FIGLIE DELLA CHIESA, Lectio "Raddrizzate le vie del Signore "(Mc 1,1-8)
II Domenica di Avvento
Anno B
Antifona d'ingresso
Popolo di Sion,
il Signore verrà a salvare i popoli
e farà sentire la sua voce potente
per la gioia del vostro cuore. (cf. Is 30,19.30)
Non si dice il Gloria.
Colletta
Dio grande e misericordioso,
fa’ che il nostro impegno nel mondo
non ci ostacoli nel cammino verso il tuo Figlio,
ma la sapienza che viene dal cielo
ci guidi alla comunione con il Cristo, nostro Salvatore.
Oppure:
O Dio, Padre di ogni consolazione,
che agli uomini pellegrini nel tempo
hai promesso terra e cieli nuovi,
parla oggi al cuore del tuo popolo,
perché in purezza di fede e santità di vita
possa camminare verso il giorno
in cui manifesterai pienamente
la gloria del tuo nome.
PRIMA LETTURA (Is 40,1-5.9-11)
Preparate la via al Signore.
Dal libro del profeta Isaìa
«Consolate, consolate il mio popolo
– dice il vostro Dio –.
Parlate al cuore di Gerusalemme
e gridatele che la sua tribolazione è compiuta,
la sua colpa è scontata,
perché ha ricevuto dalla mano del Signore
il doppio per tutti i suoi peccati».
Una voce grida:
«Nel deserto preparate la via al Signore,
spianate nella steppa la strada per il nostro Dio.
Ogni valle sia innalzata,
ogni monte e ogni colle siano abbassati;
il terreno accidentato si trasformi in piano
e quello scosceso in vallata.
Allora si rivelerà la gloria del Signore
e tutti gli uomini insieme la vedranno,
perché la bocca del Signore ha parlato».
Sali su un alto monte,
tu che annunci liete notizie a Sion!
Alza la tua voce con forza,
tu che annunci liete notizie a Gerusalemme.
Alza la voce, non temere;
annuncia alle città di Giuda: «Ecco il vostro Dio!
Ecco, il Signore Dio viene con potenza,
il suo braccio esercita il dominio.
Ecco, egli ha con sé il premio
e la sua ricompensa lo precede.
Come un pastore egli fa pascolare il gregge
e con il suo braccio lo raduna;
porta gli agnellini sul petto
e conduce dolcemente le pecore madri».
SALMO RESPONSORIALE (Sal 84)
Rit: Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza.
Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore:
egli annuncia la pace
per il suo popolo, per i suoi fedeli.
Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme,
perché la sua gloria abiti la nostra terra. Rit:
Amore e verità s’incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
Verità germoglierà dalla terra
e giustizia si affaccerà dal cielo. Rit:
Certo, il Signore donerà il suo bene
e la nostra terra darà il suo frutto;
giustizia camminerà davanti a lui:
i suoi passi tracceranno il cammino. Rit:
SECONDA LETTURA (2Pt 3,8-14)
Aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova.
Dalla seconda lettera di san Pietro apostolo
Una cosa non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un solo giorno è come mille anni e mille anni come un solo giorno. Il Signore non ritarda nel compiere la sua promessa, anche se alcuni parlano di lentezza. Egli invece è magnanimo con voi, perché non vuole che alcuno si perda, ma che tutti abbiano modo di pentirsi.
Il giorno del Signore verrà come un ladro; allora i cieli spariranno in un grande boato, gli elementi, consumati dal calore, si dissolveranno e la terra, con tutte le sue opere, sarà distrutta.
Dato che tutte queste cose dovranno finire in questo modo, quale deve essere la vostra vita nella santità della condotta e nelle preghiere, mentre aspettate e affrettate la venuta del giorno di Dio, nel quale i cieli in fiamme si dissolveranno e gli elementi incendiati fonderanno! Noi infatti, secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia.
Perciò, carissimi, nell’attesa di questi eventi, fate di tutto perché Dio vi trovi in pace, senza colpa e senza macchia.
Canto al Vangelo (Lc 3,4.6)
Alleluia, alleluia.
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!
Alleluia.
VANGELO (Mc 1,1-8)
Raddrizzate le vie del Signore.
+ Dal Vangelo secondo Marco
Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.
Come sta scritto nel profeta Isaìa:
«Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero:
egli preparerà la tua via.
Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri»,
vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati.
Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.
Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».
Preghiera sulle offerte
Ti siano gradite, Signore,
le nostre umili offerte e preghiere;
all’estrema povertà dei nostri meriti
supplisca l’aiuto della tua misericordia.
PREFAZIO DELL’AVVENTO I
La duplice venuta del Cristo
È veramente cosa buona e giusta,
nostro dovere e fonte di salvezza,
rendere grazie sempre e in ogni luogo
a te, Signore, Padre santo,
Dio onnipotente ed eterno,
per Cristo nostro Signore.
Al suo primo avvento
nell’umiltà della nostra natura umana
egli portò a compimento la promessa antica,
e ci aprì la via dell’eterna salvezza.
Verrà di nuovo nello splendore della gloria,
e ci chiamerà a possedere il regno promesso
che ora osiamo sperare vigilanti nell’attesa.
E noi, uniti agli Angeli e alla moltitudine dei Cori celesti,
cantiamo con gioia l’inno della tua lode: Santo...
Oppure:
PREFAZIO DELL’AVVENTO I/A
Cristo, Signore e giudice della storia
È veramente giusto renderti grazie
e innalzare a te l’inno di benedizione e di lode,
Padre onnipotente, principio e fine di tutte le cose.
Tu ci hai nascosto il giorno e l’ora,
in cui il Cristo tuo Figlio, Signore e giudice della storia,
apparirà sulle nubi del cielo
rivestito di potenza e splendore.
In quel giorno tremendo e glorioso
passerà il mondo presente
e sorgeranno cieli nuovi e terra nuova.
Ora egli viene incontro a noi in ogni uomo e in ogni tempo,
perché lo accogliamo nella fede
e testimoniamo nell’amore la beata speranza del suo regno.
Nell’attesa del suo ultimo avvento,
insieme agli angeli e ai santi,
cantiamo unanimi l’inno della tua gloria: Santo...
Antifona di comunione
Gerusalemme, sorgi e stà in alto:
e contempla la gioia
che a te viene dal tuo Dio. (Bar 5,5; 4,36)
Oppure:
Voce che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri! (cf. Mt 3,3; Mc 1,3; Lc 3,4)
Preghiera dopo la comunione
O Dio, che in questo sacramento
ci hai nutriti con il pane della vita,
insegnaci a valutare con sapienza i beni della terra,
nella continua ricerca dei beni del cielo.
Lectio
Ambientazione della pericope evangelica
Il prologo in Marco 1,1-13 offre ai lettori importanti informazioni “dal di dentro” sul conto di Gesù. Il suo contenuto narrativo e dottrinale, infatti, non prepara soltanto il ministero pubblico di Gesù, ma segna pure l’inizio del Vangelo e fa già parte di esso. Nel testo è facile distinguere il primo versetto dai rimanenti i quali a loro volta, possono essere così divisi: 1,2-8: predicazione del Battista; 1,9-11: battesimo di Gesù: 1,12-13: la tentazione nel deserto. Dopo l’intestazione (1,1), Marco comincia con un prologo scenico (1,2-13 [14-15]), che è denso di riferimenti intertestuali e di richiami alle Scritture che prefigurano eventi futuri nel corso del Vangelo.
