Padre Paolo Berti, “Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini...Cinque di esse erano stolte e cinque sagge...”

XXXII Domenica del T. O.     
Mt 25,1-13 
“Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini...Cinque di esse erano stolte e cinque sagge...”

Omelia  

Era usanza in Israele che un gruppo di vergini aspettasse che il corteo nuziale arrivasse dalla casa
della sposa nei pressi della casa dello sposo: allora le vergini correvano incontro alla coppia nuziale, danzando con le lampade accese: erano l'espressione dell'accoglienza gioiosa del corteo.
Le dieci vergini della parabola formavano un gruppo unitario che andava incontro allo sposo, ma pur con ciò c'era una divisione: cinque di loro erano sagge e cinque erano stolte.
La saggezza suggerì a cinque di loro di predisporre ogni cosa per l'incontro con lo sposo. La stoltezza, invece, non fece altrettanto poiché generatrice della convinzione che in qualche modo tutto sarebbe andato bene, anche se non tutto era stato valutato. La saggezza nasceva dall'amore per lo sposo da festeggiare, la stoltezza dall'amore per i beni che poteva dare lo sposo. Tutte e dieci avevano lampade ad olio accese, segno della loro gioia di incontrare lo sposo, eppure nel loro cuore c'erano ragioni diverse. Le cinque vergini stolte credevano di aver preso l'olio bastante, in base ai calcoli da loro fatti circa l'ora dell'arrivo dello sposo.
Ed è proprio questo il punto della parabola, che invita alla vigilanza poiché nessuno sa né l'ora né il momento dell'arrivo dello sposo. Le vergini erano in attesa, ma lo sposo tardava ad arrivare. Tardava a venire, e così tutte si assopirono. Ma non era il momento del sonno per quelle sprovviste di olio, doveva essere il momento di correre a comperarne. Non era neppure il momento del sonno per quelle che avevano l'olio, perché lo sposo sarebbe rimasto scontento nel vederle addormentate e non pronte a corrergli incontro, comunque avevano l'olio per ogni evenienza. Nel sonno le lampade erano tutte accese rischiarando la notte.
A mezzanotte una voce gridò: "Ecco lo sposo, andategli incontro!". Voce di zelo e di misericordia questa, che porta a pensare alla figura del Battista, che annunciò ad Israele la presenza dello Sposo (Gv 3,29). Le stolte a quel punto videro che le loro lampade languivano e chiesero olio alle sagge, ma non venne loro dato. Il rischio che potesse mancare per le une e per le altre si imponeva drammatico. E' il momento cruciale della divisione in due del gruppo. I legami che lo tenevano unito si rompono di fronte al rischio di non incontrare lo sposo e di disgustarlo. I legami umani, non possono bloccare, fermare il cammino verso il divino Sposo.
Le vergini sagge incontrarono lo sposo che le condusse nella sua casa per il banchetto nuziale, cioè al banchetto eterno del cielo, "e la porta fu chiusa". Le stolte alla fine giunsero alla porta della casa dello sposo, ma la porta non si aprì. "‹Signore, signore, aprici!›. Ma egli rispose: ‹In verità vi dico: non vi conosco›". Il regno dei cieli, fratelli e sorelle, non ammette pigrizia, sonnolenza: "Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora".
Si noti che in corrispondenza della diligenza che dovevano avere tutte le dieci vergini, c'è la diligenza dello sposo che manda una voce a gridare che sta arrivando. E' vero non sappiamo né l'ora né il momento nel quale lo sposo verrà, ma ci sarà sempre una luce, una voce segreta e insistente, che ci avviserà poco prima che sta arrivando, voce di misericordia che ci invita a presentarci a lui pentiti. Se le vergini stolte avessero accettato di fare la cattiva figura di avere le lampade spente, e dopo un momento di riprensione tutto sarebbe stato festa.
In quelle lucerne accese si possono vedere le opere buone, che rivelano la vita interiore di un uomo, la preghiera, la carità, la fede, la volontà di dare gioia e non tristezza. La conquista del regno dei cieli richiede ogni attenzione verso Dio che viene. Viene sempre, bussa alla porta di chiunque (Ap 3,20): "Ecco, sto alla porta e busso".
La prima lettura ci presenta una personificazione della sapienza che "si lascia trovare da quelli che la cercano” e "nel farsi conoscere previene coloro che la desiderano”. Nessuno può rimanere nella stoltezza, la sapienza viene loro incontro. Quanti cercano le risposte agli interrogativi fondamentali della vita, e non li eludono, trovano risposta. Perché ho la vita, perché desidero di essere amato, perché il dolore, la morte... le troveranno e le troveranno pienamente nel Signore che è venuto, che è presente e che viene. Nel Signore Gesù, nel quale c'è ogni tesoro di sapienza (Col 2,3).
La prima lettura apre veramente il cuore: "La sapienza è splendida e non sfiorisce, facilmente si lascia vedere da coloro che la amano”. E’ splendida e non sfiorisce. Non muta, non accetta ricatti; non è possibile condizionarla e piegarla a noi. Però si fa conquistare, si lascia vedere e leggere come un libro da coloro che la amano, senza che quel libro si esaurisca mai per le sue ricchezze.
Vero, fratelli e sorelle, l'amore è un assolutista. Assolutista nel donarsi fino all'ultima stilla di sangue; nessuna diminuzione di sofferenza Cristo volle nel suo sacrificio. Non volle il vino mirrato: voleva essere lucido, per amare, implorando perdono per tutti gli uomini. Un tale amore suscitatore d'amore chiede amore, per poter far giungere ad un eterno incontro d'amore nella gloria del cielo.
La comunità di Tessalonica, vergine saggia, era in viva attesa del ritorno del Signore. Aveva la difficoltà di pensare che in cielo col corpo ci sarebbero andati solo gli ultimi uomini al ritorno del Signore, ma veramente tendeva al ritorno del Signore. Paolo afferma la giustizia di Dio, dicendo che anche i morti risorgeranno e che i vivi, i superstiti degli ultimi attacchi del mondo contro la Chiesa, saranno rapiti oltre le nubi con loro. Qualcuno vorrà sapere se gli ultimi uomini moriranno oppure saliranno al cielo senza morire. La risposta non la si può trovare in questo testo di Paolo che intende solo affermare che tutti i morti in Cristo risorgeranno. Ma la risposta è semplice e ognuno se la può dare: tutti gli uomini moriranno. Ma per quelli che vivranno allora, che attenderanno il Signore, che immancabilmente verrà, la morte giungerà nella gioia estatica dell'incontro; poi la risurrezione.
Il Signore viene, si donerà, si farà eternamente contemplare nella gloria del cielo, comunicando eternamente se stesso, servendo in eterno la nostra gioia senza limite. Lui ce lo ha detto (Lc 12,37): “Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli”. Vedremo Dio come egli è questa sarà felicità immensa, ma vedremo anche che ci comunicherà per tutta l'eternità il suo amore. Nulla sarebbe se lo vedessimo nello splendore della sua bellezza infinita, ma poi rimanesse muto e inerte davanti a noi. No, noi vedremo Dio amore la cui gioia sarà quella di comunicarci eternamente inebriante amore e di vederci eternamente felici. Chi non desidera allora questo incontro? Chi non predispone tutto il suo cuore affinché questo incontro non fallisca? Diciamo allora con grande desiderio di Dio le parole del salmo: "O Dio, tu sei il mio Dio, dall'aurora io ti cerco, ha sete di te l'anima mia". Amen. Ave Maria. Vieni, Signore Gesù.

Fonte:http://www.perfettaletizia.it/

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