazione che chiarifica la natura gratuita della sequela. Dio, per mezzo del suo Figlio amato, chiama molti e in momenti diversi. Tra i chiamati non vi è classifica. Tutti gli stanno a cuore e a tutti dona con larghezza, superando le misure umane. La sua bontà diventa uno stimolo all'uomo che tende sempre a fare i calcoli sia con Dio che con gli altri.

L'enunciato che alla lettera suona «gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi» diviene allora una provocazione da parte di Gesù a superare le categorie umane attente alle cronologie e alle quantità e a cambiare lo sguardo che si pone sugli eventi, sulle persone e su Dio (Cf Mt 6,22-23): chi si sente arrivato resterà indietro, chi sa di dover imparare invece farà passi da gigante. La generosità di Dio interpella l'uomo ad assumere uno sguardo nuovo, uno sguardo buono, libero da sospetti e da egoismo. Questo sguardo da bambini è degno del Regno. Se gli ultimi diventano i primi, significa che non esistono né ultimi, né primi, ma tutti sono costantemente Presenti a Dio e tutti sono in un cammino inarrestabile, dove si contemplano solo tappe, ma non traguardi, perché la sola meta è il regno. Abolire le categorie mondane di “primi” e “ultimi” significa gustare già gli effetti di quel “rinnovamento” che è il destino di chi sa fare l’esodo dai suoi possessi, donando senza badare a spese a causa del nome di Gesù. La strada è ancora tutta da percorrere, ed è in salita … si va a Gerusalemme!

Appendice
Le ore della divina chiamata
L`operaio, dunque, (che fu chiamato) al mattino, all`ora terza, sesta e nona, indica quell`antico popolo ebraico che fin dagli inizi del mondo, nei suoi eletti, si studiò di onorare Dio con retta fede, come se non cessasse di faticare nel coltivare la vigna. All`undicesima ora sono chiamati i pagani, ai quali anche è chiesto: "Perché ve ne state qui tutto il giorno oziosi?" (Mt 20,6). Essi, infatti, per così lungo tempo non si erano curati di lavorare per la loro vita, come se stessero in ozio tutto il giorno. Ma pensate, fratelli carissimi, cosa risposero alla domanda: Gli risposero: "Perché nessuno ci ha presi" (Mt 20,7). Nessun patriarca, nessun profeta era stato mandato loro. E cosa significa: «Nessuno ci ha presi a lavorare», se non questo: «Nessuno ci ha predicato le vie della vita»? Cosa dunque diremo a nostra scusa, quando abbiamo omesso di fare il bene noi che fin dal grembo della madre siamo venuti alla fede, che fin dalla culla abbiamo udito le parole di vita, che insieme al latte carnale abbiamo attinto il liquore della predicazione celeste al seno della santa Chiesa?
Possiamo anche distinguere le diverse ore in relazione ad ogni uomo, secondo i diversi momenti delle sue età. Così il mattino è la puerizia del nostro intelletto. L`ora terza può indicare l`adolescenza, perché quando cresce il calore dell`età è come se il sole salisse in alto. L`ora sesta è la gioventù, perché come il sole sembra fermarsi nel mezzo (del cielo), in essa viene raggiunto il pieno vigore. L`ora nona raffigura la maturità, nella quale il sole comincia a declinare, perché in questa età comincia a venir meno il calore della gioventù. L`undicesima ora è quella età che viene detta decrepita, cioè la vecchiaia... Siccome poi uno chiamato alla vita santa durante la puerizia, un altro nell`adolescenza, un altro nella gioventù, un altro nella vecchiaia, un altro ancora nell`età decrepita, ecco che gli operai sono chiamati alla vigna in ore diverse. Osservate pertanto i vostri costumi, fratelli carissimi, e vedete se siete già operai di Dio. Ciascuno esamini le sue opere e consideri se sta faticando nella vigna del Signore. Chi infatti in questa vita cerca le cose sue, non è ancora giunto alla vigna del Signore. Lavorano invece per lui coloro che pensano non ai propri guadagni, ma a quelli del Signore, e che per lo zelo della carità si dedicano ad opere pie, si adoperano a conquistar anime, si affrettano a condurre con sé anche gli altri alla vita. Chi invece vive per sé e si pasce dei piaceri della sua carne, è giustamente accusato di essere ozioso, perché non aspira al frutto dell`opera divina.
Chi poi ha trascurato fino a tarda età di vivere per Dio, è come se fosse stato in ozio fino all`undicesima ora. Per cui, giustamente, vien detto a coloro che sono rimasti indolenti fino all`undicesima ora: "Perché ve ne state qui tutto il giorno oziosi"? E` lo stesso che dire: «Anche se non avete voluto vivere per Dio nella puerizia e nella giovinezza, ravvedetevi almeno nell`ultima età, e, sia pure in ritardo, quando ormai non c`è più molto da faticare, venite alla via della vita». Anche questi chiama il padrone di casa, e il più delle volte essi sono ricompensati prima, perché uscendo prima dal corpo, vanno al regno prima di quelli che sembravano essere stati chiamati fin dalla puerizia. Non giunse forse all`undicesima ora il buon ladrone? Se non giunse a quell`ora per l`età, vi giunse certo quanto alla sofferenza, egli che riconobbe Dio mentre era in croce e spirò quasi mentre faceva tale professione. Il padrone di casa cominciò così la distribuzione della paga dall`ultimo, perché condusse al riposo del paradiso il ladrone prima di Pietro. Quanti patriarchi vissero prima della Legge, quanti sotto la Legge, e tuttavia coloro che furono chiamati alla venuta del Signore giunsero senza alcun indugio al regno dei cieli!
Ma è terribile ciò che segue a queste (parole): "Molti sono chiamati, ma pochi eletti" (Mt 26,16), perché molti vengono alla fede, pochi giungono al regno dei cieli. Ecco infatti in quanti siamo convenuti alla festa di oggi e riempiamo le mura di questa chiesa; e tuttavia chissà quanto pochi sono quelli che sono annoverati nel gregge degli eletti di Dio! Ecco infatti la voce di tutti grida: «Cristo!», ma la vita di tutti non grida altrettanto. I più seguono Dio a parole, lo fuggono con la condotta pratica di vita...
Di questi tali, fratelli carissimi, ne vedete molti nella Chiesa, ma non dovete né imitarli e neppure disperare (della loro salvezza). Noi vediamo infatti quello che è oggi ciascuno, ma non sappiamo che cosa potrà diventare domani. Molte volte anche chi sembra venire dopo di noi ci precede con l`agilità delle buone opere, e a stento seguiamo quello che oggi crediamo di precedere. Certamente, mentre Stefano moriva per la fede, Saulo custodiva le vesti di coloro che lo lapidavano. Egli dunque lapidò con le mani di tutti, perché rese tutti più spediti nel lapidare; e tuttavia con le sue fatiche precedette nella santa Chiesa quello stesso che con le sue persecuzioni aveva reso martire. Ci sono dunque due cose alle quali dobbiamo seriamente pensare. Siccome infatti "molti sono chiamati, ma pochi eletti", per prima cosa nessuno deve minimamente presumere di se stesso, perché anche se è già stato chiamato alla fede non sa se è degno del regno eterno. La seconda cosa è che nessuno osi disperare del prossimo, che forse ha visto giacere nei vizi, perché ignora le ricchezze della misericordia divina. (Gregorio Magno, Hom. XIX, 1-3.5-6)