Spiegazione della pericope evangelica
v.1: Inizio: Il versetto non può considerarsi come un vero “titolo”, almeno nel senso moderno della parola, ma piuttosto come l’enunciazione di una tesi che sarà svolta in tutto il corso del libro, i cui vari gruppi, infatti, non faranno che illustrare singoli aspetti del mistero di Gesù, presentato già qui come Messia-Cristo e Figlio di Dio. Inizio: In greco archē può significare “punto di partenza, fondamento, origine” e perfino “regola” o “principio dominante”. Il v. 1 è una specie di titolo o incipit di tutta l’opera: la fede e la proclamazione della comunità di Marco hanno sia un “inizio” sia una “norma” per l’interpretazione della storia di Gesù che sta per cominciare.
Del vangelo: in greco euangelion, il termine non ha, in questo caso, il significato di libro, o scritto intorno alla vita e all’insegnamento di Gesù (significato che assumerà soltanto più tardi, quando sarà formato il canone del N.T.), bensì quello etimologico di buona novella, naturalmente con in più tutto quel contenuto teologico, di cui la predicazione apostolica l’aveva arricchito. Il testo, quindi, potrebbe essere inteso nel modo seguente: così ebbe inizio la buona novella annunciata e realizzata da Gesù; ovvero così ebbe inizio la buona novella, che ha per oggetto e che riguarda Gesù.
Gesù Cristo: Gesù è il nome proprio, con il quale sarà sempre indicato il protagonista nella narrazione; Cristo, invece, è la traduzione greca del termine ebraico mashiah (Messia) che significa unto. I due termini ricorrono accoppiati qui per l’unica volta. Quindi si vuol dire che quel Gesù di Nazaret, di cui si parlerà costantemente nel seguito del libro, è il Messia o unto per eccellenza, atteso dagli ebrei come salvatore (cfr Sal 2,2).
Figlio di Dio: Non è da intendersi in modo generico, come per tutti i membri del popolo teocratico; ma in senso vero, come era inteso dalla prima comunità cristiana, di cui qui rispecchia la professione di fede. E ciò in linea anche con quanto l’evangelista dimostrerà nel corso della sua opera (cfr 5,7; 3,11; 9,7; 8,33; 13,32).
vv.2-8: L’annuncio della salvezza inizia con la predicazione del Battista, nel quale infatti cominciano a realizzarsi le promesse messianiche (vv. 2-3). La figura, tuttavia, non ha valore se non in riferimento a Cristo, al quale, del resto, la sua opera rimane interamente ordinata. Marco ricalca le linee della primitiva predicazione cristiana, in cui il Precursore occupa sempre il posto che gli compete (At 1,21; 10,37; 13,23-25).
v.2: Come sta scritto: formula stereotipata usata da Marco ovunque senza variazioni per citare o fare allusioni ai testi dell’AT. In greco abbiamo il perfetto che sta ad indicare la perenne validità del testo citato, in quanto ritenuto e presentato come parola indefettibile di Dio. I versetti citati in Mc 1,2-3 sono una combinazione di Es 23,20 e Ml 3,1 nel v. 2 e di Is 40,3 nel v.3. Si pensa che Marco li abbia attribuiti al solo Isaia perché era il più noto dei profeti antichi.
Ml 3,1 si riferisce propriamente al periodo della restaurazione successiva all’esilio e a coloro che lamentavano la pochezza delle strutture del nuovo tempio rispetto a quello salomonico, egli prospettava un avvenire assai più glorioso, quando il Signore stesso, preceduto da un suo messaggero, avrebbe dovuto manifestarsi nel nuovo tempio con tutta la sua gloria.
v.3: Voce di uno che grida nel deserto: la citazione è presa dal Deuteroisaia (Is 40,3), il profeta della consolazione che immaginava il ritorno degli esuli da Babilonia dopo l’editto di Ciro (538 a.C) come un nuovo esodo, con Jahvè a capo del corteo e un araldo che lo precede per invitare gli abitanti dei villaggi a rendere più agevole il sentiero su cui i rimpatriati dovranno passare, così come si faceva per l’arrivo di qualche ospite illustre. I Rabbini riferivano questo testo all’epoca messianica e così fecero pure i primi cristiani, la cui convinzione è concordemente riproposta dai quattro evangelisti quando presentano Giovanni Battista quale precursore, araldo inviato da Dio per preparare le vie di suo Figlio. Nel testo isaiano il deserto è il luogo in cui bisogna preparare un sentiero per il Signore, per Marco è solo il luogo in cui compare ed opera Giovanni (v. 4). Nel contesto della descrizione marciana del Battista, il “deserto” è l’arida regione che si estende ad est di Gerusalemme fino al Mar Morto. Mentre in Is 40,3, la voce grida: “Nel deserto preparate la via del Signore”, in Mc 1,3 è Giovanni la “voce di uno che grida nel deserto”. Il termine “deserto” per gli ebrei è una parola con vaste risonanze, che ricorda gli anni trascorsi a peregrinare dal momento dell’Esodo fino all’ingresso nella terra promessa e all’alleanza del Sinai, nonché il luogo in cui Dio avrebbe nuovamente liberato il suo popolo riportandolo dall’esilio babilonese (Is 40,3). Il deserto ha una doppia connotazione. È usato in senso positivo come il luogo degli interventi salvifici di Dio e del suo sposalizio con il popolo (cfr Ger 2,2-3; Os 2,14-15; Sal 78,12-53; 105,39-45), e in senso negativo come il luogo della prova e della ribellione (cfr Es 16; Nm 11; Sal 78,17-22.32-41; 106,6-43).
Preparate la via del Signore: La “via del Signore” è una figura molto usata in Is 40,3; 42,16.19; 48,17; 49,11; 51,10) per indicare la strada per la quale Dio farà tornare il suo popolo dall’esilio. Poiché per Marco la missione di Giovanni consiste nell’annunciare e preparare l’avvento di Gesù, è evidente che per lui Gesù è quel Signore (Kyriòs) di cui parlava il profeta. La via è un elemento centrale anche per Marco che ne coglie il doppio significato di via o strada per un viaggio (2,23; 4,4.15; 6,8; 8,3; 10,17; 10,46) e di cammino per diventare discepoli (8,27; 9,33-34; 10,32; 10,52; 11,8; 12,14). In At 9,2 i primi cristiani sono chiamati “quelli che seguono la via”, ossia i seguaci della dottrina di Cristo.
v. 4: si presentò Giovanni a battezzare: Giovanni viene così presentato come il messaggero di Es 23,40 e Ml 3,1, e come la “voce” di Is 40,3. L’evangelista parla di Giovanni come di persona già nota, introducendolo nella narrazione semplicemente con il nome proprio e l’attività.
Un battesimo di conversione: il precursore proclamava la necessità di un lavacro, che fosse il simbolo esteriore di una conversione interiore. “Conversione” (in greco metanoia) letteralmente significa “ripensamento” o “cambiare idea”. L’idea è quella di una “inversione” e ricorda il richiamo profetico al popolo di “far ritorno” ai suoi precedenti rapporti con Dio.
Per il perdono dei peccati: la frase è da intendersi alla luce delle precisazioni successive (vv. 7-8), ove appare chiaro che il battesimo in acqua era preparazione a quello dello Spirito. Il battesimo di Giovanni non poteva per sé conferire la remissione dei peccati. Tuttavia, disponeva gli uomini a riceverla, se veramente pentiti e contriti.
v.5: Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme: Il greco presenta una struttura chiastica, letteralmente: “tutta la regione della Giudea e da Gerusalemme tutti”, sottolineando in tal modo la Giudea e Gerusalemme dove il racconto raggiunge il culmine (capp. 11-16). Gerusalemme è la capitale della Giudea, che nel primo secolo faceva parte di una provincia romana. Una caratteristica dello stile di Marco è l’“universalizzazione” delle scene con l’uso di “tutto - tutti”. L’artificio normalmente serve a dar risalto alla figura di Gesù (es.: 1,32.37;2,12.13;6,33;9,15;11,17), a questo punto anticipata dalla descrizione dell’attività di Giovanni quale precursore di Gesù.
