fr. Massimo Rossi,"Parabola dei talenti"XXXIII Domenica
Commento su Matteo 25,14-30
XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (19/11/2017)
Visualizza Mt 25,14-30
La prossima domenica si concluderà l'anno liturgico; quella successiva sarà la prima di Avvento, e la
prima di un nuovo anno liturgico. E come tutti gli anni, a fine d'anno il Vangelo ci invita a pensare alla ultime cose, al giudizio finale, etc. etc.
In verità più che sul giudizio universale, siamo chiamati a fare un esame di coscienza sul nostro presente; in particolare su come spendiamo i talenti, come li facciamo fruttare; per poterli restituire moltiplicati al momento del “redde rationem”, del rendiconto finale.
A ben guardare, il Signore non afferma niente di eccezionale e non pretende particolari sforzi da parte nostra: si tratta semplicemente della nostra vita.
Nessuno di noi parte da zero; ciascuno di noi, chi più, chi meno, possiede delle doti: il primo passo del cammino personale di maturazione consiste nel riconoscere le doti che abbiamo ricevuto in dono da Dio; sono i nostri aspetti positivi, sono le nostre potenzialità, le nostre capacità, i nostri lati migliori. Almeno uno ce l'avremo, no?
Se, al contrario, non siamo in grado di trovare in noi alcun aspetto positivo, i casi sono due: o siamo degli inguaribili malati di pessimismo, oppure Dio non è poi quel Buon Dio che vorrebbe farci credere... Possibile che esistano al mondo persone che non hanno nulla, ma proprio nulla da offrire? Non posso crederci e non ci credo!
Una domanda che i fidanzati devono porre a sé stessi prima e vicendevolmente poi, è la seguente: qual è la dote che reco al mio sposo, alla mia sposa? qual è la dote che ricevo dal mio sposo, dalla mia sposa? Un modo come un altro per chiedersi: perché ho scelto lui, lei? perché lui, lei ha scelto me?
Che cosa fa di ciascuno di noi delle persone speciali, uniche e originali?
Vogliamo parlare di autostima? Il segreto è tutto qui: lavorare sulla propria autostima, consapevoli che nessuno stima una persona che non abbia stima di sé...
Obbiezione: non ci si può dare la stima da soli, se nessuno ce l'ha mai data... mi riferisco ai pasticciacci di taluni genitori, perennemente scontenti dei figli; con le loro continue pretese di perfezione, non manifestano alcuna stima nei loro confronti: dandolo, a sentir loro, per scontato, certi papà, certe mamme non hanno mai detto ai loro figli: “Sei stato bravo!”...
Come, all'inizio della vita sta sempre - dovrebbe starci!...il condizionale è d'obbligo... - un atto di amore, così, nei primi anni di un figlio, i genitori devono aiutarlo a trovare in se stesso i propri talenti, pochi o tanti che siano; senza enfatizzare, senza esagerare... Purtroppo, oltre al difetto di amore c'è anche l'eccesso, forse ancor più dannoso; genitori che letteralmente idolatrano il figlio, coltivando in lui un orgoglio smodato, che, domani, potrà degenerare in un vero e proprio delirio di onnipotenza...
Quando un ragazzino non riceve dalla famiglia le necessarie attestazioni di merito? ebbene, quel ragazzino farà più fatica a costruirsi una personalità matura, capace di vincere la tentazione di sentirsi inadeguato dovunque e con chiunque.
Tuttavia... viene il momento che un uomo adulto, una donna adulta hanno il dovere di prendere la propria vita tra le mani e viversela, così com'è; a cinquant'anni non possiamo accusare ancora i genitori dei i nostri fallimenti, perché non ci hanno dato abbastanza fiducia!
Per fortuna, nella storia di una persona, non ci sono solo i genitori...
Un secondo nodo cruciale a cui allude il Vangelo di oggi è la (apparente) discriminazione tra chi ha ricevuto molto e chi poco; alludo prima di tutto alle gelosie tra fratelli: fare confronti tra quello che ha lui, e quello che ho io, tra il rapporto che papà e mamma hanno lui con, e il rapporto che hanno con me. Un vero e proprio cancro della pace di casa. Domani si tratterà della pace in classe, della pace sul posto di lavoro... “Cos'ha quello lì che io non ho?”; “Perché a lui sì e non a me no?”...
Come potete intuire, dal punto di vista umano-affettivo, vi è parecchia carne al fuoco; e a proposito di carne, c'è da dire che anche i problemi legati all'alimentazione hanno non pochi punti di tangenza con la delicata questione dell'autostima.
