Alessandro Cortesi op,Commento III domenica di Avvento – anno B – 2017
(Pieter Bruegel il vecchio, Predica di Giovanni Battista, 1566, Museo Belle Arti Budapest)
Is 61,1-11; 1Tess 5,16-24; Gv 1,6-8.19-28
La terza parte del libro di Isaia è opera di uno o più profeti nel periodo dopo l’esilio. Viene ripreso l’annuncio di consolazione e di speranza del secondo Isaia (Is 40-55) profeta della fine dell’esilio che, leggendo gli eventi, indicava la strada di un nuovo esodo.
Dopo il ritorno dall’esilio però l’esperienza dell’ingiustizia e dell’oppressione genera delusione. Il terzo Isaia medita sulla storia come luogo in cui Dio si rivela e propone un annuncio di speranza: nonostante le contraddizioni e il male Dio non abbandona il suo popolo. Il suo agire è come madre: “Come un figlio che la madre consola, così anch’io vi consolerò… (Is 66,13-14; cfr. Is 49,14s). Lo sguardo del profeta si spinge ad indicare un tempo definitivo e finale, annunciando la speranza di cieli nuovi e terra nuova.
Tratto specifico della sua teologia è l’apertura universale: la salvezza comprende tutti i popoli della terra. In un futuro nuovo i popoli apparterranno a Dio che ama di amore eterno: “Li chiameranno ‘popolo santo’, ‘redenti dal Signore’, e tu sarai chiamata ‘ricercata’ e ‘città non abbandonata’ (Is 62,11-12).
Il profeta avverte la chiamata a portare il lieto annuncio ai poveri, il ‘vangelo’ come bella notizia di gioia a chi ha il cuore ferito, vive in condizione di oppresso, è prigioniero. La lieta notizia è annuncio di un tempo di misericordia del Signore. L’intera pagina è pervasa della gioia: il profeta inviato dovrà consolare, versare olio di letizia e canto di lode.
Un tempo nuovo si apre: Israele sarà ‘popolo di sacerdoti’ e anziché umiliazione si vivrà l’esperienza della gioia e la possibilità di ricostruire città abbandonate. Ed anche lo straniero, avrà posto a questa gioia. La pagina si conclude con l’immagine dello sposo che si prepara per incontrare la sposa, rinvio al rapporto tra Dio fedele e il popolo d’Israele. E’ anno di giubileo (Lev 25,8-17) di liberazione degli schiavi, di condono del debito e redistribuzione delle terre. Il profeta si presenta come annunciatore di questo evento, un anno di misericordia del Signore.
La visione si allarga a cogliere la fecondità dell’agire di Dio: al centro sta l’immagine del giardino in cui il Signore fa germogliare giustizia e lode davanti a tutti i popoli. Il dono di vita di JHWH coinvolge Israele e tutti i popoli.
Gesù nel suo discorso inaugurale nella sinagoga di Nazareth, riprende queste parole presentandosi come il profeta inviato ad annunciare il tempo della grazia (Lc 4,16-21).
Anche nella pagina del vangelo i temi centrali sono la gioia e la testimonianza. La figura di Giovanni Battista compare sin dal prologo di Giovanni. Il venire della Parola, luce che illumina ogni uomo è preparata da un testimone: ‘venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce ma doveva render testimonianza alla luce… “
Nel quarto vangelo l’azione del ‘testimoniare’ è orientata alla figura di Gesù, e rinvia ad un’esperienza diretta di incontro con lui. Il battista parla di sé dicendo che non è lui il messia e indica “in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete”.
La sua testimonianza si situa in un’atmosfera di ostilità e opposizione. ‘I giudei’ nel IV vangelo sono simbolo di chi è preoccupato di sé e del proprio potere. Da essi Giovanni Battista viene interrogato con sospetto: le tenebre della presunzione e dell’autosuffi-cienza si contrappongono alla luce. Giovanni dice la sua identità fragile, rivolta ad altro, non autosufficiente: è solamente ‘voce’ … di colui che grida nel deserto: raddrizzate la via del Signore…’ -. Il gesto dell’immersione nelle acque del Giordano, il battesimo da lui proposto, è segno di preparazione ad un intervento di Dio stesso, segno di attesa e di disponibilità ad un cambiamento della vita. Tutta l’attenzione è fatta convergere su Gesù.