E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano: Questo segna il culmine della descrizione di Giovanni nella veste di battezzatore. La gente veniva battezzata nel fiume Giordano nel senso che veniva “immersa” nelle sue acque. Il Giordano scorre per 200 Km nella grande faglia o “valle del Giordano”, dalle falde del monte Ermon attraverso il mare di Galilea e proseguendo a sud nel deserto della Giudea fino a sfociare nel Mar Morto. Oltre ad essere il luogo tradizionale dell’attività di Giovanni, il Giordano ha il valore simbolico di barriera tra il deserto e la terra della promessa.
Confessando i loro peccati: La confessione sia pubblica che privata dei peccati era molto diffusa nel giudaismo (Lv 5,5; Sal 32,5; 38,19; 51,3-6), e nel periodo veterotestamentario tardivo la confessione pubblica era diventata una forma standard di preghiera (Dn 9,4-19; Bar 2,6-10). Qui accompagna il rito del lavacro e ne accentua il carattere penitenziale.
v.6: Giovanni era vestito di peli di cammello, con la cintura di pelle attorno ai fianchi: l’abbigliamento fa pensare ad un paragone con Elia in 2Re 1,8. Il vestito di pelli di cammello, il famoso cilicio, usato anche dai profeti (Zc 13,4); era una specie di tunica, rozza e ruvida, molto adatta a simboleggiare la penitenza interiore. Cavallette e miele selvatico: sono i prodotti tipici del deserto di Giuda.
v.7: E predicava: La solenne introduzione (lett. “ed egli proclamava dicendo”) conferisce risalto al messaggio, che contiene le prime parole pronunciate direttamente da un personaggio in Marco. Il Battista marciano non pronuncia alcuna minaccia di giudizio escatologico, ma è in primo luogo l’araldo che annuncia Gesù.
Dopo di me: La stessa espressione è utilizzata da Gesù quando chiama i discepoli a seguirlo.
Colui che è più forte: L’aggettivo “più forte” riecheggia Is 40,10 dove Dio verrà “con potenza”. La forza è una delle prerogative predette per i tempi messianici (2Sam 22,31; 23,5; Sl 7,12) e per la stessa persona del Messia (Is 9,6; 49,25; 53,12). È evidente che Giovanni intende riferirsi proprio a quest’ultimo; e tuttavia non usa il termine Messia, neppure Gesù si proclamerà tale davanti al popolo, perché poteva prestarsi a qualche equivoco, giacché il Messia atteso dal popolo era troppo diverso dal tipo incarnato da Gesù.
Io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali: L’immagine, evocando il rapporto tra padrone e schiavo, esalta l’altezza morale di Cristo e della sua missione.
v.8: Io vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzerà nello Spirito Santo: L’aspettativa di “uno più forte” e l’immagine dello schiavo preparano il lettore ad un accentuato contrasto tra Giovanni e Gesù. Dato che Gesù, in Marco, non battezza nello Spirito Santo, queste parole rinviano il lettore a guardare oltre la narrativa (vedi 13,11). Nel Vangelo di Marco lo “Spirito Santo” è nominato solo qui, in 3,29 e in 13,11. La frase è in parallelo con la precedente. Il verbo battezzare, però, ha qui valore metaforico. È sulle anime, infatti, che lo Spirito Santo esercita la sua azione purificatrice. I profeti avevano parlato del dono dello Spirito come di una delle caratteristiche dei tempi messianici, presentandolo quale principio purificante, santificante e roboante (Is 44,3; Gl 3,1; Zc 12,10; 13,1; Ez 11,19; 18,31; 35,25-29). Il Battista vede nell’opera del Messia l’inizio dei tempi nuovi, caratterizzati appunto dalla presenza attiva dello Spirito nella anime dei fedeli. Il battesimo di Giovanni era in preparazione ad un rinnovamento del popolo più profondo che si realizzerà per l’intervento di “colui che è più forte”.
Nella prima lettura (Is 40,1-5.9-11), Dio, compiendo un nuovo esodo, riporta, dopo cinquant’anni di esilio in Babilonia, il popolo eletto nella sua terra. Questo ritorno, come il primo, si compirà attraverso il deserto. Mille chilometri di deserto separano il popolo eletto da Gerusalemme, e se percorre la via normale deve girargli attorno. Per questo Dio traccia una strada diritta e pianeggiante. «Una voce grida: “Nel deserto preparate la via al Signore, appianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia colmata, ogni monte e colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in pianura. Allora si rivelerà la gloria del Signore e ogni uomo la vedrà, poiché la bocca del Signore ha parlato”» (Is 40,3-5). Dopo secoli di attesa ecco finalmente l’“Inizio del Vangelo”, della buona notizia e, come ai tempi della consolazione, Dio proclama il grande ritorno, il grande perdono attuato in Gesù Cristo, attraverso il deserto, il luogo della prova e dell’incontro con Dio. Come nell’Antica Alleanza, questa lieta notizia è preannunciata da un e profeta. All’inizio del suo Vangelo, Marco saluta Gesù Cristo quale “Figlio di Dio”. Alla fine del Vangelo il centurione romano pronuncerà la propria confessione di fede esclamando: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio» (Mc 15,39). Tra queste due proclamazioni c’è stata la morte dell’uomo Gesù di Nazaret. Il velo del tempio squarciato da cima a fondo (cfr Mc 15,38) è segno dell’unione definitiva tra Dio e l’uomo. La Chiesa, tuttavia, vive il paradosso di una salvezza già donata, ma non ancora nella pienezza. Questa pienezza si realizzerà alla venuta del giorno del Signore. Ma Egli prima di ritornare attende pazientemente che tutti abbiano modo di pentirsi. Per tale motivo, l’apostolo Pietro esorta a vivere «senza macchia e irreprensibili davanti a Dio, in pace» (1Pt 3,14), «attendendo e affrettando la venuta del giorno di Dio» (1Pt 3,12). In quel giorno, come canta il salmista: «Misericordia e verità si incontreranno, giustizia e pace si baceranno. La verità germoglierà dalla terra e la giustizia si affaccerà dal cielo» (Sal 85 [84],11-12).