Il Vangelo ci richiama con forza a non sprecare la vita: è l'unica che abbiamo, l'unica opportunità di metterci, per così dire, del nostro - ragione, volontà, libertà, fantasia,... - per realizzare qualcosa, prima di tutto per noi, e poi per il prossimo, per il mondo...
E qui tocco un punto ancor più delicato e importante: i talenti che riceviamo da Dio, sono a nostro servizio se e soltanto se sono anche a servizio del prossimo, e viceversa. Il bene che possiamo fare agli altri, migliora certamente noi stessi; attenzione a non utilizzare i talenti in modo egoistico, per noi soltanto e non per il prossimo; un errore, prima che contro il prossimo, contro di noi.
Ogni vocazione, la nostra stessa natura sono concepite e strutturate per vivere fuori di noi, non dentro. Queste due dimensioni della persona si arricchiscono vicendevolmente, guai a contrapporle! Il Vangelo parla spesso di rinnegamento di sé, di amore del prossimo fino a dare la vita...
La famosa pagina delle Beatitudini (Mt 5) rappresenta una esemplificazione dell'odierna parabola.
Concludo ritornando sulla risposta che il padrone di casa dà al servo, cui aveva affidato un solo talento: lo chiama “servo malvagio e pigro...”: la pigrizia non compare tra i sette vizi capitali; c'è però l'accidia, un peccato difficile da definire in una sola parola: qualcuno la identifica come noia, malinconia, depressione, male di vivere, disperazione latente o palese...
Con tutto il rispetto per le patologie psichiche, le quali ahimé possono condurre a soluzioni fatali, come il suicidio, vi è un denominatore comune: la rinuncia a vivere; non si tratta solo di fare o non fare qualcosa; è in gioco l'essere stesso della persona: essere vivi e vitali, muoversi attivamente verso la vita e non rimanere seduti alla finestra, aspettando passivamente la fine.
L'augurio che faccio a me stesso e a tutti, è il coraggio di prendere le distanze da tutto ciò che ci mortifica. In particolare, riflettete, riflettiamo sulle nostre omissioni: oggi Gesù ci mette in guardia dalle tentazioni della quiescienza, dell'inerzia, in nome di tutte le presunte indegnità, inadeguatezze che condannano la vita ad un limbo; non è sufficiente non far del male a nessuno.
Coraggio! Fare del bene ci fa bene. Dio si è fidato di noi e ci ha affidato la vita, la vita nostra e altrui e la Grazia dello Spirito Santo, il talento più grande in assoluto!
Possiamo farcela!
Fonte:www.qumran2.net
XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (19/11/2017)
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La prossima domenica si concluderà l'anno liturgico; quella successiva sarà la prima di Avvento, e la
prima di un nuovo anno liturgico. E come tutti gli anni, a fine d'anno il Vangelo ci invita a pensare alla ultime cose, al giudizio finale, etc. etc.
In verità più che sul giudizio universale, siamo chiamati a fare un esame di coscienza sul nostro presente; in particolare su come spendiamo i talenti, come li facciamo fruttare; per poterli restituire moltiplicati al momento del “redde rationem”, del rendiconto finale.
A ben guardare, il Signore non afferma niente di eccezionale e non pretende particolari sforzi da parte nostra: si tratta semplicemente della nostra vita.
Nessuno di noi parte da zero; ciascuno di noi, chi più, chi meno, possiede delle doti: il primo passo del cammino personale di maturazione consiste nel riconoscere le doti che abbiamo ricevuto in dono da Dio; sono i nostri aspetti positivi, sono le nostre potenzialità, le nostre capacità, i nostri lati migliori. Almeno uno ce l'avremo, no?
Se, al contrario, non siamo in grado di trovare in noi alcun aspetto positivo, i casi sono due: o siamo degli inguaribili malati di pessimismo, oppure Dio non è poi quel Buon Dio che vorrebbe farci credere... Possibile che esistano al mondo persone che non hanno nulla, ma proprio nulla da offrire? Non posso crederci e non ci credo!
Una domanda che i fidanzati devono porre a sé stessi prima e vicendevolmente poi, è la seguente: qual è la dote che reco al mio sposo, alla mia sposa? qual è la dote che ricevo dal mio sposo, dalla mia sposa? Un modo come un altro per chiedersi: perché ho scelto lui, lei? perché lui, lei ha scelto me?
Che cosa fa di ciascuno di noi delle persone speciali, uniche e originali?
Vogliamo parlare di autostima? Il segreto è tutto qui: lavorare sulla propria autostima, consapevoli che nessuno stima una persona che non abbia stima di sé...
Obbiezione: non ci si può dare la stima da soli, se nessuno ce l'ha mai data... mi riferisco ai pasticciacci di taluni genitori, perennemente scontenti dei figli; con le loro continue pretese di perfezione, non manifestano alcuna stima nei loro confronti: dandolo, a sentir loro, per scontato, certi papà, certe mamme non hanno mai detto ai loro figli: “Sei stato bravo!”...