Nei tratti del Battista si delinea il profilo del credente che nelle difficoltà vive la gioia del testimone e sta in rapporto con Gesù lasciandosi coinvolgere nella conoscenza di lui che significa incontro e cambiamento della vita.
La gioia è il motivo centrale di questa terza domenica di avvento: è una gioia motivata dall’attesa perché ‘il Signore viene’: “Rallegratevi sempre nel Signore: ve lo ripeto rallegratevi, il Signore è vicino” (Fil 4,4-5).
Alessandro Cortesi op
(Artemisia Gentileschi, Nascita di Giovanni Battista - 1635)
Testimone di luce
Artemisia Gentileschi, pittrice del XVII secolo, dipinse questa tela a olio nel 1635, mentre era a Napoli. Commissionata dal vicerè di Napoli, il conte duca Olivares, questa tela era parte di una serie di dipinti sulla vita del Battista. E’ un’opera della maturità di quest’artista che come donna visse tutte le difficoltà per affermarsi con le sue capacità di pittrice in un mondo dominato da uomini. Vittima di violenza in giovane età non smise di lottare per realizzare con la sua arte la capacità e la sensibilità propria delle donne. In questo quadro Artemisia offre una sua personale interpretazione della figura del Battista fissando il momento della nascita.
Sulla sinistra in secondo piano nella penombra si scorge la figura di Elisabetta che manifesta nella contrattura del volto la sofferenza del parto appena avvenuto. Vicino a lei una donna che l’assiste e davanti a lei Zaccaria appare seduto, l’ampia fronte stempiata. Chiuso nel suo mutismo, sta scrivendo su di un foglio il nome del bambino. La scena di destra è composta di più presenze, movimentata e viva. E’ il riflesso di una nascita in un tempo e in una ambiente contemporaneo all’artista, nella Napoli del ‘600, all’interno di un palazzo in cui sullo sfondo s’intravede un panorama sui monti, forse allusione al Vesuvio?
Il neonato Giovanni è accudito da alcune donne che sono vestite nelle fogge della Napoli di quel tempo. I loro movimenti denotano la gioia per la nascita, gli sguardi esprimono dialogo e scambio. I gesti esprimono la calma energia di chi sa prestare aiuto con modi forti e fermi nel tenere in braccio il neonato, nel lavarlo con l’acqua calda preparata e nel predisporre la fasciatura con le fasce tenute già tra le mani per avvolgerlo. Il dialogo dei volti parla di una curiosità e interesse attorno al piccolo che tende le mani in segno di aiuto. In particolare l’ancella di sinistra con la mano sotto il mento è fissata in una posa familiare e nello stesso tempo attenta e interrogativa. In quei gesti quotidiani, attorno a quel momento di vita venuta alla luce il dipinto fa emergere una luminosità particolare.
Artemisia offre un’interpretazione personale di un aspetto della figura di Giovanni, riprendendo sì la narrazione dell’infanzia secondo il vangelo di Luca, ma anche tenendo presente la descrizione del Batista che il IV vangelo offre: “venne come testimone per dare testimonianza alla luce”. La luce e l’ombra nel dipinto di Artemisia costituiscono un elemento rilevante che rende affascinante la composizione. Vi è infatti presentato un contrasto profondo tra lo scuro e la chiarità della luce. Ne risultano esaltati i colori degli abiti, le sfumature delle carnagioni, la luminosità degli sguardi.
La nudità avvolta di luce di Giovanni, al centro, tenuto da mani forti, costituisce il luogo del riflettersi di una luce, riverberata dalla camicia bianca dell’ancella inginocchiata sul catino nell’atto di sciacquare, che si riflette sui volti e sugli abiti delle altre donne a lui intorno. Nella sua vita il Battista è testimone di luce, quella luce che illumina ogni uomo e donna e rende i gesti quotidiani della cura luogo in cui scorgere una presenza di luce. L’incarnazione è annuncio che tutto l’umano, la relazione di sguardi e parole, i gesti del far crescere, la corporeità sono luogo di incontro con Dio. Battista è testimone di questa luce che illumina ogni volto.