Appendice
Raddrizzare i sentieri dell’anima
Frattanto ascoltiamo tuttavia ciò che ci grida la voce del Verbo affinché un giorno possiamo progredire dalla voce al Verbo stesso: "Preparate la via del Signore", dice, "raddrizzate i suoi sentieri" (Mc 1,3; Is 40,3). Prepara la via colui che corregge la sua vita; raddrizza il sentiero chi mena un genere di vita più stretto. Chiaramente una vita corretta è la via dritta attraverso la quale il Signore potrà venire a noi, lui che in ciò ci previene. Giacché è il Signore che dirige i passi dell’uomo (cf. Sal 37,23); per questo fatto, la sua via gli piace talmente che la prende volentieri per venire all’uomo e al cui fianco camminare costantemente. Se lui che è la via, verità e vita (cf. Gv 14,6) non prepara lui stesso il suo avvento verso di noi è impensabile poter correggere la nostra via secondo la regola della verità e tantomeno quindi poterla indirizzare verso la vita eterna. Invero, come un giovane potrà correggere la sua via se non custodendo le parole (cf. Sal 119,9) e seguendo le orme di Colui che si è fatto egli stesso via per la quale andremo a lui? O Signore, possano le mie vie essere dirette in modo da custodire le tue vie (cf. Sal 119,5); acciocché io custodisca, a causa delle parole delle tue labbra, anche le vie dure! Sebbene esse appaiano dure alla carne, la quale è inferma, appaiono soavi e belle allo spirito, se è pronto. Le sue vie, dice la Scrittura, sono deliziose e tutti i suoi sentieri sono pacifici (cf. Pr 3,17). E le vie della Sapienza non solo sono pacificate, ma pacifiche; poiché quando il Signore si compiace della via seguita da un uomo, riconcilia a sé anche i suoi nemici (cf. Pr 16,7). Se Israele, dice il Signore, avesse camminato per le mie vie, avrei annientato i suoi nemici e avrei portato la mia mano contro i suoi vessatori (cf. Sal 81,15). Perché infatti l`afflizione e l`infelicità sono sulle loro vie, se non perché essi hanno misconosciuto la via della pace? (cf. Sal 14,3). (Guerric d`Igny, Sermo IV de Adv.)
Il battesimo di Giovanni e quello di Gesù
Il battesimo annunziato da Giovanni già allora sollevò una disputa proposta dallo stesso Signore ai farisei: se fosse un battesimo celeste oppure terreno, ma sul quale essi non valsero a dare una risposta, poiché non poterono né capire, né credere, noi invece, per quanto siamo di poca fede, ed abbiamo poca intelligenza: possiamo giudicare che quel battesimo fosse divino, in verità, tuttavia, per comando e non per potere, poiché leggiamo che Giovanni fu inviato dal Signore per questo ministero, pur essendo uomo secondo la condizione di tutti gli altri. Niente, pertanto, di celeste amministrava, ma in luogo dei celesti amministrava, essendo, cioè, preposto alla penitenza, che è nella volontà dell`uomo. Infine, i dottori della legge e i farisei, che non vollero credere, non vollero nemmeno entrare nello spirito di penitenza. Che se la penitenza è cosa umana è necessario anche che il battesimo sia stato di quella stessa condizione: oppure darebbe anche lo Spirito Santo e la remissione dei peccati se fosse stato celeste. Ma né i peccati rimette né perdona all’anima, se non Dio. Anche lo stesso Signore disse che non sarebbe disceso lo Spirito se egli stesso non ritornava al Padre. Così il discepolo [Giovanni] non potrebbe amministrare [il Battesimo] poiché il Signore non lo conferiva ancora.
Inoltre, negli "Atti degli Apostoli" troviamo che poiché avevano il battesimo di Giovanni non avevano ricevuto lo Spirito Santo che neppure conoscevano. Dunque, non era celeste, ciò che non conferiva doni celesti, e quello che di celeste era presente in Giovanni, come lo spirito di profezia, dopo il conferimento sul Signore di tutto lo Spirito, venne meno fino a tal punto, che colui che aveva annunziato alla folla [nel Giordano], colui che aveva indicato che veniva, in seguito, se fosse egli stesso, avrebbe cercato di saperlo. Si trattava, infatti, di un battesimo di penitenza come preparazione della remissione e della santificazione che sarebbero venute col Cristo. Infatti, ciò che leggiamo: "Predicava un battesimo di penitenza per la remissione dei peccati" (cf. Mt 11,10) era annunciato per la futura remissione, perché la penitenza precede, la remissione segue, e questo significa preparare la via, chi, invero, prepara non perfeziona egli stesso ciò, ma lo dà da perfezionare agli altri. Egli stesso proclama che non sono suoi i doni celesti ma del Cristo, quando dice: Chi ha origine dalla terra, parla di cose terrene, chi viene dall`alto è superiore a tutti (Is 3,31) parimenti battezzarsi solo nella penitenza, [è sapere] che verrà qualcuno fra non molto che battezzerà nello spirito e nel fuoco, poiché la vera e duratura fede sarà battezzata nell`acqua per la salvezza, ma la fede simulata e debole è battezzata nel fuoco per il giudizio. (Tertulliano, De Baptismo, 10, 1-7 )
Da una settimana stiamo vivendo il tempo liturgico dell’Avvento: tempo di apertura al futuro di Dio, tempo di preparazione al santo Natale, quando Lui, il Signore, che è la novità assoluta, è venuto ad abitare in mezzo a questa umanità decaduta per rinnovarla dall’interno. Nella liturgia dell’Avvento risuona un messaggio pieno di speranza, che invita ad alzare lo sguardo all’orizzonte ultimo, ma al tempo stesso a riconoscere nel presente i segni del Dio-con-noi. In questa seconda Domenica di Avvento la Parola di Dio assume gli accenti commoventi del cosiddetto Secondo Isaia, che agli Israeliti, provati da decenni di amaro esilio in Babilonia, annunciò finalmente la liberazione: "Consolate, consolate il mio popolo – dice il profeta a nome di Dio –. Parlate al cuore di Gerusalemme e ditele che la sua tribolazione è compiuta" (Is 40,1-2). Questo vuole fare il Signore in Avvento: parlare al cuore del suo Popolo e, per suo tramite, all’umanità intera, per annunciare la salvezza. Anche oggi si leva la voce della Chiesa: "Nel deserto preparate la via del Signore" (Is 40, 3). Per le popolazioni sfinite dalla miseria e dalla fame, per le schiere dei profughi, per quanti patiscono gravi e sistematiche violazioni dei loro diritti, la Chiesa si pone come sentinella sul monte alto della fede e annuncia: "Ecco il vostro Dio! Ecco il Signore Dio viene con potenza" (Is 40,11).
Questo annuncio profetico si è realizzato in Gesù Cristo. Egli, con la sua predicazione e poi con la sua morte e risurrezione, ha portato a compimento le antiche promesse, rivelando una prospettiva più profonda e universale. Ha inaugurato un esodo non più solo terreno, storico, e come tale provvisorio, ma radicale e definitivo: il passaggio dal regno del male al regno di Dio, dal dominio del peccato e della morte a quello dell’amore e della vita. Pertanto, la speranza cristiana va oltre la legittima attesa di una liberazione sociale e politica, perché ciò che Gesù ha iniziato è un’umanità nuova, che viene "da Dio", ma al tempo stesso germoglia in questa nostra terra, nella misura in cui essa si lascia fecondare dallo Spirito del Signore. Si tratta perciò di entrare pienamente nella logica della fede: credere in Dio, nel suo disegno di salvezza, ed al tempo stesso impegnarsi per la costruzione del suo Regno. La giustizia e la pace, infatti, sono dono di Dio, ma richiedono uomini e donne che siano "terra buona", pronta ad accogliere il buon seme della sua Parola.
Primizia di questa nuova umanità è Gesù, Figlio di Dio e figlio di Maria. Lei, la Vergine Madre, è la "via" che Dio stesso si è preparata per venire nel mondo. Con tutta la sua umiltà, Maria cammina alla testa del nuovo Israele nell’esodo da ogni esilio, da ogni oppressione, da ogni schiavitù morale e materiale, verso "i nuovi cieli e la terra nuova, nei quali abita la giustizia" (2 Pt 3,13). Alla sua materna intercessione affidiamo l’attesa di pace e di salvezza degli uomini del nostro tempo. (Papa Benedetto XVI, Angelus domenica 7 dicembre 2008)
Fonte:http://figliedellachiesa.org
Anno B
Antifona d'ingresso
Popolo di Sion,
il Signore verrà a salvare i popoli
e farà sentire la sua voce potente
per la gioia del vostro cuore. (cf. Is 30,19.30)
Non si dice il Gloria.