I chiamati e gli eletti
Che nessuno di voi, carissimi, si creda in sicurezza sotto il pretesto che è battezzato, poiché alla stregua di coloro che corrono negli stadi dei quali non tutti ricevono il "bravium", cioè il premio della vittoria, ma solo colui che è arrivato primo nella corsa, così non sono salvati tutti coloro che hanno la fede, bensì solamente coloro che perseverano nelle buone opere cui hanno posto mano. E come colui che lotta contro un altro «si astiene da tutto», così anche voi dovete astenervi da tutti i vizi, per poter vincere il diavolo, vostro avversario. Uomini infelici servono un re terreno con il pericolo della propria vita e passano per enormi difficoltà in vista di un risultato quanto mai effimero e presto scomparso; perché non servite invece il re del cielo per ottenere la felicità del Regno? E visto che per la fede il Signore vi ha già chiamati nella sua vigna, cioè nell`unità della santa Chiesa, vivete, comportatevi in modo tale che, grazie alla divina liberalità, voi possiate ricevere il denaro, cioè la felicità del regno celeste.
Che nessuno disperi a causa della grandezza dei suoi peccati, e non dica: Numerosi sono i peccati nei quali ho perseverato fino alla vecchiaia e all`estrema vecchiaia, non potrà più ormai ottenere il perdono, soprattutto per il fatto che sono i peccati che mi hanno lasciato e non io che li ho rigettati. Che costui non disperi affatto della misericordia divina, poiché alcuni sono chiamati nella vigna di Dio alla prima ora, altri alla terza, altri alla sesta, altri alla nona, altri alla undicesima, come dire che gli uni sono portati al servizio di Dio nell`infanzia, altri nell`adolescenza, altri nella giovinezza, altri nella vecchiaia, altri nell`estrema vecchiaia.
E, come nessuno, quale che sia la sua età, deve disperare se vuole convertirsi a Dio, così nessuno deve credersi nella sicurezza solo in forza della propria fede, ma deve piuttosto temere quanto è detto: "Molti sono chiamati, ma pochi sono eletti" (Mt 20,16). Che noi siamo chiamati per la fede, lo sappiamo; ma se siamo eletti, lo ignoriamo. Ciascuno deve quindi essere tanto più umile in quanto ignora se è eletto.
Che Dio onnipotente vi accordi di non essere nel numero di coloro che a piedi traversarono il Mar Rosso, mangiarono la manna nel deserto, bevettero la bevanda spirituale, e tuttavia perirono a causa delle mormorazioni fatte nel deserto, bensì nel numero di coloro che entrarono nella terra promessa e ottennero, lavorando fedelmente nella vigna della Chiesa di ricevere il denaro della felicità eterna, di modo che con il Cristo vostro capo voi possiate, voi sue membra, regnare per tutti i secoli dei secoli. Amen. (Anonimo IX sec., Hom. 4, 4-7)

