#PANE QUOTIDIANO, «Beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono»
Liturgia di Giovedi 26 Luglio 2018 VANGELO (Mt 13,10-17) Commento:Rev. D. Manel MALLOL Pratginestós (Terrassa, Barcelona, Spagna)
+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?».
Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono.
Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice:
“Udrete, sì, ma non comprenderete,
guarderete, sì, ma non vedrete.
Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,
sono diventati duri di orecchi
e hanno chiuso gli occhi,
perché non vedano con gli occhi,
non ascoltino con gli orecchi
e non comprendano con il cuore
e non si convertano e io li guarisca!”.
Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!».
Parola del Signore
«Beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono»
Rev. D. Manel MALLOL Pratginestós
(Terrassa, Barcelona, Spagna)
Oggi, ricordiamo “l’elogio” di Gesù a tutti quelli che si raggruppavano intorno a Lui: «Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono!» (Mt 13,16). E ci chiediamo: sono dirette anche a noi queste parole di Gesù, o sono unicamente per coloro che lo videro e ascoltarono personalmente? Sembra che i fortunati siano loro, visto che ebbero la fortuna di convivere con Gesù, di restare fisicamente e sensibilmente al suo fianco. Invece noi ci annovereremo piuttosto con i giusti e i profeti —senza essere ne giusti ne profeti!— che avremmo voluto vedere e udire.
Non dimentichiamo, tuttavia, che il Signore si riferisce ai giusti e ai profeti anteriori alla sua venuta, alla sua rivelazione: «In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro» (Mt 13,17). Con Lui arriva la pienezza dei tempi, e noi stiamo in questa pienezza, siamo già nell’epoca di Cristo, nel tempo della salvezza. È vero che non abbiamo visto Gesù con i nostri occhi, però si lo abbiamo conosciuto e lo conosciamo. Non abbiamo ascoltato la sua voce con le nostre orecchie, però si abbiamo ascoltato e ascoltiamo la sua parola. La conoscenza che ci dà la fede, anche se non è sensibile, è un’autentica conoscenza, ci mette in contatto con la verità e, per questo, ci dà la felicità e l’allegria.
Riconoscenti della nostra fede cristiana, ne siamo risarciti. Procuriamo che il nostro contatto con Gesù sia da vicino e non da lontano, così come lo trattavano quei discepoli che stavano vicino a Lui, che lo videro e lo udirono. Non contempliamo Gesù passando dal presente al passato, ma dal presente al presente, permaniamo nel suo tempo, un tempo che non finisce. La preghiera —parlare con Dio— e la Comunione —riceverLo— ci assicurano questa intimità con Lui e ci fanno sentire realmente fortunati al guardarlo con gli occhi e gli orecchi della fede. «Ricevi, dunque, l’immagine di Dio, che perdesti per le tue cattive azioni» (Sant' Agostino).
Vuole avvicinare al cuore, non all'intelligenza, i suoi uditori. Così le parabole, quasi dimesse nella loro struttura, quasi eccessivamente fragili nel confronto con la retorica e lo stile narrativo, emergono con forza dalle labbra di Gesù. Beati noi che abbiamo accolto la Parola e la coltiviamo! Beati noi che desideriamo conoscerla e meditarla! Beati noi se apriamo le orecchie del cuore senza pregiudizi, accogliendo la Parola che feconda la nostra vita e la fa germogliare!Paolo Curtaz
+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?».
Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono.
Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice:
“Udrete, sì, ma non comprenderete,
guarderete, sì, ma non vedrete.
Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,
sono diventati duri di orecchi
e hanno chiuso gli occhi,
perché non vedano con gli occhi,
non ascoltino con gli orecchi
e non comprendano con il cuore
e non si convertano e io li guarisca!”.
Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!».
Parola del Signore
«Beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono»
Rev. D. Manel MALLOL Pratginestós
(Terrassa, Barcelona, Spagna)
Oggi, ricordiamo “l’elogio” di Gesù a tutti quelli che si raggruppavano intorno a Lui: «Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono!» (Mt 13,16). E ci chiediamo: sono dirette anche a noi queste parole di Gesù, o sono unicamente per coloro che lo videro e ascoltarono personalmente? Sembra che i fortunati siano loro, visto che ebbero la fortuna di convivere con Gesù, di restare fisicamente e sensibilmente al suo fianco. Invece noi ci annovereremo piuttosto con i giusti e i profeti —senza essere ne giusti ne profeti!— che avremmo voluto vedere e udire.
Non dimentichiamo, tuttavia, che il Signore si riferisce ai giusti e ai profeti anteriori alla sua venuta, alla sua rivelazione: «In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro» (Mt 13,17). Con Lui arriva la pienezza dei tempi, e noi stiamo in questa pienezza, siamo già nell’epoca di Cristo, nel tempo della salvezza. È vero che non abbiamo visto Gesù con i nostri occhi, però si lo abbiamo conosciuto e lo conosciamo. Non abbiamo ascoltato la sua voce con le nostre orecchie, però si abbiamo ascoltato e ascoltiamo la sua parola. La conoscenza che ci dà la fede, anche se non è sensibile, è un’autentica conoscenza, ci mette in contatto con la verità e, per questo, ci dà la felicità e l’allegria.
Riconoscenti della nostra fede cristiana, ne siamo risarciti. Procuriamo che il nostro contatto con Gesù sia da vicino e non da lontano, così come lo trattavano quei discepoli che stavano vicino a Lui, che lo videro e lo udirono. Non contempliamo Gesù passando dal presente al passato, ma dal presente al presente, permaniamo nel suo tempo, un tempo che non finisce. La preghiera —parlare con Dio— e la Comunione —riceverLo— ci assicurano questa intimità con Lui e ci fanno sentire realmente fortunati al guardarlo con gli occhi e gli orecchi della fede. «Ricevi, dunque, l’immagine di Dio, che perdesti per le tue cattive azioni» (Sant' Agostino).
Vuole avvicinare al cuore, non all'intelligenza, i suoi uditori. Così le parabole, quasi dimesse nella loro struttura, quasi eccessivamente fragili nel confronto con la retorica e lo stile narrativo, emergono con forza dalle labbra di Gesù. Beati noi che abbiamo accolto la Parola e la coltiviamo! Beati noi che desideriamo conoscerla e meditarla! Beati noi se apriamo le orecchie del cuore senza pregiudizi, accogliendo la Parola che feconda la nostra vita e la fa germogliare!Paolo Curtaz