Colletta
Dio grande e misericordioso,
fa’ che il nostro impegno nel mondo
non ci ostacoli nel cammino verso il tuo Figlio,
ma la sapienza che viene dal cielo
ci guidi alla comunione con il Cristo, nostro Salvatore.
Oppure:
O Dio, Padre di ogni consolazione,
che agli uomini pellegrini nel tempo
hai promesso terra e cieli nuovi,
parla oggi al cuore del tuo popolo,
perché in purezza di fede e santità di vita
possa camminare verso il giorno
in cui manifesterai pienamente
la gloria del tuo nome.
PRIMA LETTURA (Is 40,1-5.9-11)
Preparate la via al Signore.
Dal libro del profeta Isaìa
«Consolate, consolate il mio popolo
– dice il vostro Dio –.
Parlate al cuore di Gerusalemme
e gridatele che la sua tribolazione è compiuta,
la sua colpa è scontata,
perché ha ricevuto dalla mano del Signore
il doppio per tutti i suoi peccati».
Una voce grida:
«Nel deserto preparate la via al Signore,
spianate nella steppa la strada per il nostro Dio.
Ogni valle sia innalzata,
ogni monte e ogni colle siano abbassati;
il terreno accidentato si trasformi in piano
e quello scosceso in vallata.
Allora si rivelerà la gloria del Signore
e tutti gli uomini insieme la vedranno,
perché la bocca del Signore ha parlato».
Sali su un alto monte,
tu che annunci liete notizie a Sion!
Alza la tua voce con forza,
tu che annunci liete notizie a Gerusalemme.
Alza la voce, non temere;
annuncia alle città di Giuda: «Ecco il vostro Dio!
Ecco, il Signore Dio viene con potenza,
il suo braccio esercita il dominio.
Ecco, egli ha con sé il premio
e la sua ricompensa lo precede.
Come un pastore egli fa pascolare il gregge
e con il suo braccio lo raduna;
porta gli agnellini sul petto
e conduce dolcemente le pecore madri».
SALMO RESPONSORIALE (Sal 84)
Rit: Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza.
Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore:
egli annuncia la pace
per il suo popolo, per i suoi fedeli.
Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme,
perché la sua gloria abiti la nostra terra. Rit:
Amore e verità s’incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
Verità germoglierà dalla terra
e giustizia si affaccerà dal cielo. Rit:
Certo, il Signore donerà il suo bene
e la nostra terra darà il suo frutto;
giustizia camminerà davanti a lui:
i suoi passi tracceranno il cammino. Rit:
SECONDA LETTURA (2Pt 3,8-14)
Aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova.
Dalla seconda lettera di san Pietro apostolo
Una cosa non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un solo giorno è come mille anni e mille anni come un solo giorno. Il Signore non ritarda nel compiere la sua promessa, anche se alcuni parlano di lentezza. Egli invece è magnanimo con voi, perché non vuole che alcuno si perda, ma che tutti abbiano modo di pentirsi.
Il giorno del Signore verrà come un ladro; allora i cieli spariranno in un grande boato, gli elementi, consumati dal calore, si dissolveranno e la terra, con tutte le sue opere, sarà distrutta.
Dato che tutte queste cose dovranno finire in questo modo, quale deve essere la vostra vita nella santità della condotta e nelle preghiere, mentre aspettate e affrettate la venuta del giorno di Dio, nel quale i cieli in fiamme si dissolveranno e gli elementi incendiati fonderanno! Noi infatti, secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia.
Perciò, carissimi, nell’attesa di questi eventi, fate di tutto perché Dio vi trovi in pace, senza colpa e senza macchia.
Canto al Vangelo (Lc 3,4.6)
Alleluia, alleluia.
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!
Alleluia.
VANGELO (Mc 1,1-8)
Raddrizzate le vie del Signore.
+ Dal Vangelo secondo Marco
Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.
Come sta scritto nel profeta Isaìa:
«Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero:
egli preparerà la tua via.
Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri»,
vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati.
Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.
Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».
Preghiera sulle offerte
Ti siano gradite, Signore,
le nostre umili offerte e preghiere;
all’estrema povertà dei nostri meriti
supplisca l’aiuto della tua misericordia.
PREFAZIO DELL’AVVENTO I
La duplice venuta del Cristo
È veramente cosa buona e giusta,
nostro dovere e fonte di salvezza,
rendere grazie sempre e in ogni luogo
a te, Signore, Padre santo,
Dio onnipotente ed eterno,
per Cristo nostro Signore.
Al suo primo avvento
nell’umiltà della nostra natura umana
egli portò a compimento la promessa antica,
e ci aprì la via dell’eterna salvezza.
Verrà di nuovo nello splendore della gloria,
e ci chiamerà a possedere il regno promesso
che ora osiamo sperare vigilanti nell’attesa.
E noi, uniti agli Angeli e alla moltitudine dei Cori celesti,
cantiamo con gioia l’inno della tua lode: Santo...
Oppure:
PREFAZIO DELL’AVVENTO I/A
Cristo, Signore e giudice della storia
È veramente giusto renderti grazie
e innalzare a te l’inno di benedizione e di lode,
Padre onnipotente, principio e fine di tutte le cose.
Tu ci hai nascosto il giorno e l’ora,
in cui il Cristo tuo Figlio, Signore e giudice della storia,
apparirà sulle nubi del cielo
rivestito di potenza e splendore.
In quel giorno tremendo e glorioso
passerà il mondo presente
e sorgeranno cieli nuovi e terra nuova.
Ora egli viene incontro a noi in ogni uomo e in ogni tempo,
perché lo accogliamo nella fede
e testimoniamo nell’amore la beata speranza del suo regno.
Nell’attesa del suo ultimo avvento,
insieme agli angeli e ai santi,
cantiamo unanimi l’inno della tua gloria: Santo...
Antifona di comunione
Gerusalemme, sorgi e stà in alto:
e contempla la gioia
che a te viene dal tuo Dio. (Bar 5,5; 4,36)
Oppure:
Voce che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri! (cf. Mt 3,3; Mc 1,3; Lc 3,4)
Preghiera dopo la comunione
O Dio, che in questo sacramento
ci hai nutriti con il pane della vita,
insegnaci a valutare con sapienza i beni della terra,
nella continua ricerca dei beni del cielo.
Lectio
Ambientazione della pericope evangelica
Il prologo in Marco 1,1-13 offre ai lettori importanti informazioni “dal di dentro” sul conto di Gesù. Il suo contenuto narrativo e dottrinale, infatti, non prepara soltanto il ministero pubblico di Gesù, ma segna pure l’inizio del Vangelo e fa già parte di esso. Nel testo è facile distinguere il primo versetto dai rimanenti i quali a loro volta, possono essere così divisi: 1,2-8: predicazione del Battista; 1,9-11: battesimo di Gesù: 1,12-13: la tentazione nel deserto. Dopo l’intestazione (1,1), Marco comincia con un prologo scenico (1,2-13 [14-15]), che è denso di riferimenti intertestuali e di richiami alle Scritture che prefigurano eventi futuri nel corso del Vangelo.