Alessandro Cortesi op
Fonte:alessandrocortesi2012.wordpress.com
Is 61,1-11; 1Tess 5,16-24; Gv 1,6-8.19-28
La terza parte del libro di Isaia è opera di uno o più profeti nel periodo dopo l’esilio. Viene ripreso l’annuncio di consolazione e di speranza del secondo Isaia (Is 40-55) profeta della fine dell’esilio che, leggendo gli eventi, indicava la strada di un nuovo esodo.
Dopo il ritorno dall’esilio però l’esperienza dell’ingiustizia e dell’oppressione genera delusione. Il terzo Isaia medita sulla storia come luogo in cui Dio si rivela e propone un annuncio di speranza: nonostante le contraddizioni e il male Dio non abbandona il suo popolo. Il suo agire è come madre: “Come un figlio che la madre consola, così anch’io vi consolerò… (Is 66,13-14; cfr. Is 49,14s). Lo sguardo del profeta si spinge ad indicare un tempo definitivo e finale, annunciando la speranza di cieli nuovi e terra nuova.
Tratto specifico della sua teologia è l’apertura universale: la salvezza comprende tutti i popoli della terra. In un futuro nuovo i popoli apparterranno a Dio che ama di amore eterno: “Li chiameranno ‘popolo santo’, ‘redenti dal Signore’, e tu sarai chiamata ‘ricercata’ e ‘città non abbandonata’ (Is 62,11-12).
Il profeta avverte la chiamata a portare il lieto annuncio ai poveri, il ‘vangelo’ come bella notizia di gioia a chi ha il cuore ferito, vive in condizione di oppresso, è prigioniero. La lieta notizia è annuncio di un tempo di misericordia del Signore. L’intera pagina è pervasa della gioia: il profeta inviato dovrà consolare, versare olio di letizia e canto di lode.
Un tempo nuovo si apre: Israele sarà ‘popolo di sacerdoti’ e anziché umiliazione si vivrà l’esperienza della gioia e la possibilità di ricostruire città abbandonate. Ed anche lo straniero, avrà posto a questa gioia. La pagina si conclude con l’immagine dello sposo che si prepara per incontrare la sposa, rinvio al rapporto tra Dio fedele e il popolo d’Israele. E’ anno di giubileo (Lev 25,8-17) di liberazione degli schiavi, di condono del debito e redistribuzione delle terre. Il profeta si presenta come annunciatore di questo evento, un anno di misericordia del Signore.
La visione si allarga a cogliere la fecondità dell’agire di Dio: al centro sta l’immagine del giardino in cui il Signore fa germogliare giustizia e lode davanti a tutti i popoli. Il dono di vita di JHWH coinvolge Israele e tutti i popoli.
Gesù nel suo discorso inaugurale nella sinagoga di Nazareth, riprende queste parole presentandosi come il profeta inviato ad annunciare il tempo della grazia (Lc 4,16-21).
Anche nella pagina del vangelo i temi centrali sono la gioia e la testimonianza. La figura di Giovanni Battista compare sin dal prologo di Giovanni. Il venire della Parola, luce che illumina ogni uomo è preparata da un testimone: ‘venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce ma doveva render testimonianza alla luce… “
Nel quarto vangelo l’azione del ‘testimoniare’ è orientata alla figura di Gesù, e rinvia ad un’esperienza diretta di incontro con lui. Il battista parla di sé dicendo che non è lui il messia e indica “in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete”.
La sua testimonianza si situa in un’atmosfera di ostilità e opposizione. ‘I giudei’ nel IV vangelo sono simbolo di chi è preoccupato di sé e del proprio potere. Da essi Giovanni Battista viene interrogato con sospetto: le tenebre della presunzione e dell’autosuffi-cienza si contrappongono alla luce. Giovanni dice la sua identità fragile, rivolta ad altro, non autosufficiente: è solamente ‘voce’ … di colui che grida nel deserto: raddrizzate la via del Signore…’ -. Il gesto dell’immersione nelle acque del Giordano, il battesimo da lui proposto, è segno di preparazione ad un intervento di Dio stesso, segno di attesa e di disponibilità ad un cambiamento della vita. Tutta l’attenzione è fatta convergere su Gesù.