Come, all'inizio della vita sta sempre - dovrebbe starci!...il condizionale è d'obbligo... - un atto di amore, così, nei primi anni di un figlio, i genitori devono aiutarlo a trovare in se stesso i propri talenti, pochi o tanti che siano; senza enfatizzare, senza esagerare... Purtroppo, oltre al difetto di amore c'è anche l'eccesso, forse ancor più dannoso; genitori che letteralmente idolatrano il figlio, coltivando in lui un orgoglio smodato, che, domani, potrà degenerare in un vero e proprio delirio di onnipotenza...
Quando un ragazzino non riceve dalla famiglia le necessarie attestazioni di merito? ebbene, quel ragazzino farà più fatica a costruirsi una personalità matura, capace di vincere la tentazione di sentirsi inadeguato dovunque e con chiunque.
Tuttavia... viene il momento che un uomo adulto, una donna adulta hanno il dovere di prendere la propria vita tra le mani e viversela, così com'è; a cinquant'anni non possiamo accusare ancora i genitori dei i nostri fallimenti, perché non ci hanno dato abbastanza fiducia!
Per fortuna, nella storia di una persona, non ci sono solo i genitori...
Un secondo nodo cruciale a cui allude il Vangelo di oggi è la (apparente) discriminazione tra chi ha ricevuto molto e chi poco; alludo prima di tutto alle gelosie tra fratelli: fare confronti tra quello che ha lui, e quello che ho io, tra il rapporto che papà e mamma hanno lui con, e il rapporto che hanno con me. Un vero e proprio cancro della pace di casa. Domani si tratterà della pace in classe, della pace sul posto di lavoro... “Cos'ha quello lì che io non ho?”; “Perché a lui sì e non a me no?”...
Come potete intuire, dal punto di vista umano-affettivo, vi è parecchia carne al fuoco; e a proposito di carne, c'è da dire che anche i problemi legati all'alimentazione hanno non pochi punti di tangenza con la delicata questione dell'autostima.
Il Vangelo ci richiama con forza a non sprecare la vita: è l'unica che abbiamo, l'unica opportunità di metterci, per così dire, del nostro - ragione, volontà, libertà, fantasia,... - per realizzare qualcosa, prima di tutto per noi, e poi per il prossimo, per il mondo...
E qui tocco un punto ancor più delicato e importante: i talenti che riceviamo da Dio, sono a nostro servizio se e soltanto se sono anche a servizio del prossimo, e viceversa. Il bene che possiamo fare agli altri, migliora certamente noi stessi; attenzione a non utilizzare i talenti in modo egoistico, per noi soltanto e non per il prossimo; un errore, prima che contro il prossimo, contro di noi.
Ogni vocazione, la nostra stessa natura sono concepite e strutturate per vivere fuori di noi, non dentro. Queste due dimensioni della persona si arricchiscono vicendevolmente, guai a contrapporle! Il Vangelo parla spesso di rinnegamento di sé, di amore del prossimo fino a dare la vita...
La famosa pagina delle Beatitudini (Mt 5) rappresenta una esemplificazione dell'odierna parabola.
Concludo ritornando sulla risposta che il padrone di casa dà al servo, cui aveva affidato un solo talento: lo chiama “servo malvagio e pigro...”: la pigrizia non compare tra i sette vizi capitali; c'è però l'accidia, un peccato difficile da definire in una sola parola: qualcuno la identifica come noia, malinconia, depressione, male di vivere, disperazione latente o palese...
Con tutto il rispetto per le patologie psichiche, le quali ahimé possono condurre a soluzioni fatali, come il suicidio, vi è un denominatore comune: la rinuncia a vivere; non si tratta solo di fare o non fare qualcosa; è in gioco l'essere stesso della persona: essere vivi e vitali, muoversi attivamente verso la vita e non rimanere seduti alla finestra, aspettando passivamente la fine.
L'augurio che faccio a me stesso e a tutti, è il coraggio di prendere le distanze da tutto ciò che ci mortifica. In particolare, riflettete, riflettiamo sulle nostre omissioni: oggi Gesù ci mette in guardia dalle tentazioni della quiescienza, dell'inerzia, in nome di tutte le presunte indegnità, inadeguatezze che condannano la vita ad un limbo; non è sufficiente non far del male a nessuno.
Coraggio! Fare del bene ci fa bene. Dio si è fidato di noi e ci ha affidato la vita, la vita nostra e altrui e la Grazia dello Spirito Santo, il talento più grande in assoluto!
Possiamo farcela!
Fonte:www.qumran2.net
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