Spiegazione della pericope evangelica
v.1: Inizio: Il versetto non può considerarsi come un vero “titolo”, almeno nel senso moderno della parola, ma piuttosto come l’enunciazione di una tesi che sarà svolta in tutto il corso del libro, i cui vari gruppi, infatti, non faranno che illustrare singoli aspetti del mistero di Gesù, presentato già qui come Messia-Cristo e Figlio di Dio. Inizio: In greco archē può significare “punto di partenza, fondamento, origine” e perfino “regola” o “principio dominante”. Il v. 1 è una specie di titolo o incipit di tutta l’opera: la fede e la proclamazione della comunità di Marco hanno sia un “inizio” sia una “norma” per l’interpretazione della storia di Gesù che sta per cominciare.
Del vangelo: in greco euangelion, il termine non ha, in questo caso, il significato di libro, o scritto intorno alla vita e all’insegnamento di Gesù (significato che assumerà soltanto più tardi, quando sarà formato il canone del N.T.), bensì quello etimologico di buona novella, naturalmente con in più tutto quel contenuto teologico, di cui la predicazione apostolica l’aveva arricchito. Il testo, quindi, potrebbe essere inteso nel modo seguente: così ebbe inizio la buona novella annunciata e realizzata da Gesù; ovvero così ebbe inizio la buona novella, che ha per oggetto e che riguarda Gesù.
Gesù Cristo: Gesù è il nome proprio, con il quale sarà sempre indicato il protagonista nella narrazione; Cristo, invece, è la traduzione greca del termine ebraico mashiah (Messia) che significa unto. I due termini ricorrono accoppiati qui per l’unica volta. Quindi si vuol dire che quel Gesù di Nazaret, di cui si parlerà costantemente nel seguito del libro, è il Messia o unto per eccellenza, atteso dagli ebrei come salvatore (cfr Sal 2,2).
Figlio di Dio: Non è da intendersi in modo generico, come per tutti i membri del popolo teocratico; ma in senso vero, come era inteso dalla prima comunità cristiana, di cui qui rispecchia la professione di fede. E ciò in linea anche con quanto l’evangelista dimostrerà nel corso della sua opera (cfr 5,7; 3,11; 9,7; 8,33; 13,32).
vv.2-8: L’annuncio della salvezza inizia con la predicazione del Battista, nel quale infatti cominciano a realizzarsi le promesse messianiche (vv. 2-3). La figura, tuttavia, non ha valore se non in riferimento a Cristo, al quale, del resto, la sua opera rimane interamente ordinata. Marco ricalca le linee della primitiva predicazione cristiana, in cui il Precursore occupa sempre il posto che gli compete (At 1,21; 10,37; 13,23-25).
v.2: Come sta scritto: formula stereotipata usata da Marco ovunque senza variazioni per citare o fare allusioni ai testi dell’AT. In greco abbiamo il perfetto che sta ad indicare la perenne validità del testo citato, in quanto ritenuto e presentato come parola indefettibile di Dio. I versetti citati in Mc 1,2-3 sono una combinazione di Es 23,20 e Ml 3,1 nel v. 2 e di Is 40,3 nel v.3. Si pensa che Marco li abbia attribuiti al solo Isaia perché era il più noto dei profeti antichi.
Ml 3,1 si riferisce propriamente al periodo della restaurazione successiva all’esilio e a coloro che lamentavano la pochezza delle strutture del nuovo tempio rispetto a quello salomonico, egli prospettava un avvenire assai più glorioso, quando il Signore stesso, preceduto da un suo messaggero, avrebbe dovuto manifestarsi nel nuovo tempio con tutta la sua gloria.
v.3: Voce di uno che grida nel deserto: la citazione è presa dal Deuteroisaia (Is 40,3), il profeta della consolazione che immaginava il ritorno degli esuli da Babilonia dopo l’editto di Ciro (538 a.C) come un nuovo esodo, con Jahvè a capo del corteo e un araldo che lo precede per invitare gli abitanti dei villaggi a rendere più agevole il sentiero su cui i rimpatriati dovranno passare, così come si faceva per l’arrivo di qualche ospite illustre. I Rabbini riferivano questo testo all’epoca messianica e così fecero pure i primi cristiani, la cui convinzione è concordemente riproposta dai quattro evangelisti quando presentano Giovanni Battista quale precursore, araldo inviato da Dio per preparare le vie di suo Figlio. Nel testo isaiano il deserto è il luogo in cui bisogna preparare un sentiero per il Signore, per Marco è solo il luogo in cui compare ed opera Giovanni (v. 4). Nel contesto della descrizione marciana del Battista, il “deserto” è l’arida regione che si estende ad est di Gerusalemme fino al Mar Morto. Mentre in Is 40,3, la voce grida: “Nel deserto preparate la via del Signore”, in Mc 1,3 è Giovanni la “voce di uno che grida nel deserto”. Il termine “deserto” per gli ebrei è una parola con vaste risonanze, che ricorda gli anni trascorsi a peregrinare dal momento dell’Esodo fino all’ingresso nella terra promessa e all’alleanza del Sinai, nonché il luogo in cui Dio avrebbe nuovamente liberato il suo popolo riportandolo dall’esilio babilonese (Is 40,3). Il deserto ha una doppia connotazione. È usato in senso positivo come il luogo degli interventi salvifici di Dio e del suo sposalizio con il popolo (cfr Ger 2,2-3; Os 2,14-15; Sal 78,12-53; 105,39-45), e in senso negativo come il luogo della prova e della ribellione (cfr Es 16; Nm 11; Sal 78,17-22.32-41; 106,6-43).
Preparate la via del Signore: La “via del Signore” è una figura molto usata in Is 40,3; 42,16.19; 48,17; 49,11; 51,10) per indicare la strada per la quale Dio farà tornare il suo popolo dall’esilio. Poiché per Marco la missione di Giovanni consiste nell’annunciare e preparare l’avvento di Gesù, è evidente che per lui Gesù è quel Signore (Kyriòs) di cui parlava il profeta. La via è un elemento centrale anche per Marco che ne coglie il doppio significato di via o strada per un viaggio (2,23; 4,4.15; 6,8; 8,3; 10,17; 10,46) e di cammino per diventare discepoli (8,27; 9,33-34; 10,32; 10,52; 11,8; 12,14). In At 9,2 i primi cristiani sono chiamati “quelli che seguono la via”, ossia i seguaci della dottrina di Cristo.
v. 4: si presentò Giovanni a battezzare: Giovanni viene così presentato come il messaggero di Es 23,40 e Ml 3,1, e come la “voce” di Is 40,3. L’evangelista parla di Giovanni come di persona già nota, introducendolo nella narrazione semplicemente con il nome proprio e l’attività.
Un battesimo di conversione: il precursore proclamava la necessità di un lavacro, che fosse il simbolo esteriore di una conversione interiore. “Conversione” (in greco metanoia) letteralmente significa “ripensamento” o “cambiare idea”. L’idea è quella di una “inversione” e ricorda il richiamo profetico al popolo di “far ritorno” ai suoi precedenti rapporti con Dio.
Per il perdono dei peccati: la frase è da intendersi alla luce delle precisazioni successive (vv. 7-8), ove appare chiaro che il battesimo in acqua era preparazione a quello dello Spirito. Il battesimo di Giovanni non poteva per sé conferire la remissione dei peccati. Tuttavia, disponeva gli uomini a riceverla, se veramente pentiti e contriti.
v.5: Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme: Il greco presenta una struttura chiastica, letteralmente: “tutta la regione della Giudea e da Gerusalemme tutti”, sottolineando in tal modo la Giudea e Gerusalemme dove il racconto raggiunge il culmine (capp. 11-16). Gerusalemme è la capitale della Giudea, che nel primo secolo faceva parte di una provincia romana. Una caratteristica dello stile di Marco è l’“universalizzazione” delle scene con l’uso di “tutto - tutti”. L’artificio normalmente serve a dar risalto alla figura di Gesù (es.: 1,32.37;2,12.13;6,33;9,15;11,17), a questo punto anticipata dalla descrizione dell’attività di Giovanni quale precursore di Gesù.
E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano: Questo segna il culmine della descrizione di Giovanni nella veste di battezzatore. La gente veniva battezzata nel fiume Giordano nel senso che veniva “immersa” nelle sue acque. Il Giordano scorre per 200 Km nella grande faglia o “valle del Giordano”, dalle falde del monte Ermon attraverso il mare di Galilea e proseguendo a sud nel deserto della Giudea fino a sfociare nel Mar Morto. Oltre ad essere il luogo tradizionale dell’attività di Giovanni, il Giordano ha il valore simbolico di barriera tra il deserto e la terra della promessa.
Confessando i loro peccati: La confessione sia pubblica che privata dei peccati era molto diffusa nel giudaismo (Lv 5,5; Sal 32,5; 38,19; 51,3-6), e nel periodo veterotestamentario tardivo la confessione pubblica era diventata una forma standard di preghiera (Dn 9,4-19; Bar 2,6-10). Qui accompagna il rito del lavacro e ne accentua il carattere penitenziale.
v.6: Giovanni era vestito di peli di cammello, con la cintura di pelle attorno ai fianchi: l’abbigliamento fa pensare ad un paragone con Elia in 2Re 1,8. Il vestito di pelli di cammello, il famoso cilicio, usato anche dai profeti (Zc 13,4); era una specie di tunica, rozza e ruvida, molto adatta a simboleggiare la penitenza interiore. Cavallette e miele selvatico: sono i prodotti tipici del deserto di Giuda.
v.7: E predicava: La solenne introduzione (lett. “ed egli proclamava dicendo”) conferisce risalto al messaggio, che contiene le prime parole pronunciate direttamente da un personaggio in Marco. Il Battista marciano non pronuncia alcuna minaccia di giudizio escatologico, ma è in primo luogo l’araldo che annuncia Gesù.
Dopo di me: La stessa espressione è utilizzata da Gesù quando chiama i discepoli a seguirlo.
Colui che è più forte: L’aggettivo “più forte” riecheggia Is 40,10 dove Dio verrà “con potenza”. La forza è una delle prerogative predette per i tempi messianici (2Sam 22,31; 23,5; Sl 7,12) e per la stessa persona del Messia (Is 9,6; 49,25; 53,12). È evidente che Giovanni intende riferirsi proprio a quest’ultimo; e tuttavia non usa il termine Messia, neppure Gesù si proclamerà tale davanti al popolo, perché poteva prestarsi a qualche equivoco, giacché il Messia atteso dal popolo era troppo diverso dal tipo incarnato da Gesù.
Io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali: L’immagine, evocando il rapporto tra padrone e schiavo, esalta l’altezza morale di Cristo e della sua missione.
v.8: Io vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzerà nello Spirito Santo: L’aspettativa di “uno più forte” e l’immagine dello schiavo preparano il lettore ad un accentuato contrasto tra Giovanni e Gesù. Dato che Gesù, in Marco, non battezza nello Spirito Santo, queste parole rinviano il lettore a guardare oltre la narrativa (vedi 13,11). Nel Vangelo di Marco lo “Spirito Santo” è nominato solo qui, in 3,29 e in 13,11. La frase è in parallelo con la precedente. Il verbo battezzare, però, ha qui valore metaforico. È sulle anime, infatti, che lo Spirito Santo esercita la sua azione purificatrice. I profeti avevano parlato del dono dello Spirito come di una delle caratteristiche dei tempi messianici, presentandolo quale principio purificante, santificante e roboante (Is 44,3; Gl 3,1; Zc 12,10; 13,1; Ez 11,19; 18,31; 35,25-29). Il Battista vede nell’opera del Messia l’inizio dei tempi nuovi, caratterizzati appunto dalla presenza attiva dello Spirito nella anime dei fedeli. Il battesimo di Giovanni era in preparazione ad un rinnovamento del popolo più profondo che si realizzerà per l’intervento di “colui che è più forte”.
Nella prima lettura (Is 40,1-5.9-11), Dio, compiendo un nuovo esodo, riporta, dopo cinquant’anni di esilio in Babilonia, il popolo eletto nella sua terra. Questo ritorno, come il primo, si compirà attraverso il deserto. Mille chilometri di deserto separano il popolo eletto da Gerusalemme, e se percorre la via normale deve girargli attorno. Per questo Dio traccia una strada diritta e pianeggiante. «Una voce grida: “Nel deserto preparate la via al Signore, appianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia colmata, ogni monte e colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in pianura. Allora si rivelerà la gloria del Signore e ogni uomo la vedrà, poiché la bocca del Signore ha parlato”» (Is 40,3-5). Dopo secoli di attesa ecco finalmente l’“Inizio del Vangelo”, della buona notizia e, come ai tempi della consolazione, Dio proclama il grande ritorno, il grande perdono attuato in Gesù Cristo, attraverso il deserto, il luogo della prova e dell’incontro con Dio. Come nell’Antica Alleanza, questa lieta notizia è preannunciata da un e profeta. All’inizio del suo Vangelo, Marco saluta Gesù Cristo quale “Figlio di Dio”. Alla fine del Vangelo il centurione romano pronuncerà la propria confessione di fede esclamando: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio» (Mc 15,39). Tra queste due proclamazioni c’è stata la morte dell’uomo Gesù di Nazaret. Il velo del tempio squarciato da cima a fondo (cfr Mc 15,38) è segno dell’unione definitiva tra Dio e l’uomo. La Chiesa, tuttavia, vive il paradosso di una salvezza già donata, ma non ancora nella pienezza. Questa pienezza si realizzerà alla venuta del giorno del Signore. Ma Egli prima di ritornare attende pazientemente che tutti abbiano modo di pentirsi. Per tale motivo, l’apostolo Pietro esorta a vivere «senza macchia e irreprensibili davanti a Dio, in pace» (1Pt 3,14), «attendendo e affrettando la venuta del giorno di Dio» (1Pt 3,12). In quel giorno, come canta il salmista: «Misericordia e verità si incontreranno, giustizia e pace si baceranno. La verità germoglierà dalla terra e la giustizia si affaccerà dal cielo» (Sal 85 [84],11-12).
Appendice
Raddrizzare i sentieri dell’anima
Frattanto ascoltiamo tuttavia ciò che ci grida la voce del Verbo affinché un giorno possiamo progredire dalla voce al Verbo stesso: "Preparate la via del Signore", dice, "raddrizzate i suoi sentieri" (Mc 1,3; Is 40,3). Prepara la via colui che corregge la sua vita; raddrizza il sentiero chi mena un genere di vita più stretto. Chiaramente una vita corretta è la via dritta attraverso la quale il Signore potrà venire a noi, lui che in ciò ci previene. Giacché è il Signore che dirige i passi dell’uomo (cf. Sal 37,23); per questo fatto, la sua via gli piace talmente che la prende volentieri per venire all’uomo e al cui fianco camminare costantemente. Se lui che è la via, verità e vita (cf. Gv 14,6) non prepara lui stesso il suo avvento verso di noi è impensabile poter correggere la nostra via secondo la regola della verità e tantomeno quindi poterla indirizzare verso la vita eterna. Invero, come un giovane potrà correggere la sua via se non custodendo le parole (cf. Sal 119,9) e seguendo le orme di Colui che si è fatto egli stesso via per la quale andremo a lui? O Signore, possano le mie vie essere dirette in modo da custodire le tue vie (cf. Sal 119,5); acciocché io custodisca, a causa delle parole delle tue labbra, anche le vie dure! Sebbene esse appaiano dure alla carne, la quale è inferma, appaiono soavi e belle allo spirito, se è pronto. Le sue vie, dice la Scrittura, sono deliziose e tutti i suoi sentieri sono pacifici (cf. Pr 3,17). E le vie della Sapienza non solo sono pacificate, ma pacifiche; poiché quando il Signore si compiace della via seguita da un uomo, riconcilia a sé anche i suoi nemici (cf. Pr 16,7). Se Israele, dice il Signore, avesse camminato per le mie vie, avrei annientato i suoi nemici e avrei portato la mia mano contro i suoi vessatori (cf. Sal 81,15). Perché infatti l`afflizione e l`infelicità sono sulle loro vie, se non perché essi hanno misconosciuto la via della pace? (cf. Sal 14,3). (Guerric d`Igny, Sermo IV de Adv.)
Il battesimo di Giovanni e quello di Gesù
Il battesimo annunziato da Giovanni già allora sollevò una disputa proposta dallo stesso Signore ai farisei: se fosse un battesimo celeste oppure terreno, ma sul quale essi non valsero a dare una risposta, poiché non poterono né capire, né credere, noi invece, per quanto siamo di poca fede, ed abbiamo poca intelligenza: possiamo giudicare che quel battesimo fosse divino, in verità, tuttavia, per comando e non per potere, poiché leggiamo che Giovanni fu inviato dal Signore per questo ministero, pur essendo uomo secondo la condizione di tutti gli altri. Niente, pertanto, di celeste amministrava, ma in luogo dei celesti amministrava, essendo, cioè, preposto alla penitenza, che è nella volontà dell`uomo. Infine, i dottori della legge e i farisei, che non vollero credere, non vollero nemmeno entrare nello spirito di penitenza. Che se la penitenza è cosa umana è necessario anche che il battesimo sia stato di quella stessa condizione: oppure darebbe anche lo Spirito Santo e la remissione dei peccati se fosse stato celeste. Ma né i peccati rimette né perdona all’anima, se non Dio. Anche lo stesso Signore disse che non sarebbe disceso lo Spirito se egli stesso non ritornava al Padre. Così il discepolo [Giovanni] non potrebbe amministrare [il Battesimo] poiché il Signore non lo conferiva ancora.
Inoltre, negli "Atti degli Apostoli" troviamo che poiché avevano il battesimo di Giovanni non avevano ricevuto lo Spirito Santo che neppure conoscevano. Dunque, non era celeste, ciò che non conferiva doni celesti, e quello che di celeste era presente in Giovanni, come lo spirito di profezia, dopo il conferimento sul Signore di tutto lo Spirito, venne meno fino a tal punto, che colui che aveva annunziato alla folla [nel Giordano], colui che aveva indicato che veniva, in seguito, se fosse egli stesso, avrebbe cercato di saperlo. Si trattava, infatti, di un battesimo di penitenza come preparazione della remissione e della santificazione che sarebbero venute col Cristo. Infatti, ciò che leggiamo: "Predicava un battesimo di penitenza per la remissione dei peccati" (cf. Mt 11,10) era annunciato per la futura remissione, perché la penitenza precede, la remissione segue, e questo significa preparare la via, chi, invero, prepara non perfeziona egli stesso ciò, ma lo dà da perfezionare agli altri. Egli stesso proclama che non sono suoi i doni celesti ma del Cristo, quando dice: Chi ha origine dalla terra, parla di cose terrene, chi viene dall`alto è superiore a tutti (Is 3,31) parimenti battezzarsi solo nella penitenza, [è sapere] che verrà qualcuno fra non molto che battezzerà nello spirito e nel fuoco, poiché la vera e duratura fede sarà battezzata nell`acqua per la salvezza, ma la fede simulata e debole è battezzata nel fuoco per il giudizio. (Tertulliano, De Baptismo, 10, 1-7 )
Da una settimana stiamo vivendo il tempo liturgico dell’Avvento: tempo di apertura al futuro di Dio, tempo di preparazione al santo Natale, quando Lui, il Signore, che è la novità assoluta, è venuto ad abitare in mezzo a questa umanità decaduta per rinnovarla dall’interno. Nella liturgia dell’Avvento risuona un messaggio pieno di speranza, che invita ad alzare lo sguardo all’orizzonte ultimo, ma al tempo stesso a riconoscere nel presente i segni del Dio-con-noi. In questa seconda Domenica di Avvento la Parola di Dio assume gli accenti commoventi del cosiddetto Secondo Isaia, che agli Israeliti, provati da decenni di amaro esilio in Babilonia, annunciò finalmente la liberazione: "Consolate, consolate il mio popolo – dice il profeta a nome di Dio –. Parlate al cuore di Gerusalemme e ditele che la sua tribolazione è compiuta" (Is 40,1-2). Questo vuole fare il Signore in Avvento: parlare al cuore del suo Popolo e, per suo tramite, all’umanità intera, per annunciare la salvezza. Anche oggi si leva la voce della Chiesa: "Nel deserto preparate la via del Signore" (Is 40, 3). Per le popolazioni sfinite dalla miseria e dalla fame, per le schiere dei profughi, per quanti patiscono gravi e sistematiche violazioni dei loro diritti, la Chiesa si pone come sentinella sul monte alto della fede e annuncia: "Ecco il vostro Dio! Ecco il Signore Dio viene con potenza" (Is 40,11).
Questo annuncio profetico si è realizzato in Gesù Cristo. Egli, con la sua predicazione e poi con la sua morte e risurrezione, ha portato a compimento le antiche promesse, rivelando una prospettiva più profonda e universale. Ha inaugurato un esodo non più solo terreno, storico, e come tale provvisorio, ma radicale e definitivo: il passaggio dal regno del male al regno di Dio, dal dominio del peccato e della morte a quello dell’amore e della vita. Pertanto, la speranza cristiana va oltre la legittima attesa di una liberazione sociale e politica, perché ciò che Gesù ha iniziato è un’umanità nuova, che viene "da Dio", ma al tempo stesso germoglia in questa nostra terra, nella misura in cui essa si lascia fecondare dallo Spirito del Signore. Si tratta perciò di entrare pienamente nella logica della fede: credere in Dio, nel suo disegno di salvezza, ed al tempo stesso impegnarsi per la costruzione del suo Regno. La giustizia e la pace, infatti, sono dono di Dio, ma richiedono uomini e donne che siano "terra buona", pronta ad accogliere il buon seme della sua Parola.
Primizia di questa nuova umanità è Gesù, Figlio di Dio e figlio di Maria. Lei, la Vergine Madre, è la "via" che Dio stesso si è preparata per venire nel mondo. Con tutta la sua umiltà, Maria cammina alla testa del nuovo Israele nell’esodo da ogni esilio, da ogni oppressione, da ogni schiavitù morale e materiale, verso "i nuovi cieli e la terra nuova, nei quali abita la giustizia" (2 Pt 3,13). Alla sua materna intercessione affidiamo l’attesa di pace e di salvezza degli uomini del nostro tempo. (Papa Benedetto XVI, Angelus domenica 7 dicembre 2008)
Fonte:http://figliedellachiesa.org
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