La chiamata è per tutti e alla prima ora
A quale scopo, dunque, è stata composta questa parabola, e che fine vuol conseguire? Essa mira a incoraggiare gli uomini che si sono convertiti e hanno cambiato vita in età avanzata, e a evitare che si ritengano inferiori. Questa è la ragione per cui il Signore presenta altri che mal sopportano il fatto che costoro ottengano quei doni; non tanto per mostrare che quelli siano realmente rosi e consumati dall`invidia. Dio ci liberi da tale pensiero; quelli vengono introdotti solo per farci comprendere che gli ultimi arrivati godono di tale onore, che può anche causare invidia. La stessa cosa facciamo anche noi molte volte, quando diciamo ad esempio: Il tale mi ha rimproverato d`averti fatto tale onore. Con ciò noi non vogliamo dire che realmente siamo stati rimproverati, né pensiamo di screditare quell`altro, ma vogliamo dimostrare la grandezza del dono che abbiamo fatto all`amico.
Ma voi ora mi domanderete perché il padrone non fa venire gli operai tutti insieme a lavorare nella vigna. Per quanto dipende dal padrone, egli li ha chiamati tutti insieme, alla stessa ora; però non tutti hanno obbedito subito, e ciò per le diverse disposizioni dei chiamati. Per questo alcuni sono chiamati di buon mattino, altri all`ora terza, altri alla sesta, alla nona, fino all`undicesima ora, ciascuno nel momento in cui è pronto ad ascoltare la sua chiamata. La stessa cosa dichiara anche Paolo dicendo: "Quando è piaciuto a Dio, che mi ha separato dal ventre di mia madre" (Gal 1,15). E quando a Dio è piaciuto? Quando Paolo era pronto ad obbedirgli. Il Signore avrebbe certo desiderato chiamarlo fin dall`inizio della sua vita, ma sapendo che allora Paolo non avrebbe ceduto, ha atteso a chiamarlo nel momento in cui sarebbe stato disposto. Per questo, chiamerà il ladrone all`ultimo momento, ché altrimenti costui non avrebbe risposto alla chiamata. Paolo non gli avrebbe risposto prima, e molto meno, gli avrebbe obbedito il ladrone.
Orbene, se gli operai dicono qui che nessuno li ha presi a soldo, non bisogna pretendere, come già vi dissi, di esaminare e di spiegare ogni minimo dettaglio nelle parabole. E non dimentichiamo che non è il padrone a dire queste parole, ma gli operai dell`ultima ora: il padrone non li rimprovera per non turbarli, e per indurli a lavorare anch`essi nella vigna. Infatti, che egli abbia l`intenzione di chiamarli tutti dal principio lo dimostra la parabola stessa, quando dice che il padrone di casa uscì la mattina di buon`ora ad assoldare operai.
Da ogni parte, quindi, risulta evidente che la parabola è indirizzata sia a coloro che dalla prima età, sia a quelli che in età avanzata e più tardi si danno alla virtù. Ai primi, perché non si insuperbiscano né insultino coloro che vengono all`undicesima ora; agli ultimi, perché sappiano che possono, in breve tempo, recuperare tutto. Siccome, infatti, il Signore aveva in precedenza parlato di fervore e di zelo, di rinuncia delle ricchezze, di disprezzo di tutto ciò che si possiede - il che richiede grande sforzo e un ardore giovanile - per accendere negli ascoltatori la fiamma dell`amore e dar tono alla loro volontà, dimostra ora che pure quelli che sono giunti tardi possono ricevere la ricompensa di tutta la giornata. Tuttavia, non dice esplicitamente questo, per timore che questi si insuperbiscano e siano negligenti e trascurati; mostra invece che tutto è opera della sua bontà e, grazie ad essa, costoro non saranno trascurati, ma riceveranno anch`essi beni ineffabili. Questo è lo scopo principale che Cristo si prefigge nella presente parabola.
Né meravigliatevi se il Signore aggiunge che "saranno primi gli ultimi e ultimi i primi e molti saranno i chiamati e pochi gli eletti" (Mt 20,16). Egli non afferma ciò deducendolo dalla parabola, ma vuole far comprendere che come è successo questo succederà anche quello. Perché qui i primi non sono diventati ultimi ma tutti hanno ottenuto, al di là di quanto potevano aspettarsi e sperare, la stessa ricompensa. Orbene, come è accaduto questo contro ogni speranza e aspettativa e gli ultimi furono messi alla pari coi primi, così accadrà un fatto ancor più grande e straordinario, vale a dire che gli ultimi saranno i primi e i primi saranno dopo di essi. (Giovanni Crisostomo, In Matth. 64, 3 s.)


Fonte:http://figliedellachiesa.org

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