Nei tratti del Battista si delinea il profilo del credente che nelle difficoltà vive la gioia del testimone e sta in rapporto con Gesù lasciandosi coinvolgere nella conoscenza di lui che significa incontro e cambiamento della vita.
La gioia è il motivo centrale di questa terza domenica di avvento: è una gioia motivata dall’attesa perché ‘il Signore viene’: “Rallegratevi sempre nel Signore: ve lo ripeto rallegratevi, il Signore è vicino” (Fil 4,4-5).
Alessandro Cortesi op
(Artemisia Gentileschi, Nascita di Giovanni Battista - 1635)
Testimone di luce
Artemisia Gentileschi, pittrice del XVII secolo, dipinse questa tela a olio nel 1635, mentre era a Napoli. Commissionata dal vicerè di Napoli, il conte duca Olivares, questa tela era parte di una serie di dipinti sulla vita del Battista. E’ un’opera della maturità di quest’artista che come donna visse tutte le difficoltà per affermarsi con le sue capacità di pittrice in un mondo dominato da uomini. Vittima di violenza in giovane età non smise di lottare per realizzare con la sua arte la capacità e la sensibilità propria delle donne. In questo quadro Artemisia offre una sua personale interpretazione della figura del Battista fissando il momento della nascita.
Sulla sinistra in secondo piano nella penombra si scorge la figura di Elisabetta che manifesta nella contrattura del volto la sofferenza del parto appena avvenuto. Vicino a lei una donna che l’assiste e davanti a lei Zaccaria appare seduto, l’ampia fronte stempiata. Chiuso nel suo mutismo, sta scrivendo su di un foglio il nome del bambino. La scena di destra è composta di più presenze, movimentata e viva. E’ il riflesso di una nascita in un tempo e in una ambiente contemporaneo all’artista, nella Napoli del ‘600, all’interno di un palazzo in cui sullo sfondo s’intravede un panorama sui monti, forse allusione al Vesuvio?
Il neonato Giovanni è accudito da alcune donne che sono vestite nelle fogge della Napoli di quel tempo. I loro movimenti denotano la gioia per la nascita, gli sguardi esprimono dialogo e scambio. I gesti esprimono la calma energia di chi sa prestare aiuto con modi forti e fermi nel tenere in braccio il neonato, nel lavarlo con l’acqua calda preparata e nel predisporre la fasciatura con le fasce tenute già tra le mani per avvolgerlo. Il dialogo dei volti parla di una curiosità e interesse attorno al piccolo che tende le mani in segno di aiuto. In particolare l’ancella di sinistra con la mano sotto il mento è fissata in una posa familiare e nello stesso tempo attenta e interrogativa. In quei gesti quotidiani, attorno a quel momento di vita venuta alla luce il dipinto fa emergere una luminosità particolare.
Artemisia offre un’interpretazione personale di un aspetto della figura di Giovanni, riprendendo sì la narrazione dell’infanzia secondo il vangelo di Luca, ma anche tenendo presente la descrizione del Batista che il IV vangelo offre: “venne come testimone per dare testimonianza alla luce”. La luce e l’ombra nel dipinto di Artemisia costituiscono un elemento rilevante che rende affascinante la composizione. Vi è infatti presentato un contrasto profondo tra lo scuro e la chiarità della luce. Ne risultano esaltati i colori degli abiti, le sfumature delle carnagioni, la luminosità degli sguardi.
La nudità avvolta di luce di Giovanni, al centro, tenuto da mani forti, costituisce il luogo del riflettersi di una luce, riverberata dalla camicia bianca dell’ancella inginocchiata sul catino nell’atto di sciacquare, che si riflette sui volti e sugli abiti delle altre donne a lui intorno. Nella sua vita il Battista è testimone di luce, quella luce che illumina ogni uomo e donna e rende i gesti quotidiani della cura luogo in cui scorgere una presenza di luce. L’incarnazione è annuncio che tutto l’umano, la relazione di sguardi e parole, i gesti del far crescere, la corporeità sono luogo di incontro con Dio. Battista è testimone di questa luce che illumina ogni volto.
Alessandro Cortesi op
Fonte:alessandrocortesi2012.wordpress.com
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