D. Gianni Mazzali SDB, "ABBIAMO BISOGNO DI PROFETI"

4a Domenica Tempo Ordinario - Anno C   |   Omelia
ABBIAMO BISOGNO DI PROFETI

Sembrerebbe un paradosso ed è invece una verità di fondo che può essere rifiutata soltanto negando l'evidenza: la vita non è un diritto, bensì un dono ricevuto e quindi una sfida per valorizzarlo, farlo proprio e restituirlo, moltiplicandolo all'infinito. Siamo chiamati alla vita, senza essere interpellati o consultati e, in un chiaro orizzonte di fede, Dio ha un progetto su di noi, ci ha pensati da sempre. Senza equivocare sul termine, il cui significato viene talvolta banalizzato con sufficienza, davvero la vita è vocazione.

SIAMO CHIAMATI ALLA VITA

E' certamente misteriosa e contraddittoria l'esperienza umana del profeta Geremia, profeta voluto da Dio contro le sue aspettative, la sua inclinazione naturale. Talvolta, suo malgrado, egli parla a nome di Dio contro l'opinione comune, le aspettative dei potenti ed anche della gente, attirandosi odiosità ed aperta avversione. Vive la sua esperienza come una seduzione da parte di Dio che resta comunque, in ogni momento, il suo interlocutore privilegiato. La sua missione e il suo travaglio scaturiscono dal disegno di Dio: "Prima di formarti nel seno materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni".
Siamo incalzati dalla Parola a cogliere questa verità di fondo: la nostra chiamata alla vita da parte di Dio, attraverso il tramite dei nostri genitori, frutto di un amore vitale e fecondo. Oggi tutto ciò, pur essendo un percorso biologico inoppugnabile, viene trascurato da chi fa cultura ed opinione. La convinzione enfatizzata che la vita è nostra, ci appartiene e noi ne siamo gli unici responsabili ed artefici induce e motiva comportamenti che snaturano, che sconvolgono la trasmissione della vita stessa. Siamo spinti, dalle mode di pensiero e di comportamento ad avvolgerci su noi stessi, a limitare il nostro orizzonte, ad impoverirci.
Davvero abbiamo bisogno di profeti e di profezia. C'è un anelito, magari non riconosciuto o addirittura negato, di una verità sull'uomo, sulla vita e sulla storia che riconosce una dipendenza, un progetto e quindi un protagonismo che non è nostro. Profeti come Geremia che, talvolta nonostante loro stessi, stanno dalla parte di Dio e denunciano, senza mezzi termini le nostre ipocrisie, i nostri isterismi, le nostre chiusure. Avvertiamo nell'intimo, nei momenti di maggior lucidità e verità, il bisogno di voci chiare, limpide, libere che, al di sopra di ogni compromesso e di servile assuefazione, ci spronino a cercare la verità di noi stessi, il senso più autentico della vita, elevandoci sopra le mode e i luoghi comuni: "Ecco, oggi io faccio di te come una città fortificata, una colonna di ferro, un muro di bronzo contro tutto il paese".
La sofferta esperienza di Geremia profeta diventa un forte e chiaro segnale che il senso più autentico della nostra vita sta nel riconoscere il progetto di Dio su di noi, la nostra chiamata, la nostra vocazione.

SI PUO' RIFIUTARE GESU'

Il prologo del Vangelo di Giovanni lo afferma in modo conciso e chiaro: "I suoi non l'hanno accolto". Non è una affermazione di principio, ma è un dato di fatto storico: il rifiuto di Gesù e la sua conseguente condanna e morte in croce. La pagina di Luca che viene proposta oggi può essere capita meglio proprio nella filigrana della pagina di Geremia che abbiamo sopra commentato. I primi a rifiutare Gesù, addirittura a volerlo sopprimere, sono stati i suoi compaesani di Nazaret. Più tardi ad abbandonare Gesù, a lasciarlo solo, saranno proprio i suoi, i suoi "intimi". Sono stati i suoi compaesani a tramare contro Geremia per toglierlo di mezzo, per ucciderlo. Perché questi rifiuti? Geremia e Gesù erano personaggi scomodi perché liberi e pertanto provocatori, rispetto alle aspettative della gente. I compaesani di Gesù si aspettano azioni prodigiose ed egli invece, in modo per sin troppo esplicito, evidenzia il loro scetticismo accostandolo all'incredulità dei loro padri. Oggi il rifiuto di Gesù appare molto esplicito in tante persone, ma è più subdolo in chi dice di credere in lui, ma evita di mettere in gioco la propria vita. Chiediamo a Dio che ci mandi profeti, uomini e donne che mettono in gioco la loro vita e svelano, spesso in modo provocante e contro corrente, il vero e il bene. E' un invito a lasciarci scomodare, denunciando il noi un conformismo che ci spersonalizza e l'assuefazione che ci impedisce di spingerci verso orizzonti nuovi.

LA PROFEZIA DELL'AMORE

La profezia più credibile che conquista anche i più duri è la profezia dell'amore: "la più grande di tutte è la carità". In una società in cui le persone tendenzialmente sono indotte a ripiegarsi su se stesse, a preoccuparsi della propria realizzazione, della propria immagine, del successo a tutti i costi l'amore verso il prossimo, la carità in tutti i suoi aspetti, diventa la provocazione più forte. Paolo, con espressioni semplici e forti ci presenta la caratteristiche del dono sublime e della sfida che ci costituiscono persone autentiche, conquistate dall'amore che "tutto scusa, tutto crede, tutto spera e tutto sopporta". Ed è grande misurarci con l'Amore senza misura che è Dio stesso.

"Annunciare verità, proporre qualcosa di utile all'umanità,
è una ricetta infallibile per essere perseguitati."
(Voltaire)

"Gli uomini rifiutano i profeti e li uccidono.
Ma adorano i martiri e onorano coloro che hanno ucciso".
(Fëdor Dostoevskij, I fratelli Karamazov)

Don Gianni MAZZALI sdb

Fonte:http://www.donbosco-torino